Intervenendo in parlamento
Conte esalta la sua dittatura antivirus
Nessuna autocritica sugli errori e i ritardi del governo. L'opposizione di destra invoca strumentalmente la centralità del parlamento. La Lega torna alla carica con condono tombale e flat tax. La ducetta Meloni chiede una “cabina di regia parlamentare”. Salvini e Renzi esaltano Draghi per far fuori Conte. Precipita la situazione sociale, specialmente al Sud
Subito 1.200 euro al mese per chi non ha reddito né ammortizzatori sociali finché dura l'emergenza coronavirus
Il 25 marzo Giuseppe Conte si è presentato alla Camera e il giorno dopo in Senato per rendere conto al parlamento, riunito per l'occasione a ranghi molto ridotti, dell'operato del governo per fronteggiare l'emergenza coronavirus. Sapendo di essere atteso al varco dalla destra capeggiata da Salvini e Meloni, ma anche da certi “alleati” di governo ansiosi di sostituirlo al più presto come Renzi, il presidente del Consiglio ha giocato d'anticipo ammonendo tutti che non è questo il momento di attribuire le responsabilità, il tempo “delle valutazioni su quello che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto”; perché, ha aggiunto citando Manzoni, “del senno del poi son piene le fosse. Ci sarà un tempo per tutto, ma oggi è il tempo dell'azione, il tempo della responsabilità dalla quale nessuno può fuggire”.
Dopodiché si è lanciato in una granitica esaltazione dell'azione di governo, dalle prime misure prese della chiusura dei voli con la Cina del 27 gennaio e la proclamazione dello stato di emergenza del 31 gennaio, fino all'ultimo provvedimento di stampo fascista appena firmato il giorno avanti, che ha impresso un ulteriore giro di vite alla segregazione del Paese con sanzioni pesantissime per i trasgressori, fino a 3.000 euro di multa e 5 anni di reclusione. Per Conte “il Governo ha agito con la massima determinazione e con assoluta speditezza approntando, ben prima di qualunque altro Paese, le misure di massima precauzione”. Nemmeno un accenno autocritico al tempo perso (quasi un mese, prima che l'epidemia si manifestasse il 21 febbraio in Lombardia e Veneto) senza cominciare a fare scorte di dispositivi di protezione (i cosiddetti Dpi, mascherine, tute e disinfettanti) e di ventilatori polmonari, che poi sono drammaticamente mancati, e predisporre piani di riorganizzazione e potenziamento degli ospedali e dei reparti di terapia intensiva. Per non parlare proprio della chiusura dei voli dalla Cina, che secondo molti esperti ha peggiorato le cose impedendo di tracciare i passeggeri che arrivavano in Italia attraverso paesi intermedi senza essere controllati.
Nessuna autocritica nemmeno riguardo ai tentennamenti del governo sulle misure di contenimento anche dopo l'esplosione dell'epidemia in Lombardia e l'inizio della sua diffusione al resto del Paese, l'inseguire sempre gli eventi anziché cercare di anticiparli, l'oscillare per giorni tra il “chiudere tutto” e il “riaprire tutto”, la fuga di notizie prima del primo decreto di chiusura generale che ha provocato il pericoloso e incontrollato esodo dal Nord al Sud, i cedimenti alle pressioni di Confindustria per tenere aperte le fabbriche anche non indispensabili e senza garanzie di sicurezza per i lavoratori, costringendoli a scioperare per farsi sentire dal padronato e dal governo, gli anziani abbandonati nelle case di riposo ridotte a lazzaretti, e così via. Nessuna autocritica, anzi per Conte il governo ha addirittura “anticipato la reazione ponendo in essere tutte le azioni di sua competenza necessarie e utili a presidiare i beni primari della vita e della salute dei cittadini”.
Presidenzialismo e dittatura del governo Conte
Nessun dubbio nemmeno sui pieni poteri che Conte si è attribuito di fatto con il ricorso sistematico ai decreti del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm), provvedimenti da stato di eccezione che non richiedono la conversione in legge da parte del parlamento e che rappresentano pertanto uno svuotamento palese della democrazia borghese. Tanto più se sono proclamati in tarda serata, e non davanti alla stampa come da consuetudine istituzionale, ma dalla sua pagina Facebook personale secondo un copione mediatico di rapporto diretto premier-popolo suggerito dal suo consigliere per la comunicazione, l'ex “grande fratello” Rocco Casalino.
Il capo del governo ha invece esaltato il ricorso al Dpcm, individuato come “lo strumento giuridico più idoneo”, perché “agile, flessibile e in grado di adattarsi alla rapida e spesso imprevedibile evoluzione del contagio” e perché garantisce “la più uniforme applicazione delle misure”. Quanto alle misure eccezionali di ordine pubblico, con la limitazione delle libertà fondamentali garantite dalla Costituzione, come la libertà di circolazione, di riunione, di manifestazione ecc. (“un metodo di azione e di intervento che mai è stato sperimentato prima”, ha ammesso), Conte si è giustificato con il principio di “massima precauzione ma contestualmente anche dell'adeguatezza e della proporzionalità dell'intervento”, coprendosi anche dietro “le indicazioni provenienti da comitato tecnico-scientifico”.
Ha poi rivendicato di aver assicurato in tutte le decisioni prese “il massimo coinvolgimento delle Regioni, sia singolarmente sia attraverso la Conferenza Stato-regioni”, nonché il coinvolgimento delle “parti sociali, sindacati e associazioni di categoria” per le misure “che incidevano sulla libertà d'impresa e i diritti dei lavoratori”. Tutto questo per camuffare dietro un velo di ipocrisia demagogica ciò che invece è sotto gli occhi di tutti e che comincia ad essere denunciato anche da alcuni giornalisti e giuristi democratici: l'emergenza Covid-19 è diventata un pretesto per sperimentare forme di presidenzialismo e di dittatura del governo, con la centralizzazione di fatto di tutti i poteri, governativi, parlamentari, istituzionali e statali nelle mani del premier Conte. Un esperimento politico che rischia di dare i suoi frutti avvelenati anche dopo la fine della pandemia. Una versione “soft” all'italiana di quello che con lo stesso pretesto il fascista Orban ha appena fatto con più aperta brutalità in Ungheria.
Gli interventi di Lega e Meloni
Nel dibattito alla Camera la Lega è intervenuta con il deputato lombardo Guido Guidesi, che ha attaccato il governo con una lacrimosa giaculatoria in cui i poveri sindaci e governatori del Nord (sottinteso della Lega) hanno fatto tutto da soli senza mai vedere in giro un rappresentante dello Stato; per poi scagliarsi contro chi vuol aiutare i lavoratori in nero, mentre “noi abbiamo artigiani e commercianti che probabilmente non riusciranno più ad aprire” (incitamento alla guerra tra poveri e razzismo antimeridionale); e per arrivare infine a quello che preme veramente alla Lega: un bel condono tombale generale approfittando dell'occasione coronavirus: “L'”anno bianco” fiscale possiamo farlo o non possiamo farlo? Le imposte vengono cancellate alcune, sì o no? Gli scaglioni vengono rivisti sì o no? La flat tax si fa?”, ha chiesto infatti in tono perentorio l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio
del governo Conte 1.
La stessa richiesta, proponendosi paladina di artigiani e commercianti prostrati dalla crisi, l'ha fatta anche la ducetta di Fratelli d'italia, Giorgia Meloni, invocando “libertà, libertà dai vincoli, dalla burocrazia, dalle tasse, dall'Agenzia delle entrate, da tutto lo Stato guardone e vessatore che ti ha massacrato in questi anni”. Ma si è fatta strumentalmente paladina del ruolo insostituibile del parlamento, insistendo sulla richiesta di una “cabina di regia parlamentare” per arrivare ad una collaborazione reale tra governo e opposizione, così come auspicato da Mattarella.
L'intervento di Salvini
Un atteggiamento strumentale riproposto anche da Salvini al Senato, quando ha concluso il suo intervento dicendo a Conte: “Noi ci siamo, non come spettatori, perché gli italiani ci chiedono questo, ma come protagonisti. Se l'aiuto è richiesto, noi già ci siamo e ancor più ci saremo. Non fate da soli. Vi chiedo solo questo: non fate da soli”. Solo che in tutto il discorso precedente non aveva fatto altro che sparare a zero su Conte e il governo, che non sta facendo il suo come “i medici stanno facendo il loro, i poliziotti stanno facendo il loro, sindaci e governatori stanno facendo il loro”, ergendosi a portavoce dei medici in prima linea senza le mascherine, le tute protettive e i respiratori che il governo non manda, dei governatori che chiedono aiuti che non arrivano, delle famiglie che non hanno i soldi per fare la spesa, degli agricoltori e pescatori in rovina, dei “sacerdoti che si stanno immolando nella bergamasca”, insomma dell'intera popolazione italiana che solo lui capisce ed è in grado di rappresentare. E guai a “chi si permette di criticare la sanità lombarda”, che prima di metterla in discussione “si dovrebbe vergognare”.
L'aspirante duce d'Italia offre strumentalmente “collaborazione” a Conte con una mano, ma con l'altra incoraggia le spinte secessioniste dei governatori e sindaci leghisti del Nord, che fanno a scaricabarile con il governo sugli errori e le responsabilità politiche che hanno aggravato la tragedia di intere province della Lombardia, come Bergamo, Brescia e Cremona.
Il suo obiettivo resta in realtà quello di far fuori Conte prima possibile, anche se per il momento questa strada è preclusa dall'emergenza, eventualmente anche sostituendolo con un governo “di unità nazionale” guidato da Mario Draghi. Non a caso nel suo intervento ha ringraziato platealmente l'ex presidente della Bce per il suo discorso sul Financial Times
in cui chiedeva ai governi europei di fare “tutto quello che è necessario” per affrontare insieme la crisi economica provocata dalla pandemia, anche ricorrendo massicciamente al debito: “Benvenuto presidente Draghi; ci serve l'aiuto di tutti e ci serve il suo aiuto”, ha detto significativamente Salvini.
Gli interventi di Renzi e Boschi
Questo avviso di futuro sfratto a Conte per far posto a Draghi non appena finita l'emergenza virus è condiviso anche da Renzi, che da tempo fa asse col caporione fascioleghista per far fuori l'attuale premier e aprire a nuovi scenari politici insieme al “centro-destra”: “oggi Mario Draghi, signor Presidente del Consiglio, le indica la strada quando dice che, certo, bisogna fare debito, ma bisogna farlo per dare innanzitutto liquidità a quel sistema di piccole e medie imprese che rischia di non riaprire più”, ha detto infatti il leader di Italia Viva
nel suo intervento. Dopo che il giorno prima, alla Camera, la sua fedelissima Maria Elena Boschi aveva fatto un intervento pieno di critiche a Conte, sugli “errori che ci sono stati”, sulle sue dirette Facebook, sul suo fare l'”uomo solo” al comando, sulle partite Iva e professionisti non tutelati abbastanza e così via; arrivando fino ad inviargli una velata minaccia auspicando una commissione d'inchiesta parlamentare che “dovrà verificare che cosa è accaduto ai tempi del Coronavirus nei giorni che stiamo vivendo”.
Scaricabarile, strumentalizzazioni in chiave elettorale, manovre politiche, avvertimenti mafiosi, minacce: si va avanti così tra il governo liberale e trasformista, e ora anche presidenzialista di Giuseppe Conte, da una parte, e il “centro-destra” a trazione Salvini dall'altra. A cui si aggiunge anche Renzi, che gioca una sua partita, come l'essersi messo a cavalcare gli interessi della Confindustria per riaprire tutte le attività produttive, a epidemia ancora in corso, possibilmente entro Pasqua.
Una situazione sociale esplosiva
Nel frattempo se la situazione sanitaria sembra dare qualche timido segno di miglioramento, quella sociale sta invece peggiorando di giorno in giorno. Cominciano ad emergere episodi di grave disagio sociale in strati di popolazione rimasti tagliati fuori da qualsiasi fonte di reddito e anche di ammortizzatore sociale, tra cui milioni di lavoratori in nero ridotti da un giorno all'altro alla fame. Soprattutto al Sud, dove il tasso di occupazione è del 44%, contro il 66% del Nord, e si stima che i lavoratori in nero siano circa 4 milioni. Checché ne dica Salvini, che si indigna al solo sentir parlare di aiuti ai lavoratori in nero, ma poi non si vergogna a chiedere una bella “pace fiscale per tutti”, contribuenti onesti che non ce la fanno ed evasori, lavoratori autonomi ridotti sul lastrico e commercianti ricchi che le tasse possono anche pagarle, magari differite, il governo deve farsi carico anche di questi lavoratori e delle loro famiglie, costretti non per loro volontà a campare con l'economia sommersa. Che vale in Italia circa il 22,9% del Pil, mentre nel Mezzogiorno sale a poco meno del 30%.
Dopo le segnalazioni dei servizi segreti su possibili sommosse al Sud e dopo alcuni episodi di incidenti nei supermercati, Conte è corso ai ripari annunciando l'anticipo da maggio ad aprile di 4,3 miliardi di stanziamenti dovuti ai Comuni per il secondo semestre 2020, a cui aggiungere 400 milioni da distribuire alle famiglie più in difficoltà sotto forma di buoni pasto. Una misura tampone bocciata manco a dirlo come un'”elemosina” dagli amministratori leghisti e di “centro-destra”, e apprezzata ma solo come primo intervento per due-tre settimane da altri sindaci, generalmente del Sud, come quelli di Palermo, Napoli, Bari. Le richieste del Banco alimentare sono cresciute del 20% in Italia, del 40% in Campania. A Palermo le richieste di aiuto al Banco sono già 2.500. Secondo il sindaco Orlando bisogna far presto perché prima della crisi le famiglie assistite erano 600, ora le richieste sono già salite a 11 mila. A Napoli De Magistris chiede il reddito di quarantena, senza tuttavia attivare la sua amministrazione nell'assistenza di chi è piombato nella miseria più nera.
Sale il tema del reddito di emergenza
Il governo ha allo studio alcune ipotesi, tra le quali non ci sarebbe l'estensione del reddito di cittadinanza, sospendendo temporaneamente le condizioni di reddito, di patrimonio, di accettazione di lavoro e le sanzioni, come chiesto da diverse parti, ma piuttosto un'estensione a colf, badanti e lavoratori saltuari e in nero, del sostegno di 600 euro già previsto per artigiani, commercianti e partite Iva: un cosiddetto Reddito di emergenza, o Rem.
Amche il Forum Disuguaglianze e Diversità facente capo all'ex ministro Fabrizio Barca e l'Asvis dell'ex ministro e presidente Istat Enrico Giovannini propongono al governo un Rem, più simile però ad un Rdc esteso e semplificato, insieme ad un Sea (sostegno di emergenza per il lavoro autonomo) separato da esso. La Federazione del sociale – Usb, nel denunciare che l'intervento di 400 milioni del governo è più che altro simbolico, “fidando sull'effetto annuncio piuttosto che sulla concretezza”, propone un reddito di emergenza o di quarantena rendendo universale e senza condizioni il reddito di cittadinanza, accompagnato da un blocco del pagamento degli affitti e delle utenze e una tassa sui grandi patrimoni “per distribuire in fretta liquidità a milioni di persone oggi senza più strumenti di sopravvivenza”.
Ci sembra la proposta più giusta e condivisibile, aggiungendo che il reddito di
emergenza o quarantena dovrebbe essere almeno 1.200 euro per tutti coloro che non hanno reddito né ammortizzatori sociali e dovrebbe durare finché dura l'emergenza coronavirus, incluso il tempo necessario alla ripresa effettiva del lavoro.
31 marzo 2020