No alla garanzia di Stato al prestito di 6,3 miliardi a Fca
Molinari blocca il comunicato del Cdr che aveva denunciato lo “squilibrio” di “Repubblica” a favore della multinazionale di Elkann
Un vergognoso insulto alla decenza: non c'è altro modo per definire lo scandaloso finanziamento di ben 6,3 miliardi che il governo del dittatore antivirus Conte ha concesso alla Fiat Chrysler Automobiles (Fca) attraverso il decreto liquidità.
Un prestito totalmente garantito dalla Sace (la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti, specializzata nel sostegno alle imprese italiane) ossia dallo Stato italiano e dunque a carico di tutti i contribuenti onesti che pagano le tasse, elargito a favore di un'azienda totalmente privata che fra l'altro ha spostato ormai da tempo la sua sede legale in Olanda e la sede fiscale a Londra proprio per non pagare le tasse al fisco italiano.
Conte ha garantito che i soldi andranno sugli impianti italiani e a salvaguardare fabbriche e lavoratori in Italia. In realtà la Fca Italy ha tutto il grosso delle sue attività sparse in giro per l’Europa e il mondo. Solo le partecipate estere di Fca Italy sono una quarantina e si va dalla Germania, alla Danimarca, a mezza Ue per trasmigrare in Polonia, Marocco, Norvegia, Serbia e via dicendo.
Mirafiori e Melfi rappresentano solo una piccolissima quota dell’impero Agnelli. Infatti nel corso di quest'anno la Fca sta per incassare 5,5 miliardi derivanti dalla fusione con Peugeot, di cui 1,5 miliardi andranno direttamente alla famiglia Agnelli-Elkann; mentre la sanità pubblica, la scuola pubblica, la ricerca, le regioni del Sud, gli strati più poveri e disagiati della società, i migranti sono abbandonati a se stessi insieme a milioni di lavoratori, schiere di nuovi poveri e disoccupati colpiti duramente dall'emergenza sanitaria che ancora piangono i propri cari defunti e stentano sempre più a mettere insieme il pranzo con la cena.
Un prestito garantito all’80% dallo Stato e a tassi irrisori che permetterà a Fca Italy di ottenere liquidità a buon mercato con un risparmio annuo di almeno 120 milioni di soli interessi rispetto a un finanziamento bancario a tassi di mercato che tra l'altro permetterà ad Agnelli e soci di spartirsi dividendi milionari mentre tutti i lavoratori sono in cassa integrazione sempre a spese dello Stato.
Si tratta di una montagna di soldi pubblici con cui la Fca Italy conta di appianare buona parte buona parte degli oltre 9 miliardi di debiti, di cui oltre 4 miliardi di esposizione infragruppo e altri 4,4 miliardi di debiti con i fornitori, proprio quelli che Fca con la richiesta del prestito garantito vorrebbe ripagare.
E poi: siamo sicuri che tutti questi soldi saranno restituiti alla scadenza del prestito fissato fra tre anni e senza procedere a ulteriori licenziamenti di massa come è avvenuto in casi analoghi, oppure, come molto probabile, rischiano di fare la fine degli innumerevoli finanziamenti pubblici fatti in passato non solo per la vecchia Fiat, Olivetti e più recentemente ad Alitalia, e mai rimborsati?
La verità è che il gruppo Fca piange miseria ma in realtà è pieno di liquidità specie nella capogruppo olandese: la Fca Nv infatti dichiara liquidità per la bellezza di oltre 18 miliardi di euro e controlla al 100% la Fca Italy.
Insomma la cosa è talmente scandalosa da aver creato divisioni non solo all'interno della stessa maggioranza di governo, con LeU e il PD Orlando che spingevano per porre ulteriori condizioni alla concessione della garanzia, ma anche tra le redazioni della grande stampa borghese come testimonia l'inaccettabile bavaglio imposto dal neo direttore de “La Repubblica”, Maurizio Molinari, al Comitato di redazione – il sindacato interno dei giornalisti – contrario alla linea editoriale assunta dal giornale sul caso Fca-Sace.
Nel comunicato stampa, censurato dalla direzione di Largo Fiocchetti, il Cdr di Repubblica
definisce la linea editoriale imposta da Molinari “poco equilibrata e anzi di parte, nei confronti della società di cui è presidente John Elkann, nuovo editore proprio de La Repubblica” controllata dagli Agnelli attraverso la Exor, ossia la holding proprietaria anche della casa automobilistica.
Mentre nella lettera di convocazione dell'assemblea spedita la sera del 17 maggio a tutti i giornalisti di Repubblica
fra l'altro si legge che: “alla luce della richiesta del direttore Molinari di non pubblicare il comunicato del Cdr sul caso prestito Sace-Fca, l’assemblea dei giornalisti di Repubblica è convocata per domani alle 15” con all’ordine del giorno solo due punti: “ricadute del caso Fca” e “dimissioni del Cdr”. Il direttore, spiegano sempre i componenti del Comitato di redazione, “ha dato la disponibilità ad intervenire”.
Nel comunicato diffuso al termine dell'assemblea i giornalisti di Repubblica
precisano che “a seguito dei servizi pubblicati sul caso Fca, occorre la massima cautela e un surplus di attenzione quando si trattano argomenti che incrociano gli interessi economici dell’azionista... L’assemblea respinge infine gli attacchi, spesso interessati, che tentano di attribuire al giornale, in questa nuova fase, manovre politiche di parte, legate agli interessi dell’editore... Per queste ragioni l’assemblea dei giornalisti si impegna a vigilare sull’autonomia e l’indipendenza di Repubblica”.
Ma a Largo Fochetti le acque rimangono agitate: il nuovo editore, il conseguente e discusso licenziamento dell’ex direttore Carlo Verdelli decisa dal consiglio di amministrazione di Gedi lo scorso 23 aprile e gli addii di storici collaboratori come Pino Corrias, Enrico Deaglio e ultimo quello di Gad Lerner, che proprio domenica 17 maggio ha annunciato la fine della sua avventura a Largo Fiocchetti con un post su Facebook spiegando che “in poche settimane è cambiata e non la riconosco più”, la dicono lunga sulla tanto osannata “libertà di stampa e di pensiero” della classe dominante borghese, sulla “libera iniziativa privata” e sui mastodontici conflitti di interesse generati dal sistema capitalista.
Anche questa scandalosa vicenda conferma la giustezza della nostra parola d'ordine, insegnataci da Lenin, della nazionalizzazione delle grandi aziende e della grandi banche, mai come adesso così attuale e lungimirante rispetto all'uso degli enormi stanziamenti di soldi pubblici per sostenere le imprese capitaliste private, a cui stiamo assistendo da parte del governo trasformista e liberale Conte al servizio del capitalismo e del regime neofascista. Una necessità e un'urgenza tanto più impellenti nel mezzo di questa emergenza sanitaria ed economica in cui è piombato il Paese: è evidente a tutti quanto potrebbero essere utili comparti industriali strategici per il rilancio dell'economia del Paese se fossero nazionalizzati e quale contributo potrebbe dare il settore farmaceutico della ricerca e produzione di un vaccino e di medicinali decisivi per vincere la diffusione del Covid-19 solo se viene strappato dalle grinfie degli speculatori e delle multinazionali mossi unicamente dalla ricerca del massimo profitto e interamente statalizzato, cioè controllato dalla collettività e indirizzato unicamente al benessere e alla tutela della salute della popolazione.
27 maggio 2020