Contro il Dpcm e la “Zona rossa”
Manifestazioni di protesta in tutta la Calabria
Migliaia di persone chiedono maggiori interventi sulla sanità e nuovi posti letto. Conte nomina il discusso Zuccatelli nuovo commissario
Che la crisi economica ricada sulle spalle dei capitalisti e non su quelle del proletariato e delle masse popolari

Dal corrispondente della provincia di Reggio Calabria e della Calabria
L’entrata in vigore dell’ultimo Dpcm, firmato il 3 novembre dal presidente del consiglio Giuseppe Conte ha collocato la Calabria insieme a Lombardia, Piemonte e Val d’Aosta in “zona rossa”. Una decisione dettata non dal numero giornaliero dei contagi Covid registrati, che sono meno di 300, ma dalla situazione sanitaria disastrata.
Secondo gli esperti le prossime settimane saranno cruciali perché, con un Rt superiore a 1,66, la probabilità che i posti di terapia intensiva disponibili in Calabria vengano occupati oltre il 30% e quelli in reparto oltre il 40% sale a più del 50%. In maniera preventiva, si è deciso quindi di chiudere per non mandare in affanno ospedali, medici e infermieri e per non fare collassare il già fragile sistema sanitario calabrese che non potrebbe reggere l’urto di questa seconda ondata pandemica qualora il numero di ricoverati Covid dovesse aumentare.
Emergono così in tutta la loro drammaticità le gravi responsabilità del governo centrale che pur avendo avuto a disposizione sette mesi di tempo non è riuscito a preparare il Paese per contrastare la diffusione del virus, in particolare ci sono le responsabilità del Commissario straordinario dotato di “pieni poteri”, l’ex generale dell’arma dei carabinieri Saverio Cotticelli, nominato nel dicembre 2018 dal primo governo Conte su proposta dell’allora ministra della salute Giulia Grillo (M5S).
Cotticelli non solo non è stato in grado di risanare un debito di 160 milioni di euro, (non c’erano riusciti i suoi predecessori dopo 11 anni di commissariamento della sanità calabrese) ma non è stato nemmeno capace a preparare un piano d’emergenza adeguato per la realizzazione di un centro Covid regionale, di Covid-hotel, l’assunzione di 500 unità di personale medico e paramedico a tempo determinato e indeterminato, la realizzazione di 136 nuovi posti di terapia intensiva e di 134 di sub-intensiva.
In un'intervista rilasciata a “Titolo quinto” (RaiTre) il commissario ad acta ignorava addirittura di essere stato incaricato dal governo anche del “Programma operativo per la gestione dell’emergenza Covid“, scaricando la responsabilità sul presidente della giunta regionale. Una débâcle clamorosa e vergognosa che gli è valsa la sostituzione con effetto immediato da parte di Conte, in evidente imbarazzo dopo la fiducia concessagli per altri tre anni con l’approvazione del “Decreto Calabria”.
Sulla sua pagina Facebook cercando di correre ai ripari e salvare la faccia il dittatore antivirus dichiarava: “Voglio firmare il decreto già nelle prossime ore: i calabresi meritano un nuovo commissario pienamente capace di affrontare la complessa e impegnativa sfida della sanità”. E per non smentirsi nominava successivamente il 76enne bersaniano Giuseppe Zuccatelli, ex commissario dell’Asp di Cosenza coinvolto nello scandalo Rsa “Villa Torano” e attualmente in quarantena nella sua Emilia-Romagna dopo essere risultato positivo al Covid-19. Ciò non dovrebbe stupire perché Zuccatelli ha sempre affermato che “la mascherina non serve a un cazzo” e che “per prenderti il virus devi baciarti con un positivo per 15 minuti con la lingua in bocca”. Insomma, a quanto pare si è caduti dalla padella alla brace (si veda l'articolo a parte).
Nel frattempo si sono susseguite manifestazioni di protesta, in gran parte spontanee, contro il nuovo Dpcm che tutela la classe dominante borghese, il grande capitale e l’alta finanza e scarica sulla pelle della popolazione la devastante crisi economica dell’ormai putrido sistema capitalista. Tra le più partecipate, da segnalare quelle di Reggio Calabria e Cosenza dove le masse popolari sono scese in piazza per opporsi all’istituzione della “zona rossa” e per denunciare a voce alta le politiche criminali dei governi di “centro-destra” e “centro-sinistra” che hanno smantellato negli ultimi vent’anni la sanità pubblica regionale a vantaggio di quella privata.
A migliaia, tra cui commercianti, Partite Iva, impiegati pubblici, cassaintegrati, disoccupati, operai, studentesse e studenti hanno dato vita a lunghi cortei che in alcuni casi sono sfociati in veri e propri blocchi stradali. Tutti uniti a urlare “Libertà, libertà” e a chiedere maggiori interventi sulla sanità e la creazione di nuovi posti letto.
A Crotone durante il primo giorno di “lockdown”, i negozianti colpiti dalle misure restrittive si sono ribellati e hanno deciso di tenere aperti i loro esercizi nonostante i divieti: “Se non moriremo di Covid, moriremo di fame”, dicono disperati. La stessa forma di protesta è andata in scena anche a Gioia Tauro e a Palmi dove a distanza di 13 anni si aspetta ancora la costruzione di un nuovo ospedale.
Noi marxisti-leninisti appoggiamo queste manifestazioni e queste forme di protesta rilanciando con forza le parole d’ordine: “Il lavoro prima di tutto. Blocco permanente dei licenziamenti. Cassaintegrazione per Covid a salario pieno. 1.200 euro al mese ai senza reddito e ammortizzatori sociali”. Che la crisi economica ricada sulle spalle dei capitalisti e non su quelle del proletariato e delle masse popolari.
 

11 novembre 2020