Conferenza Cina-Ue
Xi cerca di stringere l'imperialismo europeo al socialimperialismo cinese
Nei documenti preparatori del penultimo vertice UE-Cina di Bruxelles del 9 aprile dello scorso anno la Commissione europea avvisava che le due parti erano impegnate nella costruzione di “un partenariato strategico globale” ma in considerazione del potere economico e dell'influenza politica sempre maggiori della Cina le relazioni economiche dovevano essere costruite sulla base di una concorrenza leale e con pari opportunità di accesso sui rispettivi mercati nel campo del commercio e degli investimenti. “L'UE e la Cina sono partner economici strategici ma anche concorrenti” sottolineava la passata Commissione allora presieduta dal lussemburghese Claude Junker e indicava che la UE doveva trovare un “equilibrio di interessi” con un “concorrente economico che ambisce alla leadership tecnologica e un rivale sistemico”. A giudicare dallo stato delle relazioni tra le due parti, registrato nel 22° vertice bilaterale tenuto in videoconferenza il 22 giugno scorso, ci sono stati “progressi limitati” nell'attuazione degli impegni presi lo scorso anno per rendere il mercato cinese parimenti aperto all'Europa come quello della Ue è per le multinazionali del paese asiatico; affinché “le nostre relazioni si sviluppino ulteriormente, devono diventare più basate sulle regole rispettate reciprocamente al fine di raggiungere condizioni di parità reali”, ripeteva la Commissione Ue. Insomma, i capitalisti europei non vogliono rinunciare ai vantaggi commerciali dei rapporti con la Cina ma la Ue non riesce unitariamente a contenere la forte spinta espansiva impressa da Pechino ai suoi affari che viaggiano lungo la nuova Via della Seta, affari definiti a ruota libera con i singoli paesi fintanto che l'imperialismo americano con Trump non ha fatto sentire il suo peso politico con gli alleati e li ha costretti a una frenata, se non a fare marcia indietro sull'ingresso cinese nel campo delle strategiche nuove tecnologie del 5G. Il comunicato stampa del 22 giugno rilasciato da Bruxelles sintetizzava l'andamento del vertice UE-Cina col titolo: “Difesa degli interessi e dei valori dell'UE in un partenariato complesso e vitale”. Per dare un segnale di affidabilità alla Casa Bianca ma che intanto non ha certo respinto il progetto del presidente cinese Xi Jinping che cerca di stringere l'imperialismo europeo al socialimperialismo cinese.
La delegazione Ue era guidata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, quella cinese dal primo ministro Li Keqiang ma ai lavori è voluto intervenire in diretta anche il presidente Xi.
Il presidente Michel auspicava lo sviluppo di un lavoro comune “su sfide globali come l'azione per il clima, il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile o il trattamento con COVID-19”; analogamente la presidente von der Leyen dichiarava che “la pandemia di COVID e una serie di importanti sfide bilaterali e multilaterali mostrano chiaramente che il partenariato UE-Cina è cruciale”. In risposta alla pandemia di COVID-19, l'UE sottolineava “la responsabilità condivisa di partecipare agli sforzi globali per fermare la diffusione del virus, potenziare la ricerca su trattamenti e vaccini e sostenere una ripresa globale verde e inclusiva”. Oramai è finita nel dimenticatoio la vicenda dello scorso aprile quando un passaggio contenuto in una bozza di documento sulla disinformazione della Commissione che denunciava come “la Cina continua a condurre una campagna di disinformazione globale per sviare le accuse legate allo scoppio della pandemia e migliorare la sua immagine internazionale”, fosse modificato nella versione finale per essere meno indigesto a Pechino. Solo una normale rielaborazione di una bozza di documento, spiegavano a Bruxelles; a causa delle pressioni diplomatiche cinesi, riportava il New York Times che aveva rivelato la censura.
Fra gli argomenti discussi nel vertice il resoconto della Commissione mette in evidenza l'impegno della Cina che l'accordo di tregua del gennaio scorso nella guerra commerciale Cina-USA per l'avvio di una fase negoziale, la “fase 1”, sarà attuato in piena compatibilità con gli obblighi dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e senza discriminazioni nei confronti degli operatori europei. Se il negoziato Usa-Cina, che stando alle sparate di ritorsione di Trump verso la rivale cinese sembra in bilico un giorno sì e un altro pure, andrà avanti fino a produrre risultati la Ue si assicura di non avere conseguenze negative per i suoi affari.
Due parole, tanto per evitare una tirata d'orecchie da parte di Washington, per esprimere ancora una volta “le sue gravi preoccupazioni per le misure adottate dalla Cina per imporre la legislazione sulla sicurezza nazionale da Pechino” nella brutale repressione della protesa popolare a Hong Kong; un invito a lavorare assieme su una serie di questioni regionali, dal tema del nucleare iraniano, all'Afghanistan alla situazione nella penisola coreana e un arrivederci al prossimo vertice chiudevano l'incontro del 22 giugno.
Dal resoconto fatto dall'agenzia cinese Xinhua risulta che il presidente Xi Jinping nel suo intervento alla conferenza ha definito la Cina “un partner, non un avversario” della parte europea, ha assicurato che “la Cina vuole la pace piuttosto che l'egemonia” e ha invitato l'Europa a collaborare alla guida multilaterale del globo come se non stesse cercando di far fuori la prima concorrente imperialista, gli Usa.
Dall'altra parte la Casa Bianca preme sulla Ue affinché si unisca senza tentennamenti alle posizioni americane e respinga anzitutto i tentativi di Pechino di mettere un cuneo tra gli Stati Uniti e l'Europa, di dividerli, spiegava ancora una volta il segretario di Stato americano Mike Pompeo nel suo intervento in videoconferenza il 19 giugno al vertice sulla democrazia di Copenaghen sul tema “Europa e la fida della Cina”, presieduto dal danese Anders Fogh Rasmussen ex segretario generale della NATO dal 2009 al 2014. Incitava i governi europei a togliere il paraocchi d'oro dei legami economici che impedisce di vedere che la sfida della Cina non è più solo alle porte ma già dentro casa, dagli affari condotti attraverso la multinazionale statale Huawei al palese attacco alla sovranità nazionale con l'acquisto di porti e infrastrutture importanti dal Pireo a Valencia. Potremmo ribaltare le situazioni e ripetere la stessa accusa verso le multinazionali Usa e le basi militari Usa e Nato in Europa, ma per Pompeo il “nemico” è in Asia e avvertiva che “ogni investimento di un'impresa statale cinese dovrebbe essere considerato con sospetto”. Nello scontro Usa-Cina l'imperialismo europeo cerca di non trovarsi schiacciato tra i due colossi e anzi di trovare uno spazio per i propri interessi, i popoli europei al contrario non avranno vantaggi qualunque sia il vincitore.
1 luglio 2020