Dal Rapporto dell'Ufficio politico del PMLI presentato da Scuderi al 3° Congresso nazionale del Partito
Il disegno del PMLI per il socialismo in Italia
Fin da quando la classe operaia ha preso coscienza di essere una classe per sé ed ha innalzato la bandiera del marxismo si è posta l'obiettivo storico di abbattere la dittatura della borghesia e di realizzare il socialismo. I revisionisti e i riformisti dei vari paesi invece hanno sempre agito per farla deviare da questo obiettivo storico dirottandola verso la partecipazione al governo borghese e l'integrazione nel sistema capitalistico.
A livello internazionale Bernstein e Kautzky sono stati i maggiori e i più autorevoli propagatori della linea riformista collaborazionista, mentre in Italia coloro che hanno tentato per primi di deviare il corso storico e naturale della lotta di classe sono stati Turati, Treves e Bissolati.
Il PSI era stato fondato da appena nove anni, quando nel 1901 vota per la prima volta a favore del governo borghese Zanardelli-Giolitti. Da lì in poi rinnoverà più volte l'appoggio ai governi borghesi fino al punto di entrarvi organicamente e di presiederlo portando così al massimo grado la collaborazione con la classe dominante borghese.
Ciò non ci meraviglia, perché mai i riformisti italiani sono stati a favore della conquista del potere politico da parte della classe operaia. Ce lo ricorda Craxi che, intervenendo al 9° Congresso nazionale della UIL, si è compiaciuto di sottolineare che "Bruno Buozzi è un grande sindacalista, un uomo esemplare, un martire, un maestro... un riformista, un vero riformista, che conosceva il valore delle conquiste politiche e civili che erano il vero traguardo della lotta dei lavoratori per l'emancipazione e il miglioramento delle condizioni economiche. Di lui un altro martire dell'odio e della faziosità, Walter Tobagi, ha scritto che il suo disegno era quello di 'una lunga marcia all'interno delle istituzioni'. Io credo che questo disegno sia ancora valido e ancora da compiere: perché niente riesco a vedere di più grande e di più bello che portare all'interno dello Stato il senso della vita così come la vogliono vivere le persone, giuste, oneste e laboriose".
Pari pari Craxi ha così rispiattellato quella linea che nel '21 causò la scissione del PSI, che vide da una parte i riformisti che imploravano la borghesia di aprirgli le porte del palazzo e dall'altra i comunisti che volevano distruggere il palazzo e creare una nuova società socialista.
Non passerà però molto tempo che i comunisti, divenuti revisionisti, si pentiranno della loro scelta, dopo averla vanificata con il settarismo, l'estremismo parolaio e il dogmatismo di Bordiga. Attraverso Gramsci con la strategia della "guerra di posizione"; attraverso Togliatti nel '36 con la "democrazia di tipo nuovo" e nel '44 con la "democrazia progressiva"; attraverso Longo nel '56 con la "via democratica indicata dalla Costituzione"; attraverso Berlinguer nel '77 con la "democrazia valore universale"; ed ora con Natta col "governo di programma".
Cosicché attualmente non c'è più alcuna distinzione sostanziale tra gli antichi e i moderni riformisti: ormai è chiaro che entrambi i tronconi vogliono essere parte integrante del sistema capitalistico e componente del governo borghese. Dentro tale quadro c'è pure DP poiché anch'essa ha rinunciato agli scopi ultimi del proletariato, ed ambisce unicamente a entrare in un governo borghese la cosiddetta "alternativa di sinistra".
Ma non per questo la lotta di classe è cessata e il proletariato ha gettato la spugna e abbandonato il suo obiettivo storico. L'esperienza governativa del PSI, passata e presente, la partecipazione del PCI nella maggioranza governativa della "solidarietà nazionale", oltreché i governi socialdemocratici o socialisti della Svezia, Francia, Grecia, Spagna ecc. di oggi confermano che nel capitalismo, per quanto potere possano disporre i partiti di origine operaia e marxista, gli operai saranno sempre ai margini della vita economica, politica e sociale, e per di più subalterni e prigionieri di un sistema congegnato in modo tale da negar loro ogni possibilità legale di diventare classe dominante.
Dall'esperienza storica del movimento operaio internazionale e dalla nostra stessa esperienza nazionale, viene quindi l'insegnamento che nella fase della lotta per il socialismo e nelle condizioni del nostro Paese non bisogna collaborare sotto alcuna forma col capitalismo, e che solo il socialismo è l'avvenire della classe operaia e dei lavoratori italiani.
La storia scorre velocemente, mutano le situazioni, avanza la rivoluzione tecnologica, vecchi partiti comunisti e Stati socialisti vengono inghiottiti dalla borghesia, nuovi problemi affiorano, altri inganni e illusioni vengono seminati, eppure nessuno riesce a togliere dalla testa del proletariato l'aspirazione al socialismo. Nonostante tutto il socialismo rappresenta tutt'oggi il sole rosso che riscalda il cuore degli sfruttati e oppressi del nostro Paese. Ed è logico che sia così. Lo schiavo non sarà mai contento di essere uno schiavo a vita, e vorrà sempre lottare per conquistare la libertà.
Spetta a noi marxisti-leninisti, in quanto ne siamo i capi e ne condividiamo la sorte, indicare agli schiavi moderni la via dell'emancipazione. Già col 1° e il 2° Congresso abbiamo fatto molti sforzi per chiarire qual è la nostra strategia e la nostra tattica per la conquista del potere politico. Ora ne dobbiamo fare un altro. Dobbiamo tracciare il più nitidamente possibile il disegno generale del socialismo che noi vogliamo realizzare in Italia.
Naturalmente non potremo scendere nei particolari e nei dettagli di tale disegno, sarebbe prematuro, utopistico e senza senso. Ne tracceremo solo i lineamenti fondamentali, tanto per dare un'idea di massima del modello di società che vorremmo concretizzare, per stabilire una cornice certa e definita entro cui poi collocare i contenuti concreti conformemente alla situazione specifica che verrà a crearsi dopo la rivoluzione socialista.
Il resto sarà fatto successivamente, al momento opportuno, assieme alla forze politiche e sociali che con noi riporteranno la vittoria sul capitalismo e collaboreranno alla costruzione del socialismo.
Non abbiamo un modello precostituito e pienamente rispondente alle nostre necessità, tuttavia abbiamo di fronte le grandi esperienze dell'Urss di Lenin e Stalin e della Cina di Mao da cui trarre ispirazione e insegnamenti.
Non si tratta quindi di "imparare da capo", di "mutare" le ali del marxismo per poter "solcare i cieli con più potenza e facilità volando da una vetta all'altra verso i suoi obiettivi", come sostiene l'arcirevisionista Hu Yaobang. Non siamo affatto disposti a seguire il volo di questo moscone cinese attorno al bottino capitalistico, e nemmeno intendiamo avallare la "visione non cristallizzata" del socialismo esposta nella "proposta di tesi per il 17° Congresso del PCI".
Come sempre ricaveremo il nostro orientamento generale dai grandi Maestri del proletariato internazionale. Sarebbe una follia allontanarsi da essi, non seguirne le indicazioni e non mettere a frutto le loro esperienze concrete.
Il nostro sarà un socialismo italiano ma non tricolore. Nel senso che non sarà svirilito e svuotato dei suoi contenuti rivoluzionari e di classe per ingraziarsi una parte della borghesia. Il socialismo italiano terrà conto della storia del nostro Paese, della sua cultura, delle sue caratteristiche particolari, della situazione concreta e dei rapporti di classe che si verificheranno dopo la rivoluzione, ma nei suoi aspetti essenziali, fondamentali, universali non potrà mai essere qualcosa di sostanzialmente diverso dalle esperienze storiche socialiste.
Come afferma il Programma del PMLI, "il socialismo è la svolta più radicale che abbia mai conosciuto la storia del nostro Paese, è il passaggio violento del potere dalla minoranza degli sfruttatori alla maggioranza degli sfruttati, il passaggio dalla barbarie alla civiltà, dalla vecchia società basata sulla proprietà privata e sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo ad una società basata sulla proprietà collettiva dei mezzi di produzione e senza più sfruttamento".
Ciò significa per prima cosa che immediatamente dopo la vittoria della rivoluzione socialista, in tempi più rapidi possibili, in base alle condizioni del momento, dovremo interamente distruggere il vigente ordinamento economico, statale, istituzionale, militare e giuridico. Senza pietà e tentennamenti dovremo distruggere e cancellare ogni cosa che è servita alla classe dominante borghese a opprimere e sfruttare i lavoratori, altrimenti non sarà possibile costruire una nuova organizzazione economica, statale e sociale a misura degli operai e dei lavoratori.
Sul piano economico dovremo strappare alla borghesia e ai latifondisti tutto il capitale, tutte le banche, tutti i mezzi di produzione e di scambio, tutta la terra, tutte le fabbriche e le aziende agricole, tutte le miniere, le cave, tutti i mezzi di trasporto via terra, mare e cielo, tutti i mezzi di comunicazione di massa, tutto il patrimonio edilizio urbano e rurale. Tutto ciò dovrà essere accentrato nelle mani del nuovo Stato che ne disporrà per promuovere l'economia socialista e per il benessere dei lavoratori e del popolo.
Nel nostro socialismo non vi dovranno essere sfruttatori di nessun tipo. All'inizio e per un certo periodo potranno sussistere delle piccole aziende familiari artigiane, commerciali e agricole, ma una volta riorganizzata l'intera produzione nei vari settori economici, anch'esse dovranno sparire ed essere assorbite dalla produzione socialista.
Non più proprietà privata capitalistica, non più mercato, non più ricerca del massimo profitto, non più accumulazione privata, non più anarchia della produzione e crisi cicliche di sovrapproduzione, non più disoccupazione; ma proprietà collettiva socialista, scambio equo tra città e campagna, massimo soddisfacimento delle esigenze materiali e culturali delle masse, pianificazione economica nazionale e sviluppo ininterrotto della produzione e delle forze produttive, piena occupazione. Queste sono le caratteristiche fondamentali dell'economia socialista che instaureremo.
Solo così sarà possibile assicurare la giustizia e il progresso sociale, tagliare le radici all'esistenza delle classi e creare la base reale per lo sviluppo pieno e libero di ogni individuo. Solo così sarà possibile abolire le due grandi differenze ereditate dal passato e dall'economia basata sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. E cioè la differenza tra città e campagna e quella tra lavoro manuale e lavoro intellettuale.
"È chiaro
- rileva Lenin - che per abolire completamente le classi non basta abbattere gli sfruttatori, i grandi proprietari, e i capitalisti, non basta abolire la loro proprietà, ma bisogna anche abolire ogni proprietà privata dei mezzi di produzione, bisogna sopprimere tanto la differenza fra città e campagna quanto tra lavoratori manuali e intellettuali. È un'opera di lungo respiro
".(1) Tali differenze trovano la loro origine nella divisione del lavoro che noi vogliamo che scompaia nel socialismo attraverso lo sviluppo in tutti i sensi delle attitudini degli uomini e delle donne e mediante l'organizzazione della rotazione dei compiti e delle funzioni dei lavoratori. Molto dipenderà dalla scuola socialista che dovrà formare i giovani in modo tale da essere capaci di adempiere qualsiasi lavoro in città come in campagna e di passare a turno da questo a quel ramo della produzione, secondo i bisogni della società e le loro inclinazioni.
L'agricoltura non dovrà essere separata dall'industria e le campagne dalle città. Gli stessi lavoratori dovranno essere in grado di occuparsi a turno dei due settori economici e le campagne dovranno essere fuse con la città. Il livello culturale e tecnico degli operai e dei contadini dovrà essere elevato rispettivamente fino al livello degli ingegneri e dei tecnici e degli agronomi e dei periti. Inoltre tutti i lavoratori manuali dovranno essere messi in condizione di partecipare all'amministrazione delle fabbriche e delle aziende, mentre i quadri a ogni livello dovranno partecipare al lavoro produttivo manuale.
Insomma nel socialismo non dovranno esserci alcun privilegio, un ruolo e un posto assegnati una volta per tutte, il monopolio della cultura e dell'amministrazione da parte degli intellettuali. Pur nel rispetto delle diverse inclinazioni, capacità e sensibilità tutte le persone dovranno essere educate e preparate a compiere qualsiasi lavoro e mansione per il bene collettivo e per lo sviluppo economico e sociale di tutto il Paese.
Nel regolare i salari applicheremo il principio economico dettato da Marx, e cioè: "da ognuno secondo le proprie capacità, a ciascuno secondo il proprio lavoro
", e ci sforzeremo affinché lo sviluppo delle capacità di ogni lavoratore non abbia limiti, e affinché tutti i lavoratori non badino solo alla produttività personale e del proprio settore ma anche prendano a cuore lo sviluppo della produttività collettiva e dell'intera economia socialista, per accelerare i tempi del passaggio al comunismo, la società in cui sarà applicato il principio, sempre di Marx, "da ognuno secondo le proprie capacità, ad ognuno secondo i propri bisogni
".
Il nostro principale obiettivo sul piano politico e istituzionale è di creare un nuovo tipo di Stato in cui i lavoratori si amministrino da sé e insieme amministrino gli affari economici e politici dello Stato socialista.
I lavoratori nel socialismo non devono essere spettatori di un qualcosa che avviene al di fuori e al di sopra di loro, ma i veri protagonisti dello sconvolgimento sociale, gli ideatori e i realizzatori della nuova società. E questo sarà possibile solo se applicheremo il principio dell'"autogoverno dei produttori" dettato da Marx sulla base dell'esperienza della Comune di Parigi, e che Lenin vedeva realizzarsi in questo modo: "Il nostro scopo è di far partecipare praticamente tutti i poveri all'amministrazione dello Stato, e tutti i passi compiuti per attuare questo obiettivo - e quanto più vari saranno, meglio sarà - devono essere accuratamente registrati, studiati, classificati, verificati sulla base di una più ampia esperienza, trasformati in leggi. Il nostro scopo è di far sì che ogni lavoratore, dopo aver terminato le 'lezioni' delle otto ore di lavoro produttivo, adempia gratuitamente le funzioni statali: il passaggio a tutto questo è particolarmente difficile, ma solo in esso è la garanzia del definitivo consolidamento del socialismo
".(2)
Questo vuol dire che i lavoratori attraverso l'autogoverno devono amministrare e dirigere le fabbriche, le aziende agricole e commerciali, gli organi elettivi centrali e locali, la sanità, la cultura, la scuola, l'università e ogni altro settore statale e pubblico.
L'autogoverno non è un fattore secondario ma una componente essenziale dello Stato socialista. Se naturalmente non viene inteso come decentralizzazione e liberalizzazione dell'economia, come fattore disgregante dell'unità dello Stato, bensì come partecipazione piena, diretta e responsabile dei lavoratori all'edificazione dell'economia e dello Stato socialisti.
Autogoverno e dittatura del proletariato, iniziativa delle masse e direzione del Partito, esercizio della democrazia socialista e centralismo democratico statale sono tutte quante delle unità dialettiche che vanno coniugate assieme senza strappi e in un giusto equilibrio in modo tale da avere sempre di fronte un quadro socialista. Si tratta di creare un sistema di pesi e contropesi, di spinte dal basso e dall'alto, affinché in ogni circostanza e fase della costruzione del socialismo venga salvaguardata la rivoluzione e le masse risultino davvero padrone del proprio destino.
L'instaurazione della dittatura del proletariato costituisce l'elemento fondamentale, a livello statale, per assicurare l'autogoverno dei lavoratori sotto la direzione della classe operaia, difendere le conquiste della rivoluzione socialista ed edificare un'economia, uno Stato e una società socialisti.
Senza la dittatura del proletariato, tanto vituperata e calunniata dalla borghesia e dai revisionisti di destra e di "sinistra", è impossibile ripulire e dissodare il vecchio terreno, mettere in condizione di non nuocere la borghesia spodestata dal potere e creare una nuova società in cui non vi siano più sfruttamento, oppressione, miseria, disoccupazione, emigrazione per i lavoratori.
Perciò la Repubblica socialista italiana sarà uno Stato a dittatura del proletariato, diretto dalla classe operaia e basato sull'alleanza degli operai e dei contadini. I gruppi sociali amici, intellettuali, tecnici, ecc., godranno i frutti di questa alleanza e daranno anch'essi il loro contributo all'edificazione socialista.
Lo Stato socialista sarà difeso dall'Esercito rosso e dalla milizia popolare, composti anche dalle donne. Tutto il popolo sarà armato per vigilare sulla rivoluzione e per impedire ai nemici esterni di invadere l'Italia e occuparla. L'Esercito rosso sarà fuso con le masse, equipaggiato, armato e addestrato per la guerra popolare, e non si occuperà solo della difesa della penisola, ma parteciperà anche, come compito secondario, al lavoro produttivo. Il militarismo, l'egemonismo, l'espansionismo, le guerre di conquista e rapina, il colonialismo saranno per sempre banditi dal nostro Paese.
Nel nuovo Stato tutto il potere apparterrà ai lavoratori e al popolo che lo eserciteranno attraverso le assemblee popolari ai diversi livelli.
Le assemblee popolari, elette periodicamente dal popolo in base al regolamento e alle leggi elettorali, gestiranno il potere statale, economico, legislativo, amministrativo, giudiziario e repressivo nell'ambito della propria giurisdizione e conformemente alle leggi e ai piani statali e nazionali.
Le assemblee popolari dovranno mettere al bando il parlamentarismo borghese e conformarsi alle seguenti indicazioni di Lenin: "La Comune sostituisce questo parlamentarismo venale e corrotto della società borghese con istituzioni in cui la libertà di opinione e di discussione non degenera in inganno; poiché i parlamentari debbono essi stessi lavorare, applicare essi stessi le loro leggi, verificarne essi stessi i risultati, risponderne essi stessi direttamente davanti ai loro elettori, le istituzioni rappresentative rimangono, ma il parlamentarismo come sistema speciale, come divisione del lavoro legislativo ed esecutivo, come situazione privilegiata per i deputati, non esiste più. Noi non possiamo concepire una democrazia, sia pure una democrazia proletaria, senza istituzioni rappresentative, ma possiamo e dobbiamo concepirla senza parlamentarismo, se la critica della società borghese non è per noi una parola vuota di senso, se il nostro sforzo per abbattere il dominio della borghesia è uno sforzo serio e sincero e non una frase 'elettorale' destinata a scroccare i voti degli operai, come lo è per i menscevichi e i socialisti rivoluzionari
".(3)
Le assemblee popolari dovranno essere composte prevalentemente da operai e contadini sulla base della triplice unione degli anziani, delle persone di età media e dei giovani, con una rappresentanza paritetica di donne e uomini.
I candidati alle assemblee popolari dovranno essere presentati, discussi e approvati dalle assemblee delle masse interessate mediante la democrazia diretta. Avranno diritto ad essere eletti anche le ragazze e i ragazzi di 16 anni.
Ogni deputato avrà l'obbligo di rispettare il mandato ricevuto dai suoi elettori, di rendere conto periodicamente a loro della propria attività e di quella dell'assemblea popolare di cui fa parte, e potrà essere revocato in qualsiasi momento su decisione della maggioranza dei suoi elettori.
La retribuzione dei deputati anche nazionali non dovrà superare il salario medio degli operai dell'industria.
Gli ex sfruttatori e oppressori borghesi verranno esclusi dai diritti elettorali finché non saranno stati rieducati e non saremo sicuri che non vogliono più nuocere al socialismo.
La democrazia borghese ai lavoratori dà solo l'illusione di essere rappresentati in parlamento e nei consigli regionali, provinciali e comunali, e di contare sulla vita politica, economica e sociale del Paese, mentre la democrazia socialista per come è concepita fa toccare con mano ai lavoratori che la loro volontà è la legge suprema dello Stato socialista. Infatti, come abbiamo visto, il primo diritto che noi riconosciamo ai lavoratori è quello di partecipare in prima persona alla gestione degli affari del nuovo Stato.
Il diritto al lavoro, alla casa, alla parità dei sessi, all'istruzione e alla cultura, all'assistenza sanitaria e previdenziale gratuita, alla pensione adeguata, al riposo, alla tutela della maternità, dei minori, degli handicappati e degli invalidi sono gli altri diritti che il socialismo mette in primo piano e che dovremo soddisfare nella pratica.
Noi marxisti-leninisti siamo atei, sul piano filosofico e ideologico lottiamo contro le religioni ma assicuriamo ai credenti che anche nel socialismo rispetteremo la libertà religiosa. Separeremo però la Chiesa dallo Stato, abrogheremo il Concordato e ogni privilegio ecclesiastico. Di fronte allo Stato la Chiesa cattolica sarà messa sullo stesso piano delle altre religioni presenti in Italia.
Nel socialismo dovremo avere una particolare cura verso l'istruzione e la formazione delle nuove generazioni. Inviteremo la classe operaia e i contadini a entrare nelle scuole e nelle università per dirigerle allo scopo di infondere ai giovani un'educazione proletaria rivoluzionaria, scientifica e socialista e per cambiare radicalmente l'orientamento, i contenuti e i metodi dell'insegnamento.
L'istruzione dovrà essere totalmente rivoluzionarizzata sulla base dell'ideologia proletaria, del materialismo storico e dialettico, delle più avanzate scoperte scientifiche e tecnologiche, del criterio studio-lavoro e teoria-pratica, dell'interscambiabilità dei ruoli e delle mansioni professionali. Gli studenti dovranno avere un ruolo attivo nella vita scolastica.
In questo campo seguiremo la seguente indicazione di Mao: "Sia gli intellettuali che gli studenti devono studiare con impegno. Oltre ad occuparsi delle loro materie specifiche, devono fare progressi in campo ideologico e politico; ciò significa che devono studiare il marxismo i problemi di attualità e la politica. Non avere una giusta visione politica è come non avere anima. La nostra politica nel campo dell'educazione deve permettere a chi la riceve di formarsi moralmente, intellettualmente e fisicamente, e diventare un lavoratore con una buona cultura e una coscienza socialista
".(4)
Avendo in mente l'esperienza storica della dittatura del proletariato, è facile prevedere che l'edificazione del socialismo in Italia non sarà un'impresa facile e di breve durata. E non è assolutamente detto che una volta conquistato il socialismo tutto filerà liscio come l'olio e il proletariato potrà godersi in santa pace i risultati della rivoluzione. Mao ci insegna che "la società socialista abbraccia un periodo storico molto lungo, nel corso del quale esistono ancora le classi, le contraddizioni di classe e la lotta di classe, esiste la lotta fra le due vie, il socialismo e il capitalismo, ed esiste il pericolo di una restaurazione del capitalismo. Dobbiamo comprendere che questa lotta sarà lunga e complessa, aumentare la vigilanza e svolgere un lavoro di educazione socialista. Dobbiamo comprendere e risolvere in modo giusto le contraddizioni di classe e la lotta di classe, distinguere le contraddizioni tra il nemico e noi e le contraddizioni in seno al popolo e dare ad esse una giusta soluzione. Altrimenti un paese socialista come il nostro si trasformerà nel suo opposto, cambierà natura e si avrà la restaurazione
".(5)
Oggettivamente il socialismo bussa alle porte dell'Italia. Dal punto di vista economico non c'è più alcun ostacolo che si frapponga al passaggio al socialismo. Il capitalismo ha fatto il suo tempo ed è urgente rimuoverlo prima che si lanci in disastrose e pericolose avventure politiche e militari.
Nonostante che il corso della storia sia stato temporaneamente deviato dai riformisti e dai revisionisti, nonostante che la rivoluzione tecnologica abbia fatto emergere nuove "figure" professionali e creato nuovi problemi e intrecci nella composizione sociale della società e nella produzione, è sempre la classe operaia che determina la cadenza e la qualità della lotta di classe.
È la classe operaia che continua a detenere le chiavi del futuro e del passaggio alla società socialista. Quando incontrerà il PMLI e si legherà indissolubilmente ad esso prenderà pienamente coscienza della sua forza e del suo ruolo politico e organizzativo, e allora le campane cominceranno a suonare a morto per la classe dominante borghese.
La rivoluzione tecnologica, come il PMLI ha dimostrato attraverso il discorso del compagno Mino Pasca pronunciato in occasione del 9° anniversario della scomparsa di Mao, non ha soppresso la classe operaia, né l'ha ridotta ai margini della produzione capitalistica. L'elettronica, l'informatica, la telematica, la robotica, la genetica, i satelliti e le banche dati non servono a niente senza la classe operaia.
Le testimonianze dirette di due operai della Fiat valgono in proposito più di mille disquisizioni dei "teorici" della terza rivoluzione industriale e dei loro reggicoda revisionisti. Un operaio racconta: "La fabbrica è cambiata molto, ma non solo per i robot. Diminuiscono le tute bleu, ma non tanto come si vuol far credere. Aumentano tecnici e nuove figure professionali, ma in misura limitata. Inutili gli operai? Anzi, ci vuole una loro partecipazione molto più attiva. Per far funzionare l'impianto semi-automatizzato dove lavoro io, gli operai devono farsi carico più di prima dei problemi, essere pronti ad intervenire quando i carrelli si fermano ed una trasferta non ribalta i basamenti. Quando mancano pezzi, devono inforcare la bici e andare a cercarseli".(6)
L'altro operaio aggiunge: "La Fiat non può fare a meno di noi operai anche se la verniciatura è l'officina più automatizzata di Mirafiori ed abbiamo perso molti posti di lavoro. Le nuove tecnologie sono così delicate che basta un cambiamento di atmosfera, un po' di umidità, perché sballino. Così, nella cabina dove dovevano starci solo quattro robot, ci sono pure quattro operai che completano e revisionano il lavoro. E quest'ambiente per noi è un inferno. I robot sono ciechi e non vedono se spruzzano vernice su un'auto o su un operaio. C'è molta più polvere di prima. I ritmi di lavoro sono quelli forsennati che ci impongono i robot".(7)
Da parte nostra ribadiamo solo che la riduzione del peso specifico e anche assoluto degli operai e il cambiamento delle loro funzioni nel processo lavorativo capitalistico, in conseguenza della rivoluzione tecnologica e dell'automazione, non cambiano il posto centrale della classe operaia nell'economia e nella società capitalistiche.
La classe operaia, infatti, è la fonte di ogni profitto capitalistico, e nessun'altra classe al pari di essa ha la capacità di produrre e valorizzare capitale. Le macchine che introducono i capitalisti anziché diminuire aumentano la forza produttiva degli operai e di conseguenza anche il plus-valore che viene tratto da essi.
D'altra parte lo spostamento dell'occupazione dall'industria e dall'agricoltura al terziario non fa venire meno la funzione e l'importanza dei primi due settori, poiché è la produzione che regge l'intero sistema economico. In realtà il terziario non svolge altro che un compito di contorno, complemento e supporto alla produzione industriale e agricola.
Cosicché, rimanendo centrale l'impresa industriale, risulta intatta, se non rafforzata, la centralità operaia e il suo ruolo dirigente nella lotta contro il sistema capitalistico.
Comunque sia la classe operaia rappresenta oggi il 26 per cento dell'intera popolazione italiana e l'unica classe capace di riunione attorno a sé le altre classi e gruppi sociali anticapitalistici e dirigerli nella battaglia.
Lenin così sintetizza la forza e il ruolo della classe operaia: "In qualsiasi paese capitalistico la forza del proletariato è incomparabilmente più grande del peso numerico dei proletari nella somma totale della popolazione. E ciò perché il proletariato ha il dominio economico sul centro e sul ganglio di tutto il sistema economico del capitalismo ed anche perché, in regime capitalistico, esso esprime economicamente e politicamente gli interessi effettivi dell'immensa maggioranza dei lavoratori.
Perciò il proletariato, anche quando costituisce la minoranza della popolazione (o quando l'avanguardia cosciente e veramente rivoluzionaria del proletariato costituisce la minoranza della popolazione), è in grado di abbattere la borghesia e di attrarre poi dalla sua parte molti alleati da quella massa di semiproletari e di piccoli borghesi che non si pronuncerà mai preventivamente per il dominio del proletariato, che non comprende le condizioni e i compiti di questo dominio e che soltanto in base alla propria esperienza ulteriore si convincerà dell'inevitabilità, della giustezza, della necessità della dittatura del proletariato
".(8)
I risultati del referendum del 9 giugno sulla scala mobile hanno messo chiaramente in evidenza la grande forza di attrazione della classe operaia, che è riuscita a riunire attorno a sé quasi 15 milioni e 50 mila elettori, nonostante gli errori e le incertezze dei revisionisti.
Con una simile forza a disposizione, riorganizzata su basi marxiste-leniniste, antiparlamentari e antistituzionali, la rivoluzione socialista diventerebbe una realtà a portata di mano. Tanto più che il resto della popolazione è suscettibile di passare dalla parte della rivoluzione o di essere neutralizzata. Anche se prevediamo che la piccola borghesia medio-alta farà blocco con la grande e media borghesia, con le istituzioni e con le Forze armate per difendere il palazzo e la dittatura capitalistica. Purtroppo, per quanti sforzi noi potremo fare, non sarà possibile isolare del tutto i possessori delle grandi ricchezze e del potere economico, ma non potremo aspettare che tutta la popolazione sia all'inizio dalla parte della rivoluzione.
Una volta che le condizioni oggettive e soggettive saranno mature, quando lo scontro tra proletariato e borghesia sarà giunto a un punto di rottura e gli equilibri saranno saltati, noi daremo con coraggio e determinazione il segnale dell'insurrezione di massa per porre fine all'inumano sistema capitalistico e dare via libera al socialismo.
Noi non sappiamo quando in Italia scoppierà la rivoluzione socialista, ma siamo certi che un giorno scoppierà e riporterà la vittoria. Mentre la prepariamo alacremente, guardiamo fiduciosi verso l'avvenire pensando alle parole di Mao: "Il sistema socialista finirà col sostituirsi al sistema capitalista; è una legge obiettiva, indipendente dalla volontà dell'uomo. Per quanto i reazionari si sforzino di fermare la ruota della storia, prima o poi la rivoluzione scoppierà e sarà inevitabilmente vittoriosa
".(9)
Note
1) Lenin, La grande iniziativa, giugno 1919
2) Lenin, I compiti immediati del potere sovietico, scritto tra il 13 e il 26 aprile 1918
3) Lenin, Stato e rivoluzione, agosto-settembre 1917
4) Mao, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo, 27 febbraio 1957
5) Mao, Discorso alla riunione di lavoro del Comitato centrale del PCC svoltasi nell'agosto 1962 a Peitaiho.
6) Dichiarazione di un operaio Fiat all'"Unità" del 10 novembre 1985
7) Dichiarazione di un altro operaio Fiat all'"Unità" del 10 novembre 1985
8) Lenin, Le elezioni all'Assemblea Costituente e la dittatura del proletariato, dicembre 1919
9) Mao, Intervento alla riunione del Soviet Supremo dell'Urss per la celebrazione del 40° anniversario della Grande rivoluzione socialista di Ottobre, 6 novembre 1957
17 giugno 2020