Contro lo scellerato allargamento del cantiere di Chiomonte
I NoTav non si piegano: in corteo da Gaglione ai Mulini di Chiomonte
Il 13 dicembre, al termine di una partecipatissima assemblea pubblica tenutasi presso il campo sportivo di Gaglione, il Movimento No Tav ha ripreso la marcia di protesta sui monti della Valsusa contro lo scellerato allargamento del cantiere di Chiomonte messo in atto dal governo Conte in combutta con Telt e questura di Torino che ha sguinzagliato le “forze dell’ordine” su tutto il territorio.
All’assemblea hanno preso parte anche diversi amministratori locali, tra cui il sindaco di Giaglione, Marco Rey, che ha denunciato pubblicamente l'ingente “dispositivo di sicurezza” messo in campo dalla questura e la militarizzazione dell’intero comune. “Ci siamo svegliati con un paese militarizzato e piantonato a ogni via di accesso dalle forze dell’ordine. Difficile sentirsi ospiti indesiderati a casa propria”.
Durante gli interventi è stato denunciato fra l'altro anche il fatto che, nella notte del 10 dicembre, Telt ha cominciato a disboscare i terreni circostanti al cantiere abbattendo diversi alberi secolari oltre alla pianta nutrice della Xerinthia Polissena, su cui la stessa Telt insieme al Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, dell’Università degli Studi di Torino, avevano realizzato un progetto per tutelare la farfalla, reputata dalle leggi comunitarie una specie protetta.
“Le ruspe sono arrivate nelle prime ore dello stesso giorno in cui il governo aveva fissato le audizioni per i rappresentanti delle istituzioni locali – ha dichiarato Nicoletta Dosio, la storica attivista dei NoTav da poco in libertà dopo la condanna in carcere – Evidentemente le istituzioni sono private di ogni potere decisionale sull’opera e sono ridotte al ruolo di semplici questuanti a cui promettere l’elemosina delle compensazioni”.
“Hanno iniziato i lavori a mezzanotte – ha aggiunto Alberto Perino un altro storico attivista NoTav – incuranti del coprifuoco, anzi sfruttandolo a loro favore, hanno militarizzato Giaglione come avevano fatto nel 2005 a Mompantero. La frattura con lagente della valle è sempre più profonda e l’odio verso Telt e le forze dell’ordine è sempre più grande. Si mettano il cuore in pace, resisteremo un metro ed un minuto più di loro”.
Al termine della assemblea cinquecento No Tav sono partiti in corteo lungo il sentiero Gallo Romano per raggiungere il presidio permanente dei Mulini a Chiomonte.
Immediata e proditoria la reazione delle “forze dell'ordine” che durante il percorso hanno ripetutamente attaccato i manifestanti con un fitto lancio di lacrimogeni nel vano tentativo di disperdere il corteo. Ciononostante la protesta è andata avanti per tutto il pomeriggio e i manifestanti hanno continuato ad attraversare i boschi della Clarea e a fare azioni di disturbo al Cantiere.
In un post pubblicato sul proprio sito i No Tav sottolineano fra l'altro che: “Quella di oggi è stata una grande giornata di lotta che evidenzia la vitalità del Movimento e rappresenta il costo politico dell’operazione scellerata messa in atto da governo, Telt e questura di Torino.
Anche oggi abbiamo attraversato i nostri boschi per contrastare la devastazione fatta in questi giorni a Chiomonte ed il modello di sviluppo basato sulla distruzione del territorio e sullo spreco di risorse. In moltissimi abbiamo affermato che il TAV fa parte di quel modello ecocida e devastante che ci sta portando verso la catastrofe, messaggio rafforzato dalla partecipazione di alcune delegazioni della rete per la giustizia climatica Rise Up 4 Climate Justice.
È inaccettabile che governo e regione continuino a portare avanti queste politiche scellerate soprattutto in questo momento storico.
Ci troviamo oggi di fronte ad un passaggio epocale. La pandemia e la crisi finanziaria che ne è conseguita impongono alle nostre comunità scelte uniche e irripetibili. Il Recovery Fund messo a disposizione dalla Comunità Europea, va progettato e investito in modo lungimirante con uno sguardo rivolto al futuro. Solo 9mld in Italia sono destinati alla sanità, contro i 35mld della Germania, mentre sempre nel nostro Paese ben 27mld sono destinati alle infrastrutture. Questo è un crimine morale e politico. Non lo dicono i No Tav lo dicono gli ospedali pieni e le centinaia di morti che ogni giorno piangiamo insieme alle loro famiglie.
Quello dei No Tav, dunque, è un allarme sull’utilizzo oculato delle risorse, dei mezzi e degli strumenti che lo Stato ha a disposizione, un’incessante resistenza che in questi giorni ha celebrato i suoi 15 anni dalla liberazione di Venaus, di quel famoso 8 dicembre 2005, ma ad essere sotto attacco è anche la libertà di dissenso. Chiunque provi ad opporsi a quest’opera devastante, viene denunciato e in fretta condannato, anche per le sciocchezze. Dana si trova in carcere per aver parlato ad un megafono, altri sono ai domiciliari, come Stella perché volantinava, ma anche Fabiola, Mattia, Stefano ed Emilio e tanti altri a cui rapidamente sono state assegnate misure restrittive che limitano duramente la propria libertà personale”.
23 dicembre 2020