Scavalca il commissario alla sanità, usa bastone e carota coi dissidenti, si sposta verso la Lega
Regione Molise: Toma senza limiti va verso il baratro per difendere la sanità privata e umiliare la popolazione
Battuto in consiglio regionale sulla vicenda Covid, cerca di mantenere il suo potere muovendosi sul filo della legalità
Dal corrispondente dal Molise
Non accennano a scemare la megalomania e la voglia di accentrare tutto il potere nelle proprie mani del presidente regionale del Molise, sempre meno forzista e sempre più fascioleghista, Donato Toma. Il boss di Palazzo D’Aimmo. Difatti, sta raggiungendo “vette” di inarrivabile audacia e spregiudicatezza, tramite losche manovre di basso livello.
Il 15 giugno, a seguito delle pressioni del governo nazionale che chiedono alla regione Molise di indicare, entro il 17 giugno, quale ospedale adibire a centro Covid (siamo l’unico territorio in tutta Italia ad avere ospedali misti!), nel consiglio monotematico va in scena una clamorosa rottura. Il ras vuole adibire a tal riguardo una parte dell’ospedale Cardarelli di Campobasso, nonostante le ripetute proteste del personale medico. M5S, PD e alcuni consiglieri della maggioranza votano per il Vietri di Larino (provincia Campobasso).
Il re è battuto, non solo nei voti (11 pro Vietri, 8 astenuti, 2 contrari) ma anche sul piano umano: cominciano a volare parole grosse fra l’asse “moderato” del “centro-destra” e l’asse più reazionario: Di Lucente, dei Popolari, afferma che “lei si è chiuso in una torre d’avorio, non è essere leader ma avere paura della propria squadra”. Ed è da qui che partono pennellate d’alta politica che cercheremo di sintetizzare.
Salvini era già venuto in Molise qualche giorno prima e aveva preteso più spazio per i suoi uomini in giunta. Il “moderato” Micone vede la sua poltrona di presidenza del consiglio sempre più a rischio, l’ex presidente della regione Iorio, FI, è ai ferri corti col suo erede. Tutto lascia presagire una caduta del “gigante”.
Ma Toma non molla: lavora dietro le quinte con la Lega (prossima candidatura in parlamento col Carroccio?) per far rientrare nella Lega (e in maggioranza come sua sostenitrice) la Calenda, richiama all’ordine i dissidenti di vario orientamento che, stringi stringi, avevano fatto tanta scena solo per rifarsi una verginità agli occhi dei molisani che da settimane chiedevano a gran voce Larino come centro Covid. Il peso dei 12.000 euro mensili di paga e la possibile crisi pare rientrata, anche se a giorni le opposizioni chiederanno la sfiducia del governatore. Tutto finito? Macché, una porcata tira l’altra!
A seguito della decisione pro Larino, il commissario straordinario alla sanità, Giustini, pressa subito i dirigenti Asrem per varare un piano da presentare, entro il 17 giugno, a Roma, con meno di 48 ore di tempo a disposizione! I vertici, fedeli soldatini del ras, fanno i capricci: “non collaboriamo!”. Allora Giustini si rivolge a un dirigente di secondo livello, Giorgetta, che accetta l’incarico: ma figuriamoci, il Dg dell’Asrem Florenzano (come detto, uomo di Toma), lo avrebbe minacciato di provvedimenti disciplinari e tutto si blocca. Il commissario è costretto a far tutto da sé e invia a Roma un suo progetto ma a poche ore dalla scadenza fissata dal ministero, oplà, appare per “magia” un secondo progetto firmato Toma che rilancia per il plesso del capoluogo! Cose da pazzi!
Ma cosa c’è dietro questi giochetti? Soldi e potere, si capisce: Toma ha tutto l’interesse a non far ripartire il Vietri, ospedale oramai prossimo alla chiusura totale e che, se adibito a centro Covid con fondi del governo nazionale, potrebbe poi rompere le scatole al vero padrone del Molise, l’eurodeputato Aldo Patriciello (FI pure lui) che con il suo Istituto Neuromed intasca vagonate di soldi dalla regione che gli ha fatto aprire tanti reparti nella sua clinica privata chiudendoli nel pubblico!
Insomma, ostruzionismo politico per i “nobili” fini dei guadagni e del potere privato! Il tutto, calpestando il diritto alla salute delle masse popolari, confermando la volontà di privatizzare quanto più possibile la sanità regionale e umiliando persino la stessa democrazia borghese: “me ne frego del consiglio, eia eia eia alalà!” avrà pensato il governatore.
Specifichiamo che per legge il riordino della rete ospedaliera spetta al consiglio regionale; Toma, con la scusa che il piano Giustini sarebbe illegale poiché non sottoposto al vaglio della commissione consiliare, avrebbe provveduto di persona a presentare il da farsi al ministero. Se non è abuso d’ufficio questo!
Toma, per chiudere, è in corteggiamento con la Lega, e spera di far sbattere Giustini (non che abbia fatto tanto quest’ultimo) fuori dal Molise per farsi padre padrone di tutto, si muove ben oltre i limiti della decenza borghese, corre come una locomotiva impazzita su un binario che termina su un burrone: “disgraziatamente”, le carrozze al seguito sono occupate da 305.000 molisani!
Nell’attesa che il Tribunale civile si esprime sul ricorso avverso la cancellazione della surroga a legislazione in corso, che potrebbe portare ad elezioni anticipate, possono le masse popolari restare inermi dinanzi a tali criminali vigliaccate (per non parlare dei tanti altri problemi come disoccupazione, spopolamento, trasporti e infrastrutture al collasso, ecc)? Non sarebbe l’ora di occupare il palazzo regionale? Occorre comprendere che bisogna lottare non solo contro la privatizzazione della sanità ma anche sottrarla dalle grinfie dei “tecnici”, degli “esperti” borghesi e metterla sotto la diretta gestione del popolo?
Mandiamo a casa questi borghesi, incompetenti, dittatoriali e clientelari servi del privato, del profitto, del capitalismo: fuori i fascioleghisti dal Molise e dall’Italia!
24 giugno 2020