10 arrestati per “appalti pilotati” nella sanità in Sicilia
Tra gli arrestati Candela, a capo della task force regionale anti-Covid, e Damiani, capo del centro regionale degli appalti

 
Un vero e proprio terremoto giudiziario ha scosso la sanità siciliana il 21 maggio scorso.
Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, sotto la direzione locale della procura della Repubblica, hanno permesso di scoprire l’esistenza di un centro di potere composto da faccendieri, imprenditori e pubblici ufficiali che avrebbero asservito la funzione pubblica agli interessi privati in modo di consentire di lucrare indebiti e cospicui vantaggi economici nel settore della sanità pubblica.
Il sistema corruttivo ruotava intorno ad alcune gare d’appalto per la gestione e la manutenzione di apparecchiature elettromedicali, fornitura di vettori energetici, conduzione e manutenzione di impianti tecnologici e servizi di pulizia per gli enti del servizio regionale assegnate dal 2016 dalla Centrale Unica di Committenza della regione Sicilia e dall’Asp 6 di Palermo, per un giro d’affari di 600 milioni di euro.
Tra i destinatari della custodia cautelare emessa dal Gip del tribunale di Palermo, Fabio Damiani direttore dell’Asp 9 di Trapani, finito in carcere insieme a Salvatore Manganaro.
Agli arresti domiciliari invece sono stati sottoposti Antonino Candela, coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19 nonché direttore generale dell’Asp 6 di Palermo, Giuseppe Taibbi, Francesco Zanzi di Roma, amministratore delegato delle Tecnologie Sanitarie Spa, Roberto Satta di Cagliari responsabile amministrativo della medesima società, Angelo Montisanti di Palermo, responsabile operativo per la Sicilia di Siram Spa e amministratore delegato di Sei Energia scarl, Crescenzo De Stasio di Napoli, direttore amministrativo centro sud di Siram Spa, Ivan Turola di Milano, referente occulto di Fer.Co. Srl, e il presidente del consiglio di amministrazione di Pfe Spa.
Mentre altre due persone, Giovanni Tranquillo e Giuseppe Di Martino, fino a quando non verrà chiarita la loro posizione, non potranno esercitare l’attività imprenditoriale e avere rapporti con i pubblici uffici.
Indagato, ma a “piede libero”, risulta anche l’attuale vicepresidente della commissione Sanità Carmelo Pullara, eletto deputato regionale nella lista “Idea Sicilia e popolari autonomisti Musumeci Presidente” accusato di turbativa d’asta, essendosi rivolto a Damiani per “favorire” la ditta Manutencoop Spa, in cambio di un sostegno di quest’ultimo ai vertici dell’ufficio sanitario.
Il Gip ha inoltre disposto il sequestro di 7 società con sedi in Sicilia e Lombardia e beni finanziari per un valore di 160mila euro, ma il giro delle tangenti ammonterebbe a 1,8 milioni di euro.
“Nel corso dell’indagine - afferma il comandante della Guardia di Finanza provinciale - abbiamo rilevato grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali che gli indagati applicavano un vero e proprio tariffario sulle commesse alle quali bisognava applicare il 5% che corrispondeva alla mazzetta che gli stessi avrebbero introitato nel tempo”.
Dall’inchiesta, battezzata “Sorella sanità”, emergono due centri di potere.
Il primo riconducibile ad Antonino Candela, nominato dal governatore di “centro- destra” Musumeci capo della task force regionale anti-Covid in Sicilia e accusato di aver intascato dagli imprenditori - con la complicità del suo faccendiere Taibbi - una mazzetta di 260mila euro.
Un uomo dalla doppia personalità, in grado di mascherare la sua sete di potere e avidità, atteggiandosi a “paladino della legalità”. In passato era finito sotto scorta per avere denunciato affari e tangenti nella sanità siciliana - in realtà il suo obiettivo era quello di scalzare i vecchi dirigenti per prenderne il posto. Era stato finanche in grado di creare dossier ricattatori per mettere alle strette lo stesso Musumeci, con l’intento di estromettere l’attuale assessore alla sanità Ruggero Razza da lui soprannominato “il bambino” e impossessarsi della delega. In un'intercettazione telefonica dichiarava sprezzantemente: “Ricordati che la sanità è un condominio ed io sempre capo condomino sono”.
Il secondo centro di potere era riconducibile a Fabio Damiani, anche lui ossessionato dalla carriera come Candela (del quale era succube), e sempre alla ricerca di appoggi politici per ottenere nuovi incarichi. In base a quanto emerso dalle indagini - con l’aiuto dei faccendieri Manganaro e Turano - era riuscito ad ottenere un incontro con il fratello dell’attuale presidente dell’Ars, il forzista Gianfranco Miccichè.
Dal 2016 al 2018 alla guida della CUC, considerato “figura centrale e perno di tutta l’indagine”, Damiani era in grado di pilotare e condizionare tutte le gare d’appalto attraverso accordi sottobanco con le varie ditte private, in cambio di laute ricompense corrisposte in contanti o attraverso l’emissione di fatture false, seguendo una criminale logica corruttiva che nulla avrebbe avuto a che fare con l’erogazione di servizi pubblici indispensabili all’importante settore della sanità.
Si tratta dell’ennesima ruberia perpetrata ai danni della collettività. Non potrebbe essere altrimenti, perché la corruzione, il carrierismo, l’arricchimento personale, le tangenti, lo sperpero di denaro pubblico, sono elementi connaturati al sistema capitalista e allo Stato borghese. Del resto, un sistema fondato sulla proprietà privata e sulla ricerca del massimo profitto, dove gran parte della ricchezza è concentrata nelle mani di pochi uomini, mentre larghe masse sono costrette alla miseria, non può di certo considerarsi “giusto” e “onesto”. La corruzione è un costituente indispensabile dell’economia capitalista e della macchina statale senza la quale non potrebbero funzionare.
Per estirparla definitivamente non basta solo denunciarla e combatterla, è necessario conquistare una nuova società con una nuova economia basata non più sul benessere del singolo individuo ma sul benessere dell’intera collettività. È necessario conquistare il socialismo.
 

10 giugno 2020