Alle elezioni comunali parziali del 20-21 settembre e al ballottaggio del 4-5 ottobre 2020
Un terzo degli elettori hanno disertato le urne. Al ballottaggio salgono al 49,4%
Record della diserzione in Molise (46,6%), Calabria (38%), Lombardia e Liguria (37,6%). Il “centro-sinistra” si conferma ad Aosta, Trento, Bolzano, Lecco, Mantova, Trani, Reggio Calabria e perde Macerata. La destra si conferma solo a Venezia e Arezzo e perde Chieti, Trani e Matera. Cocente sconfitta della Lega nei comuni simbolo di Legnano e Cascina. Il M5S riesce a strappare un solo comune capoluogo, Matera, grazie ai voti del PD. Sindaci delegittimati. Falcomatà, confermato sindaco di Reggio Calabria, perde per strada il 25% dei suoi voti assoluti
L'alternativa al capitalismo non sta nelle urne ma solo nel socialismo
Parzialmente oscurate dalla concomitanza con le elezioni regionali parziali e il referendum contro il taglio mussoliniano dei parlamentari, il 20 e 21 settembre si sono tenute le elezioni comunali parziali che hanno coinvolto circa 1.000 comuni e 5 milioni e 680 mila elettrici ed elettori. Fra i comuni interessati anche 15 comuni capoluogo, dal Nord al Sud: Aosta, Trento, Bolzano, Lecco, Mantova, Venezia, Arezzo, Fermo, Macerata, Chieti, Andria, Trani, Matera, Crotone, Reggio Calabria.
La stragrande maggioranza dei comuni si trovano nelle regioni a statuto ordinario, ma una parte, per un totale di circa 1 milione di elettori, si trovano anche in regioni a statuto speciale e precisamente in Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Purtroppo non è possibile per noi accorpare nel riepilogo nazionale i risultati di queste ultime tre regioni, che non sono gestiti dal ministero degli Interni,.
Successivamente, il 4 e 5 ottobre si sono poi tenuti i ballottaggi in quei comuni superiori ai 15 mila abitanti dove non è stato eletto il sindaco al primo turno. Si tratta di 54 comuni situati nelle regioni a statuto ordinario, 3 in Valle D’Aosta e 10 in Trentino-Alto Adige. Fra tutti questi 9 i comuni capoluogo chiamati al ballottaggio: Aosta, Bolzano, Lecco, Arezzo, Chieti, Andria, Matera, Crotone e Reggio Calabria.
L'astensionismo primo “partito”
Ciò premesso, e cominciando dal primo turno, possiamo dire che l’astensionismo ha retto benissimo sul tutto il territorio nazionale e si è confermato ovunque il primo “partito” come già era accaduto nella consultazione regionale.
A livello nazionale (facendo riferimento alle sole regioni a statuto ordinario) un terzo degli elettori ha disertato le urne, pari al 33,8%. Rispetto alle precedenti comunali, che in genere si sono tenute nel 2015, si è registrato solo un lieve calo dell’1%, assai più basso del calo registrato per le concomitanti elezioni regionali dove la diminuzione si è aggirata intorno al 6%. Un ottimo risultato quindi se si pensa al clima generale in cui si sono tenute queste elezioni, la concomitanza con elezioni di carattere nazionale come il referendum e con quelle regionali, seppur parziali. Tant’è vero che il calo più evidente è stato registrato proprio in Toscana (-9,3%) dove era stata paventata più che altrove la “spallata” della destra dell’aspirante duce d’Italia Salvini. Al contrario, in altre regioni la diserzione è addirittura aumentata rispetto alle elezioni precedenti: così in Liguria (+1,2%), Lazio (+1,4%), Abruzzo (+0,9%), Molise (+2,9%), Campania (+1,4%), Puglia (+2%), Basilicata (+1,9%), Calabria (+1,6%).
Alta la diserzione anche nei comuni capoluogo. Sopra la media nazionale Bolzano (39,3%), Trento (39%), Mantova (38,6%), Venezia (37,8%), Reggio Calabria (37,8%), Aosta (35,8%), Lecco (35,3%), Macerata (34,6%).
La diserzione al ballottaggio
L’astensionismo è andato ancora meglio al ballottaggio. Nei 54 comuni delle regioni a Statuto ordinario dove gli elettori sono stati chiamati a scegliere fra i due candidati sindaci la diserzione dalle urne ha addirittura sfiorato il 50%, e si attesta al 49,4%, con un incremento rispetto al primo turno di ben il 16,4%. Decisamente sopra il 50% è l’astensionismo nei comuni del Piemonte (53,3%), Lombardia (51,1%), Campania (50,7%) e Puglia (50%).
Un elettore su due non si è recato alle urne anche a Andria (diserzione al 55,1%), Aosta (54,1%) e Bolzano (52,7%). Altissime le percentuali anche a Chieti (48,4%), Crotone (48,2), Reggio Calabria (47,7%).
Alla resa dei conti l’astensionismo si sta dimostrando il “partito” più stabile e fedele e meno “volatile”. Basti pensare che mentre l'astensionismo è inesorabilmente cresciuto elezione dopo elezione, partiti e coalizioni del regime neofascista sono andati dalle stelle alle stalle nel volgere di pochi anni. È successo a Forza Italia di Berlusconi che è ormai ridotta ai minimi termini; è successo al PD che dopo l’exploit alle europee 2014 è finito in caduta libera; il Movimento 5 stelle, la cui cavalcata alle politiche 2018 sembrava inarrestabile, ora, a distanza di appena due anni, è già in pieno declino. Qualcosa del genere sta avvenendo anche alla Lega fascista di Salvini che alle europee 2019 si era assicurata la centralità della coalizione di destra e aveva il vento in poppa mentre a distanza di appena un anno si è arenata, perde centinaia di migliaia di voti e soffre il fiato sul collo del partito fascista della Meloni.
Il dato della diserzione dalle urne è un dato importantissimo e tutt'altro che scontato. Non solo perché in elezioni locali come quelle comunali, dove la maggioranza dei comuni non superano i 15.000 abitanti, giocano tantissimo la presenza di numerose liste e di candidati che hanno la possibilità di avere un rapporto più diretto e personale e addirittura familiare con gli elettori. Ma anche perché fortissimo è stato il ricatto, specie verso l’elettorato di sinistra, a recarci alle urne per arginare la “spallata” di Salvini anche nelle regioni e nelle città dove da sempre ha dominato il “centro-sinistra”.
Sindaci delegittimati
L'astensionismo nelle sue varie componenti (diserzione dalle urne, scheda annullata o lasciata in bianco) esprime di fatto una precisa volontà dell'elettorato che vuol prendere le distanze dalle istituzioni rappresentative borghesi, dai governi e dai partiti della classe dominante, delegittimando di fatto sindaci, giunte, consiglieri comunali e regionali.
Un astensionismo così alto delegittima in partenza i sindaci che sono stati riconfermati in questa tornata e i neoeletti. Tutti i sindaci confermati o neoeletti al primo turno o al ballottaggio nei comuni capoluogo di provincia non raggiungono in nessun caso il 50% di tutti gli elettori aventi diritto di voto. Qualche esempio: Giuseppe Falcomatà (“centro-sinistra”) è stato confermato sindaco di Reggio Calabria col 46,7% dei voti validi che corrisponde al 30% dei voti degli aventi diritto al voto. Fra l’altro Falcomatà nel 2014 fu eletto con 58.171 voti al 1° turno, mentre quest’anno non solo c’è stato bisogno del ballottaggio, ma di voti ne ha ricevuti 44.069, ossia 14.102 in meno. Ad Arezzo è stato riconfermato il sindaco leghista Alessandro Ginelli con il 30,4% degli elettori. Ad Aosta addirittura il neosindaco del “centro-sinistra”, Gianni Nuti, è stato eletto da appena il 22,7% degli elettori.
Il confronto “centro-sinistra”, destra e M5S
Il “centro-sinistra” si conferma ad Aosta, Trento, Bolzano, Lecco, Mantova, Trani, Reggio Calabria e strappa alla destra Chieti e Andria. Perde Macerata.
La destra si conferma a Venezia e Arezzo ma perde Chieti, Trani e Matera. Il M5S riesce a ribaltare il risultato del primo turno e a prevalere nel confronto con il candidato della destra a Matera grazie al soccorso dei voti del PD. Il netto declino del M5S viene confermato ma appare un po’ meno evidente solo per il fatto che tale partito non ha mai brillato alle elezioni comunali svelando di non essere radicato a livello locale e fra le masse popolari.
In generale il PD e il “centro-sinistra” prevale là dove è alleato col M5S già al primo turno o comunque riesce ad andare al ballottaggio e quindi ad avvalersi del soccorso dell’alleato di governo al secondo turno. Per di più può contare sull’arretramento dei consensi alla destra e in particolare alla Lega fascista di Salvini che non riesce a confermare le performance precedenti e rimane ben al di sotto dei risultati ottenuti alle elezioni europee del 2019. Particolarmente cocenti per la Lega e in generale per la coalizione di destra la perdita di Chieti, ma anche la disfatta registrata in Lombardia dove perde Lecco, Saronno e Corsico e una sua città simbolo come Legnano che è la città del Carroccio e di Alberto da Giussano. Tanto cocente che ora, dopo 26 anni, il PD già sogna di strappare alla destra la regione Lombardia.
Altro simbolo leghista caduto è Cascina il primo comune toscano in assoluto governato dalla Lega tornato ora al “centro-sinistra”. Il confronto elettorale in quel popoloso comune in provincia di Pisa era particolarmente atteso proprio perché dal 2016 al 2019 alla guida del Comune c’è stata l’europarlamentare della Lega Susanna Ceccardi, candidata perdente della destra nelle ultime elezioni regionali.
La cosiddetta “tenuta” del PD o la ancor più ottimistica “rimonta”, è dovuta in grande parte al fatto di aver prosciugato liste alla sua sinistra come “Liberi e uguali” oppure PRC e altri che nella stragrande maggioranza dei comuni non si sono nemmeno presentati. E di aver recuperato in parte elettori astensionisti o del M5S col ricatto del voto utile anti-Salvini alimentato anche dalle sardine di Mattia Santori che proprio a Cascina hanno tenuto una manifestazione a favore dell’elezione di Enrico Giani a governatore della Toscana.
La debolezza di entrambi gli schieramenti è dimostrata anche dal fatto che su 15 comuni capoluogo solo in 6 comuni il sindaco è stato eletto al primo turno, negli altri casi si è dovuti ricorrere al ballottaggio.
Abbandonare l’elettoralismo
Sembra che per ora niente riesca a scalfire l'astensionismo spontaneo, ma che vada avanti o che si arresti, i marxisti-leninisti hanno il dovere di impegnarsi a fondo per qualificarlo in senso rivoluzionario, come un voto dato al PMLI e al socialismo.
Le astensioniste e gli astensionisti spontanei delegittimano di fatto il sistema capitalista, il suo governo, le sue istituzioni e i suoi partiti, ma noi dobbiamo operare perché essi ne siano coscienti e si impegnino per abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo. Unendosi al PMLI, come militanti o simpatizzanti, e per creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari fondati sulla democrazia diretta.
In particolare ci rivolgiamo alle astensioniste e agli astensionisti di sinistra, ma anche alle compagne e ai compagni che si attardano a rinunciare alle illusioni elettoraliste, parlamentariste, costituzionaliste e pacifiste. È veramente un peccato che tutte queste sincere e importanti forze anticapitaliste, antifasciste e antirazziste sprechino le loro energie votando vecchi e nuovi imbroglioni “comunisti” o ex “comunisti” se non addirittura candidati borghesi e liberali del “centro-sinistra” per “non far vincere la destra”. La pratica politica ed elettorale dovrebbe convincere l'elettorato dei partiti a sinistra del PD, a cominciare da quelli con la bandiera rossa e la falce e martello, che nelle condizioni attuali del nostro Paese l'elettoralismo e il parlamentarismo sono un freno alla lotta di classe e allo sviluppo di una coscienza e della mobilitazione di classe rivoluzionaria delle masse, a cominciare dal proletariato e dalle nuove generazioni, che si ponga l'obiettivo strategico del socialismo e della conquista del potere politico che sono l’unica vera alternativa al capitalismo e al potere della borghesia
7 ottobre 2020