Lavorano a La Spezia alla costruzioni di yacht di lusso
Migranti supersfruttati, pagati una miseria, derubati, picchiati, turni massacranti
Otto arresti per caporalato e interposizione illecita di manodopera
Il lavoro nero, sottopagato, irregolare, viene generalmente associato e confinato alle regioni del nostro Mezzogiorno, e ad attività legate alla raccolta di frutta e verdura, all'edilizia, alla cura e all'assistenza di malati e anziani o della casa (colf e badanti), alle imprese di pulizia e generalmente a lavori “poveri”, che producono beni o servizi con valore aggiunto medio-basso. Ma tutto questo va ripensato perché non corrisponde più alla realtà.
Pur rimanendo ben radicato nelle regioni e nei settori economici sopracitati, sono sempre di più le indagini e le inchieste che ci svelano come questa piaga sia oramai estesa in tutta Italia e generalizzata in ogni attività, anche in quelle che producono beni di lusso, spesso utilizzando la scappatoia dei subappalti.
Si va dal lavoro nelle vigne di Piemonte e Toscana dove si ricavano vini e spumanti pregiati, alle aziende che confezionano articoli per le griffe dell'abbigliamento di alta gamma, e perfino alle “imprese innovative”, le cosiddette start up
, che di facciata si presentano “solidali” ed “ecosostenibili”, come avveniva in una ditta che produceva e distribuiva fragole e altri prodotti agricoli a Milano e dintorni che sfruttava e vessava i migranti dei centri di accoglienza lombardi.
Anche la nautica si unisce ai settori industriali soggetti al caporalato e all’intermediazione illecita di manodopera. Lo ha scoperto la Guardia di finanza di La Spezia che ha arrestato otto persone, 7 in carcere e una ai domiciliari, accusate di far parte di un’associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro e hanno sottoposto a sequestro preventivo oltre 900 mila euro in un’operazione condotta tra Spezia, Savona, Carrara e Ancona.
L'indagine non era partita dal contrasto del lavoro nero, ma c'è arrivata per caso perché i militari si stavano preoccupando di tutt'altro: verificare i requisiti di permanenza dei migranti nei centri di accoglienza. Così hanno scoperto che centinaia di lavoratori, in larga parte bengalesi, costruivano yacht di lusso venendo sfruttati, minacciati, pagati 4 o 5 euro l'ora, e persino derubati.
Partendo da alcune anomalie, individuate e segnalate dalla Prefettura di La Spezia, i finanzieri hanno eseguito una complessa indagine che ha reso possibile individuare una serie di condotte di sfruttamento ai danni di decine e decine di operai punite dalla recente normativa a contrasto del caporalato. Chi osava ribellarsi o protestare veniva offeso e picchiato.
I lavoratori, circa 150, erano costretti a turni massacranti, fino a 14 ore al giorno, sorvegliati a vista da caporali italiani aiutati da alcuni “collaboratori” connazionali dei migranti. “Ti do un calcio, ti butto dall'alto della nave”, era il tono con cui si rivolgevano ai lavoratori. Il tutto dimostrato e confermato dai tabulati acquisiti degli orari di ingresso ed uscita al lavoro, le testimonianze degli operai e di altri soggetti contigui, le intercettazioni telefoniche ed ambientali.
I capi, approfittando dello stato di bisogno dei migranti, oltre a pagarli una miseria, gli impiegavano in attività pesanti e pericolose, come la saldatura, la stuccatura e la verniciatura di super yacht. Non esistevano ferie, permessi, riposi né straordinari, tanto meno la malattia: chi stava a casa, anche per positività al Covid, non veniva retribuito. In caso di infortunio, i lavoratori erano costretti a fornire una falsa dichiarazione al personale del pronto soccorso, senza fare alcun riferimento al lavoro svolto.
In più una volta pagate le buste paga con bonifici bancari, i caporali pretendevano, anche con l’uso di violenza e minacce della perdita del posto di lavoro, la restituzione, in contanti, di parte dei salari. Con un meccanismo messo a punto da un membro del gruppo, un consulente del lavoro di Ancona, venivano predisposte false buste paga con il minimo dei contributi previdenziali, consentendo all’azienda di essere apparentemente in regola col Durc (documento unico di regolarità contributiva) per poter ricevere le sostanziose commesse ed accedere ai prestigiosi cantieri navali spezzini.
Il quadro generale che ne viene fuori rivela come i grandi cantieri del Levante ligure appaltano e sub appaltano la costruzione di yacht e imbarcazioni di lusso a società fittizie come la Gs Painting implicata nell'inchiesta eludendo, per il momento, il coinvolgimento dalle accuse di caporalato e utilizzo di lavoro nero. “L’operazione sul caporalato squarcia il velo di una situazione che come Cgil abbiamo più volte denunciato negli ultimi anni”, ha commentato Lara Ghiglione, segretaria generale della Cgil della Spezia.
Yacht di lusso sulla pelle dei migranti. Una realtà che stride con le tesi razziste e fasciste sostenute da molti partiti borghesi, a partire dalla Lega e da Fratelli d'Italia, che sostengono come l'Italia rappresenti per gli immigrati una vera e propria “pacchia”. Questi invece vengono sistematicamente sottoposti a forme aberranti di supersfruttamento attraverso un mondo del lavoro sommerso, spesso tollerato, finalizzato a ridurre salari e diritti a livelli inauditi.
25 novembre 2020