Toscana
Le procure aprono inchieste per i troppi morti nelle residenze per anziani
Toglierle ai privati e far diventare le RSA servizi della sanità pubblica

Dal nostro corrispondente per la Toscana
Anche la Toscana non è stata risparmiata dalla tragica strage nelle residenze per anziani. Secondo i recenti dati i morti nelle Rsa tocane sono 157 mentre i casi positivi sono in tutto 775 sui 13mila ospiti. L'area più colpita è il centro della regione con 362 casi e 65 morti ma anche a nord-ovest, tra Lucca e Massa, la situazione è complessa con 70 decessi e 305 contagi.
Nella Toscana dove la sanità è sempre stata sbandierata come “eccellenza”, in realtà negli ultimi anni si è assistito proprio per mano del governatore Enrico Rossi (PD) e dell'assessore alla Sanità Stefania Saccardi (Italia Viva) a criminali tagli del pubblico a favore del privato.
Le Rsa sono gestite per la maggioranza dai privati tramite cooperative con accreditamento dell'Asl (sotto il controllo della regione). È proprio sul punto della privatizzazione che si sono sollevate le critiche alla giunta regionale il cui operato è stato prontamente difeso da Rossi che ha affermato: “quando sarà finito tutto, cercheremo di ricostruire cosa è andato storto ma al momento l'obiettivo è quello di curare e mettere in sicurezza tutti i nostri anziani”. La Saccardi si è scaricata la coscienza affermando che “la Regione fin dal 2 marzo aveva dato precise indicazioni su come comportarsi nelle residenze sanitarie”.
Di parere contrario i sindaci di Poggio a Caiano e di Carmignano, Francesco Puggelli (PD) ed Edoardo Prestanti (lista civica Unità Democratica Riformista) che dopo aver scoperto ai primi di marzo il focolaio di Covid-19 nella Rsa di Comeana e essersi rivolti subito con lettere alla Regione e alla Asl per chiedere adeguati provvedimenti finalizzati ad arginare la diffusione del virus, non hanno mai ricevuto risposta.
Solo il 1° aprile l'Asl ha fatto tamponi a tappeto in tutta la struttura con un risultato tragico, su 53 tamponi, 29 positivi tra operatori e utenti con ben 5 morti.
Sulla scia di quanto accaduto anche a livello nazionale e fotografando la situazione regionale, le Procure della Toscana hanno aperto le prime inchieste giudiziarie, a Prato per la Rsa di Comeana, a Lucca per la struttura di Gallicano dove sono morti 4 ospiti, a Pisa per la Rsa di Forcoli e Pontedera; probabilmente sarà fatto anche a Grosseto e Arezzo.
Con il fiato sul collo delle indagini da parte della magistratura, l'Asl Toscana Centro ha voluto correre ai ripari presentando una “segnalazione” alla Procura di Firenze sul caso della Rsa di San Biagio a Dicomano dove ci sono state 13 vittime, un numero troppo alto rapportato ai degenti. Sempre l'Asl ha istituito una commissione di indagine sulle residenze per anziani e per disabili, presieduta da Roberto Biagini che ha deciso presso la casa di Cura di Villa Le Terme, a Impruneta, lo stop ai nuovi ricoveri, un medico in pianta stabile nella struttura e sanificazione dei locali. Sempre Biagini ha deciso di prendere in gestione la Rsa Casa Serena di Mezzana, a Prato, dov'è divampato uno degli ultimi casi di contagio. Lì, in 15 giorni sono raddoppiati gli anziani positivi (da 7 a 14) e sono triplicati gli operatori contagiati (da 3 a 9). Gli anziani positivi sarebbero ad oggi tutti in buone condizioni di salute: sono stati spostati nella palazzina Ovest del vecchio ospedale di Prato. I 9 operatori contagiati, tra cui tre suore infermiere, sono invece già in isolamento domiciliare.
Dalle segnalazioni dell'Asl, la Regione Toscana ha deciso di commissariare 39 strutture private tra Firenze, Prato e Pistoia facendo subentrare l'Asl nella gestione clinica e organizzativa, inviando personale per sostituire medici, infermieri e operatori sanitari contagiati e per spostare i pazienti Covid-19.
Cgil e Uil denunciano che in un incontro con la Regione del 25 marzo, fin da subito hanno posto l'accento sul rischio e il “caso Rsa” rilevando la sottovalutazione del problema da parte dei gestori e della Regione. Sarebbero tantissime le segnalazioni di operatori preoccupati a cui era stato detto di non allarmarsi, o di precauzioni non prese e DPI non utilizzati, oltre al continuo dell'attività lavorativa in presenza di sintomi.
La Funzione pubblica Cgil Firenze denuncia la privatizzazione del servizio che deve tornare pubblico e spiega che "non sono state prese le adeguate misure sanitarie", mentre la Uil, che aveva denunciato il rischio già ai primi di marzo, parla di "incapacità" da parte dei gestori di far fronte alla situazione e valutare correttamente il rischio. I soggetti deboli e a rischio andavano protetti di più perché più esposti e concentrati in strutture che potevano trasformarsi in bombe ad orologeria. Se i campioni fatti al 2 aprile accertavano che il 13% della popolazione delle Rsa, tra ospiti e operatori, è infetta e quel dato fosse confermato, significa che quelle strutture si sono dimostrate non all'altezza di gestire la gravità della situazione tempestivamente.
La regione ha aspettato due settimane per disporre uno screening a tappeto. Inizialmente ha ordinato i tamponi solo in presenza di casi positivi accertati, ma senza cercarli. Inoltre lo stesso assessore Saccardi ha ammesso che la Regione non era in grado di controllare la maggior parte delle strutture in mano ai privati, lasciando quindi molta discrezione sulla valutazione del rischio. Oltre ai ritardi nello screening, ci sono poi i comportamenti adottati all'interno delle strutture, operatori preoccupati a cui è stato chiesto di continuare a lavorare (alcuni anche con sintomi), così come resta incerto l'effettivo adeguamento delle strutture alle direttive e ai DPI e l'assenza di controlli da parte della Regione.
Rossi che ha cantato vittoria nel 2015 per la bocciatura del referendum sulla sanità, e anzi in questi anni si è prodigato per tagliare strutture e personale sanitario, istituire super dirigenti delle Asl, su Facebook ha dichiarato: "purtroppo anche qui a fallire è stato soprattutto il privato e gli istituti, scollegati dal servizio sanitario pubblico, che sugli aspetti sanitari si sono dimostrati troppe volte sostanzialmente inadeguati. Io penso che la sanità pubblica deve riprendere a gestire direttamente una parte importante delle Rsa per alzare il livello dell’assistenza sanitaria e per pensare e attuare nuovi e più evoluti metodi di cura di tanti anziani fragili e molto ammalati. Il privato quindi a mio parere non deve essere estromesso ma ridimensionato e integrato stabilendo più elevati livelli di accreditamento e di vigilanza... Dobbiamo richiedere ai privati un livello sanitario più alto pena l’esclusione dal contributo da 1.600 euro che la Regione paga per ospite ogni mese”. Insomma Rossi e la giunta fanno a scaricabarile coi privati e richiamano genericamente un maggior ruolo di controllo della Regione per il loro accreditamento. Eppure non dice la sola cosa necessaria: cancellare la privatizzazione delle RSA e trasformale in servizi della sanità pubblica.

22 aprile 2020