Come faceva Trump
Biden bombarda la Siria
Protesta l'Iran
La prima azione militare dell’amministrazione Biden è il bombardamento di caccia americani il 26 febbraio contro postazioni dei gruppi filo iraniani nella zona siriana di confine con l’Iraq. Biden bombarda la Siria come faceva Trump.
Il portavoce del Pentagono John Kirby spiegava che i raid erano stati autorizzati dal presidente in risposta ai recenti attacchi contro americani e personale della coalizione in Iraq da parte di queste milizie e costituivano "un messaggio inequivocabile: il presidente Joe Biden agirà per proteggere il personale americano e della coalizione", ossia in difesa degli interessi imperialisti americani garantita dall'occupazione militare del paese. L'attacco militare è definito dal Pentagono come una mossa necessaria ma circoscritta e quindi utile al raffreddamento "della situazione complessiva sia nella Siria orientale che in Iraq". Che un atto di guerra sia contrabbandato come una iniziativa buona a ridurre il rischio di una escalation può trovare credito solo sulle colonne delle truppe cammellate al servizio dell'imperialismo americano, a partire dalla sempre più schierata Repubblica
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Il ministro degli Esteri iraniano, Mohamad Javad Zarif, incontrava il 27 febbraio l'omologo iracheno Fuad Mohammed Hussein e denunciava "la pericolosa manovra degli Stati Uniti" di attaccare le zone di confine di Iraq e Siria come "una violazione della sovranità" di entrambi i paesi e un tentativo degli Usa di provocare la rottura della relazioni fra Teheran e Baghdad. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova esprimeva la ferma condanna del raid americano e dichiarava il rifiuto di Mosca di "qualsiasi tentativo di trasformare i territori siriani in un'arena per la regolazione dei conti geopolitica", ossia che la spartizione della Siria è una questione che riguarda anzitutto i paesi come Russia, Turchia e Iran che se la sono presa schierando le truppe sul campo mentre i concorrenti imperialisti americani aspettavano che il regime di Assad collassasse.
Nel discorso alla conferenza virtuale sulla sicurezza di Monaco del 19 febbraio Biden aveva indicato che gli alleati Nato avranno il compito di tenere a bada il ritorno dell'ISIS mentre le forze Usa si potranno concentrare su altri obbiettivi come le forze filoiraniane in Iraq, contro quelle forze che con quelle curde hanno fatto la maggior parte del lavoro sul terreno per cancellare lo Stato islamico ma che ostacolano i progetti di controllo nel paese e nella regione della cordata imperialista che fa riferimento a Washington e costruita da Trump sull'asse tra i sionisti di Tel Aviv e la monarchia saudita contro uno dei concorrenti per l'egemonia locale, l'Iran.
Un asse che Biden non vuole certo smantellare, casomai ridefinire con uno spazio minore concesso al regime di Riad, un regime che ha trovato complicità e coperture dalle amministrazioni repubblicane, da Bush a Trump e che ha condotto sotto l'ascesa dell'amico di Renzi, il principe ereditario Moḥammad bin Salman al Saud, azioni criminali dai massacri nella guerra di aggressione in Yemen al feroce assassinio a Istanbul del giornalista oppositore Khashoggi, ora condannate dalla Casa Bianca. In continuità con la politica di Trump resta la tattica di colpire un bersaglio delimitato, in Siria come in Iraq, e di mantenere pur con il minimo impiego delle forze militari il confronto a tutto campo con le forze iraniane della coalizione imperialista avversaria.
3 marzo 2021