La destra fascista vota col governo
Il Senato proroga le missioni militari dell'imperialismo italiano
Rifinanziata la guardia costiera libica, torturatrice di migranti e in combutta coi trafficanti
Approvate 5 nuove missioni in Europa, Asia e Africa

 
L'iter parlamentare dell'approvazione dei decreti governativi relativi alla prosecuzione delle missioni militari e all'avvio di nuove missioni per il 2020, adottati lo scorso 21 maggio dal Consiglio dei ministri, ha superato il 7 luglio quello che sembrava essere lo scoglio principale, il giudizio del Senato, dato per scontato il successivo passaggio alla Camera dove il governo gode di larga maggioranza. Nell'aula di Palazzo Madama l'unica difficoltà per l'esecutivo di Giuseppe Conte è venuta da un piccolo gruppo di senatori Pd, Leu ed ex M5S che contestavano il rifinanziamento della collaborazione tra Italia e Libia definito nel famigerato Memorandum Gentiloni-Minniti firmato il 2 febbraio 2017 a Roma col presidente libico al Serraj. La presentazione e approvazione di un ordine del giorno da parte dei 18 senatori di Italia Viva, che promette per l'ennesima volta una modifica delle scandalose misure a favore della criminale guardia costiera libica, ha disinnescato la mina del loro voto contrario, e ha permesso il via libera del Senato. Il decreto del governo ha ricevuto anche i voti della destra fascista ed è passato con una maggioranza schiacciante, compresa la parte riguardante la Libia, con 260 sì, 142 della maggioranza e 118 delle opposizioni contro 14 no e 2 astenuti.
Quando sono in ballo gli interessi dell'imperialismo italiano i vari capifazione dei partiti borghesi, che si accapigliano su ogni minima questione e quando non hanno un motivo per alimentare la polemica se lo inventano, si trovano compatti a sventolare il tricolore e spacciano un intervento militare in prima fila per “combattere il terrorismo” come una necessaria difesa degli interessi nazionali, financo quando l'area di interesse si trovi molto lontana dai confini nazionali.
La “Deliberazione del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione dell’Italia a ulteriori missioni internazionali” e la “Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso, anche al fine della relativa proroga” sono i due atti che nel bilancio annuale dettagliano le operazioni militari e le relative coperture finanziarie secondo la “legge-quadro sulle missioni internazionali”, la numero 145 del 2016. Per il 2020 le variazioni riguardano l'avvio di 5 nuove missioni e la fine di due. In totale sono 41 missioni, anche se sono 17 quelle con un numero significativo di uomini e mezzi, che impiegano mediamente circa 6.500 militari e fino a un massimo di 8.600. La spesa a carico del bilancio per il 2020 è di 1.161,3 milioni di euro, con un aumento di circa 30 milioni di euro sul 2019. A questi fondi si sommano altri 210 milioni di euro che nel bilancio della Difesa spuntano da altre voci quali “esigenze comuni a più teatri operativi”, “attività di cooperazione civile-militare” e per il contributo annuale per il “finanziamento delle forze di sicurezza e di difesa afghane”.
Per le nuove missioni sono destinati quasi 50 milioni di euro, 35,5 per il 2020 e 12 per il 2021. Il governo Conte è impegnato a bussare cassa nella Ue per avere contributi o prestiti per tappare le falle economiche e finanziarie della crisi sanitaria e economica scatenata dal coronovirus, tutto a vantaggio dei padroni mentre per molti lavoratori non è arrivato neanche il promesso contributo della cassa integrazione. Ma quando si tratta di oliare la macchina militare, l'imperialismo italiano non bada a spese, le aumenta per le missioni in corso e per le nuove col voto unanime dei partiti borghesi perché lo strumento militare gli garantisce la presenza in aree ricche di materie prime e la posibilità di contendene i controllo ai pesi imperialisti alleati ma concorrenti. Come spiegano i documenti approvati in Senato, “in relazione alla partecipazione italiana alle missioni internazionali nel 2020, il Governo, nel sottolineare la complessità dello scenario internazionale, con particolare riferimento all'area del Mediterraneo allargato, conferma il proprio impegno secondo due direttrici principali – euro mediterranea ed euro atlantica –, corrispondenti ai contesti geostrategici di primario interesse nazionale”. Di primario interesse per l'imperialismo italiano.
Le 41 missioni militari italiane sono distribuite tra le 12 per conto della UE, 9 con la Nato e 7 Onu; sono 13, il numero maggiore, quelle nelle coalizioni internazionali o sulla base di accordi bilaterali che tra l'altro coinvolgono il maggior numero dei militari impegnati, un segnale di come l'imperialismo italiano abbia sviluppato nel tempo ambizioni e operazioni militari per conto proprio.
Nel 2020 il governo ha posto fine a due missioni, una è la “Temporary International Presence in Hebron” (TIPH2) in Cisgiordania, attivata solo per i primi tre mesi del 2019 perché il governo di Tel Aviv non ha voluto rinnovarla e l'esecutivo di Roma non ha certo nessuna intenzione di disturbare i piani degli occupanti sionisti in Palestina; l'altra è il dispositivo “Nato Support to Turkey” che prevedeva lo schieramento di una batteria antiaerea a difesa dei confini sud-orientali dell’Alleanza militare imperialista in Turchia dopo l'abbattimento di un caccia turco da parte della Siria nel 2012. Una missione superata dagli eventi, ora è la Turchia che ha occupato parte della Siria d'intesa con la Russia.
Delle 5 nuove missioni che partono nel 2020, due sono quasi simboliche: la “European Union Advisory Mission” o EUAM è una missione consultiva a sostegno della riforma del settore della sicurezza civile in Iraq e seppur coinvolga appena 2 militari rimarca che l'imperialismo italiano in Iraq è ben presente e non perde occasione per allargare la sua presenza; la seconda è l’iniziativa Nato chiamata “Implementation of the Enhancement of the Framework for the South”, interessa l'impiego di 6 militare per attività di formazione e consulenza a paesi partner situati lungo il Fianco Sud dell'Alleanza che ne facciano richiesta.
Di ben altro “spessore” invece le altre. Dalla “European Union Military Operation in the Mediterranean – EUNAVFOR MED Irini”, cioè la forza navale UE che ha preso il posto della missione Sophia” col compito di far rispettare l’embargo sulle armi imposto alla Libia. Che arivano via terra dall'Egitto e via mare con le navi turche sotto gli occhi della forza il cui comando dell’ammiraglio Fabio Agostini ha sede a Roma. Gli altri due nuovi impegni riguardano l'Africa, e sono la Task Force Takuba per la regione del Sahel, una forza multinazionale a guidafrancese di cui ci occupiamo in un articolo a parte, e la missione nazionale per ora di 4 mesi che vedrà impegnate due navi militari nel Golfo di Guinea, una presenza che in futuro sarà continuativa per garantire la sicurezza contro le attività di pirateria di organizzazioni criminali che potrebbero mettere in pericolo le attività estrattive dell‘ENI, attività che rivestono un’importanza crescente per l'Italia e che il documento governativo definisce “interessi strategici nazionali nell'area”.
Tra le possibili nuove missioni non è presente quella ventilata per conto dell'imperialismo europeo e a guida francese per il controllo della navigazione nello Stretto di Hormuz, l'uscita del traffico mercantile del Golfo Persico; una missione che a fronte dei ripetuti attacchi dell'imperialismo americano alla Repubblica islamica dell'Iran che rischiano di incendiare la regione e no solo sarebbe come andarsi a mettere a sedere su un barile di polvere da sparo durante un incendio. L'imperialismo italiano non sembra pronto, una volta annunciata in parlamento non è stata inserita nel piano approvato ma non è stata cancellata del tutto e potrebbe essere avviata nel 2021.
Delle precedenti missioni in Africa sono confermate anzitutto quelle in Libia, compreso il rifinanziamento dell’ospedale da campo dell’Esercito a Misurata e dell’assistenza alla Guardia Costiera locale, torturatrice di migranti e in combutta coi trafficanti “un conglomerato di milizie che gestisce il flusso di migranti ed è responsabile di gravi violazioni dei diritti umane” cui “l’Italia delega il lavoro sporco dei respingimenti” avevano ricordato in Senato De Falco, ex M5S ora gruppo misto, e il Pd Verducci, tra i 14 contrari.
Militari italiani, a volte poche unità, sono presenti in molti paesi africani, dalla Tunisia all'Egitto alla Repubblica Centrafricana, al Mali; sono quasi 300 quelli in “Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger”, cui si aggiungeranno quelli dell'operazione Takuba, e altrettanti si trovano tra Somalia e Gibuti, nel Corno d'Africa. In Europa e nel Mediterraneo sono confermate le missioni Nato “Joint Enterprise” in Kosovo, con oltre 600 militari, una serie di missioni con mezzi navali nel Mediterraneo centrale e i 200 soldati schierati in Lettonia.
Le missioni numericamente più consistenti sono quelle in Asia, con 800 militari impegnati in quella della Nato “Resolute Support Mission” (RSM) in Afganistan, gli oltre mille schierati in Libano nella missione Onu “United Nations Interim Force in Lebanon” (UNIFIL) e gli almeno 1.100 militari schierati nella “Operation Inherent Resolve” della coalizione internazionale contro lo Stato islamico in Iraq e Kuwait. La partecipazione all'occupazioine dell'Iraq è oltre che la più numerosa anche la più costosa con 263 milioni di euro. Col ritiro dall'Iraq e il risparmio conseguente non ci sarebbe solo un doveroso atto politico ma tali preziose risorse potrebbero essere destinate a sostenere le urgenti necessità delle masse popolari invece di continuare ad alimentare gli appetiti espansionisti e guerrafondai dell'imperialismo italiano che il governo Conte asseconda e incoraggia.

15 luglio 2020