Viva lo sciopero dei lavoratori pubblici
Ci vuole però uno sciopero generale promosso da tutti i sindacati per dare al governo Conte la lezione che si merita
Nell’incontro svoltosi il 16 novembre tra il Presidente del Consiglio ed i Ministri dell’economia, delle finanze, del lavoro e dello sviluppo economico da una parte, e Cgil, Cisl e Uil dall'altra non c'è stata quell'intesa tanto auspicata dagli stessi protagonisti. Il confronto era sulla Legge di Bilancio 2021 ma questa, hanno affermato i sindacati, “c’è stata presentata dopo l’approvazione nel Consiglio dei Ministri, a scelte quindi già fatte”. I sindacati confederali però non hanno potuto fare a meno di entrare nel merito della questione delle risorse messe a disposizione del governo per i lavoratori della Sanità Pubblica, Funzioni Locali e Funzioni Centrali. Queste sono talmente scarse, 400 milioni di euro, da risultare del tutto insufficienti per un rinnovo dignitoso del contratto nazionale di lavoro. Perciò in risposta all'intransigenza del governo hanno proclamato lo sciopero dei lavoratori pubblici per il 9 dicembre.
Evidentemente i segretari di Cgil, Cisl e Uil pensavano d'intavolare una trattativa incentrata sulla concertazione, dopo che Conte e alcuni suoi ministri nei mesi scorsi avevano lasciato credere che i sindacati avessero voce in capitolo sui soldi dei fondi europei (recovery fund
) e sui piani del governo (recovery plan
) per decidere dove e quando collocarli. Ma così non è stato e il capo dell'esecutivo lo ha subito messo in chiaro : “Io non ho mai parlato di concertazione. Ho incontrato decine di volte i sindacati, sono il presidente che li ha ascoltati più di tutti, ma non ho mai parlato di concertazione. La Uil in passato ha mai scritto una manovra con il Governo?“, ha ribattuto con arroganza alle critiche del segretario di quel sindacato, Bombardieri.
Inoltre il governo ha approfittato di questo incontro per imbastire una nuova campagna denigratoria contro i dipendenti pubblici, degna di un Renzi o dei governi Berlusconi e del suo ministro Brunetta, quello de “licenzieremo i fannulloni della pubblica amministrazione”. Di fronte alle rimostranze sindacali che chiedevano più fondi per sostenere i rinnovi contrattuali del pubblico impiego, Conte ha risposto: "Siamo in un periodo in cui si proporranno nuove e diverse disuguaglianze. Un impiegato pubblico oggi, non muovendosi da casa, può esercitare la propria attività con risparmio di tempo e risorse, mentre molte altre categorie stanno soffrendo veramente. Ad esempio gli esercizi commerciali e le partite Iva hanno serie difficoltà".
Affermazioni chiare che lasciano intendere in che modo il governo abbia intenzione di gestire i miliardi di euro che dovranno alleviare gli effetti della crisi economica aggravata dal Coronavirus. Mentre da una parte promette sostegno incondizionato ai padroni, sostenuto dai partiti di destra che chiedono addirittura un “anno bianco” che abboni incondizionatamente le tasse alle aziende, i lavoratori, in questo caso quelli pubblici, vengono bacchettati perché si permettono di chiedere il rinnovo contrattuale, mentre invece doverebbero stare zitti e ringraziare il cielo perché il loro posto di lavoro non è in serio pericolo.
Mentre i sindacati chiedevano al governo di “dare l'esempio come datore di lavoro” anche rispetto alle imprese private, questo gettava la maschera “buonista” comportandosi esattamente come la Confindustria del falco Bonomi: per i lavoratori solo sacrifici. In breve tempo si è passati da un atteggiamento paternalistico di esaltazione dei dipendenti statali, a partire da quelli della sanità, in prima linea a sostenere l'urto della pandemia negli ospedali e in tutti i servizi di pubblica utilità, ad una fase in cui vengono accusati di essere dei privilegiati.
La ministra della Pa, Fabiana Dadone, parla addirittura di atteggiamento "fuori scala" dei sindacati che pensano “di bloccare l’Italia e mettere a rischio la già fragile tenuta sociale. Ciascuno si assumerà le proprie responsabilità”, ha twittato minacciosa, e rivendica come i fondi messi in campo siano "senza precedenti". “La scelta dei sindacati mi lascia attonita non è che si possano recuperare 10 anni di blocco contrattuale in un anno complesso e delicato come questo, con una crisi pandemica”. Affermazioni queste che indirettamente ammettono come per una decade i salari sono rimasti bloccati.
Ma quanto chiesto da Cgil, Cisl e Uil sono cifre ben lontane dal recupero dei 10 punti percentuali persi nell’ultimo decennio che ha visto un solo rinnovo di contratto (due anni fa) che ha portato pochi spiccioli nelle tasche dei lavoratori. In ogni caso salutiamo favorevolmente la proclamazione dello sciopero per il 9 dicembre perché non ci sono margini di trattativa con chi vuole ancora prendere di mira questi lavoratori. Il rinnovo contrattuale con forti aumenti salariali è inderogabile, oltre a un piano di assunzioni nei vari settori pubblici che sono evidentemente sotto organico, come il Covid-19 ha ampiamente dimostrato.
Anzi, speriamo che non si torni indietro perché Landini ha già mostrato ampia disponibilità a revocare lo sciopero alla minima apertura. Occorre un atteggiamento più fermo e deciso, non piagnucolare come ha fatto la segretaria della Cisl, Annamaria Furlan, che di fronte alle chiusure del governo ha rivendicato il ruolo cogestionario e collaborazionista dei confederali: “Nei momenti drammatici e di emergenza del Paese i Governi hanno interagito sempre con i sindacati. Penso per esempio all’accordo storico con Ciampi nel 1993 sulla politica dei redditi quando noi abbiamo salvato l’Italia, come ci aveva riconosciuto il Premio Nobel Modigliani...Non ricordare questi momenti importanti significa fare un torto alla storia”.
Adesso, dopo una prima fase in cui Conte si è assicurato il via libera a qualsiasi provvedimento di emergenza e un incondizionato sostegno all’azione di governo, Cgil, Cisl e Uil scoprono che il premier va avanti dritto per la sua strada. Noi i marxisti-leninisti siamo fermamente contrari ad accettare che con il pretesto del Coronavirus si tengano bloccati i contratti e i salari dei lavoratori pubblici e più in generale, fin dall'inizio, ci siamo opposti a questo modo di governare attraverso i Dpcm del dittatore antivirus Conte, provvedimenti che sfuggono ad ogni controllo parlamentare e di conformità costituzionale e che restringono la democrazia borghese e limitano i diritti e le libertà sanciti dalla Costituzione, come nel caso del coprifuoco.
Lo sciopero dei dipendenti pubblici non basta, occorre una mobilitazione generale che porti in breve tempo a uno sciopero nazionale di tutte le categorie indetto e organizzato da tutti i sindacati, per dare al governo la lezione che si merita, per far capire a Conte, e anche alla Confindustria, che i lavoratori non hanno alcuna intenzione di rinunciare ai loro diritti e a un salario dignitoso e subire sulla loro pelle le conseguenze del Covid-19.
25 novembre 2020