Bergoglio unisce la sua voce a quella dei governanti imperialisti
Il papa in Iraq anche per combattere lo Stato islamico
Nei tre giorni di viaggio apostolico in Iraq iniziati il 5 marzo, Bergoglio ha incontrato a Baghdad il presidente del paese, il curdo Barham Saleh, ha visitato la città di Ur dei Caldei, città dell’antica Mesopotamia patria di Abramo, il patriarca dell'ebraismo, del cristianesimo e dell'islam; ha incontrato la massima autorità sciita, l’Ayatollah Ali Al Sistani, nella città di Najaf dove nel mausoleo con la cupola d’oro è sepolto l’imam Ali, quarto califfo, cugino e genero di Maometto; ha pregato a Mosul, per "tutte le vittime della guerra e dei conflitti armati".
Un viaggio voluto fortemente da Bergoglio per rilanciare l'iniziativa del Vaticano nel dialogo interreligioso tra le grandi religioni monoteiste, anche se in questo caso mancava la componente ebraica, per rilanciare la condanna delle guerre in favore della pace e del dialogo, per rilanciare la sua figura e la Chiesa cattolica come attore della scena politica internazionale anche nella regione mediorientale al centro dello scontro politico e militare dei maggiori paesi imperialisti.
Nell'incontro col presidente iracheno a Baghdad del 5 marzo Bergoglio ricordava genericamente i disastri delle guerre patiti dall'Iraq mentre era preciso nel condannare "il flagello del terrorismo" delle cui vittime citava "tra i tanti", gli yazidi colpiti dalla "disumana barbarie", di una tragica, sbagliata e certamente esecrabile guerra decisa contro di loro dallo Stato islamico.
Questo esempio sarà ripetuto con maggiore enfasi nel discorso a Hosh al-Bieaa (piazza della Chiesa) a Mosul il 7 marzo quando prima della preghiera Bergoglio affermava che "qui a Mosul le tragiche conseguenze della guerra e delle ostilità sono fin troppo evidenti. Com’è crudele che questo Paese, culla di civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone – musulmani, cristiani, gli yazidi, che sono stati annientati crudelmente dal terrorismo, e altri – sfollati con la forza o uccisi".
Non dovrebbe essere sfuggito a Bergoglio che al termine dell'assedio finale delle forze americane e irachene alla città, tra l'ottobre 2016 e l'agosto 2017, la città che era stata la capitale irachena dello Stato islamico era rasa al suolo dalle bombe della coalizione imperialista, con un bilancio stimato fra le 7 e le 10 mila vittime civili. Tra i tanti massacri compiuti dai paesi imperialisti in venti anni di guerra nel paese, Mosul ha il terribile record del più sanguinoso con quasi 300 civili morti sotto le bombe del raid aereo Usa del 17 marzo 2017.
Nell'Iraq travolto da venti anni di guerra e occupazione voluti dall'imperialismo americano, terreno di scontro tra le potenze egemoni locali, guidato da un governo accusato di corruzione e al centro di proteste popolari scoppiate negli ultimi anni papa Francesco ha finito per unire la sua voce a quella dei governanti imperialisti contro lo Stato islamico. Lo ha demonizzato come se fosse la personificazione di satana e si è ben guardato dal distinguere gli aggressori dagli aggrediti, chi ha seminato morte e distruzione per una politica imperialista di conquista e saccheggio e chi ha avuto il coraggio di opporsi e resistere eroicamente nonostante la disparità dei mezzi militari in campo.
17 marzo 2021