Combattivo presidio in piazza del Comune con attiva partecipazione del PMLI
La rivolta degli schiavi del distretto tessile a Prato
Turni di 12 ore quotidiani per 7 giorni la settimana nella fabbrica Texprint
Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di Prato
Il 6 marzo la coraggiosa e determinata rivolta dei lavoratori della stamperia tessile Texprint è arrivata fin sotto le finestre del Comune di Prato.
Alla manifestazione hanno preso parte alcune centinaia di lavoratori, studenti, giovani delle periferie urbane, associazioni e partiti con la bandiera rossa e la falce e martello, tra cui il PMLI, provenienti anche dalle province e distretti industriali di Firenze e Pistoia. Presente anche una delegazione del Collettivo di fabbrica dei lavoratori GKN Firenze.
Tutti uniti nell'esprimere solidarietà e sostegno ai lavoratori Texprint, in sciopero ad oltranza dal 18 gennaio, e sgomberati a suon di manganellate e arresti il 1° marzo dalle “forze dell'ordine” della ministra Luciana Lamorgese dal presidio permanente allestito davanti ai cancelli della fabbrica fin dall'11 febbraio.
Durante gli interventi in Piazza Del Comune i lavoratori, in gran parte pakistani, indiani e bengalesi, al grido di “8 ore per 5 giorni” hanno pubblicamente denunciato la tracotanza dei quattro padroni dell'azienda, tutti di nazionalità cinese, che il 4 marzo, in risposta alle rivendicazioni degli operai in sciopero, hanno annunciato la rottura delle trattative e deciso la serrata dello stabilimento.
“Un fatto gravissimo” denuncia in una nota il Si Cobas che stigmatizza le bestiali condizioni di sfruttamento a cui sono sottoposti i lavoratori a suon di ricatti e minacce, turni di lavoro massacranti di 12 ore al giorno dal lunedì alla domenica, niente ferie e malattia, la sistematica violazione delle leggi in materia di lavoro, salari da fame e nessuna tutela contrattuale, sanitaria e sindacale.
Il 10 marzo una delegazione del sindacato intercategoriale incontrerà l’unità di crisi della Regione Toscana per chiedere “la convocazione di un tavolo che riporti l’azienda alle trattative. Di fronte allo sfruttamento le istituzioni non possono essere arbitri... Questa non è una semplice vertenza sindacale. Abbiamo l’impressione che la controparte ne voglia fare un caso simbolico per creare un precedente: o si lavora come animali, 12 ore al giorno, sette giorni alla settimana, oppure il lavoro non c’è. Noi pensiamo che si possa lavorare in un’altra maniera. E vorremmo che anche i committenti della Texprint si prendessero le loro responsabilità. Dixie, per esempio, che dà un sacco di lavoro a quest’azienda, ma anche altri grandi marchi della moda e del lusso", che realizzano profitti da capogiro schiavizzando i lavoratori. Una condizione di schiavitù ormai dilagante in tutto il Paese e non più circoscritta solo in certi settori, come ad esempio l'agricoltura in mano ai caporali, o zone geografiche del Sud.
La vertenza Texprint conferma che ormai anche nella grande industria del Nord e del Centro Italia lo schiavismo e il ricatto occupazionale dei lavoratori, specialmente se immigrati, poco sindacalizzati e senza permesso di soggiorno, la fa da padrone.
Segno evidente che saranno proprio i lavoratori e le masse popolari a pagare tutte le conseguenze della spaventosa crisi economica, prodotta dal sistema capitalistico e aggravata dalla pandemia, sia sul piano occupazionale sia per quanto riguarda il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
Alla manifestazione hanno preso parte anche alcuni compagne e compagni del PMLI organizzati dalla Cellula “G. Stalin” di Prato che hanno portato in piazza la bandiera del Partito e il cartello col manifesto contro il governo del banchiere massone Draghi superfotografato e ripreso dalla stampa locale e dal Tg Rai regionale. Alcuni lavoratori si sono fatti fotografare accanto al compagno che teneva la bandiera del Partito.
Durante la manifestazione è stato diffuso il comunicato stampa di solidarietà e sostegno alla lotta dei lavoratori Texprint a firma della Cellula pratese del PMLI e il volantino del Partito contro il governo Draghi.
10 marzo 2021