Per finanziamento illecito ai partiti
Renzi, Boschi, Lotti, Carrai e Bianchi indagati
“In esecuzione di un medesimo disegno criminoso" hanno intascato attraverso la Fondazione Open 7 milioni di euro
Il 2 novembre su ordine della procura di Firenze ai tre “petali” del “Giglio magico” renziano è stato notificato un avviso di garanzia con l'accusa di finanziamento illecito continuato nell’ambito dell’inchiesta sulla Fondazione Open.
Insieme al senatore Matteo Renzi, ex premier, ex segretario del PD e attuale boss di Italia Viva, risultano indagati anche: l'ex ministra per le riforme costituzionali e per i rapporti con il parlamento, ex sottosegretaria unica alla presidenza del Consiglio nel governo Gentiloni, attuale deputata e capogruppo di Italia Viva alla Camera, Maria Elena Boschi, in compagnia dell'ex ministro allo Sport e attuale deputato Pd Luca Lotti.
Tutti e tre gli indagati hanno anche già ricevuto un avviso a comparire in Procura per il prossimo 24 novembre "per rispondere ad interrogatorio”.
Fin dall'inizio dell'inchiesta i sostituti procuratori Luca Turco e Antonino Nastasi avevano già iscritto nel registro degli indagati anche l'avvocato degli affari sporchi di Renzi nonché ex presidente di Open Alberto Bianchi; il fedelissimo Marco Carrai, considerato il “Verdini” di Italia Viva, sodale di Renzi, lobbista di fama internazionale e membro del consiglio direttivo della stessa Fondazione insieme a Boschi e Lotti; l’amico imprenditore fiorentino Patrizio Donnini, al quale gli inquirenti hanno sequestrato una scatola di scarpe piena di banconote; la moglie Lilian Mammoliti (una delle organizzatrici delle convention della Leopolda) e il manager della società Renexia (gruppo Toto) Lino Bergonzi. Tutti accusati a vario titolo di finanziamento illecito, riciclaggio, autoriciclaggio e traffico di influenze.
Con le iscrizioni di Renzi, Boschi e Lotti salgono così a 8 gli indagati dell’inchiesta su Open, la Fondazione attiva tra il 2012 e il 2018 creata appositamente per sostenere finanziariamente l’ascesa e l’attività politica di Renzi e della sua banda.
A tutti gli indagati è contestato il finanziamento illecito continuato "perché in concorso tra loro, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso", Bianchi, Carrai, Lotti e Boschi, in quanto membri del consiglio direttivo della Fondazione Open "riferibile a Matteo Renzi, articolazione politico-organizzativa del Partito democratico (corrente renziana), ricevevano in violazione della normativa citata i seguenti contributi di denaro che i finanziatori consegnavano alla Fondazione Open", per un totale di circa 7 milioni di euro: 670.000 nel 2012, 700.000 nel 2013, 1,1 milioni nel 2014, 450.000 nel 2015, 2,1 milioni nel 2016, 1 milione nel 2017 e 1,1 milioni nel 2018.
Le somme, secondo gli inquirenti, erano “dirette a sostenere l’attività politica di Renzi, Boschi e Lotti e della corrente renziana”.
I finanziamenti coprirebbero il periodo in cui Renzi partecipò alle primarie del Pd, poi diventandone segretario e infine eletto senatore nel marzo 2018, mentre Boschi e Lotti sedevano alla Camera dei deputati nelle file del Pd. L'indagine dei Pm fiorentini è iniziata nel settembre 2019 con i sequestri della documentazione nello studio dell'avvocato Bianchi fin dalla prima Leopolda.
Le perquisizioni e i sequestri si sono poi estesi anche negli uffici e nelle abitazioni di Carrai e di oltre una trentina di imprenditori, legati da rapporti di vario tipo con Open, tra cui figura anche il finanziere milanese Davide Serra, naturalizzato britannico, che all'epoca del primo Big Bang si era pubblicamente vantato di aver finanziato la cassaforte di Renzi con una donazione da 150mila euro.
Non a caso Carrai, quando Renzi era a Palazzo Chigi, fu proposto alla guida della nuova struttura di cyber security formata da una ventina di 007 distaccati tra Guardia di Finanza e servizi segreti Aise e Aisi, col compito di vigilare sulla cyber sicurezza nazionale.
Carrai infatti è anche un grande esperto di cyber sicurezza tant'è che per comunicare con la sua fitta rete di investitori, imprenditori, banchieri, società estere, università e costruttori in Italia e all'estero tra cui figurano fra gli altri Fabrizio Palenzona e Carlo Cimbri, Gian Maria Gros Pietro e Giuseppe Recchi, David Serra e Marco Tronchetti Provera, Lorenzo Bini Smaghi e Marco Morelli, Oscar Farinetti e Chicco Testa, Alessandro Baricco e Paolo Mieli, Paolo Fresco e l’allora ambasciatore Usa John Phillips, oltre ai “politici amici” come Luca Lotti e Simona Bonafé, “lavora nell'ombra” e utilizza applicazioni criptate per comunicare col suo network e quindi non sarà facile per gli inquirenti ricostruire contatti e conversazioni. Forse proprio per questo Renzi lo voleva accanto a sé a Palazzo Chigi.
Per la Procura di Firenze e il Tribunale del Riesame la Fondazione Open "appare aver agito da 'articolazione' di partito politico, in quanto vi sono i riferimenti alle 'primarie dell'anno 2012', al 'comitato per Matteo Renzi segretario', alle ricevute di versamento da parlamentari" e "ha rimborsato spese a parlamentari e ha messo a loro disposizione carte di credito e bancomat"; inoltre "gli esiti dell'attività investigativa svolta evidenziano significativi intrecci tra prestazioni professionali rese dall'avvocato Bianchi e dai suoi collaboratori e finanziamenti alla Fondazione Open".
Nell’avviso di garanzia Renzi viene identificato come segretario nazionale del Partito democratico per quasi cinque anni, nonché parlamentare del Senato. Boschi invece viene identificata quale parlamentare, componente e poi coordinatrice della segreteria nazionale del Pd. Entrambi, da circa un anno sono usciti dal Pd e hanno fondato Italia Viva. Lotti, invece, ufficialmente fa ancora parte del Pd.
Del resto è stato lo stesso Carrai a profetizzare in una lunga intervista a “Il Fatto Quotidiano” del 18 marzo 2017 che tra dieci anni Renzi sarà: “Lontano dalla politica. E non per un fallimento, ma perché avrà terminato la missione”.
Segno evidente che tutti i politicanti borghesi non agiscono mai in nome e per conto del popolo italiano come vogliono far credere; ma guardano unicamente al proprio tornaconto politico, elettorale ed economico e difendono unicamente gli interessi del capitalismo e della borghesia che li sponsorizza.
Perciò se davvero si vuole eliminare la corruzione, la disoccupazione, la mafia, la povertà, uscire dalla spaventosa crisi economica e sanitaria aggravata dalla pandemia da Coronavirus e battere tutti gli altri mali che affliggono l'Italia, bisogna spazzare via questo marcio sistema capitalista e tutti i partiti e le consorterie economiche, politiche e finanziarie che ne reggono le sorti e instaurare il socialismo per dare avvio al vero e unico cambiamento in grado di garantire prosperità, progresso, lavoro, salute e sicurezza alle masse popolari sfruttate e oppresse.
9 dicembre 2020