I padroni offrono solo il recupero dell'inflazione
I metalmeccanici rompono sul salario
Scioperi spontanei in centinaia di fabbriche
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Sciopero generale di 4 ore il 5 novembre proclamato da Cgil, Cisl e Uil
Il 7 ottobre si è interrotta la trattativa per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici tra le associazioni padronali Federmeccanica-Assistal e i sindacati. Si è bloccata principalmente sul salario: la piattaforma di Cgil-Cisl-Uil prevede un aumento dell'8% sul trattamento economico dei minimi, pari a 145 euro lordi mensili per un lavoratore di quinto livello. Un aumento negato dalle imprese, che non intendono andare oltre il mero adeguamento dell’inflazione a consuntivo, che in questi mesi è praticamente uguale a zero.
“Siamo dentro una crisi con la C maiuscola”, avrebbe affermato il direttore generale di Federmeccanica Stefano Franchi. L’esponente degli industriali ha poi aggiunto che “il rinnovo contrattuale deve essere figlio della situazione che stiamo vivendo”. Per Franchi occorre “mantenere i minimi salariali adeguati all’inflazione”. Di conseguenza propone una cifra oltremodo offensiva di 40 euro lordi al mese nell'arco dei tre anni di copertura del contratto. Si è detto però disponibile, bontà sua, a “definire misure per assicurare premi di risultato in tutte le aziende metalmeccaniche, in modo da redistribuire la ricchezza dove viene prodotta”.
In queste poche frasi è racchiusa tutta la strategia che Bonomi, il falco da poco designato alla presidenza di Confindustria, sta portando avanti, a cui Federmeccanica si è prontamente allineata. E non poteva essere altrimenti: il rinnovo interessa oltre un milione e mezzo di lavoratrici e lavoratori, operanti in imprese di ogni dimensione e dei settori più diversi, dalla siderurgia all’informatica, dal manifatturiero a tutte le grandi filiere dell’industria e perché storicamente, il contratto dei metalmeccanici rappresenta l'accordo di riferimento per tutte le altre categorie.
La trattativa fin da subito è apparsa difficile proprio per il diktat di Confindustria che si mantiene sulle posizioni di chiusura verso qualsiasi aumento oltre l'inflazione, concedendoli solo dove aumenti la produttività e il profitto padronale. Francesca Re David, segretaria nazionale della Fiom, ha denunciato: “Federmeccanica da novembre scorso a oggi non ha mai cambiato idea sul salario. E non c’entra nulla la crisi legata alla pandemia Covid-19”.
“In questi anni i metalmeccanici hanno visto il loro salario fortemente indebolito”, afferma Re David, sottolineando la mancata applicazione di elementi importanti del contratto precedente. “Il ccnl prevedeva un allargamento della contrattazione di secondo livello, e questo intervento è stato disatteso”, spiega Re David, rilevando come il danno sia stato ingente per tutti coloro che non godono appunto degli integrativi aziendali. Da qui, a maggior ragione, la richiesta di “aumentare i minimi salariali, soprattutto per coloro, come tantissimi lavoratori del Mezzogiorno, che hanno nel contratto nazionale il loro unico riferimento”.
La segretaria dei metalmeccanici della Cgil però dovrebbe ammettere come questo sia avvenuto anche grazie all'atteggiamento arrendevole e subalterno dei sindacati confederali rispetto alle pretese padronali, accettando negli anni intese che non hanno portato quasi niente sul piano salariale, hanno depotenziato il contratto nazionale, concesso flessibilità e produttività, allargato a dismisura welfare aziendale previdenziale e sanitario fino all'ultimo contratto, il peggiore che la categoria abbia mai firmato.
Un accordo senza aumenti salariali è dunque impensabile, i minimi salariali dei metalmeccanici sono tra i più bassi di tutte le categorie e le buste paga sono agli ultimi posti in Europa; i lavoratori non sono più disponibili ad accettarlo. Alla notizia della rottura delle trattative in centinaia di aziende sono partiti scioperi spontanei, dove gli operai e le RSU aziendali non hanno aspettato l'ordine dalle strutture sindacali, mettendo in atto anche blocchi stradali e sit-in di protesta.
Raffica di agitazioni nelle fabbriche piemontesi. Ad Alessandria interessati dall’astensione dal lavoro, Hme e Sct di Serravalle Scrivia, Graziano e Omt di Tortona, Inox Prodotti di Spinetta Marengo, Dradura di S.Maurizio di Conzano, ad Asti la Trivium. A Novara e nel Verbano-Cusio-Ossola , scioperi alla Isringhuasen e alla Meritor, a Torino alla Comec. A Cuneo scioperi alla Manitowoc, la Valeo e la Boma, a Vercelli sciopero di 8 ore alla Dana Spicer Italcardano di Crescentino, a Novara Lagostina, Perruchini e Praxaire, a Torino la Farid e la Pieffeci.
La rottura della trattativa per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici ha fatto scattare scioperi in tutta l'Emilia-Romagna. Da Lamborghini e Ducati, a Ima e Gd, ma anche Marposs, Philips, Electrolux, Marcegaglia, Bompani, Toyota, Intempump, Smeg, Scm, Robopac, Bosh, Titan, Acelor MIttal, Sacmi. La mobilitazione ha già riguardato almeno 160 aziende della regione e si diffonde da uno stabilimento all'altro.
Lungo l’elenco degli scioperi spontanei in Lombardia: tra i tanti, segnaliamo gli stop in Varinelli, Hennecke Oms, Alfacciai, Babcpck, Malvestiti, Fontana, Microtecnica, Beta, Candy, Sabaf, Mehits, Rollon, Agrati, Beretta, Marcegaglia, Modie, Eural Gnutti, SK Wellman, Zf Automotive, Redaelli Tecna, Italacciai, Cembre, Fonderie San Zeno, Marcegaglia, Dalmine Logistic, Camar, Dana Italia, Brema. Scioperi e manifestazioni anche in Veneto, in particolare nella zona di Padova, a Genova e in tutta la Toscana, iniziative in molte fabbriche del centro-sud: nelle Marche si segnalano stop in Elica, Whirlpool e Ariston. Da menzionare, infine, gli scioperi alla Kone di Roma e alla Flowserve di Caserta.
Le segreterie nazionali di Fiom, Fim e Uilm, riunite all'indomani della rottura hanno deciso uno sciopero di 6 ore così suddiviso: due ofd subito per dare modo di partecipare alle assemblee in corso e altre 4 di sciopero generale il 5 novembre. Certo la risposta c'è stata ma debole e inadeguata, perché la chiusura netta di Federmeccanica avrebbe richiesto una reazione altrettanto forte e immediata, sfruttando anche il protagonismo e la voglia di lottare dei lavoratori dimostrata con gli scioperi spontanei.
Confindustria e padroni, con l'avvallo del governo, fanno solo i loro interessi dimostrando come la “solidarietà nazionale” e “il Patto per l'Italia” prevedono sacrifici solo e sempre per le solite categorie sociali, altro che “siamo tutti sulla stessa barca”! Questo è il momento di lottare per strappare un contratto dei metalmeccanici che difenda diritti e potere d'acquisto, sia a livello più generale per respingere al mittente le richieste di chi vuole far pagare la crisi del capitalismo aggravata dal Coronavirus ai lavoratori e alle masse popolari.
14 ottobre 2020