A Borgo Mezzanone (Foggia)
Bracciante senegalese morto carbonizzato in una baracca
Mohamed Bel Ali è la quarta vittima dei roghi nel ghetto pugliese nell'ultimo anno e mezzo
Il governatore Emiliano incapace di dare un'abitazione ai nuovi schiavi del capitalismo
Ennesima morte in una delle baraccopoli disseminate nelle campagne italiane dove alloggiano migliaia di migranti extracomunitari impiegati in agricoltura. In tutto il Paese buona parte della manodopera utilizzata nella filiera agroalimentare, specialmente nei campi, è costituita da lavoratori stranieri. Il loro sfruttamento assume quasi sempre il carattere della schiavitù a cui si devono aggiungere le misere condizioni abitative in cui sono costretti a vivere.
Casolari abbandonati quando va bene oppure, specie nel nostro Sud, veri e propri ghetti
che richiamano alla mente le poverissime periferie delle città africane o sudamericane. È in una di queste baracche che è morto Mohamed Bel Alì, 37 anni, bracciante originario del Senegal che lavorava nei campi della Capitanata, in provincia di Foggia. E stato trovato carbonizzato, probabilmente dalle fiamme partite da una candela. La sua “abitazione” si trovava ai margini dell'insediamento di Borgo Mezzanone. Qui vivono in pessime condizioni igienico-sanitarie quasi 2mila persone, in larga parte provenienti dall'Africa sub-sahariana e dal Shael.
Non è la priva volta che scoppiano incendi in questa baraccopoli. Il 4 febbraio scorso una donna nigeriana era morta dilaniata dallo scoppio di una bombola del gas. Nel 2019 era morto un altro giovane per le conseguenze di un rogo scaturito da un cortocircuito di un attacco elettrico di fortuna. Nel 2018 in un incendio di grandi dimensioni che distrusse una trentina di baracche trovò la morte un altro giovane bracciante africano. In un anno e mezzo sono deceduti 4 migranti.
Alcuni si sfogano davanti alle telecamere dei giornalisti: "Se continuiamo a vivere in queste condizioni moriranno altri noi. Siamo persone e non animali. Non possiamo più vivere cosi. Vogliamo una casa, dignitosa come tutti gli essere umani”. A Roma Aboubakar Soumahoro, sindacalista Usb da sempre in prima linea per i diritti dei migranti, si è incatenato davanti a Villa Pamphili, a pochi passi dove si stavano svolgendo gli stati generali dell’economia: “abbiamo dovuto raccogliere i resti di un bracciante morto come un cane, adesso basta”. Una protesta per portare il tema dei miranti, ma soprattutto della condizione in cui sono costretti a vivere e lavorare nelle campagne italiane.
Emblematica la situazione di questo agglomerato che nei periodi di raccolta del pomodoro contiene più di 4mila persone. Sperduto in mezzo alle campagne foggiane, tra Manfredonia e il capoluogo provinciale si trova dove una volta c'era una pista dell'Aeronautica Militare, accanto al CARA (Centro Accoglienza Richiedenti Asilo) adesso in via di smantellamento. Con o senza questi veri e propri lager, che si chiamino CIE, SPRAR o CARA, il destino dei migranti è fare gli schiavi nei campi raccogliendo frutta e verdura e dormire in “alloggi” senza un regolare allacciamento di luce, acque, gas, e dove per illuminare, scaldare e cucinare vengono usati mezzi di fortuna che spesso causano incendi.
Una vera e propria emergenza quella degli insediamenti dei migranti della provincia di Foggia. Oltre a quello di Borgo Mezzanone c'è il “Gran Ghetto” che sorge nelle campagne di Rignano Garganico a pochi metri dal nucleo originario, che fu sgomberato nel marzo del 2017 dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari con le ipotesi accusatoria di presunte infiltrazioni criminali nella gestione del caporalato nel campo. Anche qui tre anni fa morirono in un rogo due braccianti del Mali.
La regione Puglia, amministrata da una giunta di “centro-sinistra” guidata dal governatore PD Emiliano gestisce l'afflusso dei lavoratori stranieri come se l'immigrazione fosse un reato, esattamente allo stesso modo di Salvini e della Lega. Dopo aver sgomberato il “Gran Ghetto” lo scorso anno ha avviato insieme alla prefettura di Foggia un capillare abbattimento delle baracche di Borgo Mezzanone. Ciò nonostante, i due insediamenti sono tornati in poco tempo a ripopolarsi, la stessa cosa è avvenuta nelle baraccopoli e nei casolari pericolanti sgomberati in tutta la regione: a Cerignola e Orta Nova sempre in provincia di Foggia, a Nardò (Lecce), a Turi (Bari).
La Puglia è governata ininterrottamente dal 2005 dalla “sinistra” borghese. Ma nonostante le belle parole né i due mandati del trotzkista neoliberale Nichi Vendola né quello di Emiliano sono bastati per cambiare il triste destino di migliaia di migranti che portano avanti il lavoro di raccolta nei campi. Demolire e abbattere, come dimostrato più volte nel recente passato, non serve a nulla se non si provvede a dare a questi braccianti una degna sistemazione abitativa. L'unico risultato è spostare da un'altra parte questi nuovi schiavi del capitalismo sfruttati dai caporali e da aziende agricole locali.
24 giugno 2020