Rapporto di ricerca Tecnè
Il reddito delle famiglie dei lavoratori diminuito di 5.350 euro rispetto al 2007
“La debolezza dei redditi medi degli italiani rappresenta più di ogni altro parametro la fragilità del paese e le ragioni alla base di una crescita lenta e affannata. Le dimensioni del problema sono particolarmente evidenti se si analizza il potere economico delle famiglie dei lavoratori (cioè, i redditi netti depurati del carico fiscale e contributivo, rivalutati al potere d’acquisto corrente). La stima per il 2018 colloca i redditi reali ancora abbondantemente sotto i livelli pre-crisi, il 13% più bassi rispetto al 2007, con una perdita di potere economico equivalente a 5.350 euro”.
È l'amara realtà che emerge dal rapporto “L’Italia del lavoro povero” pubblicato il 18 febbraio dall'istituto di ricerca di Tecnè.
Nelle famiglie dove “il principale percettore di reddito è un lavoratore dipendente - si legge ancora nel rapporto - la contrazione della spesa mensile, tra il 2007 e il 2018 è di 155 euro. La variazione si esprime prevalentemente nei consumi non alimentari dove il taglio è di oltre 600 euro l’anno soltanto per quanto riguarda il settore dell’abbigliamento e delle calzature. Per i lavoratori autonomi la spesa mensile è inferiore di 143 euro rispetto al 2007, con la contrazione più rilevante che riguarda, anche in questo caso, il non food e con tagli dei consumi che riguardano,
prioritariamente, le spese per il vestiario ma anche le attività ricreative e il tempo libero. La principale voce di spesa, invece, che aumenta sia per gli autonomi che per i dipendenti è quella relativa al costo dell’abitazione, acqua, elettricità e gas. Se nel 2007 i lavoratori, in media, risparmiavano 77 euro ogni 1.000 di reddito, nel 2018 la quota è scesa a 32 euro”.
La perdita del potere d'acquisto dei salari dei lavoratori “ha il suo specchio nei dati che riguardano la povertà - rileva ancora Tecnè - L’incidenza di famiglie povere sul totale delle famiglie, tra il 2007 e il 2018, è cresciuta dell’1,8% e l’incremento è trainato proprio da quelle con la persona di riferimento che ha un lavoro. Quando il principale percettore di reddito è un lavoratore dipendente, l’incidenza della povertà passa da 7,1% del 2007 a 10,8% del 2018. Tra i lavoratori autonomi l’incidenza di famiglie povere passa dal 4,0% del 2007 al 6,9% del 2018, con un picco del 9% nel 2016. Dal punto di vista sociale, il lavoro povero, è il fenomeno più significativo del nuovo millennio giacché genera una nuova traiettoria della povertà, non più determinata dall’assenza di lavoro – com’era nel secolo scorso - ma dal lavoro stesso”.
Su base geografica “Il Mezzogiorno è l’area dove la perdita di valore del lavoro è stata maggiormente impattante. Il lavoro dipendente ha una contrazione pari a -18% nel Sud e -19% nelle Isole, mentre il lavoro autonomo, nelle stesse aree, registra un calo di potere economico del -24%. Anche il Centro Italia fa registrare una distanza considerevole dai livelli pre-crisi, con un calo dei redditi del 16% (l’equivalente di 6.830 euro l’anno in meno) nelle famiglie dei lavoratori dipendenti e dell’11% in quelle degli autonomi (-5.450 euro)”.
Nella perdita di potere d'acquisto dei salari dei lavoratori, spiega ancora Tecnè, “hanno inciso in modo significativo la riduzione del monte ore lavorate e le trasformazioni della struttura occupazionale. Tra il 2007 e il 2013 l’economia italiana ha perso 4,2 miliardi di ore di lavoro. Il lento aumento degli anni successivi è, però, insufficiente a recuperare il terreno perduto e, al 2018, il deficit rispetto al periodo pre-crisi e di 2,3 miliardi di ore”.
Il comparto più colpito è “L’industria (comprese le costruzioni) che paga il prezzo più alto, perdendo complessivamente 2,6 miliardi di ore. La crescita delle ore lavorate nel comparto dei servizi (+0,5 miliardi di ore) non riesce, però, a compensare il saldo negativo dell’industria. Inoltre, il recupero avviene in settori a basso valore aggiunto”.
A incidere in maniera profonda sono soprattutto le controriforme del "mercato del lavoro" e l'abolizione delle tutele e dei diritti sindacali messe in campo sia dalla destra che dalla “sinistra” borghesi negli ultimi decenni. Controriforme che hanno introdotto condizioni di lavoro di stampo schiavistico e prodotto una crescita esponenziale del precariato, degli occupati a tempo parziale e un forte calo di quelli a tempo pieno e maggiormente tutelati.
“Rispetto al 2007 – rileva infatti il rapporto di Tecnè - gli occupati a tempo parziale sono cresciuti del 38% mentre quelli a tempo pieno sono diminuiti del 4%. D’altronde, la seppur modesta crescita del numero di occupati, in presenza di una consistente riduzione del monte ore di lavoro, è spiegabile soltanto con una riduzione delle ore lavorate pro capite.
Nonostante la riduzione dei redditi reali (e una modesta crescita di quelli nominali) il gettito erariale cresce più dei redditi. In particolare, le imposte indirette subiscono un’impennata a partire dal 2013. La pressione fiscale complessiva si mantiene su livelli molto elevati, raggiungendo il picco nel 2013 (44,1% del pil) e scendendo al 42,1% nel 2018, attestandosi quasi 8 punti sopra la media dei paesi Ocse”.
Infine, denuncia ancora Tecnè: “al deterioramento del potere economico dei lavoratori ha contribuito anche la struttura della tassazione, occupata per due terzi da imposte sul reddito e dai contributi previdenziali e per un terzo dalle imposte sui consumi. Il fall-out dell’impoverimento dei lavoratori è particolarmente visibile nella riduzione dei consumi, inferiori del 5% ai livelli del 2007”.
26 febbraio 2020