Al maxi processo per i fatti dell'estate 2011
Ingiusta condanna di 32 No-Tav
Solidarietà alle Vallette
Lo scorso 21 gennaio la Corte d'Appello di Torino ha condannato a pene variabili tra i due anni e mezzo e i sei mesi di reclusione 32 attivisti No-Tav per gli incidenti avvenuti in due manifestazioni che si svolsero in Val di Susa il 27 giugno e il 3 luglio 2011.
La inaccettabile sentenza - che ha comunque ridotto fortemente le pene per i condannati, mentre altri imputati sono stati assolti e prosciolti per intervenuta prescrizione - giunge alla fine del secondo processo di appello, poiché la precedente decisione della Corte d’appello di Torino era stata annullata nell’aprile del 2018 dalla Cassazione, la quale aveva chiesto a una nuova sezione della Corte d’Appello di valutare le attenuanti e di valutare se l’azione dei manifestanti non fosse stata una reazione al lancio di lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine. I giudici torinesi, a testimonianza del fatto che la decisione è stata vivacemente dibattuta anche tra di loro e che il giudizio sui fatti si è rivelato tutt'altro che chiaro, sono rimasti in camera di consiglio per oltre 12 ore leggendo la sentenza alle 21.30 dopo essersi riuniti alle 9 di mattina.
Il processo si riferisce a due episodi, accaduti il 27 giugno e il 3 luglio 2011, quando migliaia di persone si radunarono intorno alla Libera Repubblica della Maddalena a Chiomonte per opporsi all’arrivo delle ruspe e delle forze dell’ordine che dovevano prendere il controllo dell’area prima del 30 giugno in quanto – questa era la motivazione del governo italiano - se non fossero partiti i lavori per l'alta velocità ferroviaria, l’Italia avrebbe perso parte dei finanziamenti.
Sia il 27 giugno sia il 3 luglio la polizia aggredì violentemente i manifestanti al fine di disperderli e allontanarli da Chiomonte, tanto che gli attivisti No-Tav dovettero difendersi: a seguito degli scontri che ne seguirono la Digos arrestò 26 persone con le accuse di lesioni, violenza e resistenza a pubblico ufficiale, e successivamente 53 persone, in parte a piede libero e in parte in custodia cautelare, finirono sul banco degli imputati nel primo maxiprocesso contro il movimento No-Tav.
Nel gennaio del 2015 la Corte d’Assise di Torino condannò 47 dei 53 imputati a pene fino a 4 anni e mezzo di reclusione, disponendo anche risarcimenti di denaro per complessive 150mila euro a favore delle forze dell’ordine, a vari ministeri e alla società incaricata dei lavori.
Poi il 17 novembre 2016 la Corte d’Appello di Torino riduceva il numero delle condanne e l’entità delle pene, per cui i condannati risultavano 38 dei 53 iniziali e la pena più alta veniva ridotta a 3 anni e 9 mesi.
La Cassazione però, accogliendo il ricorso delle difese degli imputati, annullava con rinvio la sentenza di appello il 27 aprile 2018, con la conseguenza che per sette persone venivano eliminati alcuni capi di imputazione, una persona veniva assolta per non aver commesso il fatto, per tutti gli altri la condanna veniva annullata così come veniva annullata definitivamente la condanna civile al risarcimento dei danni a favore dei corpi di polizia coinvolti negli scontri: il processo veniva perciò rinviato ad altra sezione della Corte d'Appello di Torino. e si rinvia a un nuovo giudizio per la rideterminazione della pena. È importante sottolineare che, nelle sue motivazioni, la Cassazione, nell’annullare la precedente decisione della Corte d’Appello, prendeva in esame espressamente l'ipotesi che i manifestanti avessero soltanto reagito ad atti arbitrari delle forze dell'ordine e chiedeva alla nuova sezione di Corte d'Appello di Torino di verificare se la protesta No-Tav fu una reazione a un abuso di potere - ossia al compimento non di atti arbitrari ma di veri e propri atti criminali di violenza gratuita e ingiustificata - compiuti dagli appartenenti ai corpi di polizia coinvolti negli scontri.
Nonostante la chiarezza dello svolgimento dei fatti, sui quali pesa come un macigno il richiamato dubbio della Cassazione, il procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo, ha affermato commentando il provvedimento della Corte d'Appello di Torino, che “il messaggio della sentenza è che le manifestazioni che si svolgono con queste modalità continuano a costituire reato e sono sanzionate“: sembra più una minaccia politica che un commento giudiziario, sembra soprattutto un tentativo di ammonire il movimento affinché si tiri da parte, e nello stesso tempo non c'è alcun accenno su eventuali approfondimenti investigativi della condotta violenta perpetrata dalle forze dell’ordine, che hanno sparato lacrimogeni dai cavalcavia in faccia ai manifestanti, come risulta da testimonianze e documentazione filmata inequivocabili, ma, lo sappiamo bene, non c'è peggiore cieco di chi non vuole vedere.
Ecco i motivi per i quali appare ingiusta la sentenza con cui la Corte d'Appello di Torino ha condannato 32 attivisti, che dovevano invece essere assolti in quanto vittime delle violenze delle forze dell'ordine.
Solidarietà e sostegno militante ai 32 condannati sono stati già espressi da molte organizzazioni democratiche, alle quali si unisce il Partito Marxista-Leninista Italiano e il suo Organo di stampa, e dal carcere torinese delle Vallette l'attivista No-Tav Dana Lauriola, già in sciopero della fame per protestare contro alcune restrizioni dei contatti con i familiari, ha fatto sapere che proseguirà la protesta, alla quale si sono unite anche altre detenute, anche contro l'ingiusta decisione della Corte d'Appello.
10 febbraio 2021