Proclamato da Fiom, Fim e Uilm
Sciopero nazionale di 8 ore dei lavoratori Whirlpool contro la chiusura dello stabilimento napoletano
“Rispetto degli accordi del 2018 e contrarietà al progetto voluto dal governo Conte e dall’azienda”
Redazione di Napoli
Non si ferma la protesta degli operai Whirlpool che da Varese a Napoli, da Cassinetta di Rizzone (Varese) a Carinaro (Caserta) venerdì 17 luglio sono scesi in piazza aderendo alla sciopero nazionale di 8 ore proclamato da Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil con cortei e iniziative locali per dire no alla chiusura dello storico stabilimento napoletano.
Uno stato di agitazione che a Napoli era ormai diventato quotidiano con assemblee generali, incontri e presidi sotto le istituzioni locali, sit-in di protesta che spesso sfociavano nel blocco stradale da parte dei lavoratori metalmeccanici. Le ragioni della protesta sono tutte ben sintetizzate nel comunicato sindacale che smaschera le “buone intenzioni” del dittatore Conte e dei suoi lacchè al governo, cominciando dal ducetto Di Maio che aveva cianciato diverso tempo fa, ancora ministro del Lavoro, che avrebbe risolto senza indugi il “tavolo Whirlpool”.
Invece le tre sigle sindacali parlano chiaramente di “fortissima contrarietà verso le posizioni assunte da Whirlpool e dal Ministero dello Sviluppo economico, ancora una volta finalizzate a propinare una generica reindustrializzazione per assecondare la chiusura dello stabilimento di Napoli e il disimpegno dall’Italia”. Oltre al ritiro della decisione di chiusura dello stabilimento napoletano, ai vertici aziendali il sindacato chiede a una sola voce un chiarimento sul piano industriale che abbraccia tutti gli stabilimenti del gruppo, scongiurando possibili esiti avversi anche sul sito di Carinaro; si chiede, in ultimo, alla direzione di cessare le operazioni di delocalizzazione delle funzioni di staff.
La soluzione dell’esecutivo Conte sarebbe quello di utilizzare l’arma degli ammortizzatori sociali, né più né meno come i precedenti governi di “centro-destra” e “centro-sinistra”, e mai c’è stata la seria volontà di sbarrare la strada alla chiusura dello stabilimento di via Argine e buttare in mezzo alla strada centinaia di operai. Per Barbara Tipaldi, segretaria Fiom-Cgil, si sta sgretolando tutta la manodopera e il patrimonio di competenze e conoscenze italiano a vantaggio completo delle multinazionali che poi fanno quello che vogliono. “Non siamo d’accordo con la reindustrializzazione, bisogna salvare le diverse aziende metalmeccaniche nei tavoli aperti con il governo, cominciando con la Whirlpool”.
A Napoli le operaie e gli operai Whirlpool si sono dati appuntamento con un presidio davanti alla prefettura: “Vogliamo che sia rispettato l’accordo del 2018 – hanno affermato alcune combattive operaie – le responsabilità più gravi ora sono del governo Conte”.
A Cassinetta, in provincia di Varese, le lavoratrici e i lavoratori dell’azienda hanno incrociato le braccia: bloccata la portineria centrale e le linee di produzione microonde, frigo e forni. L'adesione, secondo i sindacati, è stata del 98%; gli operai hanno deciso di scendere in piazza con blocco del traffico per ore – in particolar modo la strada provinciale -, per rivendicare la giusta e sacrosanta battaglia per impedire la chiusura degli stabilimenti sul territorio. Nello stabilimento di Siena hanno aderito allo sciopero l’80% dei lavoratori, anche questi ultimi a rischio cassa integrazione. Lo sciopero degli operai del sito produttivo di Carinaro, in provincia di Caserta, si è svolto con un corteo di centinaia di lavoratori e un sit-in dinanzi alla prefettura.
Sul piano dello sviluppo e della industrializzazione di Campania e Mezzogiorno, chiaro il messaggio del segretario generale della Cgil partenopea, Walter Schiavella: “l’assenza di politiche industriali, di un intervento deciso del governo, mette a serio rischio un sito produttivo che è di qualità e che può avere un mercato”. Gianluca Ficco (segretario nazionale Uilm) e Antonello Accurso (segretario regionale Uilm) sottolineano: “Nell’ultimo incontro al Mise ci è parso chiaro che il ministro abbia assecondato la posizione aziendale provando a propinarci l’ennesima fantasiosa reindustrializzazione. Gli operai di via Argine sono stati chiamati a lavoro durante l’emergenza Covid, se erano importanti in quella circostanza lo devono essere sempre”.
22 luglio 2020