A pranzo con un esponente e una consigliera regionale del PD
Il capo di gabinetto di Zingaretti colto in flagrante
Ruberti al poliziotto che gli contestava l'infrazione: “Le norme le scrivo io... tu non sai chi sono io”
Mentre le masse popolari da oltre due mesi sono sottoposte alla ferrea dittatura antivirus del premier Conte, i boss delle varie cosche parlamentari se ne infischiamo altamente delle restrizioni anticostituzionali alle libertà personali imposte per decreto da Palazzo Chigi e continuano a fare i loro porci comodi.
Un caso emblematico in tal senso si è verificato il primo maggio a Roma presso l'abitazione di Andrea Pacella, consigliere politico della ministra dei Trasporti, Paola De Michelis, e del suo compagno, nel quartiere Pigneto di Roma.
Su segnalazione di alcuni vicini, gli agenti del commissariato di Porta Maggiore, hanno sorpreso Pacella e i suoi ospiti a banchettare allegramente sul terrazzo dell'abitazione in via Macerata in barba a qualsiasi divieto e norma anticontagio.
Tra gli invitati anche la consigliera regionale del Pd, Sara Battisti, e il capo di gabinetto di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio, Albino Ruberti, il quale con inaudita arroganza e veemenza si è scagliato contro gli agenti urlando: “Le normative le scrivo io… tu non sai chi sono io”.
Non solo. Il braccio destro di Zingaretti secondo le dichiarazioni riportate sul verbale dagli agenti si è avvicinato ai poliziotti “con atteggiamenti irrispettosi” e “senza mascherina e senza rispettare la distanza di sicurezza”.
Ruberti, 52 anni, figlio dell’ex ministro ed ex rettore della Sapienza Antonio fautore della controriforma universitaria contestata dal movimento della Pantera nel 1990, è al fianco di Zingaretti dal 2018. È stato per oltre 10 anni presidente di Zetema, società del Comune di Roma che organizza eventi culturali, con alle spalle una lunga carriera all'interno del Campidoglio iniziata con Rutelli e proseguita con Alemanno, passando per Veltroni.
Due anni fa balzò agli onori della cronaca per aver “difeso” con “qualche colpo proibito” il palco di Zingaretti dalle contestazioni degli animalisti durante la convention Piazza Grande, con cui Nicola Zingaretti ha lanciato la propria candidatura alla segreteria del Partito democratico.
Arrogante e intimidatorio nei confronti degli agenti che le contestavano la presenza in un altro Comune, anche la reazione della Battisti, residente a Fiuggi (Frosinone) ma domiciliata a Roma dall’inizio della pandemia. Secondo il racconto degli agenti ai propri superiori, la 39enne consigliera regionale, vicepresidente della commissione Affari costituzionali, ha fra l'altro affermato: “Sono un consigliere regionale, fatemi il verbale”, mentre “con forza sbatteva il documento sulla macchina della polizia”.
Insomma, mentre milioni di nuovi poveri e schiere di disoccupati, che hanno perso il lavoro proprio a causa della pandemia, sono costretti a fare lunghe file presso le mense della caritas e impegnare perfino il vestiario e qualche catenina al monte dei pegni per mettere insieme il pranzo con la cena, i boss politici non solo se ne infischiano dei divieti; non solo non si assumono nessuna responsabilità sui metodi criminali con cui hanno affrontato l'emergenza sanitaria, non solo criminalizzano la popolazione scaricandole addosso tutta la responsabilità del dilagare dei contagi, ma addirittura si arrogano il diritto di festeggiare con ben cinque menù di pesce da 40 euro l’uno, consegnato in delivery, a base di ostriche David Hervé, crudité, frittura di calamari e porchetta di tonno spacciandolo per una “piccola concessione” dopo “60 giorni di lavoro duro in Regione”. Sic!
Altro che “siamo tutti nella stessa barca” come vorrebbe farci credere il dittatore antivirus Conte.
Altro che “incontro di lavoro” dovuto al fatto che “la mattina il ministero aveva richiesto il supporto della Protezione civile regionale sul fronte dei trasporti” e dunque “avevamo necessità di scambiarci valutazioni” come cerca di giustificarsi Ruberti.
La verità è che l'arroganza e i privilegi personali dei politicanti borghesi continuano a farla da padrone anche durante l'emergenza sanitaria e proprio per questo costituiscono un affronto ancora più odioso al cospetto delle messe popolari che invece continuano a essere oppresse e impoverite e pagano sulla propria pelle le conseguenze della crisi economica in atto causata dal coronavirus.
Siamo insomma in una condizione di presidenzialismo sfrenato e generalizzato, che si sta diffondendo a tutti i livelli: presidenza del Consiglio, governatori di regione e sindaci: ognuno rivendica i pieni poteri nel proprio ambito di intervento e nel proprio territorio, anche in pieno contrasto l'uno con l'altro, saltando tutte le regole e le procedure previste dalla Costituzione, in nome dell'emergenza sanitaria o economica.
È l'ora di dire basta ai decreti dittatoriali di Conte e ai privilegi da nababbo dei politicanti borghesi e di ripristinare pienamente i diritti e i doveri costituzionali e parlamentari.
13 maggio 2020