Manovra di bilancio 2021 da 39 miliardi
Investimenti insufficienti per il lavoro, il Sud e la sanità
Il divieto di licenziamento deve essere permanente e la cassa integrazione a salario pieno. No all'assegno unico per le famiglie dei ricchi

Il 18 ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato la bozza di Legge di bilancio per il 2021 e di bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023. Una manovra da circa 39 miliardi, di cui 15 in anticipo dal Recovery fund europeo e 24 da finanziare in deficit, che il ministro dell'economia Gualtieri ha definito “mai così espansiva nella storia del Paese”, annunciando che gli investimenti pubblici passeranno dal 2,3% del Prodotto interno lordo del 2019 al 4% nel 2021. A supporto del loro ottimismo nel presentarla, Conte e Gualtieri hanno citato la forte ripresa del Pil nel terzo trimestre, cresciuto del 13,6%, ciò che fa loro sperare che il crollo del Pil 2020 dovuto alla pandemia si fermerà al -9%, o nello scenario peggiore al -10,5%. Ma la seconda ondata del virus ormai già in atto e il calo dei consumi elettrici ad ottobre, crollati del 6,7%, prefigurano una nuova brusca frenata dell'economia, e del resto il Fondo monetario internazionale prevede quest'anno per l'Italia un calo del Pil del 10,6%, con una crescita del rapporto debito/Pil al 161,8% (contro il 158% del governo), e una crescita della disoccupazione all'11%, inferiore solo a Spagna (16,8%) e Grecia (19%).
 

La proroga della cig Covid
Dello scenario straordinario in cui viene varata questa manovra fa quindi strettamente parte la pandemia con le sue drammatiche conseguenze sulla situazione economica e sociale, a cominciare dal problema esplosivo del blocco dei licenziamenti che sta scadendo e dalla necessità di prorogare la cassa integrazione per sostenere l'occupazione nei settori in crisi: problemi di cui si dovrà occupare il nuovo decreto anticovid previsto per novembre, il quarto dall'inizio della pandemia. Intanto la manovra stanzia 5 miliardi per prorogare la cassa integrazione Covid (di cui però solo 3,5 sono effettivamente aggiuntivi a quelli già stanziati in precedenza). Le erogazioni saranno legate alla perdita di fatturato: nessun contributo dalle aziende per perdite oltre il 20% nei primi tre trimestri 2020 e 2021; sotto il 20% pagheranno il 9%, e il 18% se non hanno perso nulla. I sindacati chiedono altre 18 settimane di proroga della cig, fino a marzo, mentre la ministra del Lavoro Catalfo non vorrebbe andare oltre le 10 settimane.
 

No alla fine del blocco dei licenziamenti
Quanto ai licenziamenti il divieto si esaurisce tra novembre e il 31 dicembre, quindi sono già praticamente in atto. Il governo non lo vorrebbe prolungare oltre il 31 gennaio, alla scadenza dello stato di emergenza, mentre i sindacati chiedono che resti in vigore per tutta la durata della cig, cioè fino a marzo. Per il governo il divieto di licenziamento resterebbe in vigore solo per le aziende che utilizzano la cig Covid. Per la fine del blocco dei licenziamenti premono fortemente gli industriali, con Bonomi che tuona: “Il blocco dei licenziamenti è anche il blocco delle assunzioni. L'Italia è l'unico paese ad aver adottato questo provvedimento”.
Ma anche la ministra M5S Catalfo ormai sostiene apertamente lo sblocco dei licenziamenti: “Solo nel caso in cui si utilizza la cassa Covid ha senso che ci sia un blocco”, ha detto parlando all'assemblea dei giovani imprenditori di Confindustria. Lo stesso ha fatto anche il ministro dello Sviluppo economico, il M5S Patuanelli, escludendo una nuova proroga del blocco generalizzato dei licenziamenti, tanto che è stato preso subito in parola dal vicepresidente di Confindustria per le relazioni industriali, Maurizio Stirpe, che parlando alla stessa assemblea ha sottolineato: “Ci aspettiamo che alla parole di Patuanelli sui licenziamenti seguano i fatti. Il divieto di licenziare infatti era stato detto essere una misura emergenziale”.
La cosa più preoccupante è che anche le segreterie sindacali di Cgil, Cisl e Uil sembrano rassegnarsi a questa logica e a cedere alle pressioni convergenti di governo e padronato, limitandosi a chiedere una proroga di qualche mese sperando che nel frattempo la pandemia finisca, o che almeno arrivi la riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro promessa da Catalfo a togliere loro le castagne dal fuoco. Il segretario della Uilm, Rocco Palombella, è arrivato ad offrire agli industriali la rinuncia agli aumenti salariali in cambio del blocco dei licenziamenti.
Noi invece non abbiamo cambiato posizione: i licenziamenti vanno bloccati permanentemente, senza scadenza, e la cassa integrazione va utilizzata fin che serve e deve essere a salario pieno. Inoltre è inaccettabile, in quanto odiosamente ricattatorio, qualsiasi scambio tra rinnovo dei contratti e occupazione. La pandemia è un frutto avvelenato del marcio capitalismo: che la paghino i capitalisti, non i lavoratori!
 

Forti aiuti pubblici alle aziende
Tanto più che anche questa manovra di bilancio straordinaria non lesina gli aiuti alle aziende. E non ci riferiamo a quelli, doverosi, per le piccole e medie imprese colpite dalla crisi pandemica, come il fondo di 4 miliardi per i settori del turismo, ristorazione, fiere e congressi, la moratoria dei muti in scadenza il 31 gennaio, il blocco fino al 31 dicembre di tutte le cartelle esattoriali già scadute il 15 ottobre e di tutti i provvedimenti esecutivi. Ci riferiamo soprattutto al nuovo pacchetto da 31 miliardi nei prossimi tre anni (13 nel 2021 e 9 per i due anni successivi) per la riconferma triennale del piano industria 4.0, con i crediti di imposta dal 6 al 40% per i beni strumentali, per la ricerca e sviluppo, per l'innovazione digitale e per la formazione; e per il rifinanziamento della Nuova Sabatini, che offre prestiti agevolati per acquisto macchinari e garanzia statale sugli interessi. Ma anche agli 1,5 miliardi per l'internazionalizzazione delle imprese e ai sostegni statali alla ricapitalizzazione delle società private. E bisognerebbe aggiungere anche il nuovo rinvio della platic tax e della sugar tax, per ingraziarsi gli industriali degli imballaggi e alimentari, fortemente voluto e strappato dai renziani di Italia Viva con la minaccia di non firmare il documento di sintesi della manovra da inviare a Bruxelles.
 

Decontribuzione giovani e contratti a termine
Per il sostegno al lavoro - se si escludono i 5 miliardi per la proroga della cig Covid impropriamente conteggiati in questa voce – la manovra stanzia invece solo 600 milioni per coprire l'azzeramento per tre anni dei contributi per l'assunzione a tempo indeterminato di giovani sotto i 35 anni o per la trasformazione di contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. Il governo spera con questo di creare 100 mila assunzioni di giovani all'anno.
Si pensa anche a prorogare di nuovo i contratti a termine in deroga al decreto dignità: secondo l'Istat tra i 530 mila occupati in meno tra marzo e giugno ben il 65% erano con contratto a termine. E di questi solo 26 mila posti sono stati recuperati in estate. A dimostrazione che si tratta palesemente di un provvedimento ad esclusivo vantaggio delle aziende, che con la scusa della pandemia possono continuare a sfruttare lavoro precario invece di mettersi in regola assumendo a tempo indeterminato. Per noi i contratti a termine vanno invece completamente aboliti, il lavoro deve essere sempre a tempo indeterminato, pienamente retribuito e sindacalmente tutelato.
 

Un pannicello caldo per il dramma del Sud
Per il Mezzogiorno lo stanziamento è di 4,8 miliardi per il 2021, per prorogare a tutto l'anno prossimo il taglio del 30% dei contributi previdenziali e assistenziali per le assunzioni al Sud già concesso nel decreto Agosto e in vigore da ottobre a fine anno. Vale per circa 3,5 milioni di contratti, anche a termine, delle regioni del Sud e dell'Umbria, esclusi i settori agricolo e domestico. Anche qui, come per la decontribuzione per i giovani, si tratta di misure che vengono spacciate per sostegno all'occupazione, ma in realtà il sostegno è alle aziende, ed è di breve respiro perché come l'esperienza insegna le assunzioni cessano e le aziende ricominciano a licenziare appena cessano le agevolazioni. Si tratta comunque di un pannicello caldo, assolutamente ben lungi da poter imprimere quella svolta che serve veramente al Meridione per colmare il suo storico divario sociale, economico e di sviluppo con il resto d'Italia.
 

Sanità ancora con poche risorse e senza un piano
Alla Sanità la manovra riserva circa 4 miliardi per il 2021 che – ha sottolineato Gualtieri per giustificare il non ricorso ai soldi del Mes chiesto unanimemente da sindacati e Confindustria – si vanno ad aggiungere agli 8 già stanziati con i decreti anticovid e a cui ne seguiranno altri 6 dal Recovery plan . Ma il ministro dell'Economia “dimentica” che negli ultimi 10 anni sono ben 37 i miliardi tagliati al sistema sanitario nazionale. In ogni caso di questi 4 miliardi solo 1 è destinato a rifinanziare quest'ultimo, il grosso del resto va a coprire l'assunzione di 30 mila tra medici e infermieri, ma solo con contratti a termine legati alla durata dell'emergenza, e un fondo per i vaccini ed altre necessità anticovid. Solo una minima parte residua è destinata al rinnovo dei contratti della sanità pubblica.
È sotto gli occhi di tutti la totale impreparazione in cui è stato lasciato ad affrontare la già prevista seconda ondata autunnale della pandemia il nostro servizio sanitario pubblico, nonostante i tre-quattro mesi di tregua a disposizione del governo, delle Regioni e degli Enti locali per approntare le necessarie difese. Non sono stati spesi neanche la maggior parte dei soldi stanziati dai tre decreti anticovid, e non si intravede ancora, neanche in questa manovra, uno straccio di piano per dare la necessaria svolta alla sanità pubblica.
 

Riforma fiscale e assegno unico per i figli
Sono iscritti a bilancio anche 8 miliardi complessivi per la riforma fiscale, che però partirà solo dal 1° gennaio 2022. Il governo parla di ridisegnare le aliquote per alleggerire le fasce medio-basse; ma senza aumentare la progressività che è stata molto ridotta negli anni dai vari governi di destra e di “centro-sinistra”. Due di questi miliardi serviranno a rendere strutturale la riduzione del cuneo fiscale di 100 euro per i redditi tra 28 mila e 40 mila euro.
Da luglio 2021 dovrebbe partire inoltre l'assegno unico per i figli a carico, già votato da un ramo del parlamento, per una spesa di 6 miliardi, di cui 3 nel 2021. Si tratta di un assegno universale di 50 o 100 euro per ogni figlio, dal settimo mese di gravidanza a 21 anni, più una cifra variabile per portare il totale a 200-220 euro, legata al reddito familiare Isee e accessibile a lavoratori dipendenti, autonomi e incapienti.
La cosa più assurda, e da respingere al pari dei finanziamenti pubblici alle scuole private e confessionali, è che una parte dell'assegno, quella universale, verrà percepita anche dalle famiglie ricche, mentre quei soldi potrebbero essere destinati a chi ne ha veramente bisogno. In tempi in cui sarebbe più necessaria che mai una patrimoniale proporzionale alla ricchezza posseduta per sostenere il paese prostrato dalla pandemia, si pensa invece di regalare soldi ai ricchi! Ma è nella logica di chi questa misura l'ha fortemente voluta, IV di Renzi, la stessa logica elettorale ruffiana del bonus di 500 euro a tutti i giovani, anche benestanti. Oltretutto, siccome le risorse per coprirla saranno trovate con la cancellazione delle detrazioni fiscali, degli assegni e di altri bonus familiari attualmente in vigore, si corre il rischio che quasi il 30% degli interessati ci rimettano, come ha avvertito un dettagliato allarme lanciato dall'Istat.
 

I soldi pubblici non devono andare ai privati
In conclusione, anche questa manovra di bilancio, come le altre manovre dall'inizio della pandemia, chiama investimenti per il lavoro, l'occupazione, i giovani, il Sud, quelli che in realtà continuano ad essere finanziamenti pubblici alle imprese private “affinché li investano per aumentare i posti di lavoro e portare il lavoro al Sud”. Un flusso di miliardi pubblici che il più delle volte va ad ingrassare capitalisti senza scrupoli, profittatori e mafiosi senza creare un solo posto di lavoro stabile, mentre dovrebbe essere gestito direttamente dallo Stato, attraverso una programmazione pianificata di progetti e interventi di risanamento e sviluppo, per il Mezzogiorno, la sanità, la scuola, la messa in sicurezza del territorio, e così via. È l'unico modo possibile per creare lavoro stabile e utilizzare le risorse pubbliche, comprese quelle che verranno da Recovery plan , per il benessere esclusivo dei lavoratori e delle masse popolari e per assicurare il futuro ai giovani.
Intanto noi rivendichiamo urgentemente il blocco permanente dei licenziamenti, la cassaintegrazione a salario pieno per i lavoratori che si ammalano di Covid e 1.200 euro al mese a coloro che sono senza reddito e senza ammortizzatori.
 

28 ottobre 2020