Un tampone costa tra i 50 e i 130 euro
Medici e sindacati denunciano le lobby del Covid-19
La procura di Napoli apre un'inchiesta sugli ospedali campani
Redazione di Napoli
Nella settimana di passaggio della Campania dalla zona rossa a quella arancione non si fermano le critiche contro il governatore in camicia nera De Luca e il neopodestà De Magistris che, anche se in polemica fra loro, entrambi puntando l’indice contro le masse popolari napoletane e campane non disciplinate come se passeggiare sul lungomare di via Caracciolo o vicino a Castel dell’Ovo sia la madre di tutte le questioni. Si tratta soltanto di una boutade ben smascherata dai campani visto che, da una parte, le morti giornaliere sono sotto le centinaia e, dall’altra, i contagiati calano in tutte le province, tranne a Caserta. E allora perché non è scattata la zona gialla? La sproporzione tra i malati che devono entrare in terapia intensiva o nei reparti antiCovid e i posti disponibili, cronicamente insufficienti, sembra fornire la risposta adeguata a questo quesito.
La cronica mancanza di posti letto in Campania nonostante le inaugurazioni dei centri antiCovid-19 di Caserta, Napoli e Salerno nel 2020 e il completamento dell’Ospedale del Mare entrato in funzione definitivamente lo scorso anno, mettono ancora una volta sul banco degli imputati la sanità campana e il suo sfascio. Responsabile è chiaramente il suo dicastero, stranamente ancora in mano a De Luca, nonostante l’ombra del commissariamento paventata dal governo Conte e la visita dei Nas l’11 novembre scorso, in realtà con funzioni di polizia giudiziaria, nell'ambito dell'inchiesta aperta dalla Procura di Napoli (pm Maria di Mauro, procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio) sulla realizzazione degli ospedali modulari per fronteggiare l'emergenza epidemiologica a Napoli, Caserta e Salerno, per verificare presunte irregolarità e profili di illeciti penali commessi.
A Salerno, ad esempio, la Procura ha potuto verificare i limiti dell’intervento anticoronavirus con reparti che dovevano contenere 24 posti letto e che a stento ne raggiungono 12, in prefabbricati nuovi di zecca dove sembra addirittura piova dentro e probabilmente non idonei ad accogliere i malati; per ora sono stati chiusi nonostante le dichiarazioni “rassicuranti” del sodale di De Luca, Vincenzo D’Amato, direttore sanitario dell’Ospedale “Ruggi” dove sono collocati i reparti. A smentirlo sono dei medici: il primario di rianimazione dell’Ospedale, Renato Gammaldi, il quale, nonostante il governatore mandi sulla sua tv personale “Lira tv” l’inaugurazione dei reparti antivirus del 28 aprile scorso, fa una affermazione chiara, dribblando le polemiche con De Luca: “Anche se dovessero mancare i posti, io anziché non curare i malati, li curo a terra per salvargli la vita”. Queste dichiarazioni sono rafforzate dall’episodio che ha visto il licenziamento, nel giro di tre settimane, dell’infettivologo Luigi Greco, chiamato al “Ruggi”, nonostante fosse pensionato, a sopperire alla mancanza cronica di medici, anestesisti e infermieri. “Appena ho detto e ribadito che il piano antipandemico era completamente errato sono stato cacciato. Critico la sfacciata arroganza della politica di De Luca” ha ribadito alla trasmissione “Non è l’arena” del 6 dicembre scorso, sottolineando il quadro negativo del comparto sanitario anche nella città dove è stato neopodestà per anni il governatore PD.
De Luca non può trincerarsi dietro la mancanza di fondi o la solita litania che alla Campania non sono stati dati i necessari flussi finanziari per far fronte allo sfascio della sanità: se da una parte ci sono effettivamente degli ammanchi dei vari governi del regime neofascista negli anni, nessuno escluso, rimangono da recepire dalla Regione ben 163 milioni di euro che dovrebbero essere spesi in maniera oculata rispetto al passato. Cominciando, semmai, proprio dalla medicina di base e la gratuità universale di tamponi e sierologici che, invece, come afferma un comunicato del CUB-Sanità, rappresentano il maggior terreno affaristico dei privati e dei pescecani di turno con cifre che variano da 50 a 130 euro a tampone.
Anche i medici e gli infermieri hanno denunciato l’arroganza di De Luca e compagnia. Non a caso il presidente del Forum delle Associazioni Sociosanitarie, Aldo Bova, ha scritto una dura lettera al governatore: “Vanno segnalate due condizioni importanti: primo, la grave difficoltà dei pazienti affetti da patologie croniche (cardiologiche, pneumologiche, metaboliche, oncologiche ecc.), per essere curati e secondo, il triste accrescersi del fenomeno della salute diseguale, che li vede penalizzati col Covid in modo esponenziale. In questa fase il blocco delle prestazioni in accreditamento genera un ulteriore danno alle famiglie più indigenti, che non possono curarsi presso i centri accreditati, pagando il ticket, né tantomeno in ospedale, dove la maggior parte delle attività routinarie sono sospese. È una grave condizione di ingiustizia sociale. Alla luce di quanto detto - continua Bova -, sig. governatore, on. De Luca, le chiediamo di intervenire ad horas, procurando fondi per assicurare la doverosa assistenza per patologie croniche in convenzione dei centri accreditati o, almeno, predisporre la possibilità di assistenza reale presso le strutture pubbliche”.
Significativo anche il comunicato delle Reti sociali di Napoli: “ll disastro sanitario che si palesa in queste settimane ci mostra le immagini terribili di persone che non riescono ad essere curate, di famiglie costrette ad arricchire continuamente i laboratori privati per i test sul Covid (ai quali non è stato nemmeno imposto un prezzo), di mancanza di personale medico e paramedico, di ospedali che non sono stati messi in sicurezza, degli ambulatori pubblici chiusi a favore degli affari di quelli privati, di pazienti per patologie diverse dal Covid abbandonati a sé stessi, ha le premesse in un modello di gestione regionale (e nazionale) della Sanità che in questi anni, ma anche decenni, ha proceduto con continui tagli alla Sanità pubblica e un fiume di finanziamenti pubblici alla Sanità privata”. I giovani delle Reti sociali puntano il dito sulla mancata realizzazione dei prospetti previsti dal decreto Rilancio che forniva a De Luca lo strumento della requisizione indennizzata per recuperare posti letto e strutture “da chi in questi anni ha fatto milioni sulla pelle (letteralmente) dei cittadini oltre che rappresentare spesso una fonte di clamorosa clientela elettorale. Invece si sta continuando a favorire queste lobbyes con convenzioni super-onerose, con la chiusura degli ambulatori pubblici, con la mafia dei test a pagamento senza nessun controllo”.
Un salasso che ricade ingiustamente sulle già misere tasche del proletariato e delle masse popolari e della cui responsabilità proprio il governatore e assessore regionale alla Sanità De Luca deve rispondere politicamente.
9 dicembre 2020