Per aver partecipato a una manifestazione del 2012
Arrestata Dosio, attivista NoTav
Manifestazioni e presidi di protesta in Val Susa e in tutta Italia
Nicoletta Dosio, 73 anni, professoressa di greco e di latino in pensione, storica militante del movimento No Tav della Val di Susa, è stata arrestata dai carabinieri la sera del 30 dicembre scorso e rinchiusa nel carcere Le Vallette di Torino. Erano venuti a prelevarla dalla sua casa di Bussoleno, in esecuzione della condanna ad un anno di reclusione per violenza privata e interruzione di pubblico servizio inflittale dal tribunale di Torino, insieme ad altri 11 attivisti No Tav, per aver partecipato nel 2012 ad una manifestazione pacifica di protesta al casello autostradale di Avigliana (Torino) della A32 Torino-Bardonecchia, quando i manifestanti alzarono le barriere facendo passare 185 veicoli senza pagare pedaggio e “causando danno alla società autostradale”: “Un danno totale di 700 euro per aver alzato la sbarra per una quarantina di minuti”, ha precisato l'avvocato dei No Tav Emanuele D'Amico, mettendo in evidenza la pesantezza della condanna definitiva rispetto ad un atto puramente dimostrativo.
Nicoletta, che nella sua ultra decennale battaglia contro il Tav in Val di Susa di processi ne ha subiti diversi, tra cui una condanna a 1 anno e 8 mesi nel 2018 con altri 15 attivisti per una manifestazione al cantiere di Chiomonte, dopo la condanna definitiva per la manifestazione del 2012 aveva già dichiarato pubblicamente che non avrebbe accettato le pene alternative al carcere che la sua età le avrebbe consentito di ottenere: “Se qualcuno mi verrà a prendere andrò in carcere”, aveva dichiarato infatti il 9 novembre scorso nel corso della manifestazione nazionale a Roma a cui aveva partecipato insieme ad altre 20 mila persone per chiedere al governo del trasformista liberale Conte e alla maggioranza M5S-PD l'immediata “abrogazione delle leggi sicurezza Minniti-Orlando-Salvini-Di Maio”. “Io andrò in carcere perché non ho intenzione di chiedere scusa per le nostre proteste. Quello che abbiamo fatto era giusto”, aveva aggiunto in quell'occasione. Nicoletta aveva anche rifiutato i domiciliari dichiarando che non sarebbe stata la carceriera di sé stessa in casa sua. Pochi giorni prima di essere prelevata dai carabinieri, aveva ribadito: “Andrò in carcere perché di Tav non si parla più. Lo si considera un capitolo chiuso: e quindi con il mio corpo dietro le sbarre voglio riaprire questa storia indecente”.
Appena la notizia dell'arresto si è diffusa la gente di Bussoleno è accorsa immediatamente davanti a casa sua e del marito Silvano, protestando con gli agenti e bloccando per circa un'ora la loro auto con dentro Nicoletta, che sorrideva e salutava i manifestanti mostrando un fazzoletto No Tav. “Vergogna”, “fascisti”, “andate a prendere i ladri invece di arrestare una settantenne”, gridava la folla, resistendo ai tentativi degli agenti di aprirsi un varco ricorrendo anche a spintoni e minacce.
Numerose manifestazioni e sit-in di protesta e in solidarietà con Nicoletta Dosio e con gli altri No Tav incarcerati, Giorgio, Mattia e Luca, si sono svolti immediatamente e spontaneamente in molte città d'Italia e anche all'estero, come davanti alla caserma dei carabinieri a Susa, in piazza Castello a Torino, e poi ad Ancona, Aosta, Asti, Bergamo, Bologna, Brescia, Brindisi, Cagliari, Campobasso, Castelli Romani, Fano, Firenze, Forlì, Genova, Imola, Imperia, L'Aquila, La Spezia, Lucca, Mantova, Massa, Melendugno, Milano, Modena, Napoli, Padova, Palermo, Pavia, Perugia, Pesaro, Pescara, Pisa, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Siena, Sulmona, Taranto, Treviso, Venezia, e persino ad Amburgo, Buenos Aires, Gaza e nel Salvador. La sera del primo gennaio Bussoleno è stata attraversata da una manifestazione-fiaccolata di migliaia di amici e compagni di Nicoletta Dosio, bambini, giovani e anziani, che per oltre un'ora ha attraversato le vie della città con in testa uno striscione recante la parola d'ordine “Siamo No Tav, fermarci è impossibile”, e firmato “La Valle che Resiste...e non si arresta!”.
Il procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo, ha emesso un comunicato tentando di giustificare la vergognosa incarcerazione di Nicoletta come un provvedimento “formale” atto a non creare “disparità di trattamento”. Il sottosegretario all'Ambiente del PD, Roberto Morassut, ha cercato di prendere le distanze dall'incarcerazione di Nicoletta dichiarando di non condividere nulla con i No Tav ma giudicandola, con una formula che suona un po' ipocrita, “una misura sbagliata, frutto di un meccanismo burocratico che prescinde dalla concretezza delle cose”. Silenzio totale invece dai tre parlamentari del M5S eletti in Val di Susa con i voti dei No Tav, Luca Carabetta, Laura Castelli e Alberto Airola.
L'11 gennaio si è svolta a Torino un'imponente manifestazione di solidarietà con Nicoletta, Giorgio, Mattia e Luca, a cui hanno preso parte 15 mila No Tav e alla quale ha partecipato anche una delegazione del PMLI guidata dal compagno Gabriele Urban, Responsabile dell'Organizzazione di Biella del Partito, la cui cronaca è stata pubblicata sul precedente numero 2/2020 de “Il Bolscevico”. Il cartello del Partito portato alla manifestazione, invocante la libertà per Nicoletta, Giorgio, Mattia e Luca, con la parola d'ordine “Avanti NO Tav fino alla vittoria, uniamoci contro il governo Conte al servizio del regime capitalista neofascista” è stato pubblicato anche sulla pagina Facebook dei No Tav della Val di Susa.
Nella lettera che Nicoletta Dosio ha indirizzato ai manifestanti dal carcere rappresenta un lucido quanto duro atto d'accusa contro quei magistrati della procura di Torino che si è voluta fare cieco strumento della repressione della giusta lotta del popolo valsusino: “La solidarietà che può salvarci è quella che sa farsi coscienza critica, ribellione attiva al sistema di cui la mia vicenda non è che la cartina di tornasole: il tribunale che impugna le bilance della legge è l’altra faccia della guerra all’uomo e alla natura... le nostre imputazioni sono i nostri meriti: per questo ho deciso di non piegarmi al tribunale che mi condanna, di non chiedere sconti di sorta. La mia carcerazione non è che l’atto finale, sancito dai tre livelli di giudizio che hanno derubricato a reato una giusta e doverosa protesta sociale, decretando anni di carcere non solo a me, ma a ragazze e ragazzi, i migliori dei nostri giovani”.
19 febbraio 2020