Nonostante un calo del 3,2%
L’astensionismo resta nettamente il primo “partito” in Campania (48,5%)
Crollo del M5S. Si affermano le liste civiche, non sfonda la Lega di Salvini, stabili FdI e Italia viva, Forza Italia ai minimi storici. Fallimento per Potere al popolo e lista “Terra”
Redazione di Napoli
L’astensionismo è ancora una volta il primo “partito” in Campania con ben 2.422.203 elettrici e elettori che hanno disertato le urne, hanno votato scheda bianca o hanno annullato il voto a fronte di una popolazione campana votante di 4.965.599. Un dato schiacciante che delegittima il governatore in camicia nera Vincenzo De Luca, rieletto al massimo scranno di palazzo S. Lucia travolgendo con le sue liste civiche sia il craxiano Caldoro (“centro-destra”) che la pentastellata Ciarambino.
Nella regione baciata dal sole gli astensionisti hanno sfiorato la metà dell'elettorato (48,5%) anche se si è registrato un calo rispetto alle precedenti regionali del 2015 (-3,2% pari a -142.614 unità). Calo dovuto all’asfissiante e vergognosa campagna elettorale condotta dalle cosche del regime capitalista neofascista, e personalmente dal governatore più decisionista che a colpi di ordinanze fasciste terrorizza il popolo campano, nonché al contemporaneo voto referendario.
L’astensionismo ha retto anche per il crollo verticale del M5S, nonostante l’aumento dei consiglieri pentastellati per un gioco scorretto della normativa elettorale. Avevamo annunciato questo tracollo, basta riprendere le parole impresse nel documento elettorale della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI: “Bisogna sfiduciare con l’astensione anche i pentastellati e la leader Ciarambino che hanno completamente abbandonato la piazza, i gazebo e i Comitati di lotta territoriali per collocarsi stabilmente nel palazzo e nella stanza dei bottoni conducendo una sterile battaglia interna al consiglio regionale che ha prodotti risultati zero in termini di sviluppo della Campania; il loro credito è ormai esaurito e si prepara una severa quanto salutare batosta elettorale”. E appunto di severa batosta si tratta, mancano alla banda del ducetto Di Maio più di un milione e duecentomila voti di voti rispetto alle politiche del 2018 (-1.253.531 voti) e alle europee del 2019 (-505.567) attestandosi su di un misero 9,9% dei voti validi che diventa 4,7% se rapportato al corpo elettorale. Rispetto alle regionali del 2015 la perdita è netta, visto che i pentastellati perdono ben 153.572 voti pari al 3,1%.sul corpo elettorale, e al 7,1% dei voti validi che diventa però disastrosa disfatta se la si confronta con le politiche dove perdono qualcosa come il 39,9% dei voti validi.
Il “centro-sinistra” contiene le perdite ma in qualche caso continua a leccarsi le ferite. È il caso del PD che diventa primo partito di regime in Campania con l’8% sul corpo elettorale, ma perde 45.389 voti e in punti percentuali lascia lo 0,9% rispetto alle regionali e lo 0,7% rispetto alle europee ’19. A tirare la carretta per De Luca è stata la sua personalissima squadra che ha sostenuto il suo narcisismo megalomane costituendo addirittura una lista civica denominata “De Luca presidente” che, oltre ad eleggere diversi consiglieri regionali, ha portato una dote numerica importante con ben 201.968 voti pari ad un 6,3% oltre ai 172.477 voti che ha raccolto personalmente come solo presidente. Le numerose liste civiche costruite in appoggio all’ex neopodestà di Salerno sono state effettivamente il passepartout
decisivo per vincere, non potendo contare neanche sull’appoggio diretto di Renzi, probabilmente per dissapori interni nella scelta dei candidati da mettere più in vista. Non a caso Italia Viva non ha sfondato conseguendo il 3,5%, senza superare il tetto dei 200mila consensi (ossia 173.870).
La casa del fascio ha ottenuto una sonora batosta con la durissima sconfitta di Forza Italia di Berlusconi che si avvicina ai minimi storici in Campania e i voti non vengono nemmeno intercettati dal FdI e Lega, ma spesso confluiscono nelle liste di appoggio a De Luca. FI prende il 2,4% (121.695 voti) arretrando sia rispetto alle regionali (-284.078, con un calo del 5,8% sul corpo elettorale), e perde ben 427.368 voti sulle politiche e 176.559 sulle europee. Non sfonda la Lega di Salvini con appena 133.152 che non presente alle precedenti regionali rimane al palo rispetto alle politiche del 2018 ma perde 286.471 voti (pari a -6%) rispetto alle europee 2019. I fascisti di FdI contengono il disastro ma non aumentano con decisione i voti presi nelle tre competizioni elettorali precedenti, confermando il trend negativo della loro coalizione in Campania.
Fallimentare la partecipazione sia di Potere al Popolo sia della lista ambientalista “Terra”; si sono impegnate al massimo per intercettare i voti della sinistra anticapitalista e dei comunisti orfani dei partiti (PRC, PCI, PC) che nemmeno questa volta sono riusciti a presentare una lista per le regionali. Ma hanno fallito, come da noi previsto bocciando la partecipazione elettorale e le conseguenti illusioni sia di PaP che di Terra: “Ancora intrappolati nella gabbia dell’elettoralismo borghese la lista civica 'Terra' che raccoglie gran parte di Sinistra Italiana, ma anche fuoriusciti dal vecchio PdCI, nonché i mutualisti proudhiani e incalliti elettoralisti di Potere al Popolo”. Queste sirene elettorali riformiste non hanno convinto nemmeno questa volta gli astensionisti più granitici che hanno relegato, con la loro scelta di disertare le urne, annullare la scheda o lasciarla in bianco, queste compagini all'1%.
Compito dei marxisti-leninisti è far prendere coscienza all'elettorato di sinistra che perdurando il capitalismo non è possibile cancellare le classi, le disuguaglianze sociali, territoriali e di sesso, la disoccupazione, la precarietà, le ingiustizie sociali, la miseria, lo sfascio della sanità e le mafie in Campania. Il socialismo e il potere politico del proletariato sono l’unica alternativa al capitalismo e al potere politico della borghesia.
30 settembre 2020