75° Anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazi-fascismo
Viva il 25 Aprile! Ora liberiamo l'Italia dal capitalismo, dal governo Conte e dai fascisti del XXI secolo, per il socialismo

Il 25 aprile 1945 il popolo italiano in armi, con alla testa gli eroici partigiani, insorgendo in tutte le città del Nord completava vittoriosamente la liberazione dell'Italia dal nazi-fascismo. Da 75 anni questa ricorrenza gloriosa ricorda e trasmette di generazione in generazione un insegnamento incancellabile che le partigiane e i partigiani ci hanno lasciato sacrificando le loro vite: quello di difendere e mantenere sempre vivo lo spirito della Resistenza contro le forze che vorrebbero cancellarlo dalla memoria storica del nostro popolo.
Perciò è giusto celebrare per sempre il 25 Aprile e non dobbiamo nemmeno mai darlo per scontato, poiché niente è conquistato una volta per tutte e le forze reazionarie sconfitte ieri possono tornare ancora a spadroneggiare domani, se viene meno la discriminante antifascista. E questo è tanto più vero oggi, che il vecchio fascismo ha rialzato la testa sotto le nuove forme del fascismo del XXI secolo e la guida dell'aspirante duce d'Italia Salvini e della ducetta Meloni. Dobbiamo anzi chiedere ancor più forte che siano messi al bando tutti i partiti e i gruppi neofascisti, neonazisti, xenofobi e razzisti, applicando la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione che vieta la ricostituzione sotto qualsiasi forma del partito fascista e le leggi Scelba e Mancino. E invece, dopo che per tutto il secondo dopoguerra sono stati prima usati, tollerati e protetti e infine lasciati liberi di imperversare in lungo e largo per la penisola nelle aggressioni e intimidazioni ai danni degli antifascisti, oggi si sentono talmente forti e arroganti dal tentare di mettere fuorilegge i partiti comunisti attraverso la proposta di legge costituzionale depositata alla Camera dal deputato di FDI Cirielli.
Purtroppo, per la prima volta in 75 anni, la festa della Liberazione non può essere celebrata nelle piazze perché le masse popolari sono confinate in casa per l'emergenza sanitaria, mentre il Paese è sottoposto ad un regime di militarizzazione e di pesanti restrizioni delle libertà di movimento, di riunione e di sciopero. E il parlamento si riunisce di rado, a ranghi estremamente ridotti e non riesce ad esercitare le sue funzioni di deliberazione e di controllo. Una situazione molto pericolosa, in cui avanza e si rafforza giorno per giorno la dittatura personale del premier Conte, che ha assunto i pieni poteri di fatto e governa a colpi di conferenze stampa a reti unificate, di decreti del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) e di decreti ministeriali (Dm) e attraverso organismi come la task force per la ricostruzione diretta dal super manager delle multinazionali Vittorio Colao e alle sue personali dipendenze, non soggetti al voto del parlamento né al controllo di legittimità del capo dello Stato e della Corte costituzionale.
La democrazia borghese è svuotata e sono ridotte le garanzie costituzionali, come cominciano ad affacciare alcuni giuristi e costituzionalisti e come ha denunciato anche una mozione approvata il 4 aprile dal Comitato Rodotà, in cui si sottolinea che “il rischio di derive autoritarie permanenti è troppo grave in una fase tanto drammatica quanto la presente, in cui forze eversive potrebbero mettere in discussione non solo le forme ma anche i valori della Costituzione”. Questa dittatura “antivirus” di Conte è sostenuta acriticamente anche da partiti di “sinistra” come LeU e SI, e perfino da “Il Manifesto” trotzkista. Si assiste anzi al paradosso che ad opporvisi sono proprio i leader dei fascisti del XXI secolo, Salvini e Meloni, che accusano Conte di governare con metodi autoritari e si ergono a paladini dei poteri del parlamento da lui esautorato. Ma con quale credibilità, dal momento che lo accusano di aver assunto quei pieni poteri che proprio Salvini era stato il primo a rivendicare pubblicamente per sé lo scorso agosto, e che entrambi plaudono senza ritegno ai pieni poteri assunti dal loro principale alleato e modello in Europa, il dittatore fascista ungherese Orban?
 

La cultura della borghesia e quella del proletariato
In questa situazione celebrare il 25 Aprile con le piazze virtuali, come quella organizzata dai firmatari dell'appello “#iorestolibero”, a cui hanno aderito l'Anpi e personalità della società civile, del mondo delle arti e dello spettacolo, e a cui aderisce anche il PMLI, rischia di essere una risposta purtroppo insufficiente, se non ambigua e con motivazioni e contenuti sbagliati. Specie se invece di dargli un chiaro e autentico carattere politico antifascista, la si impronta ai simboli della classe dominante borghese, come il tricolore, attorno al quale si chiama a “stringersi” tutti, e l'inno di Mameli, che aprirà la manifestazione online. E come quelle parole d'ordine idealiste e riformiste che sono enunciate nel manifesto-appello: “ricostruire un mondo più giusto, più equo, più sostenibile”, lottare “contro i tre nemici comuni, il virus, il riscaldamento del pianeta e le disuguaglianze socio-economiche”, unirsi “per metterci alle spalle questa crisi e disegnare un domani luminoso e promettente”.
Parole del tutto vuote e che lasciano il tempo che trovano, tipiche della cultura borghese, dal momento che si elude la madre di tutte le questioni: quella della distruzione del capitalismo, che è all'origine delle disuguaglianze sociali ed economiche, delle guerre e della devastazione ambientale e climatica, ma anche della demolizione e privatizzazione della sanità pubblica e della mancanza di pronte e adeguate risposte contro la pandemia, che sono alla base della tragica emergenza sanitaria di queste settimane.
Non è con la cultura e i valori della borghesia che si può cambiare la marcia società borghese, ma solo con la cultura e i valori del proletariato, l'unica classe veramente portatrice della rivoluzione e del cambiamento, perché come hanno insegnato Marx ed Engels esso non ha nulla da perdere in essa se non le proprie catene, ed ha un mondo da conquistare. Sembra averlo del tutto “dimenticato” anche la trotzkista Luciana Castellina, che in un editoriale su “Il Manifesto” dell'8 aprile vagheggia una “nuova società partigiana” come sbocco democratico e progressista alla crisi innescata dal Coronavirus.
“Il nostro mondo non sarà più lo stesso. Il virus ci ha reso traumaticamente consapevoli che il modo in cui abbiamo vissuto pur nella pace relativa di cui l’Occidente ha goduto deve esser cambiato”, scrive la Castellina senza spiegare però in che cosa debba consistere questo cambiamento e come ottenerlo, se non limitandosi ad auspicare un fumoso quanto idealistico “impegno per rivedere criticamente il mondo di ieri e farne uno che abbia i tratti di quello che si sperò di fare con la Resistenza 75 anni or sono”. Anche qui siamo in pieno dentro la cultura della borghesia e non in quella del proletariato. Neanche un solo accenno, infatti, al capitalismo che va necessariamente abbattuto per costruire una società diversa, né tanto meno al socialismo, che è il vero nome della società che avevano in mente i partigiani che si qualificavano comunisti e morivano fucilati dai nazisti o dai fascisti inneggiando a Stalin. Non è una “dimenticanza” la sua, ma una precisa scelta da parte di chi ha rinnegato per sempre la lotta di classe e l'obiettivo storico del socialismo per scegliere il riformismo e l'intangibilità del sistema capitalista e imperialista.
 

Non mescolare il tricolore e l'inno di Mameli con “Bella Ciao”
Si tratta a ben vedere di una variante della stessa cultura del “siamo tutti sulla stessa barca” predicata da Conte, dai partiti governativi e dal papa, ma l'inganno è che la barca è quella della borghesia e del capitalismo, non quella del proletariato e del socialismo. Anche mescolare il tricolore e l'inno di Mameli con “Bella Ciao” finisce per avallare questo inganno. Non siamo tutti sulla stessa barca e la lotta di classe continua anche con la pandemia e l'emergenza sanitaria, come dimostra il conflitto tra le esigenze padronali della produzione e del profitto e il diritto alla sicurezza e alla salute dei lavoratori e delle loro famiglie.
Lo ha ben chiarito il Segretario generale compagno Giovanni Scuderi nell'editoriale per il 43° Anniversario della fondazione del PMLI: “la lotta di classe non può non continuare, pensando all’Italia futura. Quella che ha in mente il governo sarà peggiore di quella attuale. Persisterà il dominio della borghesia e del capitalismo, si aggraveranno le disuguaglianze sociali e territoriali, le condizioni di vita e di lavoro delle masse, la disoccupazione e la povertà, ed è probabile che diventeranno permanenti, con qualche aggiustamento, l’isolamento sociale, il controllo sociale, il telelavoro, l’insegnamento a distanza, il restringimento delle libertà e della democrazia borghese, l’emarginazione, la militarizzazione del Paese, del parlamento, e il nazionalismo patriottardo e fascista. In sostanza verrà rafforzato il regime capitalista neofascista”.
Non è certo questa la società per cui hanno lottato e hanno versato il sangue le partigiane e i partigiani comunisti. Non è con la cultura borghese del riformismo, del nazionalismo patriottardo del “siamo tutti nella stessa barca” e della difesa di una Costituzione borghese ormai stracciata e sepolta dal regime capitalista neofascista imperante, che non hanno impedito al capitalismo di portare il Paese all'attuale catastrofe, che si può pensare di uscirne verso una società nuova. Solo non rinunciando alla lotta di classe il proletariato può evitare che anche questa crisi provocata dal capitalismo e dall'imperialismo venga scaricata sulle sue spalle e sia usata per aumentare la fascistizzazione del Paese, ma possa invece aprire una nuova stagione di rivendicazioni e di lotte per difendere i diritti, le condizioni di vita e di lavoro e le libertà di tutti i lavoratori e le masse popolari.
In questa difficile situazione è più che mai necessario ispirarsi allo spirito della Resistenza, allo stesso spirito che ebbero le partigiane e i partigiani nel liberare l'Italia dal soverchiante nazi-fascismo, per liberare oggi l'Italia dal capitalismo, dalla dittatura antivirus del premier Conte e dal suo governo trasformista e liberale al servizio del regime capitalista e neofascista e dai fascisti del XXI secolo guidati da Salvini e Meloni. Avendo anche bene in mente che solo con l'abbattimento del capitalismo e la conquista del socialismo sarà possibile porre fine per sempre allo sfruttamento, alle devastazioni ambientali e climatiche, alle pandemie e alle guerre.
Viva il 25 Aprile, che riacquisti il suo autentico carattere originale antifascista!
Gloria eterna alle partigiane e ai partigiani!
Uniamoci per conquistare il socialismo e il potere politico del proletariato! Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
 
 
 

22 aprile 2020