In occasione del centenario della nascita del PCI sporca operazione anticomunista
L'ex direttore di “Repubblica” Ezio Mauro e l'ex direttore del “Corriere della Sera” Paolo Mieli si disputano su Rai 3 il primato anticomunista
In occasione del centenario del PCI revisionista abbiamo assistito a un vergognoso delirio anticomunista della Rai, pagata coi denari degli italiani attraverso il canone nella bolletta elettrica e l'acquisto di prodotti sponsorizzati dalla medesima.
Su Rai 3 (il cui "editore di riferimento" per anni fu proprio il PCI) i due storici borghesi da strapazzo Ezio Mauro con "La dannazione della sinistra" e Paolo Mieli con "Passato e presente", hanno dato il via a una squallida operazione anticomunista volta a riscrivere la storia dell'Ottobre, il tradimento dei socialisti prima e dei dirigenti del PCI revisionista poi.
Rinnegati, socialtraditori e trotzkisti chiamati a raccolta da Ezio Mauro
Il primo, Ezio Mauro, con una pirotecnica e costosissima trasmissione televisiva, offende l'intelligenza dei telespettatori a partire dalla scelta dei personaggi intervistati: D'Alema, Occhetto, Bertinotti, Macaluso, Bersani, Vendola, Castellina,
Martelli, Intini.
Tutti servi della borghesia (e ladri e filomafiosi nel caso di Martelli) che tanto male hanno fatto al proletariato italiano e a tutto il nostro popolo e che non hanno nulla a che spartire con la buona fede dei militanti e in generale dei sinceri fautori del socialismo che diedero vita prima al PSI e poi al PCI, organizzazioni che hanno dominato la prima e la seconda fase della storia del proletariato italiano prima della nascita del PMLI, la cui fondazione il 9 aprile 1977 ha aperto la terza fase, nella quale tuttora viviamo.
Nelle varie interviste questi vomitevoli personaggi ricostruiscono le vicende di quegli anni esaltando il capofila del revisionismo italiano Antonio Gramsci, la loro idea di fondo è che nel 1921 "non c'erano le condizioni per fare come in Russia" e si spingono a dipingere i bolscevichi come dei malvagi che impartivano ordini al movimento operaio italiano in chiave egemonica e strumentale, che sopprimevano la democrazia (borghese) in patria.
Insistono sulla "diversità" del PCI (cioè sul suo tradimento storico) rispetto agli altri partiti della gloriosa Terza Internazionale di Lenin e Stalin, riabilitano i socialisti e in particolare Turati, che avrebbero compreso che "la rivoluzione va fatta nel rispetto della democrazia e non con la violenza" ("la violenza è la pagina più buia del leninismo", secondo il liquidatore di origine trotzkista Occhetto), con il "gradualismo" riformista e appunto gramsciano perché "la rivoluzione è un processo non un atto insurrezionale violento" dice la Castellina e perché "diciamoci la verità il modello sovietico non era applicabile in Italia, questo è il significato del silenzio di Gramsci al congresso di Livorno" sostiene il rinnegato D'Alema e così via, lasciando intendere che la divisione della sinistra sia il "male originario" per colpa di coloro i quali in ultima analisi volevano fare la rivoluzione e portare il proletariato al potere, quando per questa gentaglia la ragione stava invece dalla parte dei socialisti di Turati e del revisionista Gramsci(quando non addirittura dei "poveri menscevichi democratici") che quella rivoluzione sabotarono con forza fino al punto di spingere il popolo italiano in braccio al fascismo e quindi ad una nuova guerra mondiale imperialista che finirà con il distruggere completamente il nostro Paese e mezzo pianeta.
La qual cosa dimostra che i dirigenti del PSI prima e del PCI poi non solo non avevano nulla a che fare con il marxismo-leninismo ma lavorarono sempre e solo per la borghesia e non furono credibili nemmeno in chiave antifascista, questo perché mobilitare le masse contro il fascismo avrebbe potuto innescare moti rivoluzionari irreversibili, preferendo così compiere fino in fondo il loro tradimento storico e consegnare il popolo italiano al fascismo pur di impedire che si verificasse in Italia una rivoluzione sul modello bolscevico, che poi era la vera aspirazione di tutti gli sfruttati e oppressi del nostro Paese, a cominciare dagli operai fino ai soldati tornati dal fronte della prima guerra imperialista, appoggiata vergognosamente dagli opportunisti socialdemocratici della seconda internazionale capitanati dal rinnegato Kautsky (il vero ispiratore dell'opportunismo italiano in seno al movimento operaio), bocciati da Lenin come "socialtraditori" che ruppe con loro decisamente, indicò la denominazione comunista in alternativa a quella socialista e fondò la Terza Internazionale, cercando in ogni modo di indirizzare il proletariato italiano verso la rivoluzione, com'era giusto che fosse e non "perché la Rivoluzione russa sarebbe fallita se non fosse avvenuta anche altrove, come infatti poi fu", come dice il papista Bertinotti, che evidentemente non sa o fa finta di non sapere che nell'Urss di Lenin e Stalin non è "fallito" proprio un bel niente, visto che quel Paese divenne la più grande potenza economica, politica e militare del mondo, principale artefice della liberazione dal nazifascismo.
Semmai è fallito il revisionismo, il riformismo e quindi i pagliacci alla Bertinotti ai quali è rimasto solo il papa e il credo nei confronti dell'aldilà per redimersi dei crimini, dei fallimenti e dei tradimenti dei quali si sono macchiati.
Tutta la trasmissione va avanti nel tentativo di beatificare Turati prima e Gramsci poi e di spingere ad ammettere l'errore da parte dei comunisti di allora di essersi schierati con l'Ottobre, tanto che è lo stesso D'Alema a dare ragione alla vergognose parole di Turati ("voi comunisti tornerete sulle posizioni di noi socialtraditori") dicendo che in fondo i comunisti sono poi tornati all'ovile perché fu proprio quella di Turati "in effetti la politica portata avanti dal PCI sostanzialmente, diciamo..", mentre la Castellina cerca di salvare Gramsci citando la sua celebre frase sui fatti di Livorno secondo la quale: "la scissione fu necessaria e insieme una sciagura" che contiene tutta la doppiezza e l'ambiguità di quello che dopo Bordiga e fino alla sua morte sarà il leader del partito revisionista.
Partito che cambia nome nel 1991, riunificandosi di fatto con i socialisti e ammettendo l'inganno storico perpetuato ai danni del popolo italiano, travolto dalla sue contraddizioni interne e spacciando fra l'altro alle masse la favoletta della "morte del comunismo" dovuta al crollo del muro di Berlino, voluto dal rinnegato Kruscev nel 1961 e dalla liquefazione dell'Urss socialimperialista che hanno rappresentato il fallimento storico dei rinnegati revisionisti e che in ultima analisi confermano e non smentiscono la via dell'Ottobre.
Paolo Mieli riscrive la storia in chiave anticomunista
Il pagliaccio ex “rivoluzionario” di Potere Operaio
Mieli comincia invece il suo speciale sul PCI riferendosi alla Rivoluzione d'Ottobre "guidata da Lenin e Trotzkj", quando quest'ultimo, come sanno tutti, è entrato opportunisticamente solo nell'agosto del 1917 nel partito bolscevico, dopo decenni di militanza nei menscevichi, da lì a pochi anni poi si smaschererà chiaramente come uno dei più schifosi e sanguinari nemici della Rivoluzione e agente dell'imperialismo internazionale e del fascismo, ma questo Mieli non lo dice ovviamente.
Gli ospiti in studio, lo storico borghese Silvio Pons e in collegamento Marcello Reggiani, Olimpia Capitano e Annabella De Roberti iniziano da subito, incalzati in questo senso da Mieli, ad attaccare da destra i fondatori del PCI e il loro "massimalismo" rilevando che c'era chi come Angelo Tasca del gruppo dei gramsciani di "Ordine Nuovo" pur scegliendo i comunisti "era certamente un vero riformista", la qual cosa svela quindi il carattere opportunista di Tasca, di Gramsci e degli altri, come si può essere rivoluzionari e riformisti allo stesso tempo?
(La logica cari intellettuali, la logica, si diventa ancor più storici borghesi da strapazzo, se possibile, senza di essa..)
Tasca divenne poi capo della destra del PCI, buchariniano, nemico giurato di Stalin, passò quindi al servizio del socialista francese Leon Blum.
Gli interventi hanno cercato di dipingere la contrapposizione internazionale tra opportunisti e socialisti da una parte e i comunisti dall'altra come un fatto prodotto dall'"egemonismo" dei bolscevichi e non come una conseguenza dell'Ottobre e in generale come un prodotto della contraddizione tra il proletariato e la borghesia aggravata dal capitalismo monopolistico, ossia dall'imperialismo, e dalla prima guerra mondiale.
Anche qui velenosi gli attacchi a Lenin, accusato di "fluidità" di posizioni, sia in riferimento a Gramsci che verso i "socialisti massimalisti", viene definito un "errore" da parte di parte del grande Maestro del proletariato internazionale, quello di appoggiare i comunisti contro i socialisti che rappresentò l'illusione della "conquista dell'egemonia di cui i bolscevichi poi si pentirono tanto che vollero Serrati e i massimalisti nel PCI" e altre idiozie.
Viene esaltata anche qui la figura di Gramsci e "il suo dispiacere per aver contribuito con la scissione di Livorno a spalancare le porte al fascismo"(!) e via con l'eterna falsificazione dell'equiparazione dell'Urss di Lenin e Stalin(definita "dei gulag" e del "terrore") con quella fascista e socialimperialista da Krusciov a Gorbaciov e così via.
Incredibile l'accento posto sulla figura di Nicola Bombacci, ex socialista, poi comunista, più volte espulso dal PCI, considerato vicino ai russi da Mieli, divenne poi amico e collaboratore di Mussolini che seguì fino a Salò, venne fucilato insieme ad Alessandro Pavolini dai partigiani nel 1945.
Insomma la Rai al servizio del regime neofascista con due dei peggiori "storici" borghesi da strapazzo ha dato per l'ennesima volta il peggio di sé, non una parola da parte dei due e dei loro ospiti sulle conquiste dell'Ottobre, il ruolo determinante di Stalin nella vittoria contro il nazifascismo, ma soprattutto non una parola su Mao e la sua titanica lotta contro il revisionismo moderno che ha aperto la quarta fase della storia del movimento operaio mondiale, che perdura tutt'ora, né tanto meno sui marxisti-leninisti italiani in lotta contro il revisionismo italiano e il PCI in particolare fin dal 1967 e fino al suo scioglimento (figurarsi!).
Il copione è sempre lo stesso, la paura della lotta di classe e della rivoluzione proletaria spinge questi servi a riscrivere la storia magnificando gli opportunisti e i traditori del proletariato e del socialismo, con l'intento di sviare le masse dalla via dell'Ottobre, come se questo potesse bastare a garantire l'eterno dominio economico, politico, militare e culturale della borghesia italiana.
Ma così come oggi gli stessi dirigenti del PCI revisionista ancora in vita sono costretti ad ammettere, con orgoglio, il loro tradimento e il carattere controrivoluzionario di quel partito, la cui cifra fondamentale fu l'inganno politico, così la verità storica e il ruolo degli autentici marxisti-leninisti nella lotta contro i falsi comunisti di ieri e di oggi verrà riconosciuta a livello di massa, finirà con il dischiudere le porte dell'avvento del socialismo anche in Italia, consegnando alla pattumiera della storia tutti i falsi comunisti e i pennivendoli anticomunisti al servizio della reazione e del capitalismo.
In questo quadro invitiamo gli autentici fautori del socialismo a non farsi fregare dalle velenose penne anticomuniste di ieri e di oggi e li invitiamo a studiare e ristudiare la lotta dei marxisti-leninisti italiani contro l'opportunismo di destra e di "sinistra" in seno al nostro movimento operaio, in particolare contro il PCI revisionista e il capofila del revisionismo italiano Antonio Gramsci.
3 febbraio 2021