Il sindacato fascista Ugl firma un contratto padronale sulle spalle dei rider
Le società proprietarie delle piattaforme che gestiscono la consegna del cibo a domicilio si sono trovate un sindacato di comodo che stesse alle loro condizioni e hanno firmato un accordo chiamandolo “contratto nazionale”. L'organizzazione che si è prestata a questa manovra è l'UGL. E non c'è da meravigliarsene, visto che si tratta di un sindacato fascista, erede della Cisnal che nacque nel dopoguerra diretta espressione del MSI di Giorgio Almirante. Come il suo predecessore, l'UGL rifiuta il riconoscimento delle diverse classi sociali e da sempre porta avanti una politica di collaborazione con i padroni rifacendosi al corporativismo fascista.
L'accordo è stato firmato da Assodelevery che rappresenta quasi tutti i gruppi del settore come Glovo, Just Eat, Uber Eats, Deliveroo, Social Food, assieme a UGL e Anar, un sindacato giallo foraggiato dalle stesse aziende che chiede il mantenimento del cottimo, il pagamento a consegna. Non a caso a quasi un anno di distanza dall'entrata in vigore della legge 128, che imponeva la discussione e la firma di un contratto per i rider entro l'inizio di novembre 2020. Una legge che, seppur incompleta e insoddisfacente, nasceva per regolarizzare i lavoratori del settore food delivery come lavoratori dipendenti. E non solo. A fine gennaio, una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che i rider non vanno considerati lavoratori autonomi, ma dipendenti delle aziende a tutti gli effetti.
Con il nuovo contratto “rimane il cottimo e non cambia nulla”, spiegano gli attivisti di Deliverance Milano e Rider per i diritti. “La forzatura è definirlo lavoro autonomo, questo non è vero e non deve stabilirlo un accordo sindacale. Nella legge 128 si fa riferimento a lavoro continuativo e occasionale e questo era uno dei suoi elementi più importanti”. Così “si va a negare il fatto che il rider debba godere delle tutele del lavoratore subordinato come prevede l’articolo 2 della legge”. Ma quello che premeva le aziende era bloccare qualsiasi trattativa sulla parte economica e normativa.
Senza questo passo di Assodelivery, il 4 novembre sarebbe entrata in vigore la legge con il minimo garantito su base oraria, con riferimento ad un settore simile, come la logistica. Per evitare questa eventualità e per non intavolare una vera discussione e andare avanti con la negoziazione iniziata al tavolo ministeriale hanno deciso di fare questa mossa. Anche altri sindacati diretta espressione dei ciclofattorini, come Riders Union Bologna e Riders Union Roma, bollano l'intesa come "accordo pirata con un sindacato di comodo", "un accordicchio che mantiene invariate le condizioni attuali del settore". L'accordo con Ugl, è il coro unanime “è un'operazione che prevede un basso salario e maggiore precarietà".
Altro che “primo contratto nazionale dei riders in Europa” come hanno annunciato pomposamente dal sindacato fascista. L'UGL si arrampica sugli specchi sottolineando come i ciclofattorini avranno una piccola maggiorazione nel lavoro notturno e qualche spicciolo se si renderanno disponibili e poi non saranno utilizzati dalla piattaforma. Briciole, la questione centrale è che questi lavoratori continuano e essere considerati autonomi, perciò non vengono pagati in base a quante ore lavorano e permette alle multinazionali della consegna di cibo a domicilio di licenziare i riders come e quando vogliono, basta un preavviso di 30 giorni.
“L’accordo – spiegano in un comunicato i rider autorganizzati di Bologna Union Riders – ci confina nel regime di falsa autonomia. Si propone di negare a priori che i lavoratori possano essere riconosciuti come lavoratori subordinati (ai fini dell’articolo 2094 del Codice Civile) o come collaboratori etero-organizzati che, come sancito dalla legge e da una sentenza di Cassazione, hanno accesso a tutte le tutele del lavoro subordinato. Le piattaforme vogliono confermarsi come imprese rapaci, che pensano di operare sui territori forzando a proprio fine l’impianto normativo nazionale, con l’obiettivo di sovvertirlo”.
"I rider si renderanno conto della fregatura e si arrabbieranno, perché questo non è né un contratto collettivo nazionale e nemmeno un accordo che tiene conto della legge 128", spiegano quelli di Deliverance Milano. E difatti le reazioni non sono mancate, con volantinaggi davanti le sedi UGL nelle principali città italiane. Particolarmente forti e vibranti le proteste a Torino e Bologna, dove sono apparse scritte come “crumiri” e “UGL merde”.
Proteste anche dai sindacati confederali. Per Maurizio Landini "l'accordo è uno scempio antisindacale che contestiamo perché firmato da soggetti che non rappresentano nulla e fatto sulla pelle delle persone". Per questo chiede che "il governo lo dichiari illegittimo". Tiziana Bocchi, segretaria confederale Uil, lo definisce "un contratto al massimo ribasso" e invita a "trovare soluzioni condivise per riconoscere ai rider gli stessi diritti e tutele che spettano ad altre categorie di lavoratori". Cgil-Cisl-Uil in un comunicato congiunto ricordano poi che "AssoDelivery e le sue associate non hanno mai voluto riconoscere il contratto collettivo della logistica per i rider, sottoscritto dalle altre categorie di riferimento nel 2018 che individua diritti e tutele più vantaggiosi”.
7 ottobre 2020