Latina
Grande successo dello sciopero dei braccianti indiani

Si è svolta lo scorso 28 settembre a Latina con la partecipazione di oltre 3.500 lavoratori (con un numero comunque limitato per disposizioni dell'autorità a motivo delle norme per il contrasto al coronavirus) la manifestazione indetta contestualmente alla giornata di sciopero dei braccianti agricoli della provincia pontina indetto unitariamente dai sindacati Flai Cgil, Fai Cisl e Uila.
Gli operai, in gran parte indiani ma non mancavano lavoratori di altre nazionalità compresi alcuni italiani, si sono ritrovati alle 10 in piazza della Libertà, nonostante le forti pressioni a non scioperare da parte dei padroni, dove hanno parlato lavoratori indiani e sindacalisti, e dove erano presenti delegazioni di varie associazioni, tra cui Amnesty International, Libera ed Emergency, che hanno portato la loro solidarietà ai lavoratori in agitazione. Alla fine della manifestazione alcuni rappresentanti di Flai Cgil, Fai Cisl e Uila hanno incontrato il nuovo prefetto di Latina, Maurizio Falco, per sollecitare più controlli nelle aziende al fine di garantire le condizioni previste dalla legge a tutela dei lavoratori e di contrastare il fenomeno del caporalato.
Infatti lo sciopero è stato indetto perché, nonostante la recente entrata in vigore della legge n. 199 del 2016 contro lo sfruttamento della manodopera, sono ancora troppi gli infortuni anche mortali sul posto di lavoro, i suicidi per sfruttamento, le violenze fisiche e psicologiche, per non parlare della persistenza dei fenomeni del caporalato, della tratta internazionale di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo, del costante e continuo tentativo di corruzione per eludere i controlli e dei ricatti continui ai quali sono esposti i lavoratori.
Non è la prima volta che gli operai agricoli pontini scioperano per gli stessi motivi, perché era già accaduto il 21 ottobre dello scorso anno, quando Cgil, Cisl e Uil avevano portato in piazza a Latina oltre 3.000 lavoratori indiani, e ancora prima il 18 aprile 2016, quando per la prima volta la sola Cgil aveva portato in piazza oltre 4.000 lavoratori, e questo la dice lunga sul fatto che nel corso degli anni i gravi problemi di questi lavoratori anzichè trovare una soluzione hanno addirittura trovato un aggravamento, e ciò avviene troppo spesso con il silenzio complice della stampa locale e senza che le autorità preposte ai controlli se ne rendano conto.
Gli imprenditori agricoli infatti, pur di continuare ad ottenere profitti enormi, negano ad oltranza infortuni e incidenti anche gravi avvenuti nelle loro aziende, ricattando i lavoratori a non denunciare gli infortuni - pena la perdita del posto di lavoro - e accusando quella stampa e quelle associazioni che si occupano dei lavoratori di mentire. Eppure nel corso degli ultimi mesi parecchi braccianti agricoli, tutti indiani, sono morti sul lavoro o sono rimasti feriti, anche gravemente, ed è stato documentato che altri lavoratori non sono stati pagati e altri sono stati maltrattati e picchiati, con condotte da parte dei datori di lavoro di tipo criminale, e non è certo un caso che la camorra si sia pesantemente radicata negli ultimi decenni in provincia di Latina, rilevando imprese agricole in difficoltà e gestendo numerosissime aziende tramite prestanomi: in troppi casi infatti gli operai agricoli, nonostante l'entrata in vigore della citata legge n. 199 del 2016, sono tuttora obbligati a lavorare sotto la minaccia fisica di armi da fuoco e coltelli e sotto la minaccia psicologica del licenziamento immediato, tanto che è emblematico il caso del lavoratore indiano di Borgo Hermada, nel comune di Terracina, che lo scorso maggio è stato violentemente picchiato e gettato in un fosso dal padrone e da alcuni suoi collaboratori italiani solo perché gli aveva chiesto ciò che prevedono le norme a contrasto del coronavirus, ossia una dotazione di mascherine e di disinfettanti per le mani.

7 ottobre 2020