Rivolta nelle carceri. Accogliere le richieste dei carcerati
Pugno duro di Bonafede (M5S) e della destra fascista. 13 detenuti morti in seguito alla rivolta, altri 8 versano in gravi condizioni all'ospedale
Il Guardasigilli e il capo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria devono dimettersi
14 morti, decine di feriti e 7 detenuti tutt'ora ricoverati in condizioni molto gravi nei vari ospedali: è il drammatico bilancio causato dalla violenta repressione con cui il governo trasformista liberale Conte e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (M5S) hanno sedato la rivolta dei carcerati esplosa domenica 8 marzo in oltre 50 istituti penitenziari in seguito alla pretestuosa decisione da parte del Dipartimento di amministrazione penitenziaria di sospendere tutte le visite e i colloqui con i familiari e i volontari fino a tempo indeterminato per arginare il diffondersi della pandemia da coronavirus.
Epicentro della rivolta sono state le carceri di Modena, 9 detenuti morti e ingenti danni alla struttura; Rieti 3 carcerati morti e diversi feriti, e Bologna un morto e diversi altri feriti, fra alcuni molto gravi.
Altre proteste e battitura delle inferriate si sono verificate negli istituti di Caltanissetta, Enna, Larino, Pescara, Avellino, Palermo Pagliarelli, Genova, Campobasso, Trapani, Siracusa, Caserta e Aversa.
Secondo Elia De Caro, responsabile dell'associazione Antigone dell’Emilia Romagna e il Garante nazionale dei diritti detenuti, Mauro Palma: “le vittime di Modena e Bologna sono tutti giovani nordafricani, solo una vittima è italiana e ben tre erano in attesa del primo grado di giudizio; il più giovane aveva 29 anni e il più adulto 42. Nella casa circondariale di Modena, dove ora sono rimasti 200 detenuti, nutriti con pasti che vengono da fuori perché non ci sono più cucine né servizi, prima della rivolta di domenica il 64,9% dei reclusi era straniero, il 35% tossicodipendente, il 55% in osservazione psichiatrica e non c’era un’articolazione per la salute mentale”.
Ufficialmente, secondo il governo, le autorità carcerarie e gli stessi magistrati che coordinano le varie inchieste, le morti di tutti i detenuti sarebbero riconducibili a overdose di metadone e psicofarmaci rubati dagli ambulatori e dalle infermerie durante le rivolte.
Una versione di comodo che assolve il governo e le autorità carcerarie dalla gravissima responsabilità di aver imposto una decisione scellerata che invece di prevenire e mettere in sicurezza l'intera popolazione carceraria, ha esposto ancora di più gli oltre 61 mila detenuti a un rischio altissimo di contagio abbandonandoli a se stessi, senza cure e controlli sanitari, impossibilitati a comunicare e a ricevere qualsiasi aiuto esterno, senza medicine e dispositivi di protezione contro l'infezione, senza nemmeno il minimo indispensabile per l'igiene personale e per di più costretti a rispettare le rigide regole di prevenzione imposte dal governo incurante delle precarie condizioni igienico-sanitarie in cui versano le carceri italiane con decine di migliaia di reclusi ammassati come bestie in anguste celle fatiscenti, con un tasso di sovraffollamento di oltre il 190% e una media di oltre tre detenuti per ogni cella che, nella stragrande maggioranza dei casi, non supera i 12 metri quadri.
Una situazione esplosiva e rischiosissima per la salute e l'incolumità dei detenuti dove basta un solo contagiato per diffondere il virus a tutti gli altri senza possibilità di scampo. Un'eventualità non certo remota dal momento che proprio nella casa circondariale di Modena, epicentro della rivolta, un detenuto è stato trovato positivo al coronavirus mentre nel carcere di Sollicciano a Firenze, su segnalazione degli stessi detenuti, una guardia è stata sottoposta a tampone ed è risultata positiva.
Secondo l'associazione Antigone: “i posti disponibili nelle carceri italiane sono 50.931, cui vanno sottratti quelli resi inagibili nei giorni scorsi a seguito della rivolta. I detenuti presenti, alla fine di febbraio, erano 61.230. Nel 2019 Antigone ha visitato 100 istituti: in quasi la metà c’erano celle senza acqua calda, in più della metà c’erano celle senza doccia. Spesso mancano prodotti per la pulizia e l’igiene. Con questi numeri, se dovesse entrare il virus in carcere, sarebbe una catastrofe per detenuti e operatori. Per gli uni e per gli altri bisogna muoversi subito”.
Ciononostante il Guardasigilli Bonafede, chiamato a riferire nelle Aule semivuote del Senato prima e della Camera poi, ha avuto anche la faccia tosta di parlare di “atti criminali” da parte di “una ristretta parte di detenuti” e ha minacciato che: “Lo Stato non indietreggia di un centimetro di fronte all’illegalità”.
Sulla stessa linea la destra fascista con FI, Lega e Fdi che all'unisono invocano “il pugno di ferro, l'intervento dell'esercito, processo per direttissima e pene esemplari, per chi ha fomentato e preso parte alla rivolta e aggredito gli agenti di polizia”.
Non una parola sulle vere cause che hanno scatenato la rivolta e provocato la morte di 14 persone affidate proprio alla custodia dello Stato italiano che Bonafede e i fascisti difendono a spada facendo finta di non sapere che nelle carceri, come dimostrano le numerose sentenze europee, è proprio lo Stato italiano ad essere illegale.
Per tutto ciò, Bonafede e il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, devono dimettersi immediatamente.
Le gravissime crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo in queste settimane a causa del diffondersi della pandemia da coronavirus hanno messo a nudo tutti i limiti e le contraddizioni del sistema capitalista, della classe dominante borghese al potere e dei governi che ne reggono le sorti e che dunque sono i massimi responsabili delle decine di migliaia di morti e milioni di contagiati in tutto il mondo.
A pagarne le maggiori conseguenze sono ancora una volta e soprattutto i più deboli e indifesi, le masse popolari, i lavoratori, i pensionati, i poveri, i diseredati e i migranti, indifese e perciò più vulnerabili, come ad esempio gli oltre 61 mila detenuti sepolti vivi nelle carceri italiane.
Per tutti loro noi chiediamo che, a causa dell'emergenza sanitaria in atto, la detenzione domiciliare con finalità anche di assistenza terapeutica venga estesa senza limiti di pena a tutti i carcerati che accusano problemi sanitari tali da rischiare aggravamenti a causa del contagio da Covid-19. Chiediamo l'immediata e totale sanificazione di tutti gli ambienti carcerari, a cominciare dagli spazi comuni di socialità, da quelli adibiti a mensa, caserme e uffici del personale, delle officine di lavorazioni e dei magazzini. Le norme igieniche, come il distanziamento sociale, in vigore fuori devono valere anche dentro le carceri.
Fornitura immediata e gratuita di tutti i presidi igienico sanitari per evitare il contagio. Garantire a tutti i detenuti il contatto telefonico o video-chiamata e corrispondenza e-mail con i parenti autorizzati alle visite, tutto a carico e sotto il controllo della direzione di ciascun istituto penitenziario.
Siamo favorevoli a concedere a tutti i detenuti che usufruiscono già della misura della semilibertà di trascorrere la notte in detenzione domiciliare che va estesa, salvo motivati casi eccezionali, anche ai condannati per pene detentive residue fino a qualche mese e nei confronti di chi è destinatario di provvedimenti di esecuzione delle sentenze e che si trova a piede libero.
Chiediamo la liberazione anticipata per quei detenuti che devono scontare una pena residua di pochi mesi. Un piano straordinario di reclutamento di medici, infermieri e operatori socio-sanitari da destinare all'assistenza sanitaria in carcere in modo da garantire qualità ed uniformità degli interventi e delle prestazioni sanitarie nei confronti dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimenti restrittivi.
18 marzo 2020