Per un servizio nazionale pubblico, gratuito e universale
Sciopero di tutti i lavoratori della sanità
Presidio Usb sotto le finestre di Montecitorio
Lo sciopero nazionale unitario della sanità pubblica, privata e del Terzo Settore indetto dall'Unione sindacale di base (Usb) il 2 luglio ha riscosso un grande successo.
Centinaia di medici, infermieri e personale sanitario giunti in delegazione a Roma da tutte le regioni d'Italia hanno dato vita sotto le finestre di Montecitorio a un combattivo presidio di protesta per chiedere, come annunciato dalla Usb nel documento di proclamazione dello sciopero: “la fine della regionalizzazione della sanità, assunzioni e stabilizzazioni di personale, drastica riduzione - fino all'azzeramento - delle quote di sanità privata, necessità di ricondurre sotto l'alveo pubblico l'intero sistema e reinternalizzazione di servizi e personale in appalto, un contratto nazionale unico, e pubblico, per tutto il personale del 'Comparto della Salute' che deve comprendere il personale delle strutture sanitarie e socio assistenziali e, più in generale, tutte le lavoratrici e i lavoratori che lavorano a tutela della nostra salute”.
Insomma un sistema sanitario pubblico, gratuito e universale che deve avere al centro del proprio interesse la salute delle masse popolari e non il profitto degli imprenditori in camice bianco.
Per questa ragione la Usb chiede anche l'abolizione delle modifiche al titolo V della Costituzione (legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001) elaborate dalla terza Commissione bicamerale per le riforme istituzionali presieduta dal rinnegato Massimo D'Alema che hanno di fatto trasformato l'Italia in una Repubblica federale minandone il carattere unitario e dato il libera anche alla regionalizzazione della sanità e dell'obbligo del pareggio di bilancio.
Una misura che ha reso sempre più difficile l'accesso alla cure sanitarie per milioni di famiglie di estrazione popolare costrette per difficoltà economiche a rinunciare perfino alle medicine.
“Uno sciopero necessario” denuncia ancora la Usb: “che arriva in un momento storico particolare quando, nella fase calante dell'epidemia che ha martoriato il paese con 34000 morti, i segnali che giungono dal governo e dalle regioni dicono chiaramente che non c'è nessuna intenzione di mettere mano al sistema sanitario del paese i cui pesanti limiti sono apparsi in modo netto nel corso dell’emergenza Covid-19. Malgrado sia molto chiaro che il virus non è stato l’unico killer durante la pandemia ma ha avuto complici e complicità evidenti nei politici e nelle scelte che hanno contraddistinto le politiche sanitarie dell’ultimo ventennio”.
Ciononostante, rileva ancora la Usb: “non si registra la volontà di ripristinare i finanziamenti per la sanità pubblica (-37 miliardi negli ultimi 10 anni), né di recuperare i posti letto tagliati (-137 mila dal 1996), ma neppure di assumere in modo stabile una parte delle 50.000 unità di personale tagliate negli ultimi 11 anni, 12.000 dei quali sono infermieri. Un silenzio di piombo anche sulla necessità di ridare vita ai servizi territoriali, la cui drastica riduzione, a partire da quelli di prevenzione, sono tra le maggiori cause di morte da Covid-19, soprattutto in alcune regioni, tra le quali la Lombardia che meglio di tutte rappresenta quel modello fatto di privatizzazioni e trasferimento di risorse dal pubblico al privato, tagliando servizi vitali ma “improduttivi” (come quelli di prevenzione, ad esempio) nella logica che la sanità deve produrre profitto e non salute”.
Questo governo, denuncia ancora la Usb, non ha nessuna intenzione “di porre fine al pasticcio della regionalizzazione della sanità, uno spezzatino di ben venti sistemi sanitari diversi che ha fatto in modo che le sorti e la vita dei cittadini dipendessero dalle scelte di presidenti ed assessori regionali che spesso si sono dimostrati perfetti incompetenti.... la sanità privata ha mantenuto intatto tutto il suo potenziale, in mano ad imprenditori della malattia che realizzano profitti pari al 10/15% degli introiti complessivi, costituiti dalle quote trasferite dalle regioni (stimate in più di 40 miliardi all’anno!); è un dato che non ha eguali in Europa, e che è possibile grazie alle politiche complici delle amministrazioni regionali, contrassegnate da malaffare e corruzione diffusi”.
Un sistema sanitario capitalista al servizio dei soli ricchi che se lo possono permettere e che garantisce ai pescecani in camice bianco di realizzare gran parte dei loro giganteschi profitti speculando sulla salute delle masse popolari e sulla pelle dei lavoratori supersfruttati, con turni massacranti, precari e con stipendi da fame come conferma la vertenza del recente rinnovo contrattuale dei lavoratori della sanità privata che, dopo ben tredici anni, avranno 1 euro al giorno di indennità per il mese di aprile e pagati al 50% dalle Regioni.
“È l'ennesimo regalo della politica a questi rapaci i(m)prenditori – denuncia ancora la Usb - malgrado i loro immensi profitti vengano gestiti da società che hanno sede in paradisi fiscali, soprattutto in Olanda. Evidente è la complicità di Cgil, Cisl e Uil che di questo sistema sono parte determinate, una sorta di notaio cieco che funziona da certificatore di accordi a perdere”.
Affari sporchissimi che investono anche il mondo delle Cooperative Sociali e più in generale del Terzo Settore dove lo sfruttamento e il lavoro nero la fanno da padrone attraverso un sistema degli appalti molto spesso in mano alla mafia che vive in stretta simbiosi con lo Stato e gli amministratori pubblici locali come testimonia il cosiddetto “modello Lombardia” il cui fallimento è certificato dalle condanne di Formigoni, Mantovani e Rizzo, tre amministratori pubblici finiti in galera proprio per i loschi rapporti nella gestione del sistema sanitario regionale. Per non parlare della recente nomina di Roberto Maroni, ex ministro dell’interno ed ex governatore della Lombardia, nel Consiglio di Amministrazione degli Istituti clinici Zucchi, una delle strutture sanitarie del gruppo San Donato di Paolo Rotelli, il primo gruppo italiano della sanità privata, presieduto da Angelino Alfano, altro ex ministro dell’interno, e anche lui fresco di nomina.
8 luglio 2020