Centenario della morte dello stretto compagno d'armi di Marx
Gloria eterna a Engels
Cofondatore del socialismo scientifico e grande maestro del proletariato internazionale
Discorso di Mino Pasca a nome del Comitato centrale del PMLI
Pubblichiamo di seguito il discorso che Mino Pasca, a nome del Comitato centrale del PMLI, pronunciò il 25 giugno 1995 al Palazzo dei Congressi di Firenze, in occasione del centenario della morte di Friedrich Engels.
Il 5 agosto 1895 si spegneva nell'esilio londinese Friedrich Engels, il grande maestro del proletariato internazionale che insieme a Marx ha fondato il socialismo scientifico e ha avviato un rivolgimento storico tanto sconvolgente che noi, a un secolo di distanza, abbiamo appena intravisto e possiamo solo parzialmente immaginare.
Il Comitato centrale del PMLI, a nome del quale pronuncio questo discorso, ha voluto celebrare il centenario della morte per rendergli il doveroso omaggio, riaffermare la devota riconoscenza dei marxisti-leninisti e del proletariato italiani e cogliere quest'occasione per riflettere sulla attualità dei suoi insegnamenti, ispirarsi a lui e alla sua opera per proseguire sulla strada che Marx ed Engels ci hanno indicato.
Sulle gambe possenti, costituite da questi due giganti del pensiero e dell'azione rivoluzionari, il proletariato moderno si è alzato in piedi, si è sollevato dallo stato di disgregata e passiva moltitudine di sfruttati abbrutiti e oppressi dal capitalismo cominciando a prendere coscienza di rappresentare il fulcro e il cuore del sistema economico capitalistico, la prima classe oppressa nella storia che non cerca semplicemente una sua separata e particolare emancipazione sociale ma per liberare se stessa deve eliminare le condizioni stesse di ogni sfruttamento dell'uomo sull'uomo, e si è incamminato in quella lunga marcia che porterà l'umanità al socialismo e al comunismo.
“Le antiche leggende
- scriveva Lenin in un articolo del 1895 che commemorava la morte di Engels -
tramandano diversi esempi commoventi di amicizia. Il proletariato europeo può dire che la sua scienza è stata creata da due scienziati e militanti i cui rapporti personali superano tutte le più commoventi leggende antiche sull'amicizia umana. Engels si è sempre posposto, e del resto a giusta ragione, a Marx. «Vicino a Marx - scrive egli a un vecchio amico - non ero che il secondo violino», Il suo amore per Marx vivente e la sua venerazione per la memoria del defunto erano illimitati. Questo militante austero, questo rigoroso pensatore aveva un'anima profondamente affettuosa”
(1).
Il rapporto tra Marx ed Engels è la testimonianza viva del miracolo compiuto dall'apparizione del proletariato e dalla nuova concezione del mondo su queste due personalità fortissime e tuttavia diversissime tra loro, che rifuggirono da ogni individualismo e ricerca del primato personale per fondere le loro esistenze in una comunanza ideale e di vita che ha reso unica e inscindibile la loro opera e indistinguibile, per un materialista, l'effettivo contributo dell'uno rispetto a quello dell'altro. Sempre si sostennero reciprocamente nella faticosa attività teorica e di indagine scientifica, nell'impegnativa attività di direzione del movimento operaio internazionale e, soprattutto, nelle avversità della loro precaria e tormentata esistenza di esuli perseguitati dai governi assoluti e repubblicani e calunniati dagli spocchiosi intellettuali borghesi e piccolo-borghesi. Se in due appena sono riusciti in un'impresa che avrebbe potuto occupare vanamente più generazioni di proletari rivoluzionari è solo perché le loro prodigiose capacità sono state sorrette e animate da una dedizione sincera, disinteressata, assoluta e da una fiducia incrollabile nella causa della rivoluzione e del socialismo. La grandiosa potenza indagatrice e la forte tempra teorica di Marx si sommarono e gareggiarono con la straordinaria versatilità, l'erudizione e l'intuito rapido e vivace di Engels. Si divisero lo sfibrante lavoro teorico, politico e organizzativo secondo competenze e attitudini mai guardando al proprio tornaconto personale e tuttavia alla bisogna si scambiarono senza difficoltà compiti e mansioni. In particolare fu Engels a sobbarcarsi con entusiasmo i compiti più oscuri, fastidiosi e insopportabili, pur di creare le migliori condizioni possibili all'attività di ricerca scientifica, specie negli studi economici e nella stesura del Capitale
, in cui eccelleva l'amico. Verso il quale si dimostrò tanto generoso quanto modesto, nutriva una ammirazione sconfinata che non gli impediva di svolgere dialetticamente un proprio ruolo attivo e insostituibile, venuto in piena luce solo dopo la scomparsa di Marx e molti anni dopo la sua morte con la pubblicazione del loro carteggio.
Engels fu un rivoluzionario proletario modello dalla testa ai piedi, ossia nelle idee come nei sentimenti, nella vita pubblica come in quella privata, in ogni aspetto e momento della sua attività. Non fu né facile né breve né semplice una tale trasformazione, in lui che era il primogenito di una ricca e bigotta famiglia di industriali tessili tedeschi. Eppure alla tranquilla, onorata e agiata vita cui era destinato, preferì l'esistenza precaria e inquieta del rivoluzionario proletario. Come accadde ai tanti rivoluzionari che lo affiancarono per qualche tappa di questo lungo cammino, avrebbe potuto ritirarsi agli esordi, quand'era un hegeliano di sinistra nemico acceso di ogni dogma religioso, o accontentarsi di aver dato piena cittadinanza alle istanze liberali dei democratici borghesi, o tacitare la sua coscienza infoltendo le file dei riformisti e filantropi piccolo-borghesi che invocavano semplici attenuazioni o miglioramenti alle tremende condizioni di vita e di lavoro del popolo lavoratore, oppure rimanere inghiottito nella palude delle sette e correnti socialiste premarxiste, o, infine, essere frastornato, lusingato e corrotto dall'opportunismo di destra socialdemocratico che fece scempio della lotta di classe e alla rivoluzione preferì la rassicurante e soporifera dialettica parlamentare nonché la ricerca di qualche comoda e remunerata poltrona elargita dalla classe dominante. Disprezzando gli agi, la fama e il successo che gli sarebbero piovuti addosso, come in genere accade agli eroi di cartone della borghesia, Engels proseguì coerentemente e coraggiosamente portando la sua scelta fino alle estreme conseguenze: rinnegare la propria classe borghese di origine e abbracciare la causa del proletariato. A lui ben si adattano le parole che egli pronunciò nel commovente discorso di commiato davanti alla tomba dell'amico fraterno, compagno di lotta, discepolo e maestro a un tempo, Marx:
“Contribuire in un modo o nell'altro all'abbattimento della società capitalistica e delle istituzioni statali che essa ha creato, contribuire all'emancipazione del proletariato moderno al quale egli, per primo, aveva dato la coscienza delle condizioni della propria liberazione, - questa era la sua reale vocazione. La lotta era il suo elemento. Ed ha combattuto con una passione, con una tenacia e con un successo come pochi hanno combattuto"
(2).
Dal liberalismo al socialismo scientifico
Nato a Barmen il 28 novembre 1820, Friedrich Engels come Marx proveniva dalla Renania, la regione più industrializzata della Germania. La sua indole ribelle lo mise presto in conflitto con l'ambiente pietistico e bigotto della famiglia e in particolare col padre, un industriale tessile che sognava per il figlio la carriera commerciale e voleva farne un imprenditore.
Fin da giovanissimo era rimasto impressionato, lungo il tragitto che giornalmente percorreva per andare a scuola, dalle condizioni di miseria e sfruttamento in cui versavano bambini, donne e uomini del proletariato tedesco al punto di denunciare, appena diciannovenne, nel suo primo lavoro giornalistico apparso su una rivista progressista di Amburgo: “Tra le classi inferiori domina una miseria spaventosa, specialmente tra i lavoratori delle fabbriche". "II lavoro in ambienti bassi, dove la gente respira più esalazioni di ossido di carbonio e polvere che ossigeno, e per Io più già a partire dall'età di sei anni: è fatto apposta per togliere loro ogni forza e ogni gioia di vivere”.
E mentre denunciava le miserie del proletariato, con le sue
Lettere dal Wuppertal
, che gettarono scompiglio e scandalo in quella valle di baciapile cominciò a saldare il conto con l'intollerante e oscurantista educazione religiosa subita nell'adolescenza quando decise di attaccare pubblicamente l'influenza pietistica e mistica la quale
"estendendosi in tutte le direzioni, pervade e corrompe ogni singolo settore della vita. Esercita il suo potere principalmente nell'istruzione, soprattutto nelle scuole"
(3).
Da studente aveva cominciato a odiare il dispotismo monarchico-feudale e l'arbitrio delle autorità e dei funzionari governativi e non avrebbe esitato a sfidare con una raffica di articoli e opuscoli, impresa di un'audacia impareggiabile per un ventenne del tempo, nientemeno che il nuovo rettore nominato dal re per stroncare l'influenza dei giovani radicali e poi lo stesso sovrano prussiano Federico Guglielmo IV.
Nel 1837, un anno prima degli esami finali, Engels fu indotto dalle direttive paterne a lasciare gli studi per poi impiegarsi senza i stipendio in una ditta commerciale di Brema. Nelle intenzioni del padre ciò avrebbe dovuto disciplinare e sottomettere il suo spirito ribelle. E invece, finalmente lontano dall'asfissiante condizionamento familiare, Engels si gettò con passione in intensissimi studi scientifici e politici e cominciò a frequentare i circoli letterari e filosofici democratici più radicali che nella Germania del tempo erano il modo per aggirare il divieto di associazioni politiche e di riunione. Cosicché, lungi dal ricomporsi, il conflitto politico col padre finì coll'inasprirsi, e questi si sarebbe definitivamente rifiutato di mantenerlo agli studi universitari se non avesse prima rinunciato alle sue idee e attività rivoluzionarie. La sua straordinaria cultura e le conoscenze sterminate in ogni campo del sapere umano le acquisiva non in modo accademico e scolastico ma attraverso la scuola della lotta di classe, specie nella forma di lotta teorica e di lotta politica: la sua università, insomma, fu la partecipazione personale e attiva agli avvenimenti cruciali del suo tempo, a quella realtà che egli, insieme a Marx, non si proponeva soltanto di conoscere e interpretare ma soprattutto di trasformare. Insofferente verso ogni astrattismo libresco, era mosso da curiosità e vivacità intellettuali e da forte interesse verso i problemi scottanti del suo tempo.
A sottolineare queste sue caratteristiche antitetiche agli accademici parrucconi del tempo, in una lettera del luglio 1842 scriveva:
“Sono 'commesso viaggiatore in filosofia' e non mi sono comprato il diritto di filosofare mediante il dottorato”
(4).
In quegli anni la. Germania era teatro di una lotta senza quartiere tra assolutisti feudali e democratici borghesi.
“La lotta
- ricorda Engels -
venne ancora condotta con armi filosofiche, ma non più per fini filosofici astratti; si trattava in modo diretto della distruzione della religione tradizionale e dello Stato esistente"
(5).
Engels, come del resto Marx, si schierava con passione con i giovani hegeliani di sinistra, i quali dalla dottrina del grande filosofo idealista tedesco succhiavano la linfa rivoluzionaria, ossia il metodo dialettico e la fiducia nella ragione umana, nei suoi diritti e nella storia, e ne respingevano il sistema, a cui guardavano i reazionari per giustificare e consacrare filosoficamente lo stato assolutistico e le idee dominanti in campo politico e religioso. Se niente è immutabile ed eterno e tutto in divenire, perché mai un giovane che aborriva, come Engels, l'ingiustizia e il male dominanti avrebbe dovuto rinunciare alla lotta per rovesciare le istituzioni vigenti?
Dopo due anni di permanenza a Brema, tra il 1841 e il '42 Engels compì il servizio militare a Berlino, dove entrò in contatto con un circolo di giovani hegeliani già frequentato da Marx.
Oramai il processo di decomposizione della scuola hegeliana avanzava inesorabilmente, sospinto dalle necessità pratiche dei suoi esponenti più decisi nella critica dell'ordine esistente.
Si trattava di rompere ogni indugio, distaccarsi dalle contraddittorie ambiguità dell'hegelismo e volgersi rapidamente verso il materialismo. Engels a Berlino riconosceva già apertamente il suo ateismo e sbarazzarsi della camicia di forza dell'idealismo fu per lui un'autentica liberazione che descrisse efficacemente nello scritto
Ludwig Feuerbach e il punto d 'approdo della filosofia classica tedesca
molti anni dopo, nel 1886:
“Allora apparve l'Essenza del cristianesimo di Feuerbach. D'un colpo essa ridusse in polvere la contraddizione, rimettendo sul trono senza preamboli il materialismo. La natura esiste indipendentemente da ogni filosofia; essa è la base sulla quale siamo cresciuti noi uomini, che siamo pure prodotti della natura; oltre alla natura e agli uomini, non esiste nulla, e gli esseri più elevati che ha creato la nostra fantasia religiosa sono soltanto il riflesso fantastico del nostro proprio essere. L'incanto era rotto; il 'sistema'
(hegeliano n.d.r.)
era spezzato e gettato in un canto; la contraddizione era rimossa, in quanto esistente soltanto nell'immaginazione. Bisogna aver provato direttamente l'azione liberatrice di questo libro, per farsi un'idea di essa. L'entusiasmo fu generale: in un momento diventammo tutti feuerbachiani”
(6).
Un altro anello, l'ultimo, si aggiungeva alla catena che avrebbe condotto Marx ed Engels di lì a pochi anni a elaborare la concezione materialistica della storia. Fin da adolescente Engels aveva avuto tendenzialmente un inconsapevole approccio materialistico col mondo circostante, che osservava attentamente, indagava e a cui si ispirava per ogni sua considerazione, ora che era divenuto coscientemente un materialista gli si spalancarono orizzonti sconfinati: finalmente aveva la chiave per capire l'origine concreta di ogni conflitto di idee. Se lo sviluppo della società è condizionato dallo sviluppo delle forze produttive e se in genere tutti i fenomeni della vita sociale, le aspirazioni e le idee degli uomini, le loro leggi e istituzioni dipendono dai reciproci rapporti degli uomini nella produzione si può dunque immaginare con quale entusiasmo Engels, una volta terminato il servizio militare a Berlino, si recasse nel novembre 1842, inviato dal padre, nella ditta di cui questi era socio, a completare il suo tirocinio commerciale, in Inghilterra a Manchester, nella culla ed epicentro della classe operaia, là dove la realtà sociale industrializzata era più evoluta politicamente e aveva avuto modo dal punto di vista economico e sociale di differenziare più nettamente questa classe da ogni altra.
Durante il viaggio di andata deviò per Colonia dove ebbe un primo fugace incontro con Marx, direttore della
Gazzetta renana
a cui già collaborava, ma avrebbe dovuto aspettare due anni prima di avviare quel commovente sodalizio con Marx che avrebbe intrecciato e fuso le loro esistenze al servizio della causa del proletariato e del socialismo, due anni intensi trascorsi a completare il loro passaggio dal radicalismo borghese al comunismo seguendo vie diverse, secondo percorsi congruenti alle rispettive formazioni, esperienze, indoli. E quando nel 1844 si ritroveranno a Parigi e constateranno di essere approdati alle stesse conclusioni, Marx prevalentemente attraverso la critica della filosofia, del diritto e della politica dominanti e studiando la Rivoluzione Francese, Engels prevalentemente attraverso la critica del sistema economico capitalistico e dell'organizzazione sociale e politica, studiando gli sbocchi della rivoluzione industriale in Inghilterra, e osservando e generalizzando l'esperienza del movimento operaio inglese, avranno l'ennesima conferma e la prova inequivocabile che il comunismo è la
"conclusione necessaria" "della civiltà moderna"(7).
Il soggiorno a Manchester costituì una svolta nella vita di Engels, il passaggio cruciale che lo aiutò a diventare definitivamente, con un certo anticipo rispetto a Marx, un comunista. In Inghilterra Engels dedicò assai poche attenzioni ed energie al lavoro di impiegato, com'avrebbe desiderato il padre: '
'ho rinunciato alla compagnia e ai trattenimenti, al vino di Porto e allo champagne delle classi medie
- scriverà -
, ho dedicato le mie ore libere quasi esclusivamente a frequentare semplici operai; sono insieme contento e fiero di averlo fatto"(8).
Impressionato dallo sviluppo capitalistico raggiunto dall'Inghilterra e dai violenti conflitti sociali e politici che l'attraversavano, si schierò apertamente col proletariato, ne descrisse minuziosamente la vita di miseria e di sfruttamento con un'inchiesta condotta sul campo e con lo studio sistematico di una quantità sterminata di documenti ufficiali e statistiche, e lo riconobbe come la classe rivoluzionaria per eccellenza, la classe antagonista alla borghesia che avrebbe inevitabilmente preso coscienza del suo ruolo storico di forza motrice della rivoluzione socialista. Entrò in contatto con le organizzazioni sindacali e politiche del movimento operaio, partecipò attivamente alle loro riunioni e agitazioni.
Abituato a frequentare intellettuali ed esponenti della sua classe di origine, il giovane Engels scopri un nuovo pianeta che gli era rimasto fin lì sconosciuto e ne fu affascinato. Il contatto con gli elementi avanzati della classe operaia trasformò radicalmente il suo atteggiamento:
"Erano i primi rivoluzionari proletari che vedevo
- ricorderà in seguito -
, e per quanto allora le nostre vedute divergessero nei particolari
perché al loro angusto comunismo egualitario io contrapponevo allora una buona dose di altrettanto angusta altezzosità filosofica, - non dimenticherò mai la grande impressione che fecero su di me questi tre uomini veri, nel momento in cui io incominciavo soltanto a voler diventare un uomo.
(9) Ora che stava abbracciando la causa del proletariato cominciava a sentirsi un uomo.
Non si accontentava mai di conoscere la realtà filtrata attraverso le descrizioni dei libri ma preferiva entrare in contatto diretto, viverla ed osservarla e quindi abbracciarla con la raccolta, l'esame e l'analisi minuziosi delle fonti autentiche ricercate ovunque e non solo nelle biblioteche laddove si rinchiudono tradizionalmente gli studiosi.
Conobbe la giovane operaia irlandese Mary Burns che gli fu compagna fino alla prematura morte di lei, quantunque non volle mai regolarizzare la loro unione perché Engels disprezzò sempre le convenzioni del matrimonio borghese.
Col suo libro
La situazione della classe operaia in Inghilterra
, pubblicato nel 1845, Engels scrisse con stile avvincente ed efficace, crudo e realistico, una spietata e insuperabile requisitoria contro il capitalismo e la borghesia. Prima di lui altri scrittori avevano descritto le spaventose condizioni in cui versavano i lavoratori e le loro sofferenze, ma mai nessuno si era immedesimato col proletariato e aveva osato capovolgere il suo punto di vista di classe che rimaneva pur sempre quello del borghese che si commuove delle altrui disgrazie. Per la prima volta nella storia dell'umanità Engels dava voce al proletariato muto e abbrutito, proponeva un'impareggiabile e innovativa analisi di classe dell'infernale esistenza del proletariato schiacciato dal capitalismo, rifuggendo dal paternalismo filantropico e filisteo dei socialisti borghesi del tempo che predicava la conciliazione fra le classi e invocava semplici attenuazioni e miglioramenti della schiavitù salariata. E a sottolineare tale punto di vista di classe decise di dedicare il libro agli operai, cui si rivolse per metterli in guardia da quanti andavano predicando la conciliazione e la collaborazione con la borghesia invece della lotta di classe: osservando
"
le classi medie, vostre avversarie
"
,
ossia la borghesia, mi sono convinto
"
che voi avete ragione, perfettamente ragione di non aspettarvi alcun appoggio da esse. I loro interessi sono diametralmente opposti ai vostri, sebbene esse cerchino sempre di sostenere il contrario e di farvi credere che nutrono la più fervida simpatia per la vostra sorte... Le classi medie in realtà ad altro non mirano che ad arricchire se stesse, col vostro lavoro, finché possono vendere prodotto, e, a farvi morire di fame, non appena non possono più trarre profitto da questo commercio indiretto di carne umana"(10). E mentre apriva la strada al proletariato nella presa di coscienza della sua condizione di classe e del suo ruolo storico, quest'opera, che in ogni pagina è gonfia di odio di classe contro il capitalismo e lo alimenta nei lettori, si concludeva con un grido di guerra:
"La rivoluzione deve avvenire, è già troppo tardi per giungere a una soluzione pacifica dei problemi ... Le classi vanno separandosi in modo sempre più netto, Io spirito di resistenza compenetra sempre più gli operai, il risentimento cresce, le singole scaramucce da guerriglia confluiscono in più estesi combattimenti e dimostrazioni, e ben presto una piccola spinta basterà a mettere in moto la valanga. Allora certamente risuonerà per tutto il paese il grido: 'Guerra ai palazzi, pace alle capanne!"'(11).
La sua vulcanica attività giornalistica annovera tra gli altri uno scritto che dimostra le sue qualità eccezionali, la sua vivace intelligenza, le capacità anticipatrici dei suoi studi e analisi: attraverso i
Lineamenti di una critica dell'economia politica
egli propose, secondo la definizione di Marx,
"un geniale schizzo di critica delle categorie economiche
(12), sottopose cioè a critica feroce la proprietà privata capitalistica e compì il primo passo nella elaborazione della dottrina economica marxista-leninista.
La straordinaria amicizia con Marx
Nell'agosto del 1844, durante il viaggio di ritorno che lo riportava da Manchester in Germania, Engels passò da Parigi per incontrare Marx, che da un anno vi aveva trovato rifugio a seguito della soppressione, decretata dal governo prussiano, del giornale di opposizione la Gazzetta renana
da lui diretto. Lì nella capitale francese ebbero modo di conoscersi e di constatare piena identità di vedute e identiche aspirazioni. E così capirono di aver bisogno uno dell'altro: dovevano mettere in comune e unire le loro prodigiose energie intellettuali e umane per avere la meglio nell'impresa ciclopica in cui si erano incamminati. Così cominciò la loro esaltante avventura.
Mai sfiorate da invidie, gelosie e rivalità, così frequenti tra gli intellettuali borghesi di grido, le loro diversissime personalità si integrarono magnificamente, potenziarono qualità e competenze, si fusero senza mai guardare al loro tornaconto personale. Grazie alla loro unione è venuto alla luce il socialismo scientifico attraverso un parto durato svariati anni e culminato nella stesura dell'immortale Manifesto del partito comunista
del 1848.
Dovevano anzitutto chiarire le idee a se stessi, liberandole dalle incrostazioni hegeliane e feuerbachiane della loro anteriore filosofia, e lo fecero scrivendo a quattro mani opere comuni e dividendosi la stesura degli articoli e pubblicazioni secondo le rispettive competenze e le necessità complessive del loro progetto comune.
Ritornato nella natale Barmen, Engels si gettò a capofitto nell'attività teorica e pratica, di propaganda e di studio. Cominciò a propagandare con impeto nella sua provincia il comunismo e a organizzare numerose riunioni vietate dalla legge, durante le quali esprimeva le ragioni del proletariato e della rivoluzione contro la proprietà privata, riunioni che in qualche modo possono essere considerate i primi comizi comunisti' in Germania. Ciò gli costò la definitiva rottura col padre industriale e la caccia della polizia che stava maturando la decisione di arrestarlo. Fu così che nell'aprile del 1845 scappò a Bruxelles e andò a vivere nello stesso sobborgo operaio dove da due mesi abitava Marx a seguito della sua espulsione da Parigi per propaganda sovversiva.
Se, da una parte, con alcune fondamentali opere teoriche come
La Sacra famiglia
e
L'Ideologia tedesca
(che peraltro non fu stampata perché nessun editore ebbe il coraggio di sfidare la censura pubblicandola) Marx ed Engels saldarono definitivamente il conto con l'idealismo hegeliano e il materialismo non conseguente e metafisico di Feuerbach, se ne distaccarono e gli contrapposero la nuova concezione proletaria del mondo, il materialismo dialettico e il materialismo storico, dall'altra, lavoravano instancabilmente per conquistare il proletariato alla nuova concezione di classe e per arrivare alla fondazione del partito marxista-leninista.
"Non pensavamo però affatto di comunicare i nuovi risultati scientifici in grossi volumi esclusivamente al mondo dei 'dotti'
- racconta Engels -
(...)
E
ravamo obbligati a dare una giustificazione scientifica della nostra concezione; ma altrettanto importante era per noi conquistare alle nostre idee
il proletariato europeo”(13).
Questo secondo compito li impegnò in un complesso lavoro teorico, politico e organizzativo rivolto a sgomberare il terreno da quell'infinità di tendenze e gruppi cosiddetti socialisti che sotto variopinte sigle nascondevano borghesi e piccolo-borghesi mascherati, esprimevano più un generico e ambiguo ribellismo contro l'ordine esistente piuttosto che la dottrina della emancipazione del proletariato, e avrebbero condannato quest'ultimo a rimanere subalterno alla borghesia. Li impegnò anzitutto ad aprire il cammino al socialismo proletario battendo sul campo la teoria, i programmi, la condotta dei socialisti premarxisti. Scrissero articoli, lettere, circolari e libri, come
Miseria della filosofia
, quest'ultimo per liquidare il socialismo borghese e anarchico di Proudhon che allora era il più diffuso e aveva forte seguito e influenza ed è stato sempre ben visto dalle classi dominanti e dai rinnegati fino a essere strumentalmente rivalutato pochi anni fa da Craxi nell'infame e maldestro tentativo di staccare la storia del socialismo dalla storia del marxismo-leninismo. Non si limitavano a far parlare i loro scritti ma partecipavano in prima persona alla battaglia e regolarmente sbaragliavano ogni avversario. Come in quella riunione di seguaci di Proudhon dove, secondo il racconto di Lenin:
"Engels, ventiseienne, annienta letteralmente il 'vero socialismo'; questa espressione noi la troviamo nella sua lettera del 23 ottobre 1846, molto prima del Manifesto del Partito comunista ... Dottrina 'antiproletaria, filisteismo piccolo borghese', 'frasi vuote', ogni sorta di tendenze 'generalmente umanitarie', la 'paura superstiziosa di un comunismo grossolano' (Löffel-Kommunismus; letteralmente: 'comunismo del cucchiaio', ossia comunismo della pancia), 'piani pacifici per rendere felice' l'umanità: ecco quali sono i giudizi di Engels che si riferiscono a tutti gli aspetti del socialismo premarxista"(14 ).
Da solo, Engels con un coraggio da leone e una dialettica irresistibile riuscì a isolare e battere i dirigenti opportunisti e a convincere i militanti a rigettare il progetto di associazione proposto dai proudhoniani:
"La cosa principale... era di dimostrare la necessità di una rivoluzione violenta (...). Definii dunque così le intenzioni dei comunisti: 1) far trionfare gli interessi dei proletari in opposizione a quello dei borghesi; 2) far ciò mediante l'abolizione della proprietà privata e la sua sostituzione con la comunanza dei beni; 3) non riconoscere altro mezzo per la realizzazione di queste intenzioni se non la rivoluzione violenta, democratica"(15). Così a Parigi, commentava acutamente l'accaduto Lenin, furono poste le fondamenta del Partito marxista-leninista tedesco pur essendo cominciata la battaglia per il partito fin dal 1844.
Marx ed Engels fondarono a Bruxelles un'Associazione operaia tedesca, ma contemporaneamente venivano esercitando un'influenza crescente sugli aderenti e dirigenti di spicco della Lega dei Giusti, la più importante associazione proletaria internazionale del tempo, fino a spaccarne il gruppo dirigente. Li convinsero della giustezza delle loro idee e fecero opera di chiarificazione e orientamento per strappare quell'organizzazione ai principi dell'utopismo, egualitarismo comunismo sentimentale e cristianeggiante sostenuti dal suo massimo esponente, il sarto tedesco Weitling, e all'inconsistenza e al cospirativismo della sua struttura interna che s'addiceva più a una società segreta che al partito del proletariato. Da ispiratori lontani e indiretti ne divennero, gradualmente, organizzatori e infine dirigenti effettivi, fino a essere incaricati di elaborare ed esporre ufficialmente in congresso, ricorda Engels,
"il nostro comunismo critico in un manifesto che poi sarebbe stato pubblicato come manifesto della Lega stessa"(16).
Il Manifesto del partito comunista
Quantunque steso materialmente in modo prevalente da Marx, nella preparazione del Manifesto
Engels ebbe un ruolo di protagonista assoluto. Suo è il progetto di programma (noto come Abbozzo della professione di fede comunista
) posto in discussione al Congresso di fondazione di quell'associazione che mutò il suo nome in Lega dei Comunisti (Marx non era presente perché non era
riuscito ad arrivare a Londra), e forte risultò la sua influenza sull'andamento dei lavori e sui risultati: primo fra tutti l'abbandono dell'umanitarismo interclassista sintetizzato dal vecchio motto "Tutti gli uomini sono fratelli", sostituito dalla parola d'ordine resa celebre dal Manifesto
e diventata simbolo dell'internazionalismo proletario, "Proletari di tutti i paesi, unitevi!"
. E suoi sono i Principi del comunismo
, ossia il primo abbozzo dell'opera che Marx ed Engels erano stati incaricati di redigere quantunque nel frattempo, il secondo in una celebre lettera al primo si dichiarasse contrario alla forma di catechismo che in origine si era proposto di dargli.
Quando qualche settimana prima della rivoluzione democratico-borghese del febbraio 1848 apparve a Londra il Manifesto
del partito comunista
nessuno avrebbe potuto immaginare, neppure i suoi due autori che pure vi avevano lavorato a lungo e curata minuziosamente la stesura di ogni frase, nella consapevolezza di porre mano a uno straordinario documento storico, nessuno avrebbe immaginato la carica dirompente prodotta da questo libro nella storia dell'umanità. Letto dapprincipio da poche decine di militanti, avrebbe nel tempo conquistato migliaia, centinaia di migliaia, milioni di combattenti di avanguardia del proletariato organizzato alla lotta per il socialismo nei cinque continenti. Per il proletariato ha la stessa portata di quella avuta dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1789 per la borghesia; per noi marxisti-leninisti, i comunisti di allora, costituisce il nostro atto di nascita, lì si trovano le ragioni della nostra esistenza e del nostro sviluppo e da lì prendono le mosse il nostro modo di vedere, i nostri scopi, l'intera nostra storia.
Il Manifesto
del partito comunista
è una sintesi insuperata tra l'esposizione della dottrina rivoluzionaria dei marxisti-leninisti e l'appello alla lotta di classe e all'azione rivoluzionaria, tra l'analisi scientifica della storia passata e presente della società umana e la prefigurazione acuta del suo sviluppo e prospettiva, tra l'ideologia e il programma del partito del proletariato. Questo libro, che Stalin ebbe a definire "cantico dei cantici del marxismo"
, ha caratteristiche uniche e irripetibili: infatti mai era accaduto prima che un libro potesse avere tanta influenza sul corso degli avvenimenti storici. La grandezza di Marx ed Engels sta appunto nell'avervi fuso la teoria rivoluzionaria, con la politica rivoluzionaria e con l'azione rivoluzionaria, il passato e il presente col futuro, i destini del proletariato con quelli del socialismo e dei marxisti-leninisti, la formulazione sistematica e integrale della nuova concezione del mondo con la lotta di classe del proletariato per l'emancipazione.
Questo primo documento programmatico del proletariato internazionale chiude definitivamente la preistoria del proletariato, quale classe ignara del suo stato di schiavitù e del suo posto peculiare occupato nel sistema di produzione capitalistico, priva di qualsiasi autonoma concezione del mondo e progetto politico e quindi subalterna ora a questa ora quell'altra classe sociale; e schiude nel contempo una nuova era, contraddistinta dalla lotta del proletariato per l'emancipazione e per il socialismo.
Fin dal titolo, dalla suddivisione tematica dei quattro capitoli e dalle stesse parole con cui aprivano e concludevano quest'opera, Marx ed Engels dichiarano apertamente che sono i comunisti riuniti in partito (oggi direbbero i marxisti-leninisti) a parlare, a esporre senza sotterfugi ma con orgoglio e fierezza le loro idee e i loro programmi, a sfidare le classi dominanti col coraggio che muove chi è certo di rappresentare il futuro; e altrettanto apertamente indicavano nel proletariato il loro interlocutore privilegiato, al proletariato si rivolgono per fornirgli
"con chiarezza e vivacità geniali
- spiega Lenin -
la nuova concezione del mondo, il materialismo conseguente, esteso al campo della vita sociale, la dialettica, come la più completa e profonda dottrina dell'evoluzione, e la teoria della lotta di classe e della funzione storica rivoluzionaria del proletariato, creatore di una nuova società, della società comunista"(17).
Il partito parla alla classe e, giacché lo scopo del primo si identifica con l'interesse generale della seconda, il partito dà voce al proletariato: ecco i due eroi del
Manifesto
. Prendono vita sulla scena politica due nuovi soggetti storici, un binomio che si dissolverà solo colla dissoluzione del proletariato, ossia con la scomparsa delle classi e della lotta di classe. Un binomio inscindibile giacché il proletariato senza partito è cieco e impotente, condannato all'eterna schiavitù, mentre il partito senza proletariato nulla può, esiste, si sviluppa e vince nella misura in cui il proletariato lo riconosce come la sua avanguardia cosciente e organizzata, gli regala i suoi figli migliori e vince le sue battaglie nella marcia verso l'emancipazione. Entrambi operano e prosperano nella lotta di classe contro la borghesia portata fino alle estreme conseguenze, ossia, come recita il
Manifesto
all'
“abbattimento violento di ogni ordinamento sociale esistente"(18)
perché il loro scopo immediato e irrinunciabile è:
"formazione del proletariato in classe, rovesciamento del dominio borghese, conquista del potere politico da parte del proletariato"(19).
La rivoluzione del febbraio 1848 non stupì né trovò impreparati Marx ed Engels, che l'avevano prevista, annunciata, invocata. Dopo l'espulsione di Marx dal Belgio, si trasferirono a Parigi dove, forti del programma tattico del
Manifesto, lanciarono le rivendicazioni del partito comunista nella rivoluzione che dalla Francia andò estendendosi alla Germania e fondarono un circolo comunista tedesco per impedire un piano, che oggi chiameremmo guevarista, di importare la rivoluzione in patria attraverso un'azione armata di un piccolo gruppo di esuli. Davanti a una rivoluzione ispirata da ideali nazionali, liberali e antiassolutisti e in presenza di un debole sviluppo capitalistico che rendeva debole e poco sviluppato il proletariato in Germania, non se ne stettero alla finestra a guardare in attesa di tempi migliori ma appoggiarono l'estrema ala rivoluzionaria della democrazia e così affermavano l'interesse del proletariato nei confronti sia della borghesia sia della piccola-borghesia. Prosciugando i loro averi, pubblicarono a Colonia tra il maggio 1848 e il maggio 1849 il quotidiano
Nuova gazzetta renana
di cui Marx era direttore ed Engels una sorta di vicedirettore. Erano loro due a scriverne gli editoriali, celebri per la loro intransigenza rivoluzionaria proletaria, il pugnace internazionalismo e le inoppugnabili rivelazioni e denunce politiche e
"ogni articolo
- ricordava Engels con piacere molti anni dopo -
colpiva e scoppiava al pari di un proiettile"(20).
Tra gli innumerevoli e preziosi insegnamenti fornitici da questo giornale noi qui, per brevità, vogliamo ricordarne soltanto due: la sprezzante denuncia del cretinismo parlamentare e la corretta posizione di classe assunta nei confronti della piccola borghesia. A proposito della prima Engels scriveva:
"Mettemmo in luce il cretinismo parlamentare (secondo l'espressione di Marx) delle diverse cosiddette Assemblee nazionali. (...) Perfino l'estrema sinistra era vittima di questa autoillusione cretina"(21),
"infermità che riempie gli sfortunati che ne sono vittime della convinzione solenne che tutto il mondo la sua storia e il suo avvenire, sono retti e determinati dalla maggioranza dei voti di quel particolare consesso rappresentativo che ha l'onore di annoverarli tra i suoi membri e che qualsiasi cosa accada fuori dalle pareti di questo edificio - guerre, rivoluzioni... - non conta nulla in confronto con gli eventi incommensurabili legati all'importante questione, qualunque essa sia, che in quel momento occupa l'attenzione dell'onorevole loro assemblea"(22).
Circa il giusto rapporto che il proletariato e il suo partito devono instaurare con la piccola borghesia Engels osservava:
"Quanto meno permettevamo alla piccola borghesia di fraintendere la nostra democrazia proletaria, tanto più essa diventava docile e arrendevole nei nostri riguardi. Quanto più nettamente e decisamente si prende posizione contro la piccola borghesia, tanto più essa si abbassa, tanto più grandi sono le concessioni che essa fa al partito operaio. Di questo potemmo convincerci"(23).
Naturalmente una linea e una condotta così rivoluzionarie gli attirarono l'odio dei nemici di classe che dopo averlo strozzato economicamente e aver perseguitato i suoi redattori riuscirono a imporne la chiusura temporanea. Denunciato di alto tradimento e minacciato d'arresto, Engels fu costretto a nascondersi, poi a fuggire a Bruxelles, dove venne immediatamente espulso, a Parigi e infine in Svizzera. Ma ormai la controrivoluzione vittoriosa, dopo aver incriminato e processato Marx più volte, riuscì alfine a chiudere definitivamente la
Nuova gazzetta renana
e a espellerne i redattori, i quali nell'ultimo numero stampato in caratteri rossi si accomiatarono dagli operai di Colonia con questo grido di battaglia:
"La loro ultima parola sarà dovunque e sempre: Emancipazione della classe operaia!"(24).
"Ma avemmo la soddisfazione
- ricorda Engels -
di essere il solo foglio in Germania e quasi in tutta Europa che tenne alta la bandiera del proletariato sconfitto, nel momento in cui la borghesia e i piccoli borghesi di tutti i paesi si accanivano sui vinti col furore delle loro calunnie
"
(25).
Frattanto Engels, che durante l'emigrazione non aveva perso come Marx la cittadinanza prussiana, partecipò attivamente e con ruoli direttivi all'insurrezione popolare e combatté sulle barricate in tre battaglie nella regione natia, nel Baden-Palatinato, fino a che dopo la sconfitta sfuggì all'arresto riunendosi a Marx a Londra attraverso la Svizzera e l'Italia. In Inghilterra si sarebbe concluso il lungo e penoso esodo dei due fuggiaschi, perseguitati e scacciati ovunque nel continente avevano svolto le loro attività rivoluzionarie, lì sarebbero vissuti da esuli fino alla morte, in condizioni estremamente difficili, angustiati dai mille e mille problemi di chi vive nel bisogno e ricerca affannosamente una qualsiasi fonte di reddito che lo strappi all'indigenza.
Ancora una volta Engels dette esempio di un raro e commovente spirito di sacrificio, generosità e abnegazione: pur di assicurare l'aiuto necessario all'amico e alla sua famiglia, andò a lavorare nella fabbrica patema di Manchester, ritornò ai
"luridi affari"
, a quel commercio che aveva bollato come
"troppo infame"
:
"la perdita di tempo è troppo infame, e soprattutto è troppo infame restare non solo un borghese, ma addirittura un industriale, un borghese in posizione di lotta attiva contro il proletariato"(26); un'attività, a cui aveva giurato di non tornare mai più. Ciononostante fece in modo che la sua attività teorica e politica non subisse eccessivi contraccolpi, mentre con una fitta corrispondenza quasi giornaliera i due amici mantennero una comunanza di idee e un intenso e dialettico scambio di idee e opinioni indispensabili per continuare a elaborare congiuntamente il socialismo scientifico. In quegli anni scrissero importanti e innovatori lavori storici grazie ai quali dimostrarono la superiorità della storiografia materialista. Attraverso le loro brillanti, preziose ed educative analisi del corso delle lotte di classe in Francia e in Germania dettero una chiave di lettura per comprendere quegli avvenimenti tumultuosi e insieme un orientamento di classe sugli sviluppi della rivoluzione agli esuli politici e al movimento di opposizione caduti nella confusione e nell'illusione di una nuova imminente rivoluzione. È significativo che proprio costoro che si dicevano pronti a scatenare avventuristicamente azioni rivoluzionarie di piccoli gruppi, poi fossero i più convinti sostenitori della fusione tra il proletariato e la piccola borghesia.
Nell'Indirizzo del Comitato centrale della Lega del marzo 1850 Marx ed Engels prendevano atto che nella rivoluzione sconfitta l'unico partito a presentarsi disorganizzato, disunito e alla mercé degli altri partiti era stato il partito del proletariato. Occorreva porre fine a ciò, "l'indipendenza degli operai deve essere ristabilita"
. Ma per raggiungere questo obiettivo il proletariato e il suo partito non dovevano farsi abbindolare dalle frasi ipocrite e dalle prediche all'unificazione rivolte loro dal partito democratico, che rappresentava le istanze della piccola borghesia. "Questo partito, il democratico"
, avvertivano, "è per gli operai assai più pericoloso del precedente partito liberale"
. Parole profetiche le loro! Ci soffermeremo ancora un po' su di esse perché, quantunque relative all'assai più arretrata situazione economica e politica di 145 anni fa, sembrano scritte per oggi, mantengono una freschezza e un'aderenza alla nostra situazione da renderle attualissime.
I partiti dei democratici sono più pericolosi per gli operai perché, spiegano
Marx ed Engels: "Ben lungi dal voler rovesciare tutta la società", "tendono a una trasformazione delle condizioni sociali, per cui la società attuale diventi per loro quanto più è possibile tollerabile e comoda ...; in breve, essi sperano di corrompere gli operai con elemosine più o meno larvate, e di spezzare la loro forza rivoluzionaria rendendo momentaneamente sopportabile la loro situazione".
Ma questo non può bastare al proletariato: "Non può trattarsi per noi di una trasformazione della proprietà privata, ma della sua distruzione; non del mitigamento dei contrasti di classe, ma della abolizione delle classi; non del miglioramento della società attuale, ma della fondazione di una nuova società"
.
Quantunque il proletariato in quella determinata fase della lotta di classe non potesse ancora rivendicare il potere ma dovesse compiere un ultimo tratto di strada insieme ai democratici borghesi per abolire il feudalesimo, non doveva in alcun modo mettersi alla coda della borghesia e piccola-borghesia ma essere conseguentemente rivoluzionario, portatore delle rivendicazioni più avanzate, esigere l'attuazione di un programma aderente ai suoi interessi di classe e ai suoi obiettivi. Per nessuna ragione avrebbe dovuto rinunciare alla sua indipendenza politica e organizzativa, al suo partito di classe. Ecco quali calzanti parole usavano Marx ed Engels 145 anni fa quando la montagna revisionista non aveva ancora partorito i due lemming liquidatori del PCI Occhetto e D'Alema.
"Essi predicano al proletariato, in generale, unione e riconciliazione; gli offrono la mano e tendono alla costituzione di un grande partito di opposizione che rappresenti tutte le sfumature del partito democratico, cioè tendono a coinvolgere i lavoratori in una organizzazione di partito in cui dominino le frasi generiche socialdemocratiche dietro cui si nascondono gli interessi specifici dei piccoli borghesi, e nella quale le rivendicazioni specifiche del proletariato, per amor di pace, non dovrebbero essere avanzate. Una simile unione andrebbe solo a vantaggio loro, e completamente a svantaggio del proletariato. Il proletariato perderebbe completamente la sua posizione indipendente, che si è faticosamente conquistata, e si ridurrebbe un'altra volta ad essere appendice della democrazia borghese ufficiale. Codesta unione deve essere dunque risolutamente respinta"(27). Se i due fondatori del socialismo scientifico usavano queste parole di fuoco nei confronti della democrazia piccolo-borghese, che cosa dovremmo dire noi marxisti-leninisti davanti alla confluenza nel PDS di settori significativi della grande borghesia italiana nel segno del regime neofascista?
Gli avvenimenti rivoluzionari del 1848-49 da una parte confermavano le idee precedenti elaborate dai due fondatori del socialismo scientifico, dall'altra suggerivano loro ulteriori sviluppi e precisazioni nonché nuove tesi che avrebbero completato e sistematizzato facendo tesoro delle nuove esperienze rivoluzionarie. Se la lotta di classe si confermava come il motore dell'evoluzione storica, venivano precisandosi le caratteristiche e gli obiettivi della rivoluzione proletaria, peculiari e distinti rispetto alle passate rivoluzioni. Ormai Marx ed Engels cominciavano ad avanzare la questione della distruzione della macchina statale borghese e della sua sostituzione con uno Stato radicalmente nuovo che definiscono dittatura del proletariato.
"Tutti i rivolgimenti politici
- scriveva Marx riferendosi a quelli del passato -
non fecero che perfezionare questa macchina, invece di spezzarla"(28). E in un documento da loro sottoscritto si legge che lo scopo dei comunisti
"è il rovesciamento di tutte le classi privilegiate, la loro sottomissione alla dittatura del proletariato, durante la quale sarà mantenuta la rivoluzione in permanenza sino a che non si sarà realizzato il comunismo, che sarà l'ultima forma di organizzazione dell'umana famiglia"(29).
Quando il giornale democratico americano
New-York Daily Tribune
propose una collaborazione a Marx pagandolo con compensi bassi e tuttavia non disprezzabili per le sue misere finanze, Engels gli rese un altro grande servigio offrendosi di scrivere lui e di pubblicare sotto il nome dell'amico diversi articoli e usò tanta discrezione che essi furono considerati opera di Marx fino a quando nel 1913 non apparve la prima edizione del loro Carteggio. Il suo sacrificio arrivò al punto che dal 1851 al 1859 nessuno suo scritto apparve con la sua firma per aiutare con i compensi giornalistici la famiglia di Marx e per liberare l'amico da quell'odioso scribacchiar per i giornali che gli impediva di dedicare tutto il tempo e le energie necessarie allo studio dell'economia politica e all'analisi scientifica del sistema economico di produzione capitalistico. Nella serie di articoli nota sotto il titolo di
Rivoluzione e controrivoluzione in Germania
, tra gli innumerevoli preziosi contributi dà questa splendida definizione:
"l'insurrezione è un'arte, come la guerra e le altre arti. Essa è soggetta a norme d'azione determinate, le quali, quando vengono trascurate, portano alla rovina il partito che le trascura. ... Prima di tutto, non si deve giocare con l'insurrezione, se non si è decisi ad accettare tutte le conseguenze del proprio gioco. ... In secondo luogo, una volta incominciata l'insurrezione, si deve agire con la più grande decisione, passare all'offensiva. La difensiva è la morte di ogni insurrezione armata"(30). Con queste parole Engels dimostra uno spiccato talento nel trattare le questioni politiche e militari della rivoluzione. Le sue indicazioni mantengono un'indiscutibile attualità e rappresentano le leggi a cui devono assolutamente attenersi la nostra come ogni altra rivoluzione socialista che ha per teatro i paesi più industrializzati e a capitalismo più evoluto.
Insieme a quest'intensa attività teorica Marx ed Engels erano impegnati in un'altrettanta intensa attività pratica. Dopo che nel 1852 la Lega dei comunisti ebbe cessato di esistere per i colpi devastanti della reazione e le contraddizioni interne che ne misero a nudo l'inadeguatezza a strutturarsi quale partito politico del proletariato, la borghesia internazionale si illudeva di aver liquidato definitivamente il movimento operaio organizzato e invece Marx ed Engels considerarono semplicemente conclusa la prima fase della costruzione del partito e proseguirono da soli, minoranza della minoranza, nella lotta incessante contro i circoli e le tendenze del socialismo piccolo-borghese affinché su di essi si affermasse il socialismo proletario: alla propaganda della loro dottrina occorreva unire la preparazione di autentici quadri proletari rivoluzionari. La ripresa dei movimenti democratici e rivoluzionari li vide protagonisti della nascita, il 28 settembre 1864, della "Associazione internazionale degli operai", più nota come I Internazionale. Se finora la dottrina di Marx ed Engels era stata una corrente minoritaria fra le tante, fra le numerosissime tendenze del socialismo, l'esperienza della rivoluzione del 1848, che aveva visto il massacro degli operai parigini attuato dalla borghesia repubblicana, e il comportamento vile e rinunciatario tenuto nel decennio successivo dalla borghesia liberale, dalla piccola-borghesia e dai contadini nei confronti della reazione, dimostrarono l'inconsistenza e l'imbroglio di ogni socialismo non classista e finirono per assestare
"un colpo mortale a tutte queste forme rumorose, variopinte, chiassose del socialismo premarxista"(31 ).
Grazie a Engels e a Marx, che ne furono l'anima e ne divennero il cervello teorico e politico, gli impareggiabili dirigenti che seppero guidarla vittoriosamente, la I Internazionale dette vita ai partiti proletari indipendenti e gettò le fondamenta per prepararli all'assalto rivoluzionario contro il capitale. Si trattò di un'impresa ardua e complessa, quasi disperata, perché Marx ed Engels ebbero a che fare con incalliti opportunisti come i lassalliani, riformisti sostenitori del cooperativismo e della semplice conquista del suffragio universale, i proudhoniani, che da posizioni piccolo-borghesi rifiutavano qualsiasi ancoraggio di classe e non ponevano la conquista del potere come obiettivo finale, i bakuniniani, sostenitori dell'anarchismo e ferocissimi avversari del marxismo, i dirigenti cartisti e delle Trade Unions inglesi, che esaurivano ogni loro attività in un sindacalismo riformista ed economicista, i blanquisti, fautori di società politiche segrete e di congiure e colpi di mano organizzati da piccoli gruppi; e tuttavia costoro disponevano di credito e seguito nel movimento operaio e di opposizione in Inghilterra, in Germania, in Francia e in altri paesi. Per contro Marx ed Engels non potevano far leva che sulla forza delle loro idee, sulla superiorità della loro dottrina e delle loro analisi e argomentazioni politiche per unificare il movimento operaio facendolo uscire dalla fase immatura del socialismo non proletario e delle sette e conventicole sovente ricettacolo di intellettualoidi, professionisti, piccolo-borghesi senza arte né parte, buoni tutt'al più a predicare fantasiose sciocchezze e non certo a fondare il partito del proletariato e a guidarlo all'emancipazione. Del resto non c'era altra strada per scavalcare questi opportunisti e parlare direttamente alle organizzazioni e al movimento operaio dei diversi paesi affinché sulla base di una dottrina e un programma marxisti potessero essere unificate le forze combattive e più avanzate del proletariato internazionale.
Benché gente come il "vero socialista" Hess, alleato di Lassalle, sprezzantemente li liquidasse con queste parole: "Il partito di Marx è composto solamente dal 'maestro', dal suo 'segretario' Engels, e dal suo agente Liebknecht", sarebbero stati Marx ed Engels ad avere la meglio sulle allora numericamente più forti sette, partiti e tendenze non proletari. C'è una frase chiave scritta da Marx nell'
Indirizzo inaugurale dell'Associazione internazionale degli operai
, che gli fu affidato di redigere dopo che egli aveva criticato e demolito la prima bozza elaborata da un oweniano e ispirata dai mazziniani:
"La conquista del potere politico è divenuto il grande dovere della classe operaia. Sembrerebbe che essa l'abbia compreso, giacché in Germania, in Italia e in Francia sta sorgendo una rinascita simultanea, e sforzi simultanei sono stati fatti per giungere a ricostituire il partito della classe operaia. Essa possiede un elemento di successo: il numero; ma il numero non pesa sulla bilancia se non quando è unito in collettività ed è guidato dalla conoscenza"(32). Ecco il punto: per la classe operaia il numero è un elemento di successo ma da solo non può bastare, fintantoché si riduce a sommatoria di tante unità prive di organizzazione e non guidate dalla teoria. Senza partito di classe e senza una dottrina di classe la lotta del proletariato per l'emancipazione è destinata a fallire.
Infine riprendendo e rilanciando l'internazionalismo proletario che fu del Manifesto
Marx concludeva l'Indirizzo
con la stessa parola d'ordine: "Proletari di tutti i paesi unitevi!"
.
Maestro e dirigente del proletariato internazionale
Fintantoché visse a Manchester, Engels non poteva partecipare direttamente alla vita dell'Internazionale se non attraverso i collegamenti che aveva con vari esponenti internazionalisti e soprattutto il quotidiano scambio di opinioni e la divisione di compiti che aveva con Marx. Tuttavia non appena si fu liberato del detestato e “bestiale” lavoro commerciale, grazie alla riscossione di una liquidazione sufficiente ad assicurargli il mantenimento futuro di se stesso, di Marx e della sua famiglia, dopo diciott'anni di forzato esilio a Manchester il 1 ° luglio 1869 Engels poteva con gioia infinita salutare il momento tanto atteso:
"Oggi è il mio primo giorno di libertà ... sono diventato un altro e ringiovanito di dieci anni"
(33).
Troppo a lungo costretti a lavorare fisicamente separati, i due compagni vivranno d'ora in poi a non più di un quarto d'ora di distanza l'uno dall'altro, vivranno gomito a gomito, in una simbiosi tale da rendere indistinguibile il contributo dell'uno da quello dell'altro. Non ci stancheremo mai di ripetere che non c'è loro idea, valutazione, iniziativa che non sia il frutto di un processo dialettico durante il quale essi si misurano, dibattono appassionatamente i rispettivi punti di vista sia quando coincidono sia quando divergono, cercando di convincersi vicendevolmente, e così facendo rendono inattaccabile la sintesi comune a cui pervengono, portano in profondità i risultati di un tale processo e si spingono su terreni che difficilmente da soli avrebbero potuto mai toccare. Una volta che ambedue ebbero deciso di mettersi al servizio della causa del proletariato, della rivoluzione e del socialismo, è a questa causa che sacrificano le proprie esistenze. Quantunque dotati di due fortissime personalità e di prodigiose intelligenze, essi non sono toccati da meschinità né da altri interessi personali che non coincidessero con la causa del proletariato in cui si identificavano.
Engels era un vero portento nel lavoro: dotato di una cultura enciclopedica accumulata grazie a curiosità e interessi estesi a tutti i campi, divorava con facilità e rapidità qualsiasi libro, documenti e fonti di informazione. Aveva un'intelligenza pronta e capace di sintesi unita alla tempra e alla determinazione del gladiatore. Infaticabile, riusciva a scrivere articoli polemici rapidamente e passava ore e ore alla scrivania senza interrompersi nel lavoro.
Col suo trasferimento a Londra, nel settembre 1870, anche Engels fu nominato membro del Consiglio generale dell'Internazionale e svolse un ruolo determinante al fianco di Marx nella vita interna, caratterizzata dalle aspre lotte che opponevano il marxismo al proudhonismo e all'anarchismo, e nelle molteplici e sempre più vaste attività che tale associazione, passata dalla fase della semplice propaganda a quella assai più complessa della direzione effettiva della lotta di classe, andava sviluppando nei diversi paesi europei.
Quando il 18 marzo 1871 gli eroici proletari e le masse popolari parigine insorsero in armi e dettero vita alla Comune di Parigi, Marx ed Engels salutarono con entusiasmo la rivoluzione proletaria e quel primo grandioso tentativo di governo operaio. Ma non si limitarono al ruolo di spettatori, sia pur appassionati, ne divennero partecipi, vollero intervenire direttamente in quegli avvenimenti, aiutare le masse a vincere,
"marciare con loro, imparare insieme con loro nel corso della lotta, e non solo declamare istruzioni burocratiche"(34). Ambedue li avevano ampiamente previsti seguendo la situazione francese, Engels soprattutto dal punto di vista militare e Marx attraverso i primi due dei tre celebri Indirizzi inviati ai membri dell'Internazionale che vanno sotto il nome di
Guerra civile in Francia
. Prima, durante e dopo quell'
"assalto al cielo"
non fecero mancare mai il loro contributo, i loro consigli, il loro orientamento per correggere, educare e illuminare la direzione della Comune costituita da blanquisti e da proudhoniani e socialisti piccolo-borghesi. E quando dopo 72 giorni di aurora della nuova società socialista la Comune fu affogata nel sangue dai lupi e porci controrivoluzionari, onorarono con parole nobili e commoventi il martirio degli audaci comunardi mentre inchiodavano al palo della vergogna storica la sanguinaria borghesia. Nel contempo analizzarono e studiarono in profondità quella straordinaria esperienza storica e ne ricavarono preziosissime conferme e ulteriori insegnamenti che arricchirono la loro dottrina sullo Stato e sui caratteri della rivoluzione socialista.
"La Comune, specialmente,
- scrissero un anno dopo nella prefazione al
Manifesto
-
ha fornito la prova che 'la classe operaia non può impossessarsi puramente e semplicemente di una macchina statale già pronta e metterla in moto per i suoi propri fini'"(35).
Per questi due scienziati della rivoluzione l'esperienza della Comune fu un ricco laboratorio vivente dove condurre le loro osservazioni e i loro studi, indispensabile per formulare e verificare le leggi che governano la lotta di classe. Già all'indomani delle rivoluzioni del 1848-59 Marx aveva anticipato e spiegato che la rivoluzione proletaria non si limita a perfezionare e riformare la macchina statale dominante, com'era accaduto alle passate rivoluzioni alle prese semplicemente col trasferimento del potere tra una classe sfruttatrice e un'altra, ma si contraddistingue e differenzia per il fatto che deve spezzare, cioè distruggere lo Stato borghese. E appena un anno dopo, nel 1852, avvertiva in una famosa e illuminante lettera:
"Per quanto mi riguarda, non a me compete il merito di aver scoperto l'esistenza delle classi nella società moderna e la loro lotta reciproca. Molto tempo prima di me, storiografi borghesi hanno descritto lo sviluppo storico di questa lotta delle classi ed economisti borghesi la loro anatomia economica. Ciò che io ho fatto di nuovo è stato: 1) dimostrare che l'esistenza delle classi è legata puramente a determinate fasi storiche di sviluppo della produzione; 2) che la lotta delle classi conduce necessariamente alla dittatura del proletariato; 3) che questa dittatura medesima non costituisce se non il passaggio all'abolizione di tutte le classi e a una società senza classi"(36).
Tuttavia l'esperienza della Comune fece compiere un salto di qualità alla dottrina dello Stato elaborata fin lì dai due fondatori del socialismo scientifico, perché non c'era mai stato prima un movimento proletario tanto grandioso e tanto avanzato da porre concretamente all'ordine del giorno la questione della dittatura del proletariato. Permise loro di vedere realizzata spontaneamente dagli insorti parigini la nuova macchina statale del proletariato, sia pure in forme appena abbozzate, talvolta ingenue e indecise, com'è spesso ingenuo e indeciso il giovane alle soglie della maturità o chi si getta per la prima volta in un'impresa sconosciuta.
Marx scrisse delle pagine bellissime, acute, commoventi e insieme scientificamente ineccepibili, ma dovette limitare necessariamente le sue riflessioni, preoccupato com'era di essere tempestivo nel far giungere le sue valutazioni al proletariato francese e internazionale.
Difatti, appena due giorni dopo la sconfitta della Comune, lesse e fece approvare il suo terzo Indirizzo al
Consiglio generale dell'Internazionale
, che evidentemente aveva cominciato a scrivere in precedenza. Spettò a Engels, che pure gli aveva raccolto la gran parte del materiale documentario, ritornare sull'argomento nell'Introduzione all'opera dell'amico redatta nel ventesimo anniversario. E lo fece con la consueta modestia, pieno di riconoscenza e di ammirazione per le meravigliose facoltà dell'amico, e presentando la sua esposizione quasi fosse una naturale e scontata aggiunta dettata dal tempo. In realtà le parole di Engels non erano né naturali né scontate ma apertamente polemiche verso quei dirigenti opportunisti e riformisti che non volevano neppure sentire parlare di dittatura del proletariato:
"Il filisteo socialdemocratico recentemente si è sentito preso da un salutare terrore sentendo l'espressione: dittatura del proletariato. Ebbene, signori, volete sapere come è questa dittatura? Guardate la Comune di Parigi. Questa era la dittatura del proletariato"(37). Ma costoro non si limitarono a boicottarlo e, osteggiarlo, si spinsero perfino a falsificarlo sostituendo l'aggettivo "socialdemocratico" con "tedesco" fino a quando nel 1932 l'Istituto Marx-Engels-Lenin non ristabilì la verità grazie ai manoscritti originali. In questa Introduzione alla
Guerra civile in Francia
Engels sottolineava, riprendeva e approfondiva numerose questioni già toccate da Marx che non possiamo in questa sede ricordare tutte. Anzitutto mise in guardia i lavoratori dal non lasciarsi ingannare dalle apparenze:
"Lo Stato non è che una macchina per l'oppressione di una classe da parte di un'altra, e ciò nella repubblica democratica non meno che nella monarchia "(38). Poi spiegò dettagliatamente che i limiti e gli errori della Comune che avevano finito per condurla alla sconfitta furono i limiti e gli errori dei blanquisti e dei proudhoniani che non osarono spezzare e distruggere lo Stato borghese, frenati com'erano dal "sacro rispetto" e dalla "devota soggezione" verso le sue istituzioni politiche ed economiche. Ecco perché la Comune si trasformò nella loro tomba. Infine si soffermò sui compiti della rivoluzione socialista e i nuovi tratti dello Stato del proletariato descrivendo ed esaltando le misure adottate dalla Comune di Parigi quali: l'abolizione dell'esercito permanente e l'armamento generale del popolo, eleggibilità assoluta e revocabilità in ogni momento dei dirigenti statali amministrativi, giudiziari ed educativi da parte del popolo, l'eliminazione di ogni forma di carrierismo e di privilegio attraverso il pagamento di un salario medio operaio a tali dirigenti dai livelli più alti ai livelli più bassi.
Gli scritti e le lettere di Marx ed Engels dei tempi della Comune e le loro opere successive, soprattutto quelle di Engels, sono così preziose e importanti da essere diventate la struttura portante dell'immortale opera di Lenin, Stato e rivoluzione
, la più completa, penetrante, aggiornata e insuperata esposizione della dottrina marxista-leninista sulla questione dello Stato e dei compiti della rivoluzione socialista, opera scritta da Lenin all'immediata vigilia della rivoluzione per lottare "contro i pregiudizi opportunistici sullo 'Stato'"(39) e per educare e orientare il partito bolscevico e il proletariato russo sottraendolo alla perniciosa influenza degli opportunisti socialdemocratici asserviti alla propria borghesia, e poi improvvisamente interrotta dall'autore a seguito dello scoppio e della vittoria della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre.
Grazie a Marx ed Engels l'influenza e l'autorità nel movimento operaio internazionale della I Internazionale crebbero enormemente ma essa dovette fronteggiare un attacco simultaneo e convergente dall'esterno e dall'interno: alla reazione internazionale e alle repressioni governative e persecuzioni giudiziarie e poliziesche si sommò lo scissionismo e l'attività sovvertitrice dei bakuniniani che, come risultò sin da subito, avevano aderito all'Internazionale al solo scopo di impadronirsene, ossia di sostituire il loro anarchismo e la loro dottrina di tipo individualistico e piccolo-borghese al socialismo scientifico. La contrapposizione tra marxismo e anarchismo riesplose violentemente dopo la Comune e riguardava tutto il movimento operaio: la teoria e la strategia rivoluzionaria, l'attività politica e i programmi immediati e a lungo termine, la vita e la condotta del partito. L'entrismo dei bakuniniani, che sarebbe divenuto in seguito il modello di infiltrazione nelle file del proletariato preferito dai provocatori e dagli opportunisti di matrice trotzkista, trovò un ostacolo insormontabile in Marx ed Engels. Quest'ultimo, in particolare, si incaricò di demolire da ogni punto di vista la corrente anarchica, smascherandone la natura di destra, pacifista e borghese, sotto apparenze di "sinistra" come I'ultraribellismo parolaio, l'antiautoritarismo generico e individualistico, lo spontaneismo estremistico. E dimostrò con prove alla mano che l'egemonia degli anarchici era fatale per il movimento operaio giacché là dove, come in Spagna, essi ebbero un ruolo egemone, finirono con la loro condotta e i loro programmi col sabotare la rivoluzione.
In un bell'articolo scritto per il giornale italiano
La Plebe
li accusava di seminare confusione e di tradire il proletariato, accusava che la loro polemica antiautoritaria finiva per servire la controrivoluzione prima, durante e dopo la presa del potere: "
'Gli anti-autoritari domandano che lo Stato politico autoritario sia abolito d'un tratto, prima ancora che si abbiano distrutte le condizioni sociali che l'hanno fatto nascere. Eglino domandano che il primo atto della rivoluzione sociale sia l'abolizione dell'autorità. Non hanno mai veduto una rivoluzione, questi signori? Una rivoluzione è certamente la cosa più autoritaria che vi sia: è l'atto per il quale una parte della popolazione impone la sua volontà all'altra parte col mezzo di fucili, baionette e cannoni, mezzi autoritari, se ce ne sono; e il partito vittorioso, se non vuol aver combattuto invano, deve continuare questo dominio col terrore che le sue armi inspirano ai reazionari. La Comune di Parigi sarebbe durata un sol giorno, se non si fosse servita di questa autorità di popolo armato, in faccia ai borghesi? Non si può al contrario rimproverarle di non essersene servita abbastanza largamente?"(40).
Nel 1873 Engels fu delegato dall'Internazionale a redigere una durissima e inoppugnabile requisitoria che portò alla espulsione di Bakunin e della sua organizzazione. Da allora l'anarchismo è stato irrimediabilmente estromesso dalle file del movimento operaio e annientato come dottrina e movimento politico, quantunque esso si sia ripresentato fino ai nostri giorni sempre sotto nuove spoglie. Rispunta laddove e allorquando più forte diventa l'insofferenza piccolo-borghese verso la forma partito e il centralismo democratico che ne regola la vita interna, verso la direzione del proletariato sulle altre classi alleate e verso la dittatura del proletariato. Rispunta nei nauseanti minestroni eclettici, tra i cui ingredienti compaiono tesi di antichi opportunisti battuti dai cinque Maestri e nuove teorie controrivoluzionarie alla moda, contrapposti all'essenza rivoluzionaria del marxismo-leninismo-pensiero di Mao; e rispunta nella contrapposizione del movimentismo di una certa "autonomia" alla teoria rivoluzionaria, dell'anarco-sindacalismo ed economicismo alla lotta politica, dello spontaneismo alla lotta per il potere, del romanticismo guevarista alla via dell'Ottobre.
Esauritosi il compito storico della I Internazionale, Marx si rituffò nell'intenso lavoro di rielaborazione dell'economia politica e di completamento del Capitale, l'opera a cui aveva sacrificato tutto,
"la salute, la felicità e la famiglia"
, consapevole com'era che di essa il proletariato non avrebbe potuto fare a meno se voleva
"svelare la legge economica del movimento della società moderna"(41) e quindi smascherare tutti i meccanismi attraverso cui si realizza lo sfruttamento del lavoro salariato nel regime capitalistico. Pur di mettere in grado l'amico di dedicarsi appieno a completare
Il Capitale
, Engels si era sempre accollato qualsiasi compito, anche il più sgradito, inerente ai mille obblighi che derivavano loro dalla direzione del proletariato internazionale. Quando nel settembre 1867 Marx ne aveva finalmente dato alle stampe il primo volume, Engels salutò entusiasticamente l'evento tanto atteso e ricevette una lettera dell'amico piena di gratitudine:
"Debbo soltanto a te se questo fu possibile! Senza il tuo sacrificio non avrei potuto compiere il mostruoso lavoro dei 3 volumi. Ti abbraccio pieno di gratitudine"(42). Engels curò innumerevoli recensioni del volume per assicurargli la più ampia diffusione.
"Da quando ci sono al mondo capitalisti e operai
- esordiva in una di esse
-
non è mai apparso libro che per gli operai fosse importante quanto questo. Il rapporto tra capitale e lavoro, il cardine su cui gira tutto il nostro odierno sistema sociale, è qui per la prima volta spiegato in modo scientifico e con una profondità e un acume quali erano possibili solo a un tedesco"(43). Dopo aver invitato i dirigenti socialdemocratici a salutare
"questo libro come la loro Bibbia teoretica, come l'arsenale dal quale attingere i loro argomenti più essenziali"(44), Engels spiegava: la
"scoperta importante di Marx consiste nell'aver dato una spiegazione definitiva dei rapporti tra capitale e lavoro, in altre parole, di aver dimostrato come nella società odierna, nell'attuale modo di produzione capitalistico, si compie lo sfruttamento dell'operaio da parte del capitalista. Dal momento che l'economia politica aveva stabilito che il lavoro è la fonte di ogni ricchezza e di ogni valore, era inevitabile si ponesse la domanda: - Come si concilia con questa tesi il fatto che l'operaio salariato non riceve tutta la quantità di valore creata dal suo lavoro, ma deve cederne una parte al capitalista? Tanto gli economisti borghesi quanto i socialisti si erano sforzati invano di dare a questa domanda una risposta scientificamente corretta, sino a che Marx presentò la soluzione. (...) L'operaio che è al servizio dei capitalisti non produce soltanto il valore della sua forza-lavoro che gli viene pagata, ma produce inoltre un plusvalore, di cui si impadronisce innanzi tutto il capitalista e che in seguito si ripartisce fra tutta la classe dei capitalisti secondo leggi economiche determinate, ed è la fonte da cui sgorgano la rendita fondiaria, di profitto, l'accumulazione del capitale, in una parola, tutte le ricchezze che vengono divorate o accumulate dalle classi non lavoratrici. In questo modo è stato dimostrato che l'acquisizione di ricchezze da parte degli odierni capitalisti consiste nell'appropriazione di lavoro altrui non pagato, analoga alla acquisizione di ricchezze del proprietario di schiavi o del signore feudale che sfruttava lavoro servile, e che tutte queste forme di sfruttamento sono differenti l'una dall'altra unicamente per la diversità dei modi e delle forme in cui ci si appropria di lavoro non pagato. Ma così è stata pure tolta l'ultima base alle frasi ipocrite delle classi possidenti, secondo le quali nell'attuale ordinamento sociale regnerebbero il diritto e la giustizia, l'uguaglianza dei diritti e dei doveri e l'armonia generale degli interessi. L'odierna società borghese viene smascherata, al pari di tutte quelle che la hanno preceduta, come una gigantesca istituzione per lo sfruttamento della enorme maggioranza del popolo da parte di una minoranza che diventa sempre più piccola"(45).
La teoria del plusvalore formulata da Marx è il fondamento dell'intera dottrina economica marxista-leninista: da essa discendono le leggi che regolano il sistema economico capitalistico e da essa discende quella legge fondamentale del capitalismo monopolistico, individuata da Lenin e Stalin allorché il capitalismo si è sviluppato in imperialismo e da quest'ultimo così sintetizzata:
"realizzazione del massimo profitto capitalistico mediante lo sfruttamento, la rovina, e l'impoverimento della maggioranza della popolazione di un determinato paese, mediante l'asservimento e la spoliazione sistematica dei popoli degli altri paesi, particolarmente dei paesi arretrati, e infine, mediante le guerre e la militarizzazione dell'economia nazionale, utilizzate per realizzare i profitti massimi"(46).
Insomma Engels si incaricava di tradurre in articoli e libri scritti in forma semplice e accessibile a un vasto pubblico operaio concetti e questioni assai complesse, altrimenti destinati a rimanere a lungo oscuri ed estranei proprio al proletariato. Ma la sua divulgazione non cedeva mai alla banalizzazione, né alla superficialità. Engels riusciva nel miracolo di rendere comprensibili e interessanti argomenti tanto ostici, in virtù di una conoscenza perfetta dell'intera dottrina economica elaborata da Marx, acquisita discutendo con lui, condividendone le doglie del parto, ossia sapendo quali ricerche avesse egli condotto prima di arrivare a quelle risposte e la genesi di ogni sua idea.
Del resto è ben noto il suo interesse giovanile allo studio dell'economia politica, mentre in genere non è mai abbastanza messo in luce il suo ruolo nella pubblicazione del II e del III volume del
Capitale
. Alla morte di Marx, avvenuta il 14 marzo 1883, Engels capì che non poteva assolutamente lasciare incompleta la gigantesca opera economica dell'amico e, finì per diventarne il coautore. Abbandonò progetti e programmi e si gettò nella faticosa impresa di completare e dare forma compiuta a manoscritti che in molte loro parti si presentavano incompleti e appena abbozzati, frammentari e destinati nelle intenzioni dello stesso Marx a essere rivisti, corretti, precisati. La minuta del secondo volume era già pronta ma gli occorsero due anni di lavoro difficilissimo per darlo alle stampe. Il terzo volume era molto più indietro e gli richiese altri nove anni di lavoro ancora più complesso, di ricerche e studi integrativi che rendessero degni quei ponderosi manoscritti di essere pubblicati. Purtroppo non fece in tempo a pubblicare il IV volume,
Teorie sul plusvalore
, che rimase inedito fino a che il rinnegato revisionista Kautzky ne curò un'edizione tra il 1905 e il 1910 alterando radicalmente il manoscritto nel suo originario sviluppo logico, deformandolo, correggendolo come i revisionisti sanno ben fare ai danni del marxismo-leninismo. Ebbene la sorte occorsa a questo IV volume del
Capitale
ci fa comprendere quanto decisiva e insostituibile sia stata l'opera di Engels:
"con la pubblicazione del II e del III volume del Capitale,
- ebbe a sottolineare Lenin -
Engels eresse al suo geniale amico un monumento maestoso, sul quale involontariamente incise, a lettere indelebili, il proprio nome. Infatti, questi due volumi del Capitale sono opera di entrambi, di Marx e di Engels"(47).
Grazie al Capitale
il cammino del proletariato e del partito marxista-leninista sono illuminati dalla conoscenza delle leggi economiche dello sviluppo del capitalismo, dalla critica radicale dell'apologetica borghese circa la superiorità e l'universalità del sistema economico capitalista e dalla certezza scientifica della ineluttabilità e necessità della sostituzione del sistema capitalista con un nuovo sistema, quello socialista.
Già durante gli ultimi anni di vita di Marx, quando questi, sfibrato dall'eccessivo lavoro teorico e di direzione politica del proletariato internazionale, compiva eroiche fatiche rivoluzionarie in condizioni penose per finire la sua monumentale opera economica, e soprattutto dopo la scomparsa di questo gigante del pensiero e dell'azione rivoluzionari
Engels svettava quale
"punto di riferimento verso cui spontaneamente, nei momenti decisivi, si volgevano russi, francesi, americani, tedeschi per ottenere ogni volta quel consiglio chiaro, inconfutabile che soltanto il genio e una perfetta conoscenza dei problemi potevano dare"(48), sulle spalle di Engels ricaddero nuovi e complessi doveri rivoluzionari. Egli non si tirò mai indietro, anzi se li accollò con rinnovato ardore e grande senso di responsabilità e dette un contributo inestimabile dal punto di vista sia ideologico che politico e organizzativo alla difesa, estensione e sviluppo del marxismo.
Mentre continuava la lotta ideologica attiva contro i lassalliani, gli anarchici e i socialriformisti intrapresa assieme a Marx per favorire il rafforzamento dell'influenza marxista nel movimento operaio e l'espulsione di queste correnti borghesi, Engels era preoccupato di difendere e continuare l'elaborazione teorica dell'amico, di precisare, completare, riordinare e rendere sistematica,
"elaborare ulteriormente
- secondo le parole dello stesso Engels -
in tutti i suoi particolari e in tutte le sue connessioni"(49) la dottrina marxista, cresciuta per forza di cose in modo tumultuoso, e di salvaguardare l'essenza rivoluzionaria del marxismo ora che i partiti socialisti si diffondevano rapidamente in assenza di rivoluzioni, rimanevano prigionieri di gruppi dirigenti opportunisti che preferivano di gran lunga il parlamentarismo borghese alla lotta di classe: insomma andavano incontro alla rinuncia e al tradimento dei compiti storici rivoluzionari per cui erano sorti e si erano affermati.
Benché amati e venerati dagli operai del mondo intero, Marx ed Engels rimanevano sovente inascoltati dai gruppi dirigenti dei partiti socialisti, persino da coloro che pure si professavano ufficialmente di fede marxista ma, provenienti in gran parte dalle file della borghesia e delle classi colte, non accettavano di buon grado di mettersi a scuola del proletariato e di rinnegare la classe di origine. La casa londinese di Engels era chiamata la "Mecca del socialismo"
(50) eppure le critiche e i consigli da lui indirizzati ai dirigenti socialisti non di rado incontravano diffidenza se non aperta ostilità. Si pensi, per esempio, a come erano state accolte dai dirigenti tedeschi le lettere inviate da Engels e la importantissima
Critica al programma di Gotha
scritta alla metà degli anni Settanta da Marx, che, muovendo dalla denuncia del grave opportunismo dei capi socialdemocratici tedeschi, sintetizzava magistralmente le basi teoriche del programma del partito del proletariato. Alla vigilia dell'altro importante congresso a Erfurt, nel 1891, il manoscritto di Marx venne alfine pubblicato da Engels malgrado il dissenso e le proteste del vertice opportunista tedesco che per quindici anni aveva ignorato le sue lettere e tenuto nascosto quest'opera di Marx. E si pensi alla criminale deformazione del pensiero di Engels che il vertice socialdemocratico tedesco si assicurò con la pubblicazione epurata ad arte della sua
Introduzione alle lotte di classe in Francia
ristampata nel 1895 da cui, com'ebbe a denunciare dopo l'accaduto lo stesso Engels, era stato estratto
"tutto quanto poteva servirgli a sostegno della tattica ad ogni costo pacifica e contraria alla violenza che gli piace predicare da qualche tempo"(51).
Il fatto è che rinnegati revisionisti e riformisti come Bernstein, Kautzky, Turati aspettavano semplicemente la scomparsa di ambedue i fondatori del socialismo scientifico per sferrare l'attacco mortale. E un'opera come
l'Anti-Düring
, che fu scritta nel 1877-78 da Engels con la collaborazione di Marx appunto per contrastare e smascherare teorie opportuniste che troppo
facilmente influenzavano i capi socialdemocratici (Bernstein, per esempio), era stata brutalmente censurata durante un congresso del partito, fu da costoro messa al bando in Germania e pubblicata solo in Svizzera quantunque mutilata della parte più polemica. Ciononostante il libro destò un'impressione profonda fu come una bomba che squarcia le menti delle nuove generazioni e conquistò al marxismo una nuova leva di rivoluzionari. Il successo fu tale da indurre Engels a raccoglierne in un opuscolo popolare tre capitoli sotto il titolo:
L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza
, la cui travolgente diffusione sarà pari a quella del
Manifesto
. E gli fu assicurato dal metodo seguito nella polemica. Engels non si limitò a polemizzare con il saccente positivista borghese Düring, destinato a finire nella pattumiera e nell'oblio della storia. Ma non si fece sfuggire l'occasione per
"sviluppare in polemica contro di lui e in forma più sistematica di quanto non si fosse fatto prima, le opinioni che Marx ed io avevamo su questa grande varietà di soggetti"(52).
Proprio per la sua ampiezza enciclopedica e per l'opera di sistematizzazione della dottrina marxista nel campo filosofico, scientifico, storiografico e politico,l'Anti-Düring dovrebbe essere studiato e riletto frequentemente da ogni marxista-leninista e da chiunque si batte per il socialismo.
Da questa inesauribile miniera abbiamo tanto da imparare. Questo capolavoro scientifico del proletariato è la dimostrazione che il materialismo storico e dialettico è insuperabile mentre la nuova concezione proletaria del mondo sprigiona straordinarie potenzialità conoscitive, agitatorie e militanti.
Mentre continuava a lavorare al Capitale
, Engels intratteneva intensissimi contatti, e lo documentano i carteggi con i maggiori esponenti del movimento socialista internazionale, e mentre partecipava personalmente alla lotta per fondare la II Internazionale e darle una linea e una direzione di classe, lavorava instancabilmente a ponderosi studi teorici come Dialettica della natura
(1873-1886) filosofici come Ludwig Feuerbach
e il punto d'approdo dell'ideologia tedesca
(1886) e storico-politici come L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato
(1884).
A proposito di quest'ultima opera, l'Ufficio politico del PMLI, nel Documento del 28 maggio 1994 di presentazione del volume che ne seguiva la pubblicazione a puntate sulle pagine de
Il Bolscevico
, usava queste acute parole: "Pubblichiamo
L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato
scritta da Friedrich Engels nel 1884 perché essa è l'opera più completa e fondamentale per capire la concezione marxista-leninista della famiglia e perché conserva ancora oggi, a distanza di ben 110 anni dalla sua stesura, una straordinaria attualità e capacità di penetrare e svelare l'odierna realtà. Essa sintetizza e sistematizza ben quarant'anni di ricerche e analisi, di riflessione ed elaborazione comune dei due fondatori del socialismo scientfico, Marx ed Engels, attorno al problema della famiglia e a tutto ciò che gli è strettamente connesso, in primo luogo l'oppressione della donna e la questione della sua emancipazione”
(53).
Engels curò le ristampe di numerosi libri suoi e di Marx andati esauriti negli anni, e il più delle volte li fece precedere da Prefazioni, che rappresentano una sorta di corona per quei gioielli, nelle quali li inquadrava storicamente ne correggeva le parti caduche aggiornandoli e arricchendoli e ne forniva la chiave di lettura e l'autentica interpretazione. Ciascuno di questi lavori di Engels tocca questioni cruciali come il rapporto tra il marxismo e lo Stato, tra il materialismo dialettico e le scienze naturali, tra il marxismo e le sue fonti filosofiche. Sono titoli che dovrebbero comparire nella biblioteca di ogni rivoluzionario e di ogni operaio cosciente, e continuamente consultati esattamente come se fossero le voci del grande dizionario marxista-leninista del proletariato.
In quegli anni Engels si batteva come un leone dal punto di vista teorico ma anche pratico contro l'opportunismo socialdemocratico e quanti, invece di contrastarlo, erano alla ricerca della conciliazione. Alla nascita della II Internazionale interruppe volentieri i suoi studi per sconfiggere questi traditori del proletariato:
"I nemici sono gli stessi
- così tuonava il sessantottenne Engels -
solo che la bandiera anarchica è stata sostituita da quella possibilista: svendita dei principi alla borghesia contro concessioni al minuto e in particolare contro posti ben retribuiti per i capi (consiglio comunale, borse del lavoro ecc.)"(54).
Engels, un faro per l'Italia
Marx ed Engels ebbero sempre a cuore le sorti del proletariato italiano, e un legame speciale univa Engels all'Italia. Da giovanissimo aveva studiato l'italiano e si era impadronito della lingua durante un viaggio in Lombardia compiuto all'età di 21 anni. A cominciare dai moti rivoluzionari del 1847 scrisse, insieme a Marx, innumerevoli corrispondenze giornalistiche che seguivano tempestivamente tutti gli sviluppi della rivoluzione italiana fino alla fondazione dello Stato unitario. Sin dal primo di questi articoli avvertiva il proletariato sul carattere borghese del movimento in Italia e lo metteva in guardia dalle facili illusioni: il carattere unitrio della lotta in corso si sarebbe dissolto non appena il paese si fosse liberato dal giogo austriaco.
"Noi non siamo amici della borghesia, questo è noto. Ma questa volta ci rallegriamo del suo trionfo"
perché apre la strada alla rivoluzione del proletariato
"e allora i lavoratori di Milano, di Firenze, di Napoli scopriranno che proprio ora comincia il loro lavoro"(55). Insomma Engels spingeva il proletariato ad assumere una posizione indipendente. Pungente e caustico, invece, il suo giudizio sulla borghesia italiana, tanto vile e codarda da lasciare la direzione della lotta per l'unificazione nazionale e contro l'oppressione straniera alla monarchia sabauda e da preferire la graduale espansione dello stato piemontese attraverso la politica dei piccoli passi e la diplomazia internazionale piuttosto che ricorrere alla
"guerra di popolo"
. Una borghesia, quella italiana, debole, divisa, prigioniera dell'arretratezza economica della penisola, soffocata e impotente a liberarsi dai secolari ceppi feudali, succube del papato e del papa,
"l'uomo che occupa la posizione più reazionaria in tutta Europa, che rappresenta la fossile ideologia del Medioevo"(56) (ah questa definizione di Engels calza proprio a pennello per il papa nero Wojtyla!), una classe che non è stata rivoluzionaria neppure in gioventù, tanto era compromessa con la feudalità.
"Un popolo che vuole conquistare la sua indipendenza
- notava invece con lungimiranza nel 1849 -
non deve limitarsi ai soliti mezzi di guerra. Sollevazione in massa, guerra rivoluzionaria, guerriglia dappertutto, ecco l'unico mezzo con cui un piccolo popolo può vincere uno grande, e un esercito meno forte resistere contro un esercito più forte e meglio organizzato"(57).
Dopo la fondazione della I Internazionale Engels divenne dal 1° agosto 1871 Segretario corrispondente per l'Italia nel Consiglio generale. Con quest'incarico seguì con particolare attenzione la situazione italiana, specie in relazione alla lotta per farvi nascere il partito del proletariato. Dalle corrispondenze e collaborazioni a giornali e riviste e dalla fitta corrispondenza con gli esponenti italiani emerge un Engels molto attento alla situazione politica italiana, curioso e desideroso di conoscerla bene, animato di un'infinita pazienza rivoluzionaria e di inesauribile spirito educativo. Svolse un ruolo decisivo nella lotta contro Mazzini e Bakunin. Il primo aveva una certa influenza tra le società operaie e fece la guerra all'Internazionale per impedire che gli operai più avanzati si separassero politicamente dai gruppi mazziniani, dove dominavano l'interclassismo e un democratismo borghese misticheggiante, e costituissero il partito di classe. In contrapposizione a un manifesto antimarxista indirizzato da Mazzini agli operai italiani per coinvolgerli in un "Patto nazionale", Engels smascherava in un articolo pubblicato da più giornali lo
"stile solito di Mazzini: la democrazia borghese che offriva diritti politici agli operai, onde poter conservare i privilegi sociali delle classi medie e superiori''(58).
Più complessa e prolungata risultò la battaglia capeggiata da Engels per sconfiggere gli anarchici e scacciarli fuori dal movimento operaio italiano, dove prevalevano in virtù dell'arretratezza sociale e, in particolare, della debolezza numerica del proletariato industriale e agricolo fortemente minoritario rispetto alla massa di artigiani, contadini e piccolo-borghesi. Le organizzazioni anarchiche italiane, spiegava Engels,
"sono dirette da avvocati senza cause, da medici senza malati e senza scienza, da studenti da bigliardo, da commessi viaggiatori e altri impiegati di commercio, e principalmente da giornalisti della piccola stampa di una reputazione più o meno equivoca"
(59). Questo strato di imbroglioni politici corrompeva e irretiva il movimento operaio invece di educarlo e conquistarlo alla lotta di classe, e cercava con ogni mezzo di impedire che il marxismo entrasse in contatto diretto col proletariato poiché da qualsiasi confronto usciva regolarmente battuto. Al termine di uno scontro durissimo il marxismo, che pure era minoritario, ebbe la meglio sull'anarchismo, che fu relegato a corrente politica borghese e antirivoluzionaria sempre più marginale, destinata a essere non di rado usata in funzione provocatoria e anticomunista.
Anche in Italia si apriva, dunque, la prospettiva concreta di dar vita al partito del proletariato ma anch'essa doveva urtare e naufragare contro l'ipoteca pacifista, riformista e revisionista posta sul futuro partito socialista italiano da opportunisti come Turati, Kuliscioff e Antonio Labriola. Engels trattenne con loro un intenso rapporto epistolare, rispose con infinita pazienza ai loro quesiti e chiarì ogni loro dubbio, espresse preziose valutazioni sulla situazione politica italiana indicando per grandi linee la strategia della rivoluzione socialista e i compiti del partito del proletariato, inviò suggerimenti e consigli sulle questioni grandi e piccole maggiormente dibattute, collaborò fattivamente, scrivendo innumerevoli articoli a giornali italiani, all'avvio della lotta per il socialismo nel nostro Paese.
Se solo fossero stati degli autentici capi proletari e non dei borghesi travestiti, come poi si smaschereranno, il gruppo dirigente italiano avrebbe messo a frutto l'insuperabile e sicura guida teorica e pratica assicuratagli da Engels. E invece quest'immane contributo teorico e politico andò tradito. Da questo sasso riformista non poteva certo veder la luce un pulcino!
Nella celebre lettera del 26 gennaio 1894, inviata a Turati, Engels sembrava temere la sorte ingloriosa del partito socialista italiano e il futuro tradimento del suo gruppo dirigente. Egli, infatti, si preoccupava che nel fronte unito con gli altri partiti democratici finalizzato a completare la rivoluzione democratico-borghese lasciata incompiuta dalla classe dominante dopo l'unificazione nazionale, il partito socialista si accontentasse dei vantaggi politici o sociali come il suffragio universale e le libertà di movimento e finisse per perdere la sua identità di classe e per smarrire la mèta della
"conquista del potere politico da parte del proletariato"
.
"Dopo la vittoria comune,
- metteva in guardia Engels -
potrebbe esserci offerto qualche seggio nel nuovo governo, ma sempre nella minoranza. QUESTO E IL PERICOLO PIU' GRANDE. Dopo febbraio 1848 i democratici socialisti francesi (della Riforma, Ledru-Rollin, Luis Blanc, Flocon, ecc.) commisero l'errore di accettare cosiffatte cariche. Minoranza nel governo essi condivisero volontariamente la responsabilità di tutte le infamie e i tradimenti, di fronte alla classe operaia, commessi dalla maggioranza di repubblicani puri; mentre la presenza loro nel governo penalizzava completamente l'azione rivoluzionaria della classe lavoratrice che essi pretendevano rappresentare"(60). Cambiano i tempi, ai Turati si avvicendano oggi i D'Alema e i Bertinotti, ma identici rimangono i tradimenti e le infamie ai danni delle masse popolari commessi in nome della loro partecipazione al governo del regime neofascista.
La nuova concezione del mondo
Marx ed Engels non hanno dato semplicemente vita a una nuova rivoluzionaria dottrina politica. Come i grandi illuministi francesi del XVIII secolo fornirono alla borghesia una visione organica del mondo che criticava ferocemente le idee e i dogmi feudali dominanti e idealizzava la nuova società borghese, così Marx ed Engels hanno elaborato una nuova concezione integrale del mondo che mettesse in grado il proletariato di conoscere e di trasformare in senso rivoluzionario la realtà, ossia di adempiere in modo pieno e cosciente alla sua funzione storica rivoluzionaria di creatore della nuova società socialista e di prima e unica classe che per emancipare se stessa deve emancipare l'intera umanità. A più riprese Marx ed Engels hanno ricordato che il complesso delle loro idee non scaturisce d'improvviso dalle loro menti prodigiose ma ha radici nelle tre più progredite correnti di pensiero del XIX secolo: la filosofia classica tedesca, il socialismo francese e l'economia classica inglese. Tuttavia, pur presentandosi come la continuazione e lo sviluppo delle più avanzate e rivoluzionarie idee elaborate dall'umanità, la loro concezione proletaria del mondo non ne è la semplice evoluzione, piuttosto scaturisce da un salto dialettico, dalla rottura rivoluzionaria operata dalla comparsa del proletariato sulla scena politica rispetto alle altre classi sfruttatrici.
Fu infatti la loro diretta partecipazione alla rivoluzione e alla lotta di classe a sospingerli dall'idealismo al materialismo, la molla di ogni loro programma teorico. Le loro opere, persino le più teoriche, nacquero sempre da precise finalità pratiche, ossia dalla necessità di comprendere e trasformare in senso rivoluzionario il mondo, di smascherare e liquidare idee e posizioni ostili alla classe operaia.
Se nella vita sociale ed economica appare più facile e immediato, e quindi più naturale, scorgere dietro ogni avvenimento e conflitto la manifestazione dei contrastanti interessi delle classi e della lotta di classe, ben più difficile è denudare ogni idea fino a portarne alla luce le radici di classe. Muovendo dalla critica dell'esistente, Marx ed Engels svelarono gli interessi di queste quelle classi dietro ogni frase, dichiarazione e idea politica, sociale, religiosa e morale. E mentre mettevano a nudo la natura di classe della sovrastruttura ideologica dominante, si preoccupavano di dare basi scientifiche al socialismo. Le concezioni del mondo cristiano-feudale e borghese avevano elaborato ciascuna un sistema complesso e articolato di idee sul mondo nel suo insieme e fornivano un'interpretazione di classe di tutti i processi che avvengono nel mondo. Il proletariato non avrebbe mai potuto aspirare a svolgere la sua funzione storica emancipatrice di creatore della nuova società socialista se fosse rimasto privo di una sua concezione del mondo distinta e contrapposta a quella delle classi dominanti.
Il materialismo dialettico e il materialismo storico rappresentano i fondamenti della concezione proletaria del mondo. Benché il materialismo storico possa essere considerato come il risultato dell'applicazione coerente e dell'estensione del materialismo dialettico allo studio della vita sociale e della storia della società umana, in realtà, spiega Engels,
"questa concezione della storia che apriva un'epoca nuova, era la premessa teorica diretta della nuova concezione materialistica, e questo solo fatto offriva già un punto di appiglio anche per il metodo logico"(61). Poggiando su queste due gambe il proletariato non conosce ostacoli insormontabili lungo il suo cammino.
Il materialismo dialettico è la concezione più rivoluzionaria mai apparsa nella storia perché il carattere rivoluzionario della dialettica anima il punto di vista materialistico, che tendenzialmente è progressivo e rinnovatore. Il materialismo presuppone spirito critico e atteggiamento aperto al nuovo, rifiuta il fideismo e il soggettivismo, lo stato di cose esistente e qualsiasi dogma, idea assoluta, speculazione oscurantista, nega l'esistenza di un qualsiasi destino e mondo trascendente, di istituzioni eterne e svincolate alle condizioni materiali della società. La dialettica concepisce le cose e i fenomeni, idee e materia, mai statici e definitivi ma in perenne movimento e trasformazione, in un processo che li vede nascere, svilupparsi e morire.
Materialismo o idealismo, dialettica o metafisica: le concezioni del mondo sono sempre state dominate da questo doppio conflitto. Il primo riguarda la questione se deve essere considerata la materia come primordiale e indipendente dalla coscienza (materialismo) o se alla base del mondo sta il principio spirituale soggettivamente operante sotto forma di coscienza umana, sensazioni, percezioni, rappresentazioni ovvero oggettivamente incarnato nella forma di divinità assoluta, di spirito, idea, coscienza assoluti (idealismo). Il secondo conflitto riguarda se si debbano concepire le leggi di sviluppo del mondo in modo dialettico come unità degli opposti - "sdoppiamento dell'uno in opposti che si escludono reciprocamente, e loro rapporto reciproco"
(Lenin) - o in modo metafisico, come un processo di aumento e diminuzione e di semplice ripetizione di caratteri sempre uguali.
La grandezza di Marx ed Engels sta nell'aver coniugato e sintetizzato la dialettica col materialismo riuscendo così a salvare la prima dalla rovina dell'idealismo e il secondo dalla rovina della metafisica e dell'evoluzionismo meccanicista e unilaterale e risolvendo con un colpo solo duemila anni di storia del pensiero umano che aveva visto la dialettica e il materialismo procedere sempre su binari paralleli, impotente la prima a spiegare alcunché del mondo reale pur avendo sviluppato astrattamente una avanzatissima teoria della conoscenza, e cieco e inanimato il secondo che pure si era imposto sull'onda del travolgente sviluppo politico e scientifico nel XVIII e XIX secolo. Cosicché il materialismo dialettico diventa qualcosa di nuovo e di diverso rispetto a qualsiasi concezione che lo aveva preceduto. Si distingue radicalmente dal vecchio materialismo secondo il quale, spiega Marx,
"la realtà, la sensibilità, vengono concepiti solo sotto la forma dell'obietto o dell'intuizione; ma non come attività sensibile umana, prassi"
rompe colla passività, coll'atteggiamento contemplativo, col disimpegno del vecchio materialismo che esclude l'uomo dal mondo esterno,
"non concepisce l'attività umana stessa come attività oggettiva, ... non comprende il significato dell'attività 'rivoluzionaria', 'pratico-critica'"(62). Da tendenzialmente progressivo e rinnovatore il materialismo diventa grazie a Marx ed Engels rivoluzionario perché pretende che la realtà circostante per poter essere compresa e non semplicemente percepita debba essere abbracciata e non semplicemente osservata dall'esterno, modificata e trasformata incessantemente e non semplicemente posta una volta per tutte a fondamento della conoscenza. La sensazione è il legame diretto tra materia e pensiero, è la prima immagine della realtà. La conoscenza percettiva è sempre il primo gradino della conoscenza razionale, l'avvio di un processo che non ha mai fine. Il processo della conoscenza è spiegato con queste educative parole da Engels:
"Prima di argomentare gli uomini hanno agito. «In principio era l'azione». E l'attività umana aveva risolto la difficoltà molto tempo prima che l'ingegnosità umana l'avesse inventata. Il pudding lo si prova mangiandolo. Nel momento che facciamo uso di questi oggetti secondo le qualità che in essi percepiamo, sottoponiamo a una prova infallibile l'esattezza o l'inesattezza delle percezioni dei nostri sensi. Se queste percezioni erano false, anche il nostro giudizio circa l'uso dell'oggetto deve essere falso; di conseguenza il nostro tentativo di usarlo deve fallire. Ma se riusciamo a raggiungere il nostro scopo, se troviamo che l'oggetto corrisponde all'idea che ne abbiamo, che esso serve allo scopo a cui lo abbiamo destinato, questa è la prova positiva che entro questi limiti le nostre percezioni dell'oggetto e delle sue qualità concordano con la realtà esistente fuori di noi. Quando invece il nostro tentativo non riesce, non ci mettiamo molto, d'abitudine, a scoprire le cause del nostro insuccesso; troviamo che la percezione che ha servito di base al nostro tentativo, o era per se stessa incompleta o superficiale, o era collegata in modo non giustificato dalla realtà coi dati di altre percezioni, - il che noi chiamiamo un ragionamento difettoso. Nella misura in cui avremo preso cura di educare e di utilizzare correttamente i nostri sensi, e di mantenere la nostra azione nei limiti prescritti da percezioni correttamente ottenute e correttamente utilizzate, troveremo che il successo delle nostre azioni dimostra che le nostre percezioni sono conformi alla natura oggettiva degli oggetti percepiti"(63).
Inoltre il materialismo dialettico si distingue radicalmente dalla vecchia dialettica hegeliana da cui estrae il midollo, ossia il metodo dialettico, e getta via l'osso, ossia il sistema di pensiero dogmatico. La dialettica finalmente abbandona l'asfittico e artificioso sistema cervellotico hegeliano ed esce all'aria aperta, si tuffa nella realtà, ha modo di dimostrarsi come "la più completa, la più profonda e la più ricca dottrina dell'evoluzione"
(Lenin) del pensiero e della materia, della natura e della società, della conoscenza e dell'attività umana.
"Il movimento è il modo di esistere della materia. Mai e in nessun luogo c'è stata o può esserci materia senza movimento (…) Materia senza movimento è altrettanto impensabile quanto movimento senza materia"
(64). Così scrive Engels e poi aggiunge:
"La grande idea fondamentale, che il mondo non deve essere concepito come un complesso di cose compiute, ma come un complesso di processi, in cui le cose in apparenza stabili, non meno dei loro riflessi intellettuali nella nostra testa, i concetti, attraversano un ininterrotto processo di origine e di decadenza, attraverso al quale, malgrado tutte le apparenti casualità e malgrado ogni regresso momentaneo, si realizza, alla fine, un progresso continuo: questa grande idea fondamentale è entrata così largamente, specie dopo Hegel, nella coscienza comune, che in questa sua forma generale non trova quasi più contraddittori. Ma riconoscerla a parole, e applicarla concretamente, nella realtà, in ogni campo che è oggetto di indagine, sono due cose diverse"(65).
Questo scriveva Engels nel 1885, quando ancora la borghesia godeva della spinta inerziale delle rivoluzioni antifeudali e guardava in avanti piena d'entusiasmo e decisa a dimostrare tutte le meraviglie di cui era capace il suo sistema. Ai nostri giorni, invece, che il parassitismo e la putrefazione ammorbano tutto e il conflitto col proletariato e col socialismo le hanno mostrato cosa le riserva davvero il futuro, la borghesia si è dialetticamente trasformata nel suo opposto, si volge questa volta verso il passato e ripiomba la società in un nuovo Medioevo dove l'idealismo più reazionario e aperto prende il posto persino di qualsiasi forma di materialismo volgare, l'oscurantismo fideista impedisce un serio e spregiudicato progresso delle scienze specie in quei campi che finiscono per mettere in discussione i loro dogmi morali, l'astrologia diventa il surrogato dell'astronomia, la magia e l'agnosticismo alimentano la passività, il pessimismo e l'impotenza dell'uomo verso qualsiasi progresso. Il regno della borghesia cerca nella religione e nel dio di stato la propria consacrazione, esattamente come faceva la monarchia, e ha posto la trinità Dio-Patria-Famiglia a fondamento etico eterno, definitivo e immutabile. Ascoltate l'esortazione della leghista Irene Pivetti, rivolta dalla tribuna del Meeting di Rimini il 27 agosto 1994 poco dopo la sua elezione a presidente della Camera, se volete un esempio per tutti del nuovo Medioevo in cui ci ha piombati la seconda repubblica neofascista: "Bisogna governare le regole, bisogna rifare le regole, se necessario. Per ordinare la società alla volontà di Dio (...) La sovranità popolare che le istituzioni rappresentano è pur sempre un segno, per quanto transitorio ed imperfetto, di quella Regalità divina che è fonte di ogni autorità".
Padroni della dialettica materialista, Marx ed Engels seppero applicarla in modo coerente a ogni campo d'indagine e a ogni aspetto della loro intensa attività teorica e pratica. Applicata alla vita sociale e alla storia della società con l'obiettivo di ricercare e scoprire i fattori decisivi e secondari che le condizionano e le leggi che ne regolano l'andamento, la dialettica materialista prende il nome di materialismo storico. In modo ancora più evidente il materialismo storico non nasconde il suo punto di vista di classe, si pone direttamente al servizio del proletariato e, come ricorda Engels,
"si è rivolto sin dal primo momento alla classe operaia e ha trovato in essa l'accoglienza che non cercava né attendeva dalla scienza ufficiale"(66). Pur avvertendoci che esso non si riduce a una costruzione dottrinaria cristallizzata e dogmatica ma è una concezione viva che si arricchisce di ogni nuova realtà sociale, esperienza rivoluzionaria e indagine storica, Engels spiega sinteticamente che il materialismo storico sta a
"indicare quella concezione dello sviluppo della storia che cerca le cause prime e la forza motrice decisive di tutti gli avvenimenti storici importanti nello sviluppo economico della società, nella trasformazione dei modi di produzione e di scambio, nella divisione della società in classi che ne deriva e nella lotta di queste classi tra di loro"(67).
Ricordiamoli gli elementi costitutivi del materialismo storico così come furono formulati dal nostro Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, nel discorso di commemorazione del decimo anniversario della morte di Mao, che tratta in modo splendido ed esauriente la concezione proletaria del mondo e rappresenta per noi una preziosa fonte di rigenerazione rivoluzionaria. "Primo. Come afferma il 'Manifesto del Partito comunista' di Marx ed Engels, un'opera fondamentale che esprime in maniera sistematica e integrale il materialismo storico e la concezione proletaria del mondo, 'la storia di ogni società finora esistita è storia di lotta di classe'
. Engels preciserà successivamente: 'ad eccezione della storia delle comunità primitive'
. Ciò costituisce un colpo definitivo all'idealismo storico che da millenni afferma che la storia dell'umanità non è fatta dai popoli ma dagli imperatori, dai re, dai condottieri militari, dai governi e dai parlamentari, in genere dai capi, dagli eroi e dalle personalità; e che non è la rivoluzione sociale all'origine del cambiamento della situazione ma i favori concessi dai suddetti personaggi.
"Quasi cento anni dopo, Mao riprenderà e rafforzerà tale concetto storico di Marx ed Engels con questa stupenda ed efficace espressione: 'Il popolo, e solo il popolo, è la forza motrice che crea la storia del mondo'
.
"Secondo. La struttura economica è la base di ogni società sulla quale si edifica la sovrastruttura statale, cioè l'ordinamento istituzionale, militare, giuridico e amministrativo, la cultura, la morale, le idee sociali, ecc. Questo significa che ogni tipo di società, del passato e del presente 'si modella
- come dice Engels - su ciò che si produce, sul modo come si produce e sul modo come si scambia ciò che si produce'
. Questo significa che lo sviluppo della storia umana avviene, in ultima istanza, per i diversi mutamenti dei vari sistemi economici e dei vari modi di produzione e di scambio. Le diverse e successive economie finora conosciute delle comunità primitive, della società schiavistica, della società feudale, della società capitalistica e della società socialista rappresentano le varie tappe dello sviluppo della storia umana. I cambiamenti sociali e i rivolgimenti politici non vanno dunque ricercati, sempre a detta di Engels, 'nella filosofia, ma nell'economia dell'epoca che si considera'
.
"Ma ciò non vuol dire che l'economia sia l'unico fattore determinante dello sviluppo storico. Anche le diverse componenti della sovrastruttura, comprese le idee delle persone, esercitano la loro influenza nella storia. A riprova, basti pensare al ruolo che ha svolto la sovrastruttura nella rivoluzione e nella controrivoluzione in Russia e in Cina.
"Terzo. Come afferma Marx, 'non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere sociale, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza'
. Ciò significa che viene prima l'essere e poi le idee, il pensiero e la coscienza, le quali sono tutte quante il riflesso nella mente degli esseri umani di ciò che è nella realtà oggettiva. È questa realtà oggettiva, la vita materiale della società, che forma in ultima analisi le idee, il pensiero e la coscienza degli individui e non viceversa. Più in generale, le condizioni della vita materiale e non la sovrastruttura sono l'origine delle idee e delle teorie sociali, della vita spirituale della società, delle concezioni politiche e delle istituzioni politiche. Cosicché a ogni differente periodo della storia dell'umanità, corrispondono determinate idee sociali, teorie, concezioni e istituzioni politiche della società.
"Di conseguenza è necessario basare la nostra azione politica non sui principi astratti ma sulle condizioni della vita materiale della società, sulle esigenze reali e concrete dello sviluppo della vita materiale della società. Inoltre perché vi sia uno sconvolgimento e un cambiamento radicale nella coscienza delle persone, occorre che cambino il sistema sociale, le condizioni materiali dell'essere.
"Quarto. L'origine dello sfruttamento capitalistico sta nel plusvalore, cioè nell''appropriazione di lavoro non pagato'
. Questa geniale scoperta di Marx ha svelato il carattere più nascosto del capitale, il meccanismo recondito della produzione capitalistica e della produzione del capitale. Con ciò Marx ha tolto ai revisionisti e ai riformisti ogni argomentazione seria per fare accettare agli operai la collaborazione con i capitalisti.
''Quinto. Le forze produttive, a un certo punto del loro sviluppo, entrano inevitabilmente in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, e ciò genera una serie dì conflitti sociali che, prima o poi, sboccano nella rivoluzione socialista.
"
'I rapporti di produzione borghesi
- rivela Marx -
sono l'ultima forma antagonistica del processo di produzione sociale
'. Questo antagonismo può essere risolto solo con la rivoluzione socialista. Solo così sarà soppresso lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, i lavoratori potranno godere interamente, in forma diretta e indiretta, i frutti della produzione sociale e sarà possibile gettare le condizioni per l'abolizione delle classi e per l'emancipazione di tutta l'umanità"
(68).
Non si può concludere quest'esame del materialismo dialettico e storico elaborato da Marx ed Engels, senza accogliere e far nostra l'esortazione, che Engels rivolgeva ai militanti e dirigenti del partito tedesco, a liberarsi dall'influenza dell'ideologia e delle concezioni borghesi e a impadronirsi e a propagandare la nuova concezione del mondo:
"Sarà dovere di tutti i dirigenti chiarire sempre più tutte le questioni teoriche, liberarsi sempre più completamente dall'influsso delle frasi fatte proprie della vecchia concezione del mondo, e tenere sempre presente che il socialismo, da quando è diventato una scienza, va trattato come una scienza, cioè va studiato. Ma l'importante sarà poi diffondere tra le masse, con zelo accresciuto, la concezione che così si è acquisita e che sempre più si è chiarita, e rinsaldare sempre più fermamente l'organizzazione del partito e dei sindacati"(69).
Il partito del proletariato
Mentre elaboravano febbrilmente i fondamenti teorici del socialismo scientifico, Marx ed Engels erano i capi e i fondatori del partito del proletariato. Fu grazie a loro se in Europa il proletariato riuscì a raggrupparsi organizzativamente e politicamente e a dar vita a quei partiti che avrebbero dovuto dirigerlo alla conquista del potere politico e del socialismo. Per forza di cose la loro concezione del partito risentiva dell'inesperienza rivoluzionaria del movimento operaio organizzato, che muoveva allora i suoi primi passi ed era assorbito dalla questione prioritaria di darsi basi teoriche e programmatiche rivoluzionarie proletarie. Nell'epoca in cui vissero, le rivoluzioni avevano carattere e contenuto fondamentalmente borghesi e nessun partito della I e II Internazionale si era ancora cimentato nella direzione effettiva di una rivoluzione proletaria. Spetterà a Lenin sviluppare tale concezione nel corso della vittoriosa rivoluzione russa e trattare in modo organico ed esauriente le caratteristiche peculiari del partito marxista-leninista. Tuttavia Marx ed Engels tracciarono i caratteri fondamentali della dottrina del partito che mantengono intatta la loro attualità e possono essere sintetizzati in tre punti: 1) Senza partito di classe il proletariato non ha niente; 2) Il partito è il nucleo d'avanguardia del proletariato che ha come scopo l'abbattimento della borghesia, l'instaurazione della dittatura del proletariato e l'edificazione del socialismo e del comunismo; 3) Il partito si sviluppa nella lotta di classe ali' esterno e all'interno delle sue file.
A partire dal 1846 fino agli ultimi istanti della sua vita, Engels non si stancò di condurre una lotta tenace per la creazione e il rafforzamento su basi di classe del partito operaio. A quanti si avvicinavano all'Internazionale ripeteva insistentemente l'urgenza di tale compito:
"Il primo passo che è necessario compiere in ogni paese che si unisce al movimento è sempre la costituzione degli operai in un partito politico indipendente"(70). Allora il proletariato in molti paesi, pur rappresentando la forza d'urto, la classe più risoluta e numericamente più significativa dei movimenti di opposizione, difficilmente avanzava proprie specifiche rivendicazioni che rispondevano ai suoi interessi di classe e finiva in ogni caso per lasciare ai rappresentanti della borghesia e della piccola borghesia la direzione della lotta di classe. Perdurando una tale situazione l'unica classe a trarne frutto era la borghesia, mentre gli operai più avanzati e rivoluzionari si esaurivano nella militanza in partiti che non gli appartenevano. Il compito prioritario, a cui era subordinato qualsiasi progresso della causa del proletariato, era dunque quello di uscire da tali partiti borghesi, separarsi organizzativamente da ogn'altra classe e riunirsi politicamente in un nuovo partito, il partito del proletariato. Non importa se insieme alla borghesia e alla piccola-borghesia rimaneva ancora da percorrere un tratto di strada prima che si aprisse la fase della lotta per il socialismo, il fronte unito avrebbe dovuto comunque vedere in azione il partito operaio come partito indipendente, temporaneamente alleato agli altri partiti democratici, ma ben distinto da essi.
"Il proletariato
- scriveva Engels in una lettera del 1889 -
non può conquistare il potere politico, l'unica porta per entrare nella nuova società, senza una rivoluzione violenta. Perché il giorno decisivo il proletariato sia abbastanza forte per vincere è necessario - e questo Marx ed io l'abbiamo sostenuto fin dal 1847 - che si formi un partito specifico, separato da tutti gli altri ed a loro contrapposto, un partito di classe, cosciente di sé"(71). Il proletariato italiano faccia tesoro delle parole di Engels: la rivoluzione violenta è l'unica strada che può portarlo al potere politico, ma per avviare e vincere una tale rivoluzione deve possedere il suo partito politico. Non un partito generico ma specifico, ossia dotato di caratteri propri e peculiari e votato alla rivoluzione e all'obiettivo strategico del socialismo e del comunismo. Non un partito sommatoria di gruppi e movimenti democratici, come pretende di essere e diventare il PDS di D'Alema e Veltroni, ma distinto e contrapposto a tutti gli altri partiti perché contrapposti sono i loro programmi e le loro finalità, le loro concezioni.
Non un partito interclassista che abbassa il proletariato alla stregua di qualsiasi altro strato e gruppo sociale vagamente anticapitalistico e ne sommerge la voce nella babele di una protesta generica e velleitaria, come accade al PRC del neorevisionista e trotzkista Bertinotti, ma un partito di classe con una coscienza di classe, ossia un partito composto, plasmato, diretto materialmente e ideologicamente dalla classe operaia.
Senza partito di classe il proletariato non ha niente. Diviso al suo interno, disorganizzato, privo di unità di intenti e di azione, sarebbe cancellato dalla scena politica e non saprebbe avanzare nemmeno una sola rivendicazione di classe. Se Engels insisteva tanto sull'importanza del partito operaio autonomo ciò dipendeva dal fatto, abbiamo detto, che allora il proletariato in moltissimi paesi europei si trascinava a rimorchio della borghesia sul piano politico ed era incapace di differenziarsi rispetto alle altre classi sociali. Ed è ciò che si ripeterebbe oggi se il proletariato italiano, dopo essere stato per cento anni castrato dal tradimento e dall'inganno dei partiti riformisti e pseudo-operai come il PSI prima e il PCI dopo, continuasse a contare su partiti borghesi come il PDS o neorevisionisti e trotzkisti come il PRC, i quali oramai proclamano senza imbarazzo di non considerarsi più partiti del proletariato ma formazioni politiche il cui unico scopo è il governo del regime neofascista e non il socialismo e a tale obiettivo sacrificano tutto. Del resto la nuova legge maggioritaria e l'avvento della seconda repubblica neofascista hanno portato ancor più allo scoperto il loro marcio elettoralismo borghese, fino al punto che il PDS lavora unicamente per unirsi in matrimonio con l'ex DC di Prodi e Bianco nella prospettiva di mettere alla luce un partito democratico di tipo clintoniano e il PRC lo segue dappresso come un paggetto, pur guardando con simpatia a una fantasiosa alternativa di tipo laburista.
Ecco perché il proletariato italiano deve schierarsi senza indugio col e nel PMLI, il partito di classe e della rivoluzione socialista. Deve unirsi ai marxisti-leninisti, che rappresentano nient'altro che la parte più avanzata del proletariato sia per combattività sia per consapevolezza teorica, esattamente come indicava il celebre
Manifesto del Partito comunista
:
"I comunisti sono la parte più risoluta dei partiti operai di tutti i paesi, quella che sempre spinge in avanti; dal punto di vista della teoria, essi hanno il vantaggio sulla restante massa del proletariato pel fatto che conoscono le condizioni, l'andamento e i risultati generali del movimento proletario"(72).
Tuttavia nessuno può sostituirsi al proletariato stesso nell'edificazione del suo partito, spetta cioè agli operai avanzati, a quegli strati più coscienti e combattivi, ai suoi figli migliori che si distinguono per spirito rivoluzionario e consapevolezza teorica, per esperienza e capacità organizzative e dirigenti, prendere saldamente nelle loro mani le redini del partito e impedire che esso sia, espugnato dall'interno attraverso la corruzione e l'imborghesimento dei dirigenti più deboli e l'infiltrazione di esponenti borghesi mascherati. Fin dalla fondazione, la I Internazionale aveva proclamato solennemente che la liberazione della classe operaia deve essere opera della classe operaia stessa. Coerenti con tale posizione Marx ed Engels l'hanno educata ad avere fiducia in se stessa, a conoscere prima se stessa per poter conoscere e rivoluzionare il mondo, contrapponendosi a quanti la ritenevano troppo ignorante e abbrutita dallo sfruttamento capitalistico per poter prendere nelle sue mani il proprio destino. A costoro, che pretendevano di sottometterla nel partito alla direzione degli intellettuali e dei borghesi illuminati, ritenuti come i soli in grado di avere i mezzi e il tempo di insegnarle ciò che doveva o non doveva fare, risposero per le rime attraverso una lettera circolare del 1879. Nella circolare sottoponevano a serrata critica l'ala opportunista di destra nel gruppo dirigente socialdemocratico tedesco e la sua politica delle concessioni alla borghesia e minacciavano che non avrebbero esitato ad abbandonare il partito tedesco se tali posizioni opportuniste non fossero state rigettate.
"Per questi quarant'anni
- scrivevano Marx ed Engels -
abbiamo messo in luce che la lotta di classe è la forza motrice fondamentale della storia, e che in particolare la lotta di classe tra la borghesia e il proletariato è la grande leva del rivolgimento sociale dei tempi moderni; ci è quindi impossibile marciare assieme con persone che vogliono cancellare dal movimento questa lotta di classe"(73). Non si tratta di impedire l'adesione di persone provenienti dalle classi dominanti al partito del proletariato, giacché è inevitabile che il socialismo scientifico eserciti una forte influenza e simpatie in ogni direzione. Quel che non possiamo assolutamente permettere è che tale conquista sia subordinata all'abbandono della lotta di classe in favore del riformismo, alla rinuncia a combattere e abbattere la borghesia in favore di una più rassicurante azione di propaganda volta a convincerla e conquistarla.
"Quando siffatte persone provenienti da altre classi aderiscono al movimento proletario,
- avvertivano Marx ed Engels -
la prima esigenza è che non portino con sé nessun residuo di pregiudizi borghesi, piccolo-borghesi, ecc., ma che facciano propria senza riserve la concezione del proletariato"(74).
Ecco il punto: non il partito deve piegarsi ai pregiudizi borghesi degli intellettuali che vi aderiscono ma piuttosto quest'ultimi dovranno rivoluzionare per intero le loro passate concezioni, mettersi alla scuola del proletariato e accettare di servirne la causa con tutto se stessi. Il successo del partito passa dalla sua capacità di radicarsi tra le masse, dirigere vittoriosamente i movimenti e la lotta di classe, attrarre a sé e conquistarne gli elementi più avanzati ed estendere la sua egemonia e influenza nella società senza perdere nemmeno uno dei suoi principi rivoluzionari e rimanendo fedele e ancorato al marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Dai loro scritti e soprattutto dal loro sterminato carteggio di dirigenti del movimento operaio internazionale, abbiamo la conferma che Marx ed Engels consideravano la lotta contro l'opportunismo come una componente permanente della vita del partito, tutt'altro che negativa e da evitare.
Anzi la consideravano salutare e indispensabile per liberare il partito dalle scorie e impedirgli di cadere vittima del nemico di classe.
"Lo sviluppo del proletariato
-
scriveva Engels a Bebel -
si compie dappertutto attraverso lotte interne ... (...) L'unità va molto bene, sino a che è possibile, ma vi sono cose che stanno al di sopra dell'unità. E quando, come abbiamo fatto Marx ed io, si è combattuto durante tutte la vita più contro i sedicenti socialisti che contro chiunque altro ..., non si può provare un grande rincrescimento per il fatto che sia scoppiata una lotta che era inevitabile"(75). Il fatto è che l'opportunismo si produce e si riproduce come un accessorio inevitabile della lotta di classe, è il riflesso di tale lotta all'interno delle nostre file, viene periodicamente a galla durante i flussi e i riflussi della rivoluzione, quantunque si presenti sotto forma e con giustificazioni diverse nelle diverse congiunture storiche.
Dopo la Comune e durante il periodo di sviluppo più o meno pacifico che vide l'affermazione rapidissima dei partiti socialdemocratici, Marx ed Engels dichiararono guerra all'opportunismo di destra che li stava corrompendo e svuotando di ogni carattere rivoluzionario. La loro fu una guerra implacabile e furiosa, condotta attraverso suggerimenti e polemiche, consigli e denunce, sferzanti ammonizioni e lunghe e circostanziate analisi critiche, per evitare che fossero spezzati i denti al socialismo ancor prima che esso cominciasse a mordere sul serio. E mentre attaccavano inflessibilmente i corrotti, i traditori e gli agenti della borghesia, svolgevano una preziosa azione educativa tra i dirigenti e i militanti, mentre sottoponevano a serrata e circostanziata critica le idee e la condotta degli opportunisti di destra, convincevano gli indecisi e allenavano i partiti nella lotta ideologica attiva che li preparasse alle future battaglie rivoluzionarie.
Noi marxisti-leninisti italiani saremo grati in eterno a Marx ed Engels, che hanno dati i natali al partito del proletariato e tracciato le linee essenziali di quella dottrina del partito marxista-leninista, elaborata e sviluppata compiutamente da Lenin e arricchita poi da Mao con la teoria della lotta fra le due linee, che costituisce il fondamento su cui è nato il PMLI.
Quel partito, per cui si batterono Marx ed Engels quand'erano in vita, in Italia c'è, ed è il PMLI, che ha assunto il marxismo unitamente ai suoi sviluppi sanciti dal marxismo-leninismo-pensiero di Mao come base teorica e come guida per fazione e lo fa vivere integrandolo creativamente con la pratica della rivoluzione socialista in Italia. Chi sta con Marx ed Engels non può non condividere il programma, la linea politica e l'azione del PMLI, ma soprattutto non può non sostenere la coraggiosa battaglia strategica che il PMLI sta conducendo per tenere alta la rossa bandiera del marxismo-leninismo-pensiero di Mao ora che la borghesia e l'imperialismo hanno rovesciato, attraverso i rinnegati revisionisti, la dittatura del proletariato nella gloriosa Unione Sovietica di Lenin e Stalin e poi nella grande Cina di Mao. L'impresa a cui siamo chiamati noi marxisti-leninisti del Duemila è forse più disperata di quelle affrontate e vinte dai nostri grandi Maestri vissuti nell'ottocento e nel novecento? Non direi proprio. Il marxismo-leninismo-pensiero di Mao si è sviluppato in mezzo a terribili ma esaltanti battaglie. Che ne sarebbe stato se se ne fosse sottratto? Guardate all'anarchlsmo, alla socialdemocrazia e al revisionismo: ecco a che cosa si sarebbe ridotto, sarebbe finito anch'esso nella pattumiera della storia come qualsiasi altro rifiuto.
I grandi Maestri del proletariato internazionale hanno compiuto delle imprese che hanno stupefatto il mondo perché non dovremmo riuscirci anche noi che siamo animati dello stesso spirito rivoluzionario e armati della stessa scienza rivoluzionaria. La vittoria di Marx ed Engels sulla babele di sette e correnti premarxiste e la nascita del socialismo scientifico, il capolavoro leninista della Grande Rivoluzione d'Ottobre in Russia, la grandiosa edificazione del primo Stato socialista e la sconfitta del mostro nazifascista da parte dell'Urss di Stalin, la Lunga Marcia e la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria nella Cina di Mao: sono state imprese leggendarie compiute da uomini come noi, organizzati e diretti da partiti marxisti-leninisti come il nostro, e ispirati e illuminati dai cinque Maestri che non erano esseri soprannaturali ma i figli migliori dei loro popoli e dei loro tempi. Impariamo dai cinque Maestri, facciamo come i Maestri e certamente si avvererà quell'augurio, che Engels ci rivolgeva nella prefazione al
Manifesto
, affinché l'Italia ci dia
"Il nuovo Dante, che segni l'ora della nascita di quest'èra proletaria"(76).
Il comunismo non è fallito, ma sono semplicemente stati sconfitti, a un determinato grado del loro sviluppo, i primi due tentativi del proletariato in Urss e in Cina di edificare la sua società socialista, ovvero la dittatura del proletariato è stata rovesciata dall'interno dai rinnegati revisionisti alla Krusciov e alla Deng Xiaoping. Dopo il salto storico del passaggio diretto dal sistema semifeudale al socialismo, ora quei due popoli dovranno conoscere le "delizie" del capitalismo e del fascismo prima di volgersi un'altra volta verso il socialismo. Frattanto si sono e ci hanno arricchiti dell'esperienza storica della costruzione del socialismo e dalla teoria elaborata da Mao della continuazione della rivoluzione dopo la conquista del potere politico e nel socialismo. Come la sconfitta della Comune di Parigi non impedì anzi favorì il successo della via dell'Ottobre, così il rovesciamento del socialismo in Urss e in Cina ha aperto una nuova ed esaltante stagione al marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
Ripeti una, due, tre, infinite volte una menzogna fino a che non diventi una verità: ecco il credo dei nuovi Goebbels che martellano coi mass media, Tv in testa, l'opinione pubblica per convincerla del fallimento del comunismo. Il comunismo sarebbe fallito se fosse scomparso nel capitalismo lo sfruttamento della classe operaia e il popolo godesse del meritato benessere. E invece più si sviluppa la tecnologia e più pesanti e snervanti diventano i ceppi del lavoro salariato, più aumenta la produttività e più si allungano la giornata lavorativa, i tempi e i turni di lavoro, di notte, di sabato, nel fine settimana. Quanta più ricchezza risulta prodotta tante più povertà tormentano le masse e la miseria si allarga a nuovi strati di popolazione e la disoccupazione aggredisce i più deboli, i giovani, gli immigrati e la vita nelle città si imbarbarisce. Il comunismo sarebbe fallito se il "nuovo ordine internazionale" imperialista avesse cancellato la guerra e la fame e l'oppressione dei popoli e dei paesi del Sud del mondo. E invece dappertutto l'imperialismo detta legge economicamente e militarmente, politicamente e culturalmente, si moltiplicano le guerre locali e si è aperta una nuova situazione internazionale che ha tutt'altro che allontanato il pericolo di guerra.
Il comunismo sarebbe fallito se il nostro popolo fosse davvero diventato padrone del sistema politico dominante borghese. E invece dalla seconda repubblica neofascista è stato imbavagliato, irreggimentato e ridotto a una massa di manovra dei plebisciti mussoliniani del neoduce Berlusconi e dei suoi podestà.
Del PMLI c'è più bisogno che mai per opporsi all'imperialismo e alla sua politica di sterminio dei popoli poveri e di guerra, per difendere gli interessi immediati del proletariato e delle masse popolari, per lottare contro la seconda repubblica neofascista e il governo neofascista e affamatore Dini. "Il 'governo dei tecnici' del banchiere ultraliberista Lamberto Dini - ha denunciato nel gennaio scorso l'Ufficio politico del PMLI - è un mostro della seconda repubblica neofascista. Nella storia repubblicana italiana mai si era visto un governo simile che così nettamente rompe con le stesse regole della democrazia borghese, con la Costituzione vigente, con la prassi parlamentare e istituzionale. Mai si era visto un governo fatto da generali, prefetti, magistrati, ambasciatori, banchieri, industriali, alti burocrati dello Stato senza alcuna investitura elettorale, espressione unicamente del presidente della Repubblica e di circoli finanziari, economici e istituzionali. Un mostro giuridico, politico e istituzionale che poteva nascere solo dal ventre putrefatto della seconda repubblica neofascista.
Un mostro tanto più orribile, disgustoso e odioso in quanto è stato varato da una grande ammucchiata parlamentare costituita sia dai partiti che l'hanno votato sia da quelli che si sono astenuti. Ed è mancato poco che anche la destra del PRC lo votasse se ciò fosse stato determinante. Pietoso e vergognoso il comportamento dei 'progressisti' che fino all'ultimo hanno implorato il neoduce Berlusconi di votarlo"
(77).
Del PMLI c'è più bisogno che mai per condurre vittoriosamente la lotta di classe e aprire finalmente la lotta per il socialismo in Italia.
Nell'onorare in Engels lo straordinario Maestro, scienziato e combattente rivoluzionario proletario, noi quest'oggi abbiamo imparato a conoscerlo e ad amarlo un po' di più. Ha ragione il nostro Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, a paragonare i cinque Maestri alle cinque dita della mano: "Se ci privassimo di una qualsiasi di queste dita la mano perderebbe la sua completezza e l'interezza delle sue funzioni”
(78). Engels è un esempio di dedizione assoluta ed entusiastica alla causa del proletariato: ultrasettantenne partecipò attivamente alle manifestazioni operaie di Hyde Park per la riduzione della giornata lavorativa a otto ore. Pur tormentato da un cancro incurabile non smise di lavorare instancabilmente per assicurare la sua direzione teorica e politica al movimento operaio internazionale, e, fino a quel 5 agosto 1895 in cui si spense nella sua casa londinese, accarezza mille progetti, pieno di entusiasmo e curiosità rivoluzionari e con il giovanile desiderio di non lasciare questo mondo senza aver prima dato almeno una sbirciatina al nuovo secolo.
Seguiamo l'esempio di Engels. li proletariato e noi marxisti-leninisti facciamo nostra la sua esortazione:
"Compiere quest'azione di liberazione universale è il compito storico del proletariato moderno. Studiarne a fondo le condizioni storiche e conseguentemente la natura stessa e dare così alla classe, oggi oppressa e chiamata all'azione, la coscienza delle condizioni e della natura della sua propria azione è il compito del socialismo scientifico, espressione teorica del movimento proletario"(79).
Gloria eterna a Engels, cofondatore del socialismo scientifico e grande Maestro del proletariato internazionale !
1 V.I. Lenin, Friedrich Engels, autunno 1895. Lenin, Opere complete, Edizioni Rinascita, vol. 2, pag. 16.
2 F. Engels, Discorso sulla tomba di Marx, 17 marzo 1883. Carlo Marx, Scritti scelti in due volumi, Edizioni in lingue estere di Mosca, 1943, vol. I, pag. 16.
3 F. Engels, Lettere dal Wuppertal, marzo 1839. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. Il pagg. 9-10 e pag. 18.
4 F. Engels, Lettera a Arnold Ruge, 26 luglio 1842. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. Il, pag. 549.
5 F. Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca, inizi 1886, Editori Riuniti, Le Idee 1969, pag. 24.
6 Ibidem, pagg. 27-28.
7 F. Engels, Progressi della riforma sociale sul continente, ottobre-novembre 1843. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. III, pag. 428.
8 F. Engels, La situazione della .classe operaia in Inghilterra, 15 marzo 1845. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. IV, pag. 237.
9 F. Engels, Per la storia della ''Lega de! comunisti"; 8 ottobre 1885. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. Xl, pag. 635.
10 F. Engels, La situazione della classe operaia in lnghilterra,18 marzo 1845. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. IV, pag. 238. ·
11 lbidem, pagg. 513-514.
12 K. Marx, Prefazione a Per la critica dell'economia politica, gennaio 1859. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XXX, pag. 299.
13 F. Engels, Per la storia della "Lega dei comunisti", 8 ottobre 1885. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti. vol. Xl, pagg, 639·640.
14 V.I. Lenin, Il carteggio Marx-Enge!s, fine 1913. Lenin, Opere complete, Edizioni Rinascita, vol. 19, pagg. 518· 519.
15 F. Engels, Lettera al Comitato comunista di corrispondenza, 23 ottobre 1846. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XXXVIII, pagg. 66-67.
16 F. Engels, Per la storia della ''Lega del comunisti", 8 ottobre 1885. Marx Engels, Opere complete, Editori
Riuniti
17 V.I. Lenin, Karl Marx, primavera-autunno 1914. Lenin, Opera complete, Edizioni Rinascita, vol. 21, pag. 41.
18 Marx-Engels, Manifesto del partito comunista, dicembre 1847-gennaio 1848, Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. VI, pag. 518
19 Ibidem, pag. 498.
20 Gustav Mayer, Friedrich Engels la vita e l'opera, Einaudi, 1969, pag. 96.
21 F. Engels, Marx e la “Neue Rheinische Zeitung”, 13 marzo 1884. Carlo Marx, Scritti scelti, Edizioni in lingue estere di Mosca, 1944, vol. II, pag. 31.
22 F. Engels, Rivoluzione e controrivoluzione in Germania, luglio 1852. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. Xl, pag. 83.
23 F. Engels, Marx e la "Neue Rheinlsche Zeitung", 13 marzo 1884. Carlo Marx, Scritti scelti, Edizioni in lingue estere di Mosca, 1944, vol. 11, pag. 30.
24 Agli operai di Colonia, 18 maggio 1849. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. IX, pag. 474.
25 F. Engels, Marx e la "Neue Rheinische Zeitung", 13 marzo 1884. Carlo Marx, Scritti scelti, Edizioni in lingue estere di Mosca, 1944,vol. Il, pagg 33 e 32.
26 F. Engels, Lettera a Marx, 20 gennaio 1845. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XXXVIII, pag. 19.
27 K. Marx-F. Engels, Indirizzo del Comitato centrale alla Lega del marzo 1850. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. X, pagg. 277-288.
28 K. Marx, Il diciotto brumaio di Luigi Buonaparte, dicembre 1851-marzo 1852. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. Xl, pag. 194.
29 K. Marx, F. Engels e altri, Associazione mondiale dei comunisti rivoluzionari, aprile 1850. Marx Engels, Opere complete, Editori Riunitl, vol. X, pag. 617.
30 F. Engels, Rivoluzione e controrivoluzione in Germania, luglio 1852. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. Xl, pag. 90.
31 V.I. Lenin, I destini storici della dottrina di Karl Marx, 1 marzo 1913. Lenin, Opere complete, Edizioni Rinascita, vol. 18, pagg. 561-562.
32 K. Marx, Indirizzo inaugurale dell'Associazione internazionale degli operai, 21-27 ottobre 1864. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XX, pag. 12.
33 F. Engels, Lettera a Elisabeth Engels, 1° luglio 1869. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XLIII, pagg. 668-670.
34 V.I. Lenin, Prefazione alla traduzione russa delle lettere di K. Marx e L. Kugelmann, 5 febbraio 1907 Lenin, Opere complete, Edizioni Rinascita, vol. 12, pag. 99.
35 K. Marx F. Engels, Prefazione all'edizione tedesca del 1872 del Manifesto del partito comunista, 24 giugno 1872. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. VI, Pag. 661.
36 K. Marx, Lettera a J. Weydemeyer, 5 marzo 1852. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XXXIX, pag. 537.
37 F. Engels, Introduzione a "La guerra civile in Francia", 18 marzo 1891. Carlo Marx, Scritti scelti in due volumi, Edizioni In lingue estere di Mosca, 1948, vol. Il, pag. 405.
38 Ibidem, pag. 405.
39 V.L. Lenin, Stato e rivoluzione, agosto-settembre 1917. Lenin, Opere complete, Edizioni Rinascita, vol. 25, pag. 364.
40 F. Engels, Dell'autorità, ottobre 1872-marzo 1873. Marx Engels, Marxismo e anarchismo, Editori Riuniti, 1971, pag. 83.
41 K. Marx, Il Capitale, Prefazione alla prima edizione, 25 luglio 1867, Edizioni Rinascita, 1956, vol. 1, pag. 18.
42 K. Marx, Lettera a Engels, 2 di notte del 16 agosto 1867. Marx Enels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XLII, pag. 354.
43 F. Engels, Recensione del libro primo del ''Capitale" il "Demokratisches Wochenblatt", 21 marzo 1868. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XX, pag. 236.
44 F. Engels, Recensione del libro primo del "Capitale" per la "Rheinische Zeitung", 12 ottobre 1867. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XX, pag. 214.
45 F. Engels, Carlo Marx, 1878. Carlo Marx, Scritti scelti in due volumi, Edizioni in lingue estere di Mosca, 1943, vol. I, pagg. 13-14.
46 J.V. Stalin, Problemi economici del socialismo in Urss, 1 febbraio 1952. Edizioni Rinascita, 1953, pag. 53.
47 V.I. Lenin, Friedrlch Engels, autunno 1895. Lenin, Opere complete, Edizioni Rinascita, vol. 2, pag. 26.
48 F. Engels, Lettera a F.A. Sorge, 15 marzo 1883. AA.VV., Ricordi su Marx. Edizioni Rinascita, 1951, pag. 137.
49 F. Engels, L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza, 1877 Carlo Marx, Scritti scelti in due volumi, Edizioni in lingue estere di Mosca, 1943, vol. I, pag. 205.
50 Gustav Mayer, Friedrich Engels, la vita e l'opera. Einaudi 1969, pag. 288.
51 F. Engels, Lettera a Paul Lafargue. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 2, pag. 493.
52 F. Engels, Prefazione all'edizione Inglese de "L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza", 20 aprile 1892. Carlo Marx, Scritti scelti in due volumi, Edizioni in lingue estere di Mosca, 1943, vol. I, pag. 184.
53 Ufficio politico del PMLI, Seguiamo e applichiamo gli Insegnamenti di Engels sulla famiglia, 28 maggio 1994. Friedrich
Engels, L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Piccola Biblioteca marxista-leninista, 1994, pag. 8.
54 F. Engels, Lettera a F.A. Sorge, 8 giugno 1889. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XLVIII, pag. 246.
55 F. Engels, I movimenti del 1847; 23 gennaio 1848. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti; vol. Vl, pagg. 539 e 535.
56 Ibidem pag. 533.
57 F. Engels, La sconfitta dei piemontesi, 1° aprile 1849. Marx Engels; Opere. complete, Editori Riuniti, vol. IX, pag. 176.
58 F. Engels, Sulla partecipazione di Mazzini alla fondazione dell'Internazionale, 28 luglio 1871. Marx-Engels, Scritti Italiani, Edizioni Avanti! 1956, pag. 34.
59 F. Engels, L'Internazionale a gli anarchici, aprile-giugno 1873. Editori Riuniti, 1965, pag. 95.
60 F. Engels, Lettera a F. Turati, 26 gennaio 1894. Marx Engels, Scritti italiani, Edizioni Avanti! 1955, pag. 174.
61 F. Engels, Recensione a "Per la critica dell'economia politica". K. Marx, Per la critica dell'economia politica, Editori Riunii, 1969, pag. 207.
62 K. Marx, Tesi su Feuerbach, primavera 1845. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. V, pag. 625.
63 F. Engels, Prefazione all'edizione Inglese de "L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza", 20 aprile 1892. Carlo Marx; Scritti scelti in due volumi, Edizioni In lingue estere di Mosca, 1943, vol. I, pagg. 378-379.
64 F. Engels, Anti-Dühring, settembre 1876, giugno 1878. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XXV, pag. 57.
65 F. Engels, Luwig Feuerbach, 1886. Editori Riuniti, 1969, pagg. 58-59.
66 Ibidem, pag. 78.
67 F. Engels, Prefazione all'edizione Inglese de "L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza", 20 aprile 1892. Carlo Marx, Scritti scelti in due volumi, Edizioni in lingue estere di Mosca, 1943, vol. I, pag. 380.
68 Giovanni Scuderi, La concezione di Mao del mondo e l'attuale lotta di classe, 9 settembre 1986. Mao e la lotta del PMLI per il socialismo, 1993, pagg. 204-206.
69 F. Engels. Prefazione a "La guerra dei contadini in Germania", 1 ° luglio 1874. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. X, pag. 674.
70 F. Engels, Lettera a F.A. Sorge, 1886. Gian Mario Bravo, Friedrich Engels, Franco Angeli, 1990, pag. 48.
71 F. Engels, Lettera a G. Trier, 18 dicembre 1889. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XLVIII, pag. 347.
72 K. Marx-F. Engels, Il Manifesto del partito comunista, dicembre 1847-gennaio 1848. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. VI, pag. 498.
73 K. Marx-F. Engels. Lettera a Bebel, Liebknecht, Bracke e altri, metà settembre 1879. Carlo Marx, Scritti scelti in due volumi, Edizioni in lingue estere di Mosca, 1944, vol. Il, pagg. 549-550.
74 Ibidem, pag. 549.
75 F. Engels, Lettera a Bebel, 28 ottobre 1882. Carlo Marx, Scritti scelti in due volumi, Edizioni in lingue estere di Mosca, 1944, vol. II, pag. 555.
76 F. Engels, Prefazione all'edizione Italiana del "Manifesto del partito comunista", 1° febbraio 1893. Marx Engels, Opere complete, Editor Riuniti, vol. VI, pag. 678.
77 Ufficio politico del PMLI, Non dare tregua al governo neofascista e affamatore Dini, 28 gennaio 1995. “Il Bolscevico” n. 5, 9 febbraio 1995, pag. 12.
78 Giovanni Scuderi, Teniamo alta la grande bandiera rossa di Stalin. “Il Bolscevico” n. 47, 29 dicembre 1994, pag. 2.
79 F. Engels, Anti-Dühring, settembre 1876-giugno 1878. Marx Engels, Opere complete, Editori Riuniti, vol. XXV, pag. 274.
18 novembre 2020