Libia
Il Forum di Dialogo nomina l'imprenditore Dbeibeh premier del governo transitorio
Ci sono voluti tutti e cinque i giorni di lavoro previsti alla riunione del Forum del dialogo politico libico che si è svolto dall'1 al 5 febbraio a Ginevra, sotto l'egida dell'Onu, ai 75 delegati per eleggere il capo del Consiglio presidenziale libico, i suoi due vice e un primo ministro che guideranno il paese fino alle elezioni presidenziali e legislative fissate per il 24 dicembre 2021. Al ballottaggio del 5 febbraio ha vinto col voto di 39 delegati la lista che proponeva come presidente del Consiglio presidenziale Mohammad Younes Menfi, un diplomatico della regione orientale, e come suoi vice Mossa Al-Koni, della tribù Tuareg, e Abdullah Hussein Al-Lafi, proveniente dalla Libia occidentale; la carica alla guida del governo provvisorio andava a Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, un imprenditore 62enne di Misurata sostenuto dalle tribù occidentali e ex funzionario del regime di Gheddafi.
Il risultato del Forum di Dialogo di Ginevra manda avanti il processo di pace fra le parti libiche definito dopo l'accordo di cessate il fuoco raggiunto a Ginevra il 23 ottobre 2020 fra il Governo di Accordo nazionale (GNA) di Tripoli di Serraj e l’Esercito Nazionale Libico (LNA) del generale Khalifa Haftar che dettero vita anche al Forum di Dialogo politico, l’organismo composto da 75 rappresentanti libici, col compito, definito nella successiva riunione di Tunisi svolta dal 9 al 16 novembre, di eleggere un presidente e un governo provvisori. Il premier incaricato Dbeibeh ha 21 giorni di tempo per formare il suo esecutivo e altri 21 giorni per presentare il suo programma e ottenere la fiducia del parlamento, che dovrebbe ottenere in base ai pronunciamenti favorevoli già avuti dai rappresentanti di Tripoli e Tobruk. In caso di fallimento il percorso ripartirebbe da capo con l'intervento del Forum.
La vittoria della lista di Menfi e Dbeibeh è stato un risultato in parte a sorpresa dato che sembravano favorite altre due liste, neanche giunte al ballottaggio, guidate rispettivamente dal presidente della Camera dei Rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh, e dal ministro dell’Interno del governo di Tripoli uscente, Fathi Bashagha; ossia le due parti libiche che comandano nelle due principali regioni in cui si è sbriciolato il paese e che sotto la guida del generale cirenaico Haftar e del governo tripolino di Fayez al-Sarraj, si sono date apertamente battaglia negli ultimi mesi.
I principali sponsor imperialisti, la Turchia per il governo di Tripoli e la Russia per quello di Tobruk, che hanno riarmato e aiutato sui campi di guerra le milizie delle due parti libiche, a Ginevra sono rimasti dietro le quinte, hanno lasciato la scena all'Onu ma nei fatti sono coloro che hanno deciso delle sorti dello scontro militare e del congelamento delle posizioni attuali. Il presidente Younes Menfi è indicato come più vicino ad Ankara come pure il premier Dbeibah che già si era fatto avanti nel 2018 durante i falliti tentativi di pacificazione del presidente francese Macron, ma quali che siano le simpatie dei nuovi leader al momento il gioco nel paese sarà diretto da Turchia e Russia che pur dietro il paravento dell'Onu restano le due potenze imperialiste determinanti per il futuro della Libia. L'aggressione imperialista guidata da Francia, Usa e Gran Bretagna che dieci anni fa mise fine alla dittatura di Gheddafi ha anche spaccato il paese e alimentato una guerra interna al momento sospesa. L'accordo politico sotto l'egida dell'Onu va avanti ma intanto la Turchia consolida la propria presenza militare diretta nella regione di Tripoli e la Russia costruisce basi e opera con i mercenari del gruppo Wagner nelle altre due macroregioni libiche, nella Cirenaica e nei centri petroliferi del Fezzan; un percorso tra l'altro simile a quello messo in atto dalle due potenze imperialiste nella spartizione della Siria, dove sono alleate e non schierate su opposti fronti, e che ha tagliato fuori almeno per il momento i precedenti contendenti imperialisti, Italia e Francia.
17 febbraio 2021