De Benedetti, Angelucci & compari fanno affari d'oro sui posti letto degli anziani
Si estendono le inchieste sulle stragi di anziani nelle “Case di riposo”
Al Don Gnocchi di Milano nascosti 140 morti e infetti
Abolire la gestione privata delle RSA
L'Italia, già nel 2017 era il paese più “vecchio” del mondo dopo il Giappone con il 29,4% della popolazione – ben 17,4 milioni di persone - oltre i 60 anni. Nel 2050, secondo uno studio di UBI Banca, gli over 60 saranno 22,2 milioni, dei quali circa 560.000 non saranno autosufficienti.
Una previsione come questa avrebbe dovuto impegnare fortemente le autorità competenti ad attrezzare una fitta e capillare rete di strutture sanitarie pubbliche in grado di far fronte a questa necessità sociale. Invece in questo sistema economico capitalistico ha spinto i privati a raccogliere profitti sulla pelle degli anziani attraverso le leggi di uno Stato borghese complice.
L'“Economia d'Argento”
Ecco dunque che la stima di crescita di domande per l'affido degli anziani destinata a raggiungere le oltre 340 mila unità, pari ad un investimento attualizzato tra 14,4 e 23,8 miliardi di euro, non sfugge agli attori principali dell'ormai consolidato “business sugli anziani”, ribattezzato poeticamente “Economia d'Argento”, negli ultimi anni in forte espansione.
Sono circa 15 anni che i governi europei, allineandosi con la consolidata prassi statunitense, “incoraggiano” i privati nella gestione degli anziani attraverso i meccanismi di accreditamento. In Italia oggi nelle RSA e nelle Residenze per Disabili, operano oltre 1.500 imprese private, la stragrande maggioranza delle quali non onlus ma “profit” e, cosa che più conta, la gestione dei privati profit è in costante crescita, così come le tariffe che vi si applicano.
Il disimpegno dello Stato, come abbiamo detto, inarrestabile e sempre più ampio, rimane comunque oneroso, poiché anche in certe strutture, la retta sanitaria a copertura pubblica tra il 30 e il 50% della retta totale, varia a livello regionale dai 29 ai 64 euro al giorno per paziente.
Tra i privati italiani delle RSA il più grande è Kos del gruppo Cir di proprietà De Benedetti, con il marchio “Anni Azzurri” che gestisce 77 strutture in 10 regioni italiane, in Gran Bretagna e in India per oltre 7.300 posti letto: 48 Rsa, 12 centri di riabilitazione, 11 comunità terapeutiche psichiatriche, quattro cliniche psichiatriche, due ospedali, 24 sedi centri diagnostici e terapeutici, 23 centri ambulatoriali, fatturando così 550 milioni di euro annui.
Nemmeno un arresto di 4 mesi per truffa aggravata al SSN nelle RSA ha fermato invece Massimo Blasoni, proprietario del marchio “Sereni Orizzonti” con il quale fattura fra Italia, Spagna e Germania, oltre 200 milioni all'anno, con un incremento esponenziale del +150% in quattro anni.
Tra i privati esteri attivi anche in Italia, spiccano le francesi Korian (3,6 miliardi di ricavi con un utile netto di 136 milioni e un portafoglio immobiliare di oltre 2 miliardi), e Orpea, primo operatore mondiale in 14 paesi Europei, Cina e Brasile, che registra nel 2019 un fatturato di 3,74 miliardi di euro, con un utile netto di 246 milioni ed immobili per oltre 6 miliardi.
Nessuna trasparenza alla Tosinvest della famiglia Angelucci (Forza Italia) la cui catena “San Raffaele” attiva in altre decine di RSA, schermata dietro holding lussemburghesi.
Insomma, gli utili si moltiplicano, vuoi per le alte tariffe completamente libere, vuoi per le operazioni finanziarie che ormai si fanno in un settore redditizio e sicuro come quello sanitario privato ma garantito dallo Stato che ne copre di fatto i costi con le rette pubbliche; è scattata infatti la corsa di una ventina di fondi di investimento che stanno inserendo nei loro portafogli gli immobili di strutture sanitarie, in particolare RSA.
Il motivo, confermato senza vergogna anche dal quotidiano di Confindustria “Il Sole 24 Ore”, è l’affitto di questi immobili occupati dalle Rsa che genera rendimenti medi lordi annuali tra il 6 e il 7,5% l’anno, e i conseguenti investimenti fondiari nelle nelle mura stesse delle cliniche, altrettanto redditizi e senza sostanziali rischi.
L'infame opportunismo del forzista Angelucci
In sole due pagine di relazione – datata 19 aprile – il dirigente della Asl Roma 6, Fabio Canini descrive la gravissima situazione presente all’interno della Rsa San Raffaele Rocca di Papa, provincia di Roma, affermando la totale promiscuità di pazienti “Covid” coi “non Covid” e l'assenza di personale dedicato a ciascuna categoria.
Qui, nell'epicentro dei focolai laziali si sono raggiunti i 161 positivi e 30 morti, e si susseguono le dichiarazioni e le denunce dei parenti, che raccontano come i loro genitori siano stati lasciati soli col virus.
Rocca di papa, è solo una delle 13 strutture (di cui 7 Rsa) gestite nel Lazio dalla “San Raffaele Spa”, gruppo Tosinvest di proprietà del forzista Antonio Angelucci, re delle cliniche nel centro-sud, editore dei quotidiani di destra Libero ed Il Tempo, e contestualmente il più ricco deputato di Montecitorio, che sono entrate nel mirino della magistratura per la sconsiderata gestione della pandemia.
Nonostante ciò, il San Raffaele, che già ottiene ogni anno dalla regione Lazio di Zingaretti, rimborsi di accreditamento di quasi 1 miliardo per i “servizi erogati” dalle sue cliniche convenzionate, se ne infischia delle problematiche sanitarie che ha in numerose delle sue strutture, e punta a trasformare le RSA colpite dalla pandemia in “strutture Covid”, col fine ultimo di ottenere altri rimborsi come previsto dai decreti ministeriali.
Angelucci, aiutato dai suoi media, ha pensato più a questa ipotesi, ricercata minuziosamente già dai primi di marzo per l'ex clinica di Velletri, che a proteggere i suoi pazienti, come se l'ingresso del Covid-19 nelle sua aziende, sdoganasse quasi questa possibilità di profittevole riconversione.
La breccia lasciata aperta dai nuovi decreti, complice la distruzione del SSN accelerata in particolare negli ultimi 20 anni, non fa gola soltanto ad Angelucci, ma rappresenta una nuova linea di investimento macchiato di sangue che tutti i cosiddetti “players” di settore non vorranno farsi sfuggire.
Infetti nascosti e 140 morti al Don Gnocchi di Milano
Intanto, le inchieste sulle “case di riposo” si moltiplicano e pochi giorni fa la Guardia di Finanza ha ispezionato anche il Palazzolo-Don Gnocchi di Milano.
Le pm dell'inchiesta che ha coinvolto anche il Pio Albergo Trivulzio e un'altra ventina di RSA lombarde, hanno raccolto carte, corrispondenza e computer per ricostruire le disposizioni impartite all’istituto dalla Regione, ma anche dalla Ats, dopo l’ormai nota delibera della Regione che l’8 marzo ha tentato di “alleggerire” gli ospedali mandando pazienti nelle RSA, incendiando tutto il pagliaio con un semplice cerino.
Al vaglio degli inquirenti che hanno già iscritto nel registro degli indagati per epidemia ed omicidio colposo il direttore generale Antonio Dennis Troisi, il direttore sanitario Federica Tartarone e il direttore dei servizi medici socio-sanitari Fabrizio Giunco, anche la distribuzione dei dispositivi di sicurezza al personale sanitario e l’elenco dei tamponi effettuati sugli ospiti e sul personale.
Di certo, oltre alle rassicurazioni della Fondazione Don Gnocchi sul rispetto dei protocolli, ci sono 140 morti, la parte iniziale dei quali tenuta nascosta fin dal 10 marzo, e l'impedimento disposto al personale di indossare mascherine per non spaventare l'utenza, come testimoniano in un esposto alla Procura 18 lavoratrici e lavoratori che operavano in struttura.
In risposta, la cooperativa Ampast ha sospeso i lavoratori firmatari, cacciati dalla Fondazione per aver “espresso, a mezzo stampa e tv, giudizi gravi e - a loro dire - calunniosi”.
Ma non basta. Il 16 marzo il Palazzolo, 583 posti letto, ha aperto un reparto Covid per ospitare pazienti positivi, con 36 posti letto nella sede di Milano e 110 nelle altre sedi. E ciò nonostante in quella data, come sostengono alcuni operatori sanitari, “il contagio era già diffuso ed alcuni colleghi si erano già ammalati”. Anche qui l'epilogo è scontato: si infettano i pazienti, e cominciano a morire.
Ma intanto, anche il Palazzolo come tantissimi altri istituti, non si era fatto sfuggire i benefici effetti della delibera dell’8 marzo che impegnava per 150 euro al giorno a persona (il triplo dei rimborsi normali) la regione nei confronti dei “benefattori delle RSA private” che mettevano a disposizione i loro reparti per fronteggiare l'emergenza sanitaria.
Abolire la gestione privata delle RSA
Profitto e non la cura e la salute alla base di tutto. I risultati di questa gestione privata sono sotto gli occhi di tutti; basta leggerli con la lente del proletariato per interpretarli correttamente, da un punto di vista di classe.
I governi borghesi hanno lasciato nelle mani di questi squali dell'economia e della finanza anche la gestione delle persone più deboli, e il tritacarne capitalista ha fatto il suo mestiere, spolpandoli di ogni risorsa e riducendo a merce anziani, disabili e malati psichici.
Ecco perché occorre abolire immediatamente la gestione privata delle RSA, e farla finita con la voracità predatoria delle multinazionali della “salute” prima che facciano altri danni contro gli anziani, i malati e i più bisognosi di cure e servizi.
29 aprile 2020