Gelli, Ortolani, D'Amato e Tedeschi mandanti secondo la procura generale di Bologna
P2 e destra dei servizi segreti autori della Strage di Bologna
Indagati Paolo Bellini, neofascista di Avanguardia nazionale, e l'ex generale dei servizi segreti Quintino Spella, il carabiniere Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia amministratore di una società immobiliare usata dal Sisde
A poco più di un mese dalla sentenza che ha inflitto l’ergastolo all’ex Nar, Gilberto Cavallini, e a distanza di ben 40 anni dalla strage, l'11 febbraio la Procura generale di Bologna, guidata da Ignazio De Francisci, ha chiuso le indagini inerenti la nuova inchiesta sulla strage fascista del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna che provocò 85 morti e 200 feriti.
Nell’avviso firmato dall’avvocato generale Alberto Candi e dai sostituti procuratori generali del capoluogo emiliano Umberto Palma e Nicola Proto, si legge che fu la loggia massonica Propaganda 2 a organizzare e finanziare la strage e che i mandanti furono il capo della P2 Licio Gelli, il suo braccio destro Umberto Ortolani già condannato per il crac del Banco Ambrosiano, il potentissimo capo dell’ufficio Affari riservati del Viminale Federico Umberto D’Amato, e il direttore de “Il Borghese” e senatore del Msi, Mario Tedeschi. Tutti piduisti e tutti ormai deceduti da anni.
Tra i destinatari degli avvisi di fine indagine figurano Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia Nazionale, 66 anni, ritenuto dagli inquirenti uno degli esecutori materiali della strage, coinvolto in una lunga scia di omicidi, collegato alla ‘ndrangheta e implicato nella trattativa Stato-mafia. Quintino Spella, 91 anni, ex capo del Sisde di Padova, indagato per depistaggio. Di depistaggio dovrà rispondere anche l’ex carabiniere del nucleo informativo di Genova Piergiorgio Segatel, 72 anni e Domenico Catracchia, ex amministratore di una società immobiliare usata dal Sisde e di un condominio in via Gradoli, la strada romana del covo delle Br durante il sequestro Aldo Moro, che invece è accusato di false informazioni ai Pm e reticenza.
Il nuovo filone di indagine è nato grazie al dossier presentato dall’Associazione dei familiari delle vittime che in un primo momento viene ritenuto “poco interessante” dalla Procura ordinaria di Bologna che nel marzo del 2017 aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo di inchiesta sui mandanti rimasto contro ignoti.
A ottobre scorso, il giorno dopo la decisione del Gup di rinviare a giudizio l’ex Nar Gilberto Cavallini (condannato poi in primo grado a gennaio scorso) per aver offerto supporto nella strage, la Procura generale di Bologna avoca a sé il fascicolo e grazie al meticoloso lavoro degli investigatori riesce a ricostruire tutti i passaggi di denaro attraverso cui Licio Gelli e Ortolani finanziarono i Nar per compiere l'attentato. Dei Nar facevano parte, oltre a Cavallini, anche Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, già condannati in via definitiva come esecutori materiali della strage. Mentre l'ex capo della P2 Licio Gelli, gli ufficiali del SISMI Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, e il faccendiere Francesco Pazienza (collaboratore del SISMI) furono condannati per il depistaggio delle indagini.
Nel dossier dell’Associazione c’era anche un fascicolo con gli atti del processo sul crac del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, il “banchiere di Dio” trovato “suicidato”. C’è un atto chiamato “documento Bologna”, sequestrato nel 1982 a Gelli quando fu arrestato in Svizzera. In uno dei fogli c’è l'intestazione “Bologna - 525779 – X.S.”: un numero corrispondente a un conto corrente acceso dello stesso Gelli presso la Ubs di Ginevra in Svizzera. Nel 2013 il figlio di Calvi, Carlo, riassunse in un dossier i flussi di denaro di Licio Gelli, considerati per lui importanti per scoprire chi uccise il padre. Tra gli altri sono riportati diversi bonifici dell’estate 1980, quella della strage di Bologna, per 15 milioni di dollari. Il primo movimento di denaro che ha interessato la Procura generale però è un altro, quello del febbraio del 1979, molti mesi prima: una data che indicherebbe secondo gli inquirenti l’inizio dei preparativi per la strage di Bologna.
Una verità che il PMLI denunciò fin da subito con un comunicato dell'Ufficio politico dal titolo “Fermare la belva fascista” pubblicato sul numero 34/35/36 del 22-29 agosto/5 settembre 1980 de “Il Bolscevico” in cui fra l'altro veniva indicata proprio la matrice golpista e neofascista della strage e i “mandanti annidati fin dentro ai vertici dello Stato, dei servizi segreti, del governo, delle istituzioni dei circoli finanziari ed economici e dei partiti borghesi a cominciare dalla Dc e MSI”.
26 febbraio 2020