Il piano di Conte per “ridisegnare l'Italia” è funzionale al regime capitalista neofascista
Il disegno dell'Italia che occorre è quello del socialismo e del potere politico del proletariato
Mercoledì 3 giugno, in coincidenza con la riapertura degli spostamenti tra le regioni, Giuseppe Conte ha tenuto una conferenza stampa nel cortile di Palazzo Chigi per illustrare le linee di governo per la “fase 3”, quella della “ripresa” dell'economia del Paese, in rapporto anche alle misure europee di sostegno ai paesi più colpiti dalla pandemia in discussione a Bruxelles. E in quest'occasione ha lanciato a sorpresa gli “Stati generali dell'economia”, convocando già per il lunedì successivo a Villa Pamphili “tutti i principali attori del sistema Italia: parti sociali, associazioni di categorie, singole menti brillanti”, per elaborare un grande “piano di rinascita” dell'economia e poter accedere ai 170 miliardi del “recovery fund”.
L'evento è stato fatto poi slittare di alcuni giorni, probabilmente a giovedì 11 o venerdì 12, perché subito dopo il suo annuncio sono scoppiate le contraddizioni tra Conte e il PD, in particolare con il ministro dell'Economia Gualtieri e il capo delegazione Franceschini, ma anche con il segretario Zingaretti e il vicesegretario Orlando, che non erano stati avvertiti dell'iniziativa del premier. In un tesisssimo vertice di governo Gualtieri e Franceschini gli rimproveravano infatti di voler fare “tutto da solo”, più per procurarsi una “vetrina mediatica personale” che per arrivare a dei risultati concreti, rischiando di far arrivare il governo impreparato all'appuntamento e senza una sua strategia, chiedendogli perciò di rinviare tutto a settembre. Conte ribatteva che bisognava “fare presto”, perché lui vuole presentarsi al Consiglio europeo del 18 giugno con un “mandato” del mondo economico e produttivo italiano, e alla fine un precario compromesso è stato trovato rinviando la conferenza di alcuni giorni per permettere a Conte, i ministri interessati e i capi delegazione di PD, M5S, IV e LeU di stendere una piattaforma con la quale presentarsi alle parti invitate: Confindustria, CGIL, CISL e UIL, le organizzazioni del commercio, artigianato e agricoltura, economisti e architetti di grido e le altre “menti brillanti” di cui parlava il premier.
Su insistenza del PD l'invito dovrebbe essere esteso anche a “tutte le forze democratiche disponibili”, quindi Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia. Anche se Salvini e Meloni sembrano poco propensi ad accettarlo, per non concedere a Conte il vantaggio di intestarsi la “ripresa” del Paese. Il duce dei fascisti del XXI secolo, anzi, ha già ricominciato a chiedere le elezioni politiche in autunno, va dicendo a destra e a manca che “Conte è finito” ed ha riacceso in pieno i motori della sua campagna elettorale permanente interrotta giocoforza dal covid.
Un “nuovo inizio” per blindarsi a Palazzo Chigi
In effetti lo scopo di Conte, con la trovata degli “Stati generali”, è quello di blindarsi a Palazzo Chigi per molti mesi ancora, ora che l'emergenza su cui ha potuto contare per restare in sella è finita e i sondaggi, anche se ancora elevati, lo danno in calo di consensi. Il suo intento è quello di sfruttare gli ingenti fondi europei, o più che altro la loro promessa, per intestarsene la gestione quale referente politico unico e diretto con le istituzioni europee, e prolungare così la vita del suo governo per mancanza di alternative credibili. Ma anche il PD comincia ad accusare insofferenza verso questa politica sempre più personale di Conte, che fa e disfà senza rendere conto a nessuno e cerca sempre più l'interlocuzione diretta con le parti sociali scavalcando gli stessi partiti che lo sostengono, a dimostrazione che la sua dittatura antivirus prosegue anche oltre la fase dell'emergenza.
Conte insomma non vuol saperne di farsi da parte, si lascia scivolare addosso le critiche e le voci che ipotizzano “rimpasti” e manovre per sostituirlo in corsa, e intende restare in sella per gestire anche la fase della “ripresa”, tenendo ben stretti in pugno i 170 miliardi (virtuali) promessi dalla Commissione europea. Non per nulla ha iniziato la conferenza stampa spargendo ottimismo sull'uscita del Paese dalla pandemia, grazie al “sistema di controllo che sta funzionando”, il “costante monitoraggio” e i “numeri incoraggianti”. Segno che “la strategia è quella giusta”, ha detto con autocompiacimento: “Colgo un rinnovato entusiasmo, ci meritiamo il sorriso, l'allegria, dopo settimane di sacrifici”, ha proseguito su questo tono in barba alla situazione drammatica del Paese; elencando poi i provvedimenti urgenti del governo, gli 80 miliardi stanziati, i bonus, ecc. Quanto ai ritardi nell'erogazione degli aiuti la colpa è “dell'apparato statale non pronto”, ma ora “saremo più celeri”, ha promesso.
E comunque – ecco come Conte ha rilanciato la sua permanenza a Palazzo Chigi per tutta la legislatura - queste misure “sono solo l'inizio di un percorso di rilancio”, occorre cogliere l'occasione “per disegnare il Paese che vogliamo”, per “un nuovo inizio”, nello spirito del 2 Giugno come auspicato da Mattarella nel discorso tenuto per la festa della Repubblica a Codogno. Con i 750 miliardi messi sul tavolo dalla Commissione europea c'è un'”occasione storica” che dobbiamo cogliere, “stiamo già lavorando a questo piano di rinascita”, ha proseguito il premier apparentemente incurante del copyright piduista e golpista di tale denominazione. Ed ha elencato, prima di concludere l'introduzione con l'annuncio della convocazione degli “Stati generali dell'economia”, una sfilza di obiettivi, pescati dalla relazione della “task force per la ripresa” diretta da Colao, come la digitalizzazione, i pagamenti elettronici contro l'economia sommersa, la banda larga in tutto il Paese, la ricapitalizzazione delle imprese, l'industria 4.0, il taglio della burocrazia, le grandi reti, la scuola, la ricerca, la riforma della Giustizia, la riforma fiscale, l'alta velocità anche al sud, e così via.
Il “culto” di Conte per la libertà di impresa
Dietro questo “libro dei sogni”, come è stato subito definito da più parti, e la formula degli “Stati generali” aperti alle “menti brillanti” del Paese, Conte nasconde in realtà un disegno più concreto: Cercare di recuperare l'appoggio dei “poteri forti”, e in particolare della Confindustria del falco Bonomi, che ultimamente ha avuto parole molto dure contro il governo (“la sua politica rischia di fare più danni del virus”), invitando le organizzazioni padronali ad un tavolo con al centro la torta dei fondi europei da spartire. E con i vertici sindacali di CGIL, CISL e UIL a fare da camerieri nel quadro di un nuovo “patto sociale”: “Un grande patto per la ripartenza come quello di Ciampi nel '93” auspicato non a caso dalla segretaria della CISL, Annamaria Furlan.
Questo disegno è trapelato più scopertamente dalle risposte di Conte alle domande dei giornalisti, in cui ha anticipato alcuni temi di fondo da portare avanti, come in particolare lo sblocco delle grandi opere attraverso la “semplificazione” del codice degli appalti e la “sburocratizzazione” delle procedure, riformulando il reato di abuso di ufficio e la responsabilità erariale per gli amministratori pubblici chiamati a deciderle. A questo proposito ha ribadito il progetto dell'estensione dell'alta velocità ferroviaria in tutto il Sud fino alla Sicilia, rimettendo in pista anche il famigerato progetto del ponte sullo stretto di Messina caro a Berlusconi e Renzi, che si è detto disposto a “valutare senza pregiudizi”.
Un altro segnale a Confindustria Conte lo ha lanciato quando ha ribadito che gli aiuti dello Stato alle imprese non nascondono nessun pericolo di nazionalizzazione e finanche di volontà di partecipazione alle decisioni aziendali: “Questo governo non ha una cultura collettivista... si è parlato di sovietizzazione, mai pensato a una politica industriale in questa direzione. Questo governo ha il culto del principio costituzionale della libertà di intrapresa”, ha proclamato solennemente il premier per rassicurare il vertice del capitalismo italiano stretto oggi attorno a Bonomi.
Quale disegno per l'Italia del futuro
Del resto il rapporto Colao, che dovrebbe fare da base alle proposte del governo e di cui sono uscite le prime anticipazioni, è fortemente permeato di liberismo e contiene ampie concessioni alle pretese padronali. Come per esempio la non responsabilità penale delle aziende per i contagi da covid-19; il rinvio a fine anno di tutti gli obblighi fiscali per tutte le aziende, senza distinzioni; il condono per il lavoro nero, i redditi non dichiarati e il rientro dei capitali esportati all'estero; la proroga di tutti i contratti a tempo determinato in scadenza, anche in deroga alle regole; la “semplificazione” del codice degli appalti per le infrastrutture “di carattere strategico”, rimuovendo gli ostacoli alla loro realizzazione con leggi o protocolli “non opponibili” dagli enti locali e con la generalizzazione del “silenzio-assenso” e delle autocertificazioni; l'estensione delle concessioni pubbliche ai privati, anche riguardo a immobili pubblici di pregio da sfruttare nel turismo di lusso; l'intensificazione della meritocrazia e della presenza del privato nella scuola pubblica, e così via.
Il piano del dittatore antivirus Conte per “ridisegnare l'Italia” è quindi in realtà un programma funzionale al regime capitalista neofascista. Esso non mira affatto a cambiare il corso delle cose, a far sì che “niente sarà come prima”, ma mira al contrario a salvare la solita vecchia barca del capitalismo dalla bufera mettendo ai remi il proletariato e le masse popolari. In altre parole questo piano sta andando esattamente nella direzione prevista e denunciata dal Segretario generale del PMLI Giovanni Scuderi nell'Editoriale per il 43° Anniversario della fondazione del PMLI, dal titolo “Coronavirus e l'Italia del futuro”, e cioè verso il rafforzamento del regime capitalista neofascista.
“L’Italia futura che abbiamo in mente noi marxisti-leninisti – rimarcava il compagno Scuderi in quell'editoriale - vede invece il dominio del proletariato e del socialismo, la cancellazione di ogni tipo di disuguaglianza e l’inizio della soppressione delle classi che avverrà nel comunismo, la fine della disoccupazione e della povertà, il lavoro per tutti, il benessere del popolo, piena libertà e democrazia per il popolo. In sostanza una nuova economia e un nuovo Stato modellati secondo gli interessi del proletariato e delle masse lavoratrici e in grado di affrontare qualsiasi emergenza, a partire da quella sanitaria”.
È questo il disegno di Italia che occorre per cambiarla veramente: il disegno del socialismo e del potere politico del proletariato. A maggior ragione dopo il clamoroso fallimento dimostrato dal capitalismo nell'affrontare questa pandemia, dobbiamo non stancarci di creare tutte le condizioni per la lotta per il socialismo e il potere politico del proletariato.
10 giugno 2020