Accordo al Consiglio europeo sul "rilancio" economico dell'imperialismo europeo
209 miliardi capestro all'Italia
Per sbloccare il veto di Polonia e Ungheria su Recovery "sospeso" il regolamento sullo Stato di diritto
Il turno della presidenza semestrale dell'Unione europea da parte della Germania si era aperto con l'accordo definito al vertice straordinario del 21 luglio scorso sul piano per affrontare gli effetti della pandemia e per il rilancio economico dell'imperialismo europeo, basato sui capitoli di spesa specifici definiti nel bilancio comunitario per il periodo 2021-2027 e sugli interventi definiti nel programma Next Generation EU, il fondo per la ripresa chiamato anche Recovery Fund. O meglio, il vertice aveva messo a punto un progetto che aveva richiesto altri due mesi di negoziati fino all'intesa annunciata all'inizio di novembre tra il Parlamento europeo e la Commissione europea e un altro mese di tempo affinché la cancelliera tedesca Merkel trovasse il bandolo della matassa per eliminare l'ultimo scoglio, quello del veto minacciato da Polonia e Ungheria, e chiudesse il turno di presidenza Ue con il varo di bilancio pluriennale e Recovery Fund da parte del Consiglio europeo di Bruxelles del 10 e 11 dicembre.
Il percorso per far arrivare i prestiti e gli aiuti finanziari ai paesi più in difficoltà è ancora lungo, il bilancio Ue e il fondo speciale devono passare intanto alla ratifica dell'europarlamento e a seguire si devono pronunciare i parlamenti nazionali che devono anche approvare i rispettivi piani di investimenti. Tra l'altro non è detto che ci sia la possibilità di avere anticipi a inizio 2021, come spera tra gli altri l'Italia, cui spetterebbero complessivamente 209 miliardi di euro, 127 miliardi in prestito e 82 a fondo perduto. Ma niente è regalato dai partner imperialisti, sono 209 miliardi capestro all'Italia.
Prestiti e aiuti comunitari saranno distribuiti nel corso dei prossimi tre anni sulla base dei piani nazionali approvati dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. Non ci sono diritti di veto come avrebbe voluto il gruppo dell'Olanda ma i piani “dovranno essere coerenti con le raccomandazioni specifiche per paese" e verificati nell'applicazione temporale dal Comitato economico e finanziario (Cef) composto dagli specialisti indicati dai ministri delle Finanze dei paesi membri che potranno proporre al Consiglio la sospensione delle rate in caso di verificata mancanza di rispetto dei piani. Il meccanismo chiamato il super freno di emergenza è una specie di controllo permanente dei partner imperialisti sulla spesa pubblica dei paesi che ricorreranno al fondo. Che si traduce in una riduzione della sovranità di questi paesi nella gestione non solo della parte di aiuti a fondo perduto ma anche sulla parte più consistente dei prestiti, un debito pesante seppur a lunga scadenza e con un tasso di interesse migliore perché garantito dalla Ue e non dai paesi con disastrati bilanci nazionali.
Il percorso avviato dall'intesa del vertice straordinario del luglio scorso si era inceppato alla prima discussione nell'europarlamento quando l'assise di Strasburgo approvava un regolamento che completava l'indicazione del Consiglio europeo sulla necessità del "rispetto dello Stato di diritto”, la formulazione usata dallo Stato borghese per definire una serie di diritti democratici formali, dal rispetto della libertà di parola all'indipendenza della magistratura, per avere diritto all'erogazione dei fondi.
Ungheria e Polonia sono i due paesi messi da alcuni anni sotto inchiesta per violazione dello Stato di diritto dagli organismi Ue, con una procedura che si trascina nel tempo e la fa assomigliare sempre più a una farsa, e i governi dei due paesi guidati da Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki coglievano l'occasione per far sentire il loro peso sulla scena europea e minacciavano di porre il veto su bilancio e fondi speciali. Ungheria e Polonia rischiavano di perdere 180 miliardi di euro se fossero stati tagliati fuori dalla suddivisione dei soldi dei fondi e del bilancio pluriennale con un accordo solo tra gli altri 25 paesi che a un certo punto era ventilato dalla Commissione; la Ue ma soprattutto la Germania rischiavano di perdere un importante partner economico come Varsavia e comunque due paesi dell'Est europeo, di quella fascia di paesi dove cresce la penetrazione del socialimperialismo cinese.
Lo scontro si risolveva con un compromesso pilotato dalla Merkel che sospendeva l'applicazione del regolamento sullo Stato di diritto. Il regolamento approvato dal Parlamento restava inalterato e tanto accontentava il fronte dei paesi del Nord guidato dall'Olanda, che insidiano o quantomento vogliono condizionare il ruolo guida nella potenza imperialista europea dell'asse Berlino-Parigi, ma il documento che chiudeva il vertice di Bruxelles affermava che il meccanismo si applica solo al nuovo bilancio pluriennale Ue del 2021-2017 e allungava modalità e tempi per l'eventuale deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea, i cui contenziosi già richiedono anni per arrivare a giudizio. Un compromesso che di fatto mette una pietra sulle violazioni passate dei due paesi e concede un nuovo salvacondotto seppur a termine per Orbán e Morawiecki che rinunciavano al veto.
16 dicembre 2020