Trentino-Alto Adige
20 arresti per associazione a delinquere di stampo mafioso
All'alba dell'8 giugno una vasta operazione antimafia, denominata “Freeland”, condotta dalla polizia su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Trento ha portato in carcere 20 affiliati e boss 'ndranghetisti appartenenti a una locale 'ndrina da anni operante a Bolzano ma legata a doppio filo alle cosche Italiano-Papalia di Delianuova, ai Barbaro-Papalia di Plati e ai Alvaro-Macrì-Violi di Sinopoli, in provincia di Reggio Calabria.
Per tutti le accuse a vario titolo vanno dall'associazione mafiosa all'estorsione, sequestro di persona, spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi, bancarotta fraudolenta, contraffazione di documenti e favoreggiamento.
Dall’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Davide Ognibene, è emersa la presenza sul territorio regionale, e in particolare a Bolzano, di una ‘ndrina collegata direttamente, secondo gli inquirenti, alle principali cosche calabresi con a capo Francesco Perre, oggi residente a Platì ma negli anni ’90 ritenuto di fatto il fondatore della cosca altoatesina e Mario Sergi, 60 anni, residente a Bolzano, titolare di un’impresa edile, e ritenuto oggi il vero capo dell’organizzazione locale dopo che ha ereditato il comando direttamente da Perre.
L'operazione “Freeland”, ha spiegato il procuratore capo, Sandro Raimondi, ha permesso “di accertare concreti, pericolosi, effettivi collegamenti e legami con appartenenti alle 'ndrine di Reggio Calabria. Hanno permesso di enucleare, tagliare profili criminali di grandi spessore da anni insediati nel territorio e legati alla 'ndrina Italiano-Papalia di Delinauova”.
La cosca, secondo gli inquirenti, si riuniva nel bar gestito dalla compagna di Sergi, il Coffee Break di via Resia – che è ora sotto sequestro -, luogo in cui venivano gestiti i vari traffici.
L’attività principale era il traffico di droga, in particolare cocaina: l’accusa ritiene che ogni mese dalla Calabria venissero immessi sul mercato locale circa 4-5 chili di cocaina e poi la ‘ndrina versava direttamente il denaro alle cosche in Calabria.
La 'ndrina di Bolzano era in contatto anche con soggetti, alcuni dei quali erano stati registrati anche come lavoranti nella ditta di costruzioni per garantirgli i benefici alternativi alla detenzione.
Sergi, oltre ad essere accusato di associazione mafiosa, traffico di droga e detenzione illegale di armi, deve rispondere anche di bancarotta fraudolenta perché, secondo la Procura, si è appropriato indebitamente del denaro della ditta di costruzioni di cui era amministratore, dichiarata fallita dal Tribunale di Bolzano.
Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Trento e dal Servizio Centrale Operativo, sono state avviate nell’estate del 2018, in seguito ad alcune dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che ha asserito di essere a conoscenza dell’esistenza di un “locale” di ‘ndrangheta da anni attivo a Bolzano. Le attività investigative hanno confermato le asserzioni del collaboratore, aggiungendo ulteriori dettagli che hanno permesso di disvelare l’esistenza, risalendo indietro fino agli anni novanta, di una “locale di ‘ndrangheta operante nel territorio del Trentino Alto Adige, in particolare nella provincia di Bolzano, con modalità tipiche dei consociati calabresi”.
Nel corso delle indagini sono stati accertati anche episodi di estorsione ai danni di un meccanico di Bolzano nonché di sequestro di persona in danno di un ristoratore. Entrambi gli episodi, l’uno finalizzato ad evitare di pagare una riparazione ad un meccanico; l’altro per riscuotere un asserito debito, hanno confermato la forza e le capacità intimidatorie raggiunte dalla cosca altoatesina del tutto simili alle cosche operanti in Calabria.
16 dicembre 2020