Alla ex Castelfrigo di Modena
Licenziati per aver protestato contro il supersfruttamento
Smascherare la truffa legalizzata delle false cooperative
Si è conclusa lo scorso 24 aprile, sotto la supervisione dell'Agenzia Regionale per il Lavoro dell'Emilia-Romagna, la seconda procedura di licenziamento collettivo contro i 70 lavoratori degli appalti della Castelfrigo srl, importante azienda modenese del settore della lavorazione delle carni suine, protagonisti di una durissima lotta sindacale guidata dalla Cgil a più riprese dal 2016 al 2018.
Il primo licenziamento era avvenuto il 31 dicembre 2017, quando Castelfrigo srl tagliò gli appalti delle cooperative Work Service e Ilia D.A., che insieme ad altre società facevano parte del consorzio Job Service, e che avevano in appalto la logistica della Castelfrigo.
Formalmente la decisione del recesso dell'appalto, da parte dell'impresa modenese, era stata presa a causa di un previsto calo della produzione per l'anno successivo, ma, come mise allora in evidenza Marco Bottura, segretario di Flai Cgil di Modena ad oggi ancora in carica “i licenziamenti sono stati emessi dalle cooperative, ma la responsabilità è della Castelfrigo, che vuole liberarsi dei lavoratori che protestano”.
Il sindacalista modenese faceva riferimento alle durissime lotte che i lavoratori degli appalti avevano intrapreso già dal 2016 per protestare contro il supersfruttamento al quale erano costretti e per rivendicare paghe adeguate: nell'ultima mobilitazione, durata da ottobre a dicembre del 2017, gran parte dei lavoratori delle cooperative aveva messo in atto uno sciopero ad oltranza con presidi davanti ai cancelli della Castelfrigo e alcuni di loro erano arrivati allo sciopero della fame, al quale partecipò anche Bottura, durato 12 giorni.
Alla fine, il 29 dicembre 2017, la Castelfrigo decise, d'accordo con la sola Cisl ma con la netta opposizione della Cgil, che solo 52 degli operai licenziati sarebbero tornati al lavoro per sei mesi attraverso una società interinale, con possibilità di rinnovo o stabilizzazione da parte della stessa Castelfrigo, la quale chiarì espressamente che la condizione per riottenere il posto di lavoro perduto era la circostanza di non avere partecipato in passato agli scioperi.
Si consumò così, per una gravissima decisione presa dalla Cisl, una frattura dell'unità sindacale, e nonostante la promessa della Cisl di impegnarsi anche per il reintegro degli altri lavoratori, la Cgil per bocca del suo segretario Bottura faceva chiaramente sapere che con un simile accordo “si lede il diritto allo sciopero, che diventa una discriminazione per ricollocare i lavoratori”.
La lotta della Cgil modenese, infatti, andava ben al di là della vertenza in questione, puntando chiaramente a smascherare la vera e propria truffa legalizzata del fenomeno delle false cooperative di lavoro utilizzate dalle imprese per acquisire manodopera a bassissimo costo, con una drammatica corsa al ribasso del costo del lavoro.
In questo modo, ad oggi, le false cooperative di lavoro riescono a vincere appalti al ribasso con prezzi inferiori anche del 40% perché non pagano i contributi, aprendo e chiudendo nel giro di poco tempo, e alla fine lasciando debiti con lo Stato perché non versano Iva e Irap, importi che non vengono più recuperati, perché le cooperative hanno come presidenti prestanome che si rivelano essere nella maggioranza dei casi persone molto anziane e nullatenenti.
Tali false cooperative di lavoro assumono lavoratori, quasi sempre migranti, con buste paga irregolari e contratti con inquadramenti inferiori alle mansioni effettivamente svolte, instaurando un sistema di supersfruttamento, un vero e proprio caporalato legalizzato, basato su ricatti e minacce, come è esattamente accaduto nella vertenza in questione ad opera della Castelfrigo.
I 70 operai degli appalti della Castelfrigo, d'altra parte, non si diedero per vinti, e impugnarono il licenziamento dinanzi al Tribunale civile di Modena instaurando un procedimento la cui prossima udienza si terrà il 20 giugno, chiedendo che l'organo giurisdizionale considerasse fittizio e contrario alla legge il sistema delle cooperative di lavoro e di conseguenza condannasse direttamente la Castelfrigo ad assumere gli operai, com'era accaduto per i 52 nel 2017, e a pagargli gli arretrati.
Nel frattempo, però, il Tribunale di Modena ha dichiarato, nel settembre dell'anno scorso, il fallimento della Castelfrigo, la cui attività è stata rilevata da una società del gruppo Cremonini che ha assunto tutti i suoi dipendenti, e il curatore fallimentare, nominato dal Tribunale, ha disposto per quegli stessi 70 lavoratori il licenziamento collettivo a causa della fine della produzione della Castelfrigo, e il 24 aprile le associazioni sindacali non hanno fatto altro che prenderne atto.
Così, anche se la causa di lavoro per il primo licenziamento - tuttora pendente presso il Tribunale di Modena - avesse un esito positivo per i lavoratori, essi non potrebbero essere assunti né ricevere gli arretrati da un'impresa, la Castelfrigo, che ormai è fallita.
Questa vicenda è emblematica per comprendere come stiano cambiando in peggio, per i lavoratori, le dinamiche produttive, nelle quali le imprese usano false cooperative per approvvigionarsi di forza lavoro a costi bassissimi e non esitando ai peggiori ricatti sociali, compresa la punizione nei confronti di chi protesta.
Tutto ciò è l'evidente risultato di un forte depotenziamento del conflitto da parte dei sindacati confederali che dura ormai da decenni, e il primo a farne le spese è il proletariato.
13 maggio 2020