Assieme ai sindaci forzisti di Trieste e di Gorizia e ai nostalgici del colonialismo fascista anti-slavo
A Milano il sindaco PD Sala inaugura un monumento ai cosiddetti “martiri” delle foibe
Redazione di Milano
Sabato 10 ottobre a Milano, in Piazza della Repubblica, alla presenza del sindaco PD Giuseppe Sala, e di quelli di Trieste e di Gorizia, i forzisti Roberto Di Piazza e Rodolfo Ziberna, è stato inaugurato un monumento in memoria dei criminali fascisti italiani che, assieme ai loro complici nazisti e domobranci, sono stati giustiziati e infoibati tra il 1943 e il 1945 dai combattenti antifascisti dell’Esercito Popolare di Liberazione di Jugoslavia nei territori sloveni e croati annessi nel 1919 al Regno d’Italia.
"È l'omaggio che la città finalmente rende a queste vittime - ha detto Sala - una testimonianza della volontà di mantenere viva memoria e rispetto: tutta Milano è qui oggi e forse ci è voluto troppo tempo per questo monumento". Ci vuole una bella faccia tosta, che d’altronde in più e diverse occasioni Sala ha dimostrato di avere, per affermare che “tutta” Milano, città Medaglia d’Oro alla Resistenza, fosse idealmente presente a questa vergognosa cerimonia del regime neofascista attorno a una stele sistemata nei giardinetti di quella Piazza della Repubblica che ai tempi del fascismo, ci ha tenuto a ricordare Sala, “si chiamava piazza Fiume”.
Sul monumento, ovviamente, non è scritta la verità sui quei criminali fascisti giustiziati, che invece si vuol far passare per “martiri”, e sugli oppressori e sfruttatori colonialisti fuggiti (con famiglia al seguito) dalla giustizia antifascista jugoslava, che vengono impropriamente riabilitati come “esuli” ma si legge: “a perenne memoria dei martiri delle foibe, degli scomparsi senza ritorno e dei 350mila esuli dalla Venezia Giulia, dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia 1943-1945”. Tutt’altro che rappresentative della città di Milano, erano presenti alcune decine di nostalgici della dominazione coloniale e fascista dell’imperialismo italiano “sull’altra sponda dell’Adriatico” organizzati dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.
Il sindaco Sala si è così reso complice dell’ennesima atto di vergognoso revisionismo storico del regime neofascista che rovescia completamente la verità storica confondendo sfacciatamente le vittime coi carnefici. Da parte sua non una parola sui mostruosi crimini commessi dai fascisti aggressori nei territori della ex Jugoslavia messi a ferro e fuoco a partire dagli anni '20 e poi ancora durante la feroce occupazione nazi-fascista iniziata nell'aprile del 1941.
Una feroce repressione fascista che lo stesso Mussolini aveva avviato col famigerato discorso del Teatro Ciscutti di Pola del 20 settembre 1920 in cui proclamò: “Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini italiani devono essere il Brennero, il Nevoso e le (Alpi) Dinariche. Dinariche, sì, le Dinariche della Dalmazia dimenticata!… Il nostro imperialismo vuole raggiungere i giusti confini segnati da Dio e dalla natura, e vuole espandersi nel Mediterraneo. Basta con le poesie. Basta con le minchionerie evangeliche”.
A fronte di alcune centinaia di criminali nazifascisti infoibati, si fa silenzio assoluto sullo sterminio di oltre 340.000 civili slavi fucilati e massacrati dall’aprile 1941 all’inizio di settembre 1943 nel corso dei cosiddetti “rastrellamenti” e operazioni di rappresaglia contro le forze partigiane insorte. Di altri 100.000 civili montenegrini, croati e sloveni deportati nei campi di concentramento approntati dalla primavera all’estate del 1942 dall’esercito italiano per rinchiudervi vecchi, donne e bambini colpevoli unicamente di essere congiunti e parenti dei “ribelli”. In quei campi disseminati dalle isole di Molat e Rab/Arbe in Dalmazia fino a Gonars nel Friuli e altri in tutto lo Stivale, morirono di fame, di stenti e di epidemie circa 16.000 persone nel giro di poco più di un anno di deportazione. Si tace sulla feroce politica di snazionalizzazione forzata che costrinse all'esilio più di 80.000 sloveni, croati, tedeschi e ungheresi e anche alcune migliaia di comunisti italiani, antifascisti e oppositori del regime; si tace sulle violenze e le stragi compiute dagli aguzzini in camicia nera contro i civili perpetrate in base a “una ben ponderata politica repressiva” come testimonia ad esempio la famigerata circolare del generale Roatta del marzo 1942 nella quale si legge: “il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato nella formula dente per dente, ma bensì da quella testa per dente”. Mentre il generale Robotti, durante i rastrellamenti a tappeto nel giugno e agosto 1942, rimproverava alle truppe dell’XI Corpo d’Armata che: “Si ammazza troppo poco!” e ordinava l'“esecuzione di tutte le persone responsabili di attività comunista o sospettate tali e di internare tutti gli sloveni per rimpiazzarli con gli italiani per far coincidere le frontiere razziali e politiche”.
Occorre che la Milano antifascista faccia al più presto sentire la sua protesta contro questa ennesima offesa ai martiri della Resistenza partigiana italiana e jugoslava e di riabilitazione dei loro carnefici.
Il PMLI rivendica che tutti i monumenti e denominazioni toponomastiche dedicati ai cosiddetti “martiri delle foibe” ed “esuli giuliano-dalmati” siano sostituiti con monumenti e denominazioni alla memoria delle vittime jugoslave della pulizia etnica mussoliniana, e in onore agli eroici partigiani jugoslavi e italiani che uniti combatterono e morirono per la liberazione di tutti i popoli dal mostro nazifascista.
21 ottobre 2020