Costituito il Comitato italiano “Per il diritto alla cura, nessun profitto sulla pandemia”
Respingere il ricatto di Big Pharma sui vaccini
Esigere la licenza dei farmaci per ragioni di salute pubblica, i brevetti finanziati con i soldi dei cittadini siano pubblici
La pandemia, come abbiamo sottolineato più volte, ha evidenziato tutte le carenze strutturali del sistema economico e sociale, già in ginocchio nella fase pre-covid. Abbiamo assistito al collasso di quel che resta della sanità pubblica in Italia, così come nella maggior parte dei Paesi del mondo, che non hanno saputo fare altro che chiudere tutto ciò che non è sembrato “indispensabile” al capitale e ai grandi profitti, limitando innanzitutto le libertà personali; abbiamo assistito ad una gestione sciagurata e criminale dell'emergenza che sta portando solo in Italia a quasi centomila morti, e oggi emerge la questione dei profitti delle multinazionali farmaceutiche legate alla distribuzione dei vaccini.
Costituito il “Comitato per il diritto alla cura, nessun profitto sulla pandemia”
Per contrastare lo strapotere delle multinazionali farmaceutiche è nato il “Comitato per il diritto alla cura, nessun profitto sulla pandemia” che ad oggi ha raccolto le adesioni di 43 associazioni progressiste fra le quali spiccano Emergency, i sindacati confederali CGIL, CISL e UIL, ARCI, il Forum per l'Acqua Pubblica, Medicina Democratica, oltre ad altrettante personalità del mondo dell'associazionismo militante come Gino Strada.
“Occorre spezzare il pesante ricatto di Big Pharma sulla salute di 446 milioni di cittadini europei e di 7,8 miliardi di esseri viventi - ha dichiarato Agnoletto - con misure immediate e precise, a livello europeo e mondiale, quali le licenze obbligatorie, una immediata moratoria sui brevetti e la messa a disposizione di tutti dei vaccini quale bene comune! C'è ragione di essere in allarme: con lo strapotere delle grandi aziende farmaceutiche, padrone dei brevetti per 20 anni, fonte di guadagni miliardari, e con l'attuale sistema di accordi commerciali, c'è il rischio di tagliare fuori dalle vaccinazioni, interi Paesi e Continenti poveri e incapienti, con un rischio gravissimo per la salute mondiale”.
La ricetta del Comitato per uscire da quella che viene definita “una trappola”, è la raccolta di un milione di firme in Europa, delle quali 180 mila in Italia, a sostegno della petizione che possa impegnare ad una revisione dei brevetti dei vaccini anticovid tale da farli divenire un “bene comune”.
Inoltre il Comitato si prefigge l'obiettivo di far aprire alla trasparenza gli accordi fra governi e case farmaceutiche che al momento sono secretati nonostante siano pagati con soldi pubblici, oltre a voler rivedere nel merito accordi che sono ad oggi a netto vantaggio delle multinazionali, poco vincolanti, proprio come accade oggi sui ritardi nelle consegne dei lotti vaccinali in tutta Europa.
Le ragioni degli intollerabili ritardi nelle consegne
La nascita del Comitato risponde anche alla grande criticità alimentata dai ritardi di Pfizer e AstraZeneca su tutte, nelle consegne delle dosi di vaccino che hanno bloccato i pur ridotti piani di immunizzazione di quasi tutti i Paesi europei. Pfizer le ha ridotte in modo unilaterale del 30% e AstraZeneca addirittura del 60%, non per motivi tecnici, come si affannano ad argomentare, ma più probabilmente per assicurarsi maggiori profitti.
Oltre all'Italia, tutti i Paesi, anche i più ricchi, sono al palo: dalla Germania, alla Francia dove i ritardi sulle vaccinazioni si accumulano, oppure la Spagna con la campagna già sospesa a Madrid e in Catalogna per la fine delle dosi.
Intanto risulta che la UE è stata molto “accomodante”, per meglio dire complice, verso le multinazionali farmaceutiche, anche se oggi tenta di salvare quantomeno la faccia già persa, inviando ad esempio in Belgio, nell'impianto AstraZeneca di Seneffe, degli investigatori per verificare se le dosi siano state vendute al di fuori della UE, in particolare in Gran Bretagna, Medio Oriente e Israele, che le avrebbero pagate fino al triplo di quanto accordato con la UE.
“Che AstraZeneca stia vendendo le dosi prefinanziate dall’Europa ad altri Paesi, come l’Arabia Saudita, bisogna provarlo”, è la posizione che più spesso emerge sui media dagli esperti di settore; ma è cosa certa che Ryad sta comprando vaccini che la compagnia produce in India, e i sospetti si moltiplicano, senza che le multinazionali note in tutto il mondo per la loro aggressività e spregiudicatezza nel violare anche le regole commerciali più elementari, si affannino per smentire.
La difficoltà di accertare le verità nascoste – che peraltro appaiono comunque evidenti – è figlia diretta dell'inaccettabile segretezza dei contratti firmati dall'UE, che vengono pagati con soldi pubblici.
Contratti capestro a tutto vantaggio delle multinazionali
Secondo quanto rivelato il 25 gennaio 2021 dal Corriere della Sera
, venuto in possesso del contratto sottoscritto l'11 di novembre dalla UE con la multinazionale Pfizer e ora in mano all’Avvocatura di Stato, non si prevederebbero penali automatiche in caso di ritardi nelle consegne. Il contratto stabilirebbe invece che le consegne siano determinate su base settimanale, mentre l’allocazione delle dosi è definita su base trimestrale, motivo per cui le eventuali penali sarebbero previste solo in caso di ritardo nell’arco di tre mesi. Nel caso italiano ad esempio, il taglio delle dosi del 29% potrà essere contestato solo a marzo, ma incredibilmente nessuna sanzione scatterà in modo automatico poiché la penale del 20% del valore delle dosi non consegnate che aumenterebbe in base ai giorni di ritardo, può essere schivata con generici “rimborsi” o addirittura con la cessazione del contratto.
I governi invece devono pagare subito un acconto sul totale delle dosi di vaccino loro assegnate; AstraZeneca ad esempio si è impegnata a fornire all’UE 330 milioni di dosi (più un’opzione per altre 100) e ha già ricevuto la caparra nonostante la casa farmaceutica anglo-svedese abbia annunciato ancor prima di ricevere l'autorizzazione dall'EMA (Agenzia Europea del Farmaco) che nel primo trimestre fornirà solo il 40% delle dosi pattuite (3,4 anziché 8 milioni per l’Italia).
Le responsabilità pesano su Bruxelles che già ad agosto 2020, aveva firmato con la multinazionale (ma è lo stesso modello usato con Pfizer e con tutti gli altri) uno svantaggioso contratto “prendere o lasciare”, giustificato dal fatto di avere “solo pochi giorni per aderire all'accordo”. Insomma le multinazionali spadroneggiano: dettano i tempi, le condizioni, i costi non solo ai governi nazionali, ma anche agli apparati sovranazionali come la UE che si dimostrano subalterne e complici allo stesso momento.
Un articolo de Il Fatto Quotidiano
ha reso note le condizioni ottenute da Curevac, una azienda relativamente piccola nel campo di Big Pharma; l'analisi, senza entrare nel dettaglio, conferma che l'azienda può allungare tempi di consegna, mentre le scadenze di pagamento i governi devono rispettarle.
E in caso di ritardi, per qualsiasi motivo incluso il maggior profitto, al produttore basta informare la Commissione e gli Stati membri entro un tempo ragionevole e presentare un nuovo calendario di distribuzione; esattamente ciò che ha fatto la settimana scorsa AstraZeneca. Oggi molti Stati parlano di ricorsi, ma essi probabilmente cadranno nel vuoto vista la totale assenza di obblighi precisi in capo alle aziende.
È ipotizzabile che queste condizioni offerte a Curevac riflettano quelle pattuite con le società farmaceutiche più grandi come appunto AstraZeneca e Pfizer; anzi, è probabile che le grandi aziende, come sempre accade, abbiano ottenuto condizioni ancora migliori.
Multinazionali, profitti e evasione fiscale legalizzata
Nelle mani delle grandi aziende farmaceutiche c'è una enorme concentrazione di potere, che modella a suo piacimento ogni accordo commerciale e che si fa beffa dei soldi pubblici e della stessa salute pubblica che dovrebbe essere al centro della questione.
Big Pharma, per esempio, nel 2016 e 2017, è stata multata per 2,9 miliardi di dollari, ma in quegli stessi anni i ricavi sono stati rispettivamente di 524 e di 551 miliardi. Secondo Bloomberg Intelligence le case farmaceutiche incasseranno complessivamente 20 miliardi di dollari di soldi pubblici, tra il 2020 e il 2021; a ciò si aggiunga l'evasione fiscale di fatto che le multinazionali in genere concretizzano spostando i ricavi nei Paesi nei quali la tassazione è minore.
In questo contesto va considerato anche come la corsa al vaccino, abbia scatenato una guerra tra questi colossi della farmaceutica che hanno brevettato i propri prodotti col fine di non farli produrre ad altre aziende, accaparrandosi ciascuno le commesse miliardarie e gli ingenti fondi pubblici.
La proprietà dei brevetti
Secondo il neocostituito Comitato l'unica strada da percorrere per porre fine a questa vergognosa situazione nella distribuzione dei vaccini, sarebbe il ricorso alle “licenze obbligatorie”, ovvero una clausola prevista dagli accordi internazionali sulla proprietà intellettuale che autorizza gli Stati che si trovano in una situazione di pandemia e di difficoltà economica, a produrre direttamente i farmaci salva-vita come farmaci generici, scavalcando il brevetto. Il riferimento è all’articolo 31 dell’Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights (Trips), un accordo internazionale sulla proprietà intellettuale sottoscritto dai membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO). “Finora – sostiene Agnoletto - nessun Paese dell’Unione europea vi ha fatto ricorso. Ora è necessario che, a differenza di quanto si è verificato in circostanze del passato, la Commissione europea non ostacoli il processo”.
E se ciò non è mai stato fatto, aggiungiamo noi, un motivo c'è, ed è la subalternità delle istituzioni politiche nazionali e sovranazionali agli interessi delle multinazionali. Nessuno in realtà vuole interrompere questa spirale di potere e profitto; com'è accaduto agli emendamenti già proposti a Bruxelles e poi bocciati anche con l’appoggio di buona parte di PD, oltre che di tutti gli europarlamentari di Forza Italia.
Peraltro sui brevetti dei vaccini anti-Covid, l'Europa è stata più accondiscendente addirittura degli USA dove ad esempio il vaccino di Moderna, finanziato quasi totalmente dal governo americano, è per metà pubblico (il che rappresenta comunque un favore alla multinazionale); in Europa invece sono tutti esclusivamente privati.
I brevetti privati condannano i Paesi poveri
A causa dei monopoli e dei brevetti privati, oltre un miliardo di persone resteranno sprovvisti del vaccino perché nessun produttore, ad eccezione di Cuba soggetta ad embargo da parte degli USA e comunque una goccia nel “mare” mondiale, si è dichiarato disposto a distribuire gratuitamente o quasi il proprio vaccino ai popoli più poveri del mondo.
Inoltre nei contratti europei è stata inserita anche una clausola che prevede il divieto di esportare, o anche donare, i vaccini ad altri Paesi o a organizzazioni umanitarie, il che la dice lunga sull'esigenza capitalistica delle multinazionali di gestire in maniera autonoma il loro “prodotto”, anche se il prezzo del profitto si calcolerà in altre centinaia di migliaia di morti.
Dal mese di ottobre la proposta di sospendere i diritti di proprietà sui vaccini è stata proposta al WTO anche da India e Sud-Africa; tuttavia permane l'opposizione dell'Europa e anche la pilatesca posizione dell'Italia che non si esprime, rafforzando di fatto la volontà delle multinazionali contro l'interesse pubblico.
Nelle difficoltà dell'UE si inseriscono Russia e Cina
Stretta all'angolo dai ritardi che hanno bloccato la campagna, l'UE per mezzo della presidente della commissione Von Der Leyen, alza la voce, affermando che dopo i miliardi pubblici investiti per contribuire allo sviluppo dei vaccini, ora le compagnie devono mantenere gli impegni. Alcuni Paesi, ma non tutti, vanno per la loro strada, come la Svezia dove l'agenzia nazionale per la sanità pubblica ha sospeso il pagamento per i vaccini Covid-19 a Pfizer.
Ad oggi insomma l’Unione e i governi europei continuano a denunciare i ritardi delle case farmaceutiche nelle consegne del vaccino, ma non fanno nulla per esigere la licenza del farmaco per ragioni di salute pubblica, che spianerebbe loro la strada ma che contemporaneamente romperebbe le uova nel paniere alle multinazionali, promotrici – è cosa nota – di contributi milionari in attività di lobby proprio a Bruxelles. A qualcosa quei corposi investimenti evidentemente servono.
In questo quadro la fornitura dei vaccini è diventata anche uno strumento di contesa internazionale tra Europa, USA, Russia e Cina, in un tutti contro tutti che penalizza fortemente le popolazioni di tutto il mondo a partire, come abbiamo visto, da quelle più povere.
In Europa infatti aumentano le tensioni con la Gran Bretagna, mentre gli altri paesi a cominciare dagli extra UE più vicini si rivolgono a Cina e Russia che si inseriscono per favorire la loro penetrazione economica e politica. La Serbia, ad esempio, ha deciso di fornirsi dal Sinopharm di Pechino criticando seccamente la UE per averli “abbandonati” malgrado le promesse.
L'urgenza di una Sanità universale pubblica e gratuita
Alla fine la cosa certa è che i ritardi delle vaccinazioni oggi (come più in generale la disparità di trattamento sanitario tra i Paesi del mondo e quella fra i più ricchi e i poveri nello stesso Paese di riferimento) è conseguenza della subalternità del “diritto alla salute” rispetto alla ricerca del profitto, con migliaia di morti in più a causa dell’allungamento dei tempi.
D'altra parte le premesse erano quelle, e non potevano essere altre in questo marcio e corrotto sistema economico, e abbiamo assistito infatti ad una corsa massiccia delle multinazionali farmaceutiche a risultati rapidi proclamati col solo occhio alle quotazioni di borsa, senza aver collaborato reciprocamente neppure nel monitoraggio dell'efficacia, oltre che della sicurezza dei diversi vaccini proposti.
La scienza è uno strumento indispensabile, la ricerca deve andare avanti; entrambe possono essere al servizio dei profitti e del capitale come lo sono ora, oppure al servizio delle popolazioni come lo sono state nell'URSS di Lenin e di Stalin e nella Cina di Mao.
Il capitalismo si conferma barbaro e insieme miope perché non vede con gli occhi avidi dei suoi attori, l'inutilità dell'immunizzazione di un solo Paese oppure solo di un'area del mondo, dal momento che la facilità di spostamento e la dimensione economica globale necessita forzatamente di una risoluzione altrettanto globale di questo problema. Anche il “nazionalismo vaccinale”, del resto come tutti gli altri nazionalismi, non solo non serve, ma è anche controproducente e a tutto vantaggio dei tentacoli di Big Pharma.
Diventa quanto mai urgente battersi oggi per rivendicare il diritto alla salute gratuito e universale per tutti. Questa vicenda insegna che è tempo di nazionalizzare le industrie farmaceutiche poiché perdurando il capitalismo e questo stato di cose le masse popolari continueranno ad essere schiave dei giganti economici della Sanità in campo medico, così come in tutti gli altri rispettivi settori.
Allo stesso modo occorre battersi per sottrarre al mercato privato la ricerca e le scoperte scientifiche in campo biomedico, vietandone la commercializzazione e la brevettabilità e impegnandovi adeguate risorse e strutture pubbliche per assicurare l'accesso gratuito per tutti alle cure che ne derivano.
3 febbraio 2021