Dopo un anno ancora in piedi la rivoluzione democratica borghese in Algeria
I giovani in prima fila per rovesciare il regime di Bouteflika
Con una serie di manifestazioni in tutti gli angoli del paese il popolo algerino ha ricordato il primo anniversario della mobilitazione contro il regime dell'ex presidente Abdelaziz Bouteflika e del suo successore messo in campo dai vertici militari per continuare a tenere in mano il potere. Una rivoluzione democratica borghese dopo un anno ancora in piedi, per “uno stato civile e non militare” come dice lo slogan rilanciato nelle piazze soprattutto dai giovani, quelli in particolare colpiti dalla crisi economica e dalla disoccupazione, che sono rimasti in prima fila nella rivolta.
La rivolta popolare, l'hirak, è scaturita da una protesta spontanea della masse popolari della cittadina di Kherrata, nella Kabiliya, il 16 febbraio 2019, alla vista di una gigantografia di Bouteflika affissa sulla facciata del comune che avviava la campagna elettorale per il suo quinto mandato consecutivo dal 1999, nonostante le sue critiche condizioni di salute. Era l'emblema di un presidente nelle mani dei vertici militari che non avevano trovato alternative per garantire la “stabilità” del paese, messa a rischio dalla prolungata e pesante crisi economica che aveva spazzato via anche le briciole finora destinate alle masse popolari di parte della ricchezza del paese garantita dalla vendita di gas e petrolio.
Sei giorni dopo, il 22 febbraio, dopo la preghiera di mezzogiorno ma senza connotati religiosi la protesta preparata via social e col passaparola si diffondeva in tutto il paese al grido di “se ne vadano via tutti”, per porre fine al regime militare verso un sistema politico più trasparente, libero e democratico. Basta con la gestione del sistema politico da parte della coalizione di governo tra il Fronte di Liberazione Nazionale (Fln) e il Raggruppamento Nazionale Democratico (Rnd), delegittimati dalla piazza e dalla diserzione delle urne nelle presidenziali del 12 dicembre 2019. Le rivendicazioni della protesta erano raccolte nella piattaforma del Pad, il Patto dell’alternativa democratica composto da partiti e organizzazioni che si riconoscono nell’hirak, per l’elezione di un’assemblea costituente sovrana e la costruzione di uno “stato civile, democratico e sociale” .
L'hirak non si fermava davanti alla repressione della polizia, teneva la piazza e riusciva a ottenere il ritiro della candidatura di Bouteflika e un rinvio delle elezioni presidenziali che si tenevano lo scorso dicembre con la vittoria del candidato dei militari Abdelmadjid Tebboune. Un presidente delegittimato, votato solo dal 40% degli elettori mentre nelle piazze i dimostranti gli gridavano “Tebboune presidente illegittimo, burattino dei militari” che per coprirsi annunciava un’azione per “una nuova repubblica nata dalle aspirazioni popolari”. E proclamava festa nazionale il 22 febbraio con la motivazione che sarebbe la “giornata nazionale della fraternità tra il popolo e il suo esercito per la democrazia”, ossia per metterla sotto tutela governativa ribaltando lo slogan “stato civile non militare” della rivolta.
Il movimento antigovernativo che ha come riferimento non abboccava alle promesse di cambiamento, tanto più dopo che il governo aveva negato l'autorizzazione alla richiesta del Pad di tenere una Conferenza nazionale convocata per il 20 febbraio allo scopo di definire le modalità di prosecuzione della protesta. E il 16 febbraio centinaia di migliaia di dimostranti provenienti da tutta l’Algeria partecipavano al corteo per celebrare il primo anno di proteste a Kherrata, come il 22 febbraio in occasione dell'anniversario ufficiale.
4 marzo 2020