La Cgil ha scelto la netta collaborazione col governo del banchiere massone Draghi invece di riaccendere il conflitto di classe
di Alberto Signifredi, simpatizzante di Parma del PMLI
È da un anno che la pandemia Covid 19 si è estesa in tutti i Paesi del mondo, inasprendo la già esistente crisi economica, che si è quindi aggravata, e mettendo in difficoltà la vita di milioni di persone. In realtà possiamo dire che, anche senza la pandemia, ugualmente milioni di persone già soffrivano dei disagi e delle sofferenze che la perdurante crisi del capitalismo ha seminato a piene mani fra i Paesi sfruttanti del Terzo mondo e fra le classi lavoratrici dei Paesi del primo mondo, cioè dei Paesi imperialisti.
Tra questi ultimi anche l'Italia, il nostro Paese, è da un anno che si dibatte nella morsa della pandemia senza riuscire a risolvere il problema dei contagi, avendo mancato l'obbiettivo di riorganizzare adeguatamente e strutturalmente tutti i servizi sociali che sono alla base della convivenza civile. Siccome anche gli altri Paesi industrializzati hanno manifestato gli stessi sintomi, risulta evidente che le grandi potenze a "capitalismo avanzato" non erano pronte a fronteggiare un problema di questo tipo, perché il loro sviluppo era ed è indirizzato in tutt'altra direzione.
In Italia abbiamo assistito al costante taglio del "debito pubblico" tramite la "razionalizzazione della spesa". Da lì i tagli alla spesa sanitaria, allo “Stato sociale”, ai controlli mancati sulle grandi infrastrutture (strage del ponte di Genova), alla mancata prevenzione dei danni idrogeologici e al continuo e perdurante stato di arretratezza in cui versa il Mezzogiorno. Il tutto accompagnato dalla continua ristrutturazione economica del capitalismo, che ha tagliato un'infinità di posti di lavoro, mentre dei rimanenti tanti sono diventati precari. Il "diritto al lavoro" è stato sostituito dalle "opportunità del mercato", e tanti lavoratori extracomunitari e non sono sottoposti a uno sfruttamento diventato quasi ottocentesco, ma che i mass media rendono quasi invisibile.
In questo contesto occorre ragionare un attimo sulle scelte che il sindacalismo confederale, e la Cgil in particolare, ha fatto per fronteggiare l'emergenza pandemica e nel contempo tutelare i lavoratori nella prospettiva di un inasprimento della crisi.
Risulta evidente che la Cgil e i suoi "cugini" (Cisl e Uil) hanno scelto una linea di netta collaborazione con i governi che hanno gestito e gestiscono la pandemia, il governo Conte 2 prima, e il governo Draghi adesso. Un ruolo quindi "istituzionale" del sindacato, che lascia sguarnito il fronte del conflitto di classe e che sottovaluta i grandi rischi che una riorganizzazione del mondo del lavoro, di stretta marca liberista, comporterebbe.
Dare fiducia a un governo come quello del banchiere massone Draghi è un rischio che i lavoratori non possono permettersi, non ci sono segnali che indicano che questo governo possa accogliere le pur timide proposte della Cgil sui temi del lavoro. Al contrario questo governo rappresenta direttamente i poteri forti nazionali, europei e internazionali, con una stretta osservanza all'Atlantismo nella sfera geopolitica. Quindi è un concentrato politico volto a portare avanti, in questa fase emergenziale, il programma reazionario che l'Ue ha imposto all 'Italia, senza nulla concedere al vecchio riformismo auspicato dalla Cgil e indirizzando i soldi del Recovery Plan nella probabile ristrutturazione dei meccanismi di produzione del profitto.
Un altro aspetto grave della situazione attuale è rappresentato dal pressoché totale black out dell'informazione televisiva, dove il Covid 19 ha monopolizzato quasi completamente i vari Tg, lasciando pochissimo spazio alle altre notizie e in modo particolare a quelle riguardanti il mondo del lavoro. Le varie crisi, le chiusure, le delocalizzazioni, il caporalato, i morti sul lavoro, lo sfruttamento del lavoro, le povertà crescenti, sono diventate notizie sporadiche a livello nazionale. Ed è proprio in questa situazione che il sindacato, e in particolar modo la Cgil, dovrebbe supplire a questo vuoto informativo, portando direttamente tali notizie nei luoghi di lavoro, fabbriche, ospedali, uffici, scuole per far sì che i lavoratori siano coscienti e informati di quello che sta succedendo. Per ricreare quella coscienza di classe che da tempo manca e quindi rinfocolare il conflitto di classe che altrimenti rischia di venir soppiantato dalle politiche emergenziali legate alla pandemia.
Se questo è quello che si "dovrebbe fare", risulta difficile credere che la Cgil possa in breve tempo prendere questa strada, perché il suo radicamento nei posti di lavoro è da anni improntato alla concertazione, e se anche i problemi generali e nazionali del mondo del lavoro vengono discussi nelle assemblee intermedie dell'organizzazione, questi non vengono mai portati nelle assemblee nei luoghi di lavoro, dove per la maggior parte si discute di problemi aziendali, o al massimo dei contratti nazionali di categoria. Continua quindi a mancare ai lavoratori quella coscienza dei problemi generali che è alla base di un programma rivendicativo. Risulta quindi chiaro che la direzione di Maurizio Landini in Cgil non ha portato nessuna svolta a sinistra nel più grande sindacato italiano. Si continua la vecchia linea della Camusso di connivenza coi poteri forti e con i governi da loro espressi col pretesto della "responsabilità".
Seguendo questo percorso il sindacalismo confederale tende sempre più a trasformarsi in sindacato dei servizi, legato ai lavori dei patronati e uffici fiscali, mentre dal lato del fronte lavorativo non fa che accompagnare le riforme di struttura iperliberiste, o al massimo mitigarne gli effetti più devastanti (chiusure, licenziamenti, ecc.).
Da tutta questa analisi si riscontra che la nascita del movimento dei lavoratori combattivi, a cui ha aderito anche il PMLI, riveste in questo momento una grande importanza perché la composizione di questo movimento è trasversale sia ai sindacati di base che alla Cgil, e quindi in grado di avere una certa visibilità e operatività, come dimostra lo sciopero nazionale indetto dai Cobas. Più in generale è sempre di grande attualità la proposta sindacale del PMLI di un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati basato sulla rappresentanza diretta e sulle assemblee generali. Un percorso e un obbiettivo difficile, ma basilare, di cui si sente e si sentirà sempre più la necessità.
10 marzo 2021