10 giugno 1940: l’Italia di Mussolini e della borghesia che lo sosteneva entra nel conflitto mondiale accanto ai nazisti
di Francesco Mandarano - Prato
L’ottantesimo anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia nella II guerra mondiale merita alcune ponderate e mature riflessioni. Il primo problema che oggi uno studioso deve affrontare è quello di stabilire se il II conflitto mondiale (1939-1945) è una guerra a sé stante, oppure la prosecuzione della prima guerra mondiale (1914-1918). Riteniamo che il II conflitto mondiale sia non la prosecuzione del I, ma una guerra a sé, anche se fortemente agganciata alla prima. Innanzitutto, c’è da dire che le condizioni della Pace, imposte dagli alleati alla Germania sconfitta, sono state molto pesanti. Questa responsabilità ricade in primo luogo sulle spalle dei francesi, che imposero ai tedeschi sconfitti il pagamento di enormi danni di guerra e la drastica riduzione delle loro forze armate. Queste pesanti clausole provocarono nei tedeschi un forte risentimento e uno spirito di rivalsa, nonché una grave crisi economica. Il tutto favorì la nascita del fascismo.
Come se questo non bastasse né la Francia né tanto meno l’Inghilterra ebbero la forza o la volontà di impedire il riarmo nazista. Tale riarmo e lo spirito di prevaricazione che ha animato il nazismo è stata la causa principale del secondo conflitto mondiale. Addirittura, secondo Hitler i popoli slavi erano una razza inferiore, quasi dei subumani e come tali andavano sterminati, a cominciare dai popoli russi.
A questo punto bisogna sfatare una delle tante leggende che circolano in alcuni ambienti dell’Europa occidentale, ossia che a provocare la seconda guerra mondiale sia stata l’Unione Sovietica che ha stipulato nel 1939 il patto di non aggressione, con la Germania nazista. La verità storica è ben diversa. Tutta la Storia delle cosiddette “democrazie occidentali” è stata guidata da un forte spirito anticomunista e antisovietico. Solo in questa ottica si spiega la passività di Francia e Inghilterra di fronte al riarmo nazista. Difatti, per questi due Paesi, che immeritatamente si fregiano del titolo di “grandi democrazie occidentali”, il riarmo tedesco andava bene, purché le armate di Hitler fossero dirette a est. Questa è la vera spiegazione della totale passività di Francia e Inghilterra durante il periodo 1920-1939.
Sono emblematici in questo senso sia la guerra di Etiopia, che la guerra civile spagnola. Per quanto riguarda le sanzioni, a parole, inflitte all’Italia durante la guerra di Etiopia, esse sono state finte, nel senso che tutti i Paesi commerciavano con l’Italia, comprese Francia e Inghilterra. Per quanto riguarda la guerra civile spagnola (1936-1939), si tratta di un esempio eclatante di solidarietà alla Repubblica Spagnola portata dagli antifascisti di tutto il mondo contro il colpo di Stato del fascista Francisco Franco, mentre Francia e Inghilterra rimanevano “neutrali”, cioè davano mano libera nella penisola Iberica a Hitler e Mussolini. L’unico Paese che ha concretamente aiutato il legittimo governo spagnolo è stata l’Unione Sovietica. Tutto questo a riprova che i paesi Occidentali, a cominciare da Francia e Inghilterra a parole si dicono “democratici”, ma quando si tratta di lottare contro le dittature fasciste, si fanno da parte.
Il “capolavoro” di tale modo di operare, Francia e Inghilterra l’hanno raggiunto con gli acuti di Monaco del 1938, quando consegnarono la Cecoslovacchia a Hitler, il quale mai sazio di conquiste territoriali, l’anno successivo, prendendo a pretesto la situazione della città di Danzica, attaccò la Polonia. Dal momento che fino ad allora Hitler non era stato mai ostacolato dalle presunte “grandi democrazie” occidentali, egli sperava che anche questa volta potesse farla franca.
Le cose andarono diversamente, dal momento che ormai l’opinione pubblica mondiale era stufa delle continue aggressioni di Hitler ad altri Paesi. Le considerazioni che precedono dimostrano che, se ci fossero state negli anni precedenti reazioni più energiche di Francia e Inghilterra alla politica espansionistica nazista, la II guerra mondiale non sarebbe mai scoppiata.
A tal riguardo è molto significativo che nel 1938 al Convegno di Monaco, l’Unione Sovietica non è stata invitata, pur essendo geograficamente e storicamente la Cecoslovacchia molto più vicina alla Russia, che non all’Inghilterra.
Siamo giunti così al 1 Settembre 1939, quando le armate naziste invadono la Polonia. Questa data è fondamentale sia nella storia dell’Europa moderna, sia per capire la mentalità dei fascisti.
Mussolini, per decenni aveva vantato la forza militare Italiana, blaterando di 8 milioni di baionette ma, al momento cruciale del 1 Settembre 1939, non è stato in grado di entrare in guerra, in quanto l’esercito Italiano era enormemente impreparato.
A questo punto bisogna far chiarezza su alcuni concetti fondamentali: molti addebitarono a Mussolini la grave responsabilità di aver perso la II guerra mondiale, gli antifascisti e i pacifisti gli devono rimproverare non solo di averla persa, ma soprattutto di averla fatta. Qui si entra nella mentalità fascista: il prestigio di una nazione si basa sulla sua forza militare!
Non c’è idea più sbagliata di questa, in quanto il prestigio di una nazione si fonda sul suo sistema sanitario e su quello scolastico. Per sentirsi bravi non c’è bisogno di aggredire nessuno, basta esportare trattori e non carri armati. Questa impronta militarista rimante ben salda nella testa dei neofascisti di oggi, i quali guidati dalla Meloni vorrebbero inviare la Marina Militare a opporsi ai disperati che cercano di sbarcare in Italia, dove arrivano non per loro volontà, ma per sfuggire alla miseria e alle guerre provocate in Africa dal neocolonialismo e dalle politiche di rapina delle loro risorse portate avanti da parte delle multinazionali. Sarebbe, invece, bene che l’Italia chiedesse scusa a tutti i Paesi Africani, quali Etiopia, Libia, Eritrea, Somalia e li aiutasse, in concreto, costruendo in quelle terre, gratuitamente, ospedali, strade, scuole e ponti, a parziale ristoro dei danni da essa causati in quelle regioni nel secolo scorso. L’Italia ancora oggi non è ben vista in Libia e in Etiopia, per via delle enormi stragi compiute. Mussolini il primo settembre 1939 non è stato in condizione di entrare in guerra e si è inventato la formula della “non belligeranza”, cioè per il momento non partecipava al conflitto ma lo avrebbe fatto in seguito.
Questo stato di cose è durato fino al 10 giugno 1940, quando il “duce” ha preso la decisione fatale non solo per lui ma soprattutto per il popolo Italiano al quale ha regalato cinque anni di guerra con conseguenti lutti, rovine e sofferenze inenarrabili.
Gli storici Italiani, o presunti tali, dal 1945 ad oggi ci propinano la vulgata che Benito Mussolini è stato l’unico artefice dell’entrata in guerra dell’Italia e dei conseguenti disastri. Le cose stanno in ben altro modo. La II guerra mondiale è stata voluta o comunque ben volentieri accettata dall’associazione degli Industriali e dai latifondisti, nonché dai responsabili militari, Esercito, Marina, Aviazione, dall’Alta Finanza e dalla stampa.
Se tutte queste forze che erano i pilastri del regime fascista, si fossero presentate dal “duce”, facendogli presente la loro opposizione, il poco signor Mussolini la guerra non l’avrebbe dichiarata. Siamo, così giunti al punto cruciale del nostro ragionamento: le guerre non “scoppiano” improvvisamente, come un accidente naturale, c’è, purtroppo qualcuno che le dichiara e, addirittura, qualcuno che le prepara.
Naturalmente, tutti sanno che le guerre portano distruzione e morte, ma non tutti sanno che con le guerre c’è chi guadagna somme impressionanti: l’industria collegata agli armamenti. Tale settore industriale si arricchisce in modo sfacciato, in quanto lo Stato, qualunque Stato capitalista, paga senza stare a discutere qualunque somma per avere forniture. L’importante è avere gli armamenti, non quanto costano. A pagare sarà sempre Pantalone!
Come se questo non bastasse, il popolo, tutti i popoli, pagano in tutte le guerre un secondo tributo al mostro della guerra: centinaia di migliaia di morti, sia militari, che civili. Questi disastri dovrebbero pesare enormemente sulle spalle non solo di Mussolini, ma della borghesia industriale che l’ha sempre appoggiato. In particolare, il disastro in cui l’Italia è precipitata dal 1940 al 1945 pesa su tutti gli alti gradi dell’Esercito, da Badoglio a Graziani, che ben sapevano lo stato pietoso delle nostre forze armate, che avevano perso i loro armamenti nelle guerre di Etiopia e di Spagna e ora si trovavano senza divisioni corazzate, senza aerei e senza scorte di armi, munizioni e vestiario. Nessuno dei comandanti militari ha pensato di presentare le dimissioni nel momento in cui il “duce” mandava allo sbaraglio un intero popolo e tutta la sua economia.
Un posto di rilievo nell’olimpo degli incompetenti merita lo squadrista Italo Balbo, che dopo aver distrutto nel 1922, tutte le Case del Popolo della provincia di Forlì, è arrivato al governo senza specifiche competenze in materia di strategia militare. Proprio per questo la sua figura, che storici di idee neofasciste come Paolo Mieli cerca di esaltare come “transvolatore”, deve essere negativamente valutata. Egli non ha capito che l’arma aerea non poteva e non doveva essere un’arma a sé, bensì doveva essere affiancata a tutte le altre armi. In altri termini, la marina doveva avere i suoi aerei, cioè le sue portaerei, nonché dei sistemi di avvistamento dei velivoli nemici. Purtroppo, mancando di un retroterra culturale e scientifico, il Balbo si è permesso di dire che l’Italia non aveva bisogno di portaerei, in quanto la Sicilia era una grande portaerei. Peccato però che la Sicilia non si muove! Nonostante il fatto che Balbo sia stato uno squadrista e nonostante il fatto che sia stato un miope stratega, viene definito Patriota dalla Meloni, che nel settembre 2017 gli ha dedicato a Roma nord una festa, alla quale ha partecipato il fior fiore della destra neofascista. Ma quello che dispiace di più e che a tale festa ha partecipato anche il “democratico” Marco Minniti.
Il capolavoro del fascismo è stato, poi, quello di entrare in guerra senza avere un piano per la conquista di Malta. Questo errore colossale è costato al popolo italiano decine e decine di migliaia di morti, in quanto le navi Italiane venivano sistematicamente silurate dagli inglesi.
In questo quadro di totale impreparazione, non può e non deve sorprendere il fatto che l’Italia, già nel 1940 è stata sconfitta in Africa, in Grecia e nel Mediterraneo.
Degna di nota è la circostanza che a scuola, in qualche modo si studia la sconfitta di Caporetto, mentre nessuno ricorda che il maresciallo Graziani, tra il 1940 e il 1941, in pochi mesi, si è fatto annientare dagli inglesi un’armata di circa 210.000 uomini. A questo personaggio è stato dedicato negli anni scorsi un Mausoleo ad Affile (Roma). Graziani, ministro della guerra della repubblica fantoccio di Salò, fucilatore di Partigiani, è stato nel dopoguerra abbracciato dal giovane Giulio Andreotti ad Arcinazzo (Roma), a riprova che l’antifascismo era ormai finito.
Il 10 giugno invitiamo gli antifascisti a riflettere sull’entrata in guerra dell’Italia accanto ai nazisti, voluta da Mussolini e dalla borghesia che lo sosteneva.
Noi per quanto ci riguarda diciamo che l’Italia ha bisogno di PACE, PACE e ancora PACE, quella per la quale hanno lottato e perso la vita decine di migliaia di Partigiani.
24 giugno 2020