Entrando nell'East Mediterranean GasForum
L'Italia si schiera con il fronte antiturco per tutelare i suoi colossi energetici

 
Dopo due anni di gestazione, si è ufficialmente formato l'East Mediterranean Gas Forum (EMGF), una sorta di OPEC del gas anziché del petrolio, pensata e realizzata principalmente da Italia, Egitto, Israele, Grecia, Cipro e Autorità Nazionale Palestinese, e sostenuto dalla Commissione Europea e dalla Banca Mondiale, con l'obiettivo dichiarato di facilitare la nascita di un mercato del gas regionale nel Mediterraneo orientale, e di “approfondire la collaborazione ed il dialogo strategico tra i Paesi coinvolti”.
A dettare tempi e modalità sono i grandi interessi economici che per i Paesi in gioco sono molto più importanti della collaborazione e del dialogo, tanto è vero che se da un lato la Francia accelera per aderire, dall'altro né il Libano, ma soprattutto la Turchia ne fanno parte; assenze pesanti che mal giustificano una iniziativa per “tentare di superare le tensioni”, come i promotori vorrebbero far credere.
 
L'importanza della regione nel panorama energetico
A testimoniare l'importanza internazionale della questione vi sono anche gli approcci precedenti a quello che ad oggi è l'EMGF, come l’apertura delle trattative con l'Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen per sviluppare un progetto estrattivo sul giacimento di gas denominato Gaza Marine a largo delle sue coste; la stessa ANP che solo 7 mesi fa (nel febbraio 2020) all'indomani della disputa su Gerusalemme aveva dichiarato “l'immediata rottura con tutte le relazioni con Israele e USA”.
Naturalmente anche Cipro, schiacciata dalla rivalità tra Turchia e Grecia, rafforza la sua difesa dalle sempre più insistenti rivendicazioni turche e coglie al volo questa nuova opportunità messa in piedi dal cartello con alla testa i paesi del blocco Atlantico.
La regione è una miniera di gas che ad oggi rappresenta solo l'1% del flusso mondiale ma che risulterebbe avere un potenziale enorme.
Non è poi casuale se la firma dell'accordo quadro sia avvenuta a Il Cairo, poiché proprio l'Egitto punta a recuperare il suo ruolo centrale nella regione, dal momento in cui possiede già due importanti impianti di liquefazione in attività (Idku e Damietta) che potrebbero facilmente ospitare con minori spese il gas estratto dai giacimenti israeliani e ciprioti, come confermerebbe l'annuncio dell'avvio delle esportazioni di gas naturale israeliano alla vigilia del summit, attraverso un contratto di vendita e trasporto di 85,3 miliardi di metri cubi di gas per di 15 anni.
 
Il probabile rilancio di Eastmed
La firma italiana sul EMGF rinnova poi la possibilità di dare il via al gasdotto Eastmed (vedi Il Bolscevico del 24 aprile 2019), una colossale opera ideata e già autorizzata anche dal governo italiano per importare in Europa gas dai giacimenti presenti al largo di Israele e di Cipro, che poi, passando per Creta e per la Grecia, dovrebbe approdare a Otranto, colpendo ancora una volta come per la TAP, le coste salentine.
Sarebbe così realizzato il più grande condotto del mondo con i suoi 2.200 chilometri di lunghezza, fortemente voluto dai paesi dell’Unione Europea per l’approvvigionamento di gas non proveniente dalla Russia, che ad oggi rimane il primo fornitore; va da sé che l'opera servirebbe come il pane per distribuire ai Paesi europei la produzione di gas non russo.
In ultimo, non è difficile capire che tutti i principali firmatari dell'EMGF hanno ottimi rapporti con Washington; la Casa Bianca inoltre sa bene che l'alternativa al gas russo che arriva anche per via turca, sarebbe un importante strumento per sfilare l'Europa dalla dipendenza delle forniture di Mosca.
 
Il fronte anti-turco
Come già detto, una delle questioni che salta agli occhi anche ai meno esperti, è l'assenza dall'EMGF della Turchia del dittatore fascista Erdogan.
Lo scontro greco-turco, oltre che per Cipro ormai pluridecennale nel Mediterraneo, si è allargato e ha coinvolto militarmente, specialmente negli ultimi due anni, anche altri Paesi del bacino; fra gli eventi più importanti ricordiamo il blocco della nave italiana da perforazione della Saipem del febbraio 2018, le stesse perforazioni nel mare a nord di Cipro, e non in ultimo la grande esercitazione navale turca quando, nel maggio 2019, Erdogan ha mostrato i muscoli a chi gli contende il controllo del mediterraneo orientale. Importante in quest'ottica per delineare le varie zone di influenza, è arrivato anche l'accordo col governo fantoccio libico di Al-Serraj che riguarda attività turche di esplorazione e perforazione in acque libiche.
La Turchia, dunque, non vuole rinunciare al ruolo di primo piano delle sue numerose infrastrutture di trasporto del gas come Blue Stream, TANAP ed il South Caucasus Pipeline; al contrario, Ankara addirittura rilancia anche quelle in via di ultimazione come la Southern Gas Corridor e la Turkstream, quest’ultima inaugurata da Erdogan e da Putin, a sottolineare l'asse turco-russa del gas.
Non va dimenticato poi che l’accordo EMGF arriva in un momento di grandi tensioni tra Atene e Ankara, e all'indomani di un altro importante patto fra Grecia e Cipro che hanno forgiato un’alleanza militare con Israele per frenare le suaccennate trivellazioni turche; alleanza che sarà utilissima al fine di costituire e di mantenere assieme all'Egitto e agli altri una “zona economica speciale” che vada dalla Libia fino alla Turchia, in modo da consentire ai Paesi EMGF lo sfruttamento delle risorse marittime in un’area molto vasta.
 
Conte firma per ENI, SNAM e SAIPEM
Inquadrata la questione sul panorama internazionale imperialista, emerge più chiaramente il ruolo dell'Italia. Alla firma dell’accordo quadro che si è realizzata al Cairo, sede anche del quartiere generale della neonata organizzazione, è stata la sottosegretaria allo sviluppo economico, Alessandra Todde, a rappresentare in videoconferenza il governo Conte che infatti, più che “sostenere la cooperazione fra i paesi venditori ed acquirenti con quelli di transito” come una qualsiasi organizzazione umanitaria e come i principali attori vorrebbero far credere, è parte attiva nel difendere e sostenere gli interessi dei colossi italiani dell’energia, ed a questo fine va interpretata la volontà di “valorizzazione delle risorse di gas scoperte in questi anni nel bacino orientale del Mediterraneo”, come detto dalla sua portavoce.
Tutta la sostanza bugiarda e l'opportunismo dell'intervento della Todde possono essere riassunte nella frase che segue: “In una fase di difficoltà dell’economia globale gli investimenti nel settore dell’energia possono contribuire a sospingere la ripresa economica post Covid-19 e a raggiungere gli obiettivi sia del Piano Nazionale Clima ed Energia italiano, sia del Green Deal europeo. Questo Forum può perciò promuovere un modello sostenibile per lo sviluppo della regione Mediterranea”.
È evidente la volontà di mascherare ciò che sta realmente dietro a questa operazione, poiché la firma italiana nient'altro è che l'adesione a uno dei due blocchi contrapposti, impegnati entrambi nella lotta per il controllo e lo sfruttamento del gas.
Il governo Conte abbraccia questo nuovo cartello energetico fossile gradito agli USA per tutelare in particolare gli interessi imperialistici nazionali e i profitti di Snam, Eni e Saipem, tutte e tre partecipanti al gruppo di lavoro internazionale sponsorizzato da Grecia ed Israele, e fra i principali estrattori per l'Egitto stesso che, come abbiamo visto, avrà un ruolo di primo piano nel nuovo assetto geopolitico che emergerà dalle zone di influenza del forum.

7 ottobre 2020