Sciopero dei driver Amazon in Piemonte contro i “ritmi di lavoro intollerabili”
Mobilitazioni anche a Padova e Pisa
Sui pacchi che vengono consegnati c'è stampato un sorriso, ma dietro l'immagine edulcorata che vuol dare di sé, si nasconde lo sfruttamento e lo strettissimo controllo dei lavoratori. Stiamo parlando di Amazon, il colosso americano dell'e-commerce
che si trova sempre più spesso al centro di polemiche e controversie per come viene organizzato il lavoro nei suoi magazzini.
Nei suoi centri di smistamento, chiamati hub,
ci sono già state parecchie proteste da parte dei lavoratori. A Piacenza, Passo Corese (Roma), in Lombardia, i dipendenti sono in continua crescita, ma allo stesso tempo sono aumentate le agitazioni, la sindacalizzazione, e grazie alla consapevolezza della propria forza, si moltiplicano le contestazioni verso i ritmi imposti dall'azienda guidata da Jeff Bezos.
Ma a lottare per i propri diritti non sono solo i dipendenti diretti che smistano i pacchi da consegnare. Le proteste sono in continuo aumento anche tra chi li deve portare a destinazione: i cosiddetti driver
, gli autisti/facchini. Lavoratori delle aziende di trasporto che operano per conto di Amazon.
L'ultimo sciopero si è svolto in Piemonte dove gli autisti hanno denunciato una situazione insostenibile. In regione sono 700 i fattorini che lavorano per le imprese Elpe, Madilo, Teamwork e Nuova Express Line che consegnano i pacchi provenienti dai centri di Brandizzo (Torino), Marene (Cuneo) e Fubine (Alessandria). Secondo il Corriere della Sera, 200 di questi lavoratori il 25 febbraio hanno aderito alla manifestazione alla sede Amazon di Brandizzo per chiedere di cambiare le cose.
“I lavoratori – precisa Uiltrasporti – sono stanchi di essere sottoposti a ritmi di lavoro intollerabili, gli andamenti di marcia imposti dall’algoritmo di Amazon mettono costantemente a rischio la loro incolumità. Basta multe e franchigie a carico dei lavoratori”. Le sigle sindacali hanno denunciato condizioni di lavoro insostenibili con la richiesta di 140 consegne in 8 ore e 45 minuti che sottoporrebbe i corrieri a una pressione non gestibile in termini di sicurezza.
Anche il Si Cobas Torino, presente nelle sedi piemontesi di Amazon, sottolinea come “i danni ai furgoni ricadano sugli autisti, che sono costretti a operare, inoltre, su un numero di colli sproporzionato”. Il 24 febbraio uno sciopero si è registrato anche a Montacchiello (Pisa). I lavoratori di ditte del servizio di consegna questa volta protestavano contro il ricorso alla cassa integrazione, ma denunciavano anche l’incremento spasmodico delle consegne e carichi insostenibili di lavoro.
Lunedì 15 febbraio lo sciopero ha toccato il Veneto. La Filt Cgil Padova ha così descritto la mobilitazione dei driver: “Circa 400 lavoratori in appalto che lavorano per il magazzino di Amazon di Vigonza. Ritmi di lavoro insostenibili, stipendi ridotti all’osso, scarse condizioni di sicurezza sul fronte Covid tra i motivi dello sciopero divenuto l’unica arma possibile per indurre Amazon, dopo un anno, a sedersi ad un tavolo regionale per trattare condizioni di lavoro più umane”.
Amazon tenta di scaricare le proprie responsabilità e risponde che “Gli autisti sono assunti dai fornitori di servizi di consegna tramite il ccnl Trasporti e Logistica e percepiscono salari competitivi. Il pagamento delle multe e dei danni ai furgoni non è incluso nell’accordo siglato da Amazon con i suoi fornitori di servizi di consegna, ma il contratto nazionale Trasporti e Logistica ha definito con chiarezza le regole a questo proposito”.
La politica di Amazon è sempre stata quella di lasciare alle ditte appaltatrici della distribuzione le problematiche lavorative negando il proprio coinvolgimento, ma la potenza del gigante americano sta proprio nell'imporre il proprio controllo sull'intera filiera dell'e-commerce stipulando alle proprie condizioni contratti con i fornitori di servizi di consegna. Questi operano attraverso gli algoritmi di Amazon spremendo e controllando gli autisti della loro azienda: “ Ti controllano tutto, anche quando vai in bagno. Io, ad esempio, ho due gps sul furgone e uno sul cellulare” denunciava in un'intervista un driver milanese.
Ma i lavoratori si stanno organizzando e assieme ai sindacati chiedono garanzie di omogeneità su tutto il territorio nazionale e una regolamentazione comune per l’intera filiera di Amazon, che garantisca tutele e diritti a tutto il personale interessato, sia esso direttamente dipendente o occupato in appalti e affidamenti, con orari e ritmi più umani e con salari più alti.
3 marzo 2021