Accordo dell'Eurogruppo sul Mes: un prestito con interessi da restituire
Anche Sure e Bei sono prestiti. Niente è a fondo perduto
I prestiti li pagheranno le masse
La riunione allargata dell'Eurogruppo dell'8 marzo ha chiuso la discussione in sede Ue sulle modalità di utilizzo del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità detto anche Fondo salva-Stati, come contributo per affrontare l'emergenza coronavirus in campo sanitario che affianca i “fondi di garanzia paneuropei a sostegno dei lavoratori e delle imprese” già definiti del Sure e degli interventi della Bei, la Banca europea per gli investimenti. “Oggi abbiamo raggiunto un accordo sulle caratteristiche e sull'accesso standardizzato al sostegno nell'ambito della crisi pandemica che sarà fornito dal Mes. Abbiamo confermato che tutti i paesi della zona euro soddisfano i criteri di ammissibilità per l'accesso a questa linea di credito”, annunciava a fine riunione il portoghese Mario Centeno, presidente dell'Eurogruppo, indicando che non vi erano prerequisiti finanziari da soddisfare per poter usare il fondo.
L'accordo riportato nel comunicato finale precisava che della linea di credito del fondo pari a 240 miliardi di euro, attiva dall'1 giugno, ogni paese poteva chiedere una cifra pari al 2% del proprio pil, a condizioni molto favorevoli, con un tasso di interesse attorno allo 0,1%, e con scadenze lunghe, fino a 10 anni. L'unica condizione per accedere al fondo è che i soldi vadano spesi esclusivamente per costi sanitari diretti e indiretti legati al coronavirus, e l'unico controllo da parte dell'Unione europea, fino all'esaurimento della cifra ottenuta, sarà sul rispetto di questo impegno. Non ci sarebbe insomma nessuna Troika o altro organismo comunitario a imporre una politica di sacrifici e tagli alle spese sociali e previdenziali dei bilanci nazionali come è stato nel caso del “salvataggio” della Grecia, qui si tratta di una emergenza sanitaria e non finanziaria, hanno giurato a gran voce da Bruxelles, a cominciare dalla Commissione Ue e dai commissari economici. Sì, l'accesso è libero, senza precondizioni sullo stato di salute dei bilanci nazionali, ma stiamo ragionando sempre di prestiti da restituire e di rigidi parametri di bilancio da rispettare una volta finita l'emergenza. Come dire che i conti si fanno alla fine e non saranno indolori per le masse popolari dato che l'Italia si presenterà con un debito pubblico che, secondo le stime della Commissione Ue, dall'attuale 135% potrebbe arrivare entro il 2020 almeno al 160% del pil. Alle stesse conclusioni, cioè che a pagare saranno sempre le masse popolari con un minor potere di acquisto, si arriverebbe anche seguendo le posizioni dei cosiddetti sovranisti, leggi fascisti, Salvini e Meloni che tuonano contro l'intervento della Troika per alzare la polemica contro il governo Conte ma che quanto a soluzioni alternative alle rigide politiche di bilancio imposte nella Ue dalla Germania e dai paesi nordici, arrivano al massimo a proporre di scimmiottare la politica finanziaria di Trump e della Banca centrale americana che stampano dollari alla bisogna e fanno fluttuare il valore della loro moneta. La vera soluzione è invece quella di uscire dalla Ue imperialista.
Il commissario europeo all’Economia, l'ex premier Paolo Gentiloni, più volte sottolineava che non vi erano condizioni capestro sull'uso del fondo e invitava il governo Conte a utilizzarlo, “per l’Italia si tratta di 36-37 miliardi a un tasso prossimo allo zero. Si tratta di uno strumento molto vantaggioso per i 6-7 paesi che hanno un tasso di interesse elevato, tra cui l’Italia” che quindi potrebbe risparmiare sugli interessi.
Le molteplici rassicurazioni di Gentiloni non potevano però cancellare quanto scritto nella dichiarazione finale dove l'Eurogruppo dichiarava che comunque gli Stati membri dell'area dell'euro, una volta finita l'emergenza, “rimarranno impegnati a rafforzare i fondamenti economici e finanziari, coerentemente con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale della Ue, compresa l'eventuale flessibilità applicata dalle competenti istituzioni europee”. Come dire che i conti si fanno dopo. Anche la rappresentante tedesca Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo della Bce, chiariva che “la proposta attuale prevede che oggi un eventuale accesso all’Esm (Fondo salva stati, ndr) non porterebbe, un domani, a programmi di aggiustamento economici”. Confermando che vale per oggi e non per sempre. Insomma il pacchetto europeo composto dal Sure, dal Mes e dagli interventi della Bei non è a fondo perduto, riguarda prestiti seppur a basso tasso di interesse da restituire. Ed è altrettanto chiaro che i prestiti li pagheranno per intero le masse popolari.
Sulla stessa linea si presenta anche il Recovery Fund, il quarto strumento “conquistato” da Francia, Italia e Spagna per fronteggiare l'emergenza coronavirus.
Secondo Gentiloni il fondo sarà presentato prima della fine di maggio e dovrebbe diventare operativo il più presto possibile, senza aspettare il 2021, dovrebbe avere “un finanziamento molto rilevante” e agire con un “mix di sussidi e prestiti a lunga scadenza”, una parte a fondo perduto e un'altra da restituire. L'obiettivo del fondo è quello di “attenuare i rischi di divergenze eccessive all’interno del mercato unico”. Che sono quelle di cui si è occupato l'Eurogruppo esaminando il documento Previsioni economiche di primavera 2020 della direzione generale degli Affari economici e finanziari della Commissione europea.
Il documento pubblicato il 6 maggio calcola che nel 2020 l'economia dell'Unione europea subirà una recessione di proporzioni storiche, con un crollo della produzione che andrà dal -4,7% della Polonia al -9,5% dell'Italia e al -9,7% della Grecia. “Vista la gravità di questo shock a livello mondiale senza precedenti, è chiaro che l'Ue sia entrata nella più profonda recessione economica della sua storia”, sostengono gli esperti economici della Commissione e dichiarano che “in assenza di una strategia comune per la ripresa a livello dell'Ue dal carattere forte e tempestivo, vi è il rischio che la crisi possa portare a gravi distorsioni nel mercato unico e a profonde divergenze economiche, finanziarie e sociali tra gli Stati membri della zona euro”. Per dirla con Gentiloni, “tali disparità rappresentano una minaccia per il mercato unico e per la zona euro”, sottoposti anche alla pressione dei paesi imperialisti concorrenti, Usa, Cina e Russia che potrebbero far implodere la Ue; le disparità “possono essere attenuate attraverso un'azione europea decisa e congiunta”, spera il commissario europeo all'Economia ma è una azione che non si vede all'orizzonte, neanche coll'ancora per nulla definito Recovery Fund.
13 maggio 2020