Elezioni regionali a Rufina e Pontassieve (Firenze)
L’astensionismo primo “partito” in Valdisieve
5.947 elettori negano il voto ai partiti di regime nonostante il richiamo al voto “utile”. Al referendum 4.900 contro il taglio dei parlamentari, più del 30% dei votanti
Dal corrispondente dell'Organizzazione di Rufina del PMLI
Nei comuni di Rufina e Pontassieve l’astensionismo si conferma primo “partito”. Un risultato difficilmente prevedibile data la martellante propaganda al voto “utile” per Giani contro il timore di una vittoria della leghista Ceccardi. Un richiamo rilanciato indirettamente anche dalla CGIL che ha indubbiamente inciso sull’esito, non tanto del voto ma senz’altro dell’affluenza che aumenta rispetto alle regionali del 2015, dove il rischio di “destra” non era così evidente ma cala di qualche punto rispetto alle politiche di due anni fa.
Queste regionali hanno rappresentato anche il sostanziale battesimo del voto di Italia Viva di Renzi, originario di Rignano sull’Arno, pochi chilometri da Pontassieve, che in queste zone ha abitato per molti anni prima del suo trasferimento.
Globalmente a Pontassieve si sono astenuti il 27,4% degli aventi diritto, nonostante i ben 940 voti al solo presidente, mentre a Rufina il 26,2% (solo presidente 432).
Relativamente ai risultati dell’elezione del presidente di regione sugli aventi diritto, Giani ottiene il 37,64% a Rufina e il 41,78% a Pontassieve, mentre la Ceccardi ottiene rispettivamente il 21,40% e il 17,76%, nonostante vi fossero ben esposti sui tabelloni elettorali come candidati al Consiglio regionale le ex candidate sindaco in quota Lega e Fratelli d’Italia dei due comuni, Cecilia Cappelletti e Chiara Mazzei. Percentuali al lumicino invece per Fattori (1,22% e 1,60%) di Toscana a Sinistra e per PCI e PC, intorno all’1%.
I voti di lista
In estrema sintesi possiamo dire che in Valdisieve, il PD continua a perdere voti non riuscendo neanche in questa tornata a recuperare i voti precedentemente ricevuti da LEU. Sempre in rapporto agli aventi diritto, il PD lascia sul campo dal 6,8% al 9,4% rispetto a tutte le elezioni dal 2015 in poi, raccogliendo solo un elettore su 5 a Rufina e 1 su 4 a Pontassieve - una delle sue roccaforti - che, al di là delle immancabili dichiarazioni di “trionfo”, confermano la reale difficoltà.
Allo stesso modo, perde il blocco delle destre nel quale la crescita di qualche punto di Fratelli d’Italia non drena i voti in uscita di Forza Italia e Lega, rispettivamente al 5,9% e 12,0% a Rufina e al 4,0% e 10,7% su Pontassieve. Soprattutto per la Lega l’arretramento è significativo e si misura nel -6,4% di Rufina e nel -3,2% a Pontassieve rispetto alle europee di un anno fa, e inverte la tendenza alla crescita registrata alle regionali del 2015 e alle politiche del 2018.
I partiti falsi comunisti PaP e PRC (oggi con Fattori), PCI e PC perdono globalmente qualche centinaio di preferenze, dividendosi manciate di voti che testimoniano di quanto le masse di sinistra siano sempre più disilluse dall’elettoralismo borghese. Le percentuali, tutte intorno all’1% degli elettori, dimostrano ancora una volta che la via istituzionale non può giovare agli interessi delle masse popolari e che le masse stesse l’hanno capito, negando il voto sia agli altri partiti borghesi sia a chi promette loro “pillole” di socialismo irrealizzabili all’interno delle istituzioni borghesi in camicia nera. Troppo poche le preferenze raccolte per essere giustificate dal solo richiamo al “voto” utile, come i leader degli stessi partiti opportunisticamente sostengono.
Dopo i numerosi tradimenti di carattere nazionale, la drastica riduzione delle attività e della presenza dei comitati locali convogliati in buona parte nell’elettorato pentastellato, il Movimento 5 Stelle continua la sua inarrestabile picchiata. Una ecatombe in termini di voti che testimonia un partito allo sbando, dilaniato dalle tante cosche interne, e un elettorato finalmente cosciente che il Movimento è ormai completamente asservito alla borghesia per la quale svolge il proprio ruolo di conservazione del potere borghese infischiandosene delle proprie 5 stelle, in primis quella dell’ambiente che qui in Valdisieve è stato un importante collettore di voti nella sua fase d’ascesa, quando “Il Bolscevico”, in tempi non sospetti per l’opinione pubblica, già titolava profeticamente “M5S puntello del capitalismo”. I numeri sono impietosi: a Rufina i pentastellati raccolgono 231 voti pari al 3,9% sugli elettori, mentre a Pontassieve i 605 voti lo inchiodano al 3,8%. Paiono lontane lustri le politiche del 2018 quando il M5S raccoglieva quasi il 17% (-13%) a Rufina e il 13,1% a Pontassieve (-9,3%); adesso sta anche a noi conquistare la sinistra del Movimento alle battaglie che sono state e continuano ad essere ancora oggetto delle loro aspirazioni tradite da Di Maio e compagnia.
Infine, nonostante questo territorio sia definito “culla” di Renzi, non sfonda Italia Viva. Eppure anche a Rufina figurava come candidato al Consiglio in quota IV Giovanni Salvestrini, noto medico di famiglia, ex PCI poi PD e da anni al soldo del boss di Rignano. Il neonato partito vicino alla massoneria si ferma al 6,7% a Rufina e al 4,9% a Pontassieve.
Oltre il 30% i NO al referendum
In ultimo, sopra la media nazionale coloro che si sono opposti al taglio della democrazia borghese. Numeri definitivi: Pontassieve, SI al 66,99%, NO al 33,01%; Rufina, SI al 69,37%, NO al 30,63%. Un buon risultato, considerate le forze in campo e il fatto indiscutibile che sul territorio l’unica voce critica che si è alzata per il NO al taglio (oltre ad alcune email della sezione ANPI di Rufina ai propri iscritti) è giunta dalle compagne e dai compagni dell’Organizzazione di Rufina del PMLI che hanno propagandato la posizione del Partito in ogni modo possibile, dalla serrata attività sui social
alle diffusioni alle stazioni, con tutte le loro forze. Anche in Valdisieve, i quasi cinquemila (4.899) voti contrari rappresentano una concreta base per le future battaglie democratiche e antifasciste che si renderanno necessarie sul territorio e a livello nazionale.
7 ottobre 2020